L'ALTRO LATO

Genere: romantico

Vim ed Encelia sono due ragazzi vissuti nella seconda metà del XVI secolo. Poco dopo aver ricevuto la benedizione del matrimonio dai propri genitori, delle creature ostili strappano loro la vita, intrappolando i loro spiriti in un’illusione che dura quasi cinque secoli. Sul punto di svanire definitivamente, lasciano dei loro oggetti sul suolo, sperando che il loro spirito possa venire salvato nella dimensione reale.

Sono le sette di sera; il cielo è dipinto con tonalità di rosso, con qualche nuvola dalla forma allungata che prendeva un colorito rosato. Una ragazza è seduta sulla cima della torre a Nord-Ovest, per vedere meglio il tramonto, maneggiando quelle che sembrano delle lettere. La ragazza sente un forte rumore metallico qualche decina di metri indietro; si gira rapidamente, guardando verso il basso, e vedendo quello che una volta era il suo compagno di vita lanciare con violenza la sua armatura a terra. Lei urla il suo nome, cercando di attirare la sua attenzione: “Vim!”. “Encelia!” risponde lui, notandola. Encelia gli fa cenno con la mano di salire, rigirandosi verso il sole che stava lentamente svanendo sotto l’orizzonte. Vim cammina verso la torre, entrandoci, posando il piede su ognuno dei gradini di un’interminabile scala a chiocciola che saliva per decine e decine di metri. Arrivato in cima, corre verso la ragazza, abbracciandola come se non si vedessero da secoli…e in effetti era vero. La ragazza si stringe a lui, tirando su col naso, cercando di reprimere le lacrime. Lui le accarezza i capelli per qualche secondo, per poi staccarsi e guardarla in faccia. “Mi sei mancata”, le dice, ricevendo un “Anche tu…” in risposta. “Quindi…sta finendo?”, gli chiede Encelia. Vim annuisce e si siede accanto a lei. “Quando il sole sarà completamente sotto l’orizzonte questo mondo svanirà, e così noi”, dice Vim, portando lo sguardo su quella lontana chiazza di materiale riflettente, la sua armatura, a terra. “Ho lasciato la mia armatura lì, sperando che il mio spirito continui a vivere dall’altra parte come ha fatto per questi 400 anni”, continua, prendendo le mani di Encelia, “Voglio recuperare il tempo che ci è stato portato via”. A quelle parole, Encelia abbassa lo sguardo colmo di vergogna. “Mi spiace…mi spiace…” continua a ripetere, fino a che non viene interrotta seccamente da Vim: “Smettila, quelle creature erano malvagità pura e tu non potevi saperlo”. Il ragazzo era colmo di rancore verso quelle creature, i Vacui, che li hanno costretti a vivere da spiriti erranti per secoli, distruggendo i loro piani di vita. “Avevamo in mente…un sacco di cose”, dice il ragazzo, sospirando. La ragazza sorride, ripensando a tutti i ricordi che avevano creato assieme. “Ho ritrovato le nostre lettere nella Biblioteca e le stavo leggendo” dice Encelia, aprendo una di quelle buste ed estraendo il messaggio contenuto al suo interno. Vim la prende, leggendola con un grande sorriso sulle labbra: “Questa è l’ultima tra le lettere che ci siamo scambiati… era quando mi hanno detto che sarei diventato professore di Arti Oscure all’Accademia”. Encelia annuisce, ridacchiando: “Sei stato geniale lì, fattelo dire…”. I due chiudono gli occhi, visualizzando nelle proprie menti lo stesso flashback.
———————————————
Correva l’anno 1575. Vim era un ragazzo nobile della remota città di Lumia, con una grande curiosità. Così si mette in viaggio, e dopo diversi giorni arriva al piccolo villaggio di montagna di Monpasco. Non può fare a meno di notare l’enorme giardino che comincia quando finiscono il ciottolato e la terra battuta. Si avvicina, osservando varie specie di piante e fiori che sembrano le più sane del mondo, con i loro vibranti colori. Qui vede una ragazza dai capelli neri, che si prende cura delle piante e le tratta come se fossero suoi figli. “Mi scusi…” chiede lui “…è lei che si prende cura di queste piante?”. La ragazza si gira verso Vim, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio: “Sì, sono io”, dice, un po’ confusa. Vim rimane incantato quando vede la ragazza in viso. Un po’ titubante, il ragazzo si fa avanti: “Piacere di fare la sua conoscenza, il mio nome è Vim”, dice porgendo la mano alla ragazza. Lei la prende molto educatamente, ribattendo: “Il piacere è mio, signor Vim, io mi chiamo Encelia”. I due ragazzi cominciano a parlare, innamorandosi nel giro di un paio di giorni. Vim non può stare a Monpasco in eterno, e inoltre lì apprende che Encelia diventerà professoressa di Botanica la settimana successiva. Vim ed Encelia si ritrovano a decine di chilometri di distanza, e per ovviare a questo problema i due decidono di scambiarsi delle lettere, contenenti i particolari più interessanti e i momenti più importanti delle loro vite.
Tre anni dopo, nel 1578, a Vim arriva una lettera particolare, con una strana filigrana sulla carta: non era di Encelia. Aprendola, scopre che anche lui è stato scelto dall’Accademia dove insegnava Encelia come professore. Decide subito di scriverle per informarla, esaltato dall’idea che finalmente potrà vedere ogni giorno la sua amata. Il giorno dopo, infatti, apre il portale per l’Accademia attraverso la lettera. Appena vi arriva, cerca con lo sguardo Encelia, la quale era seduta sotto un albero a leggere. Entra all’Accademia lentamente, e altrettanto lentamente si avvicina ad Encelia, aspettando che lei lo noti. Difatti, qualche secondo dopo, si gira, vedendolo. Sorpresa, esclama: “Vim!”, per poi abbracciarlo. “Che cosa ci fai qui?”, gli chiede lei. “Ma come…ti ho scritto ieri che ora sono un professore dell’Accademia”, lui replica. Encelia comincia a ridere: “Scusami, ma se l’hai mandata ieri come potevi pensare che io la leggessi?”. Vim ci pensa su per qualche secondo, realizzando la cosa, e scoppiando anche lui in una risata.
———————————————
“Ero decisamente sorpresa”, dice Encelia, asciugandosi una lacrima con il dorso della mano, “Voglio ancora fare tutte quelle cose che avevamo pianificato…in primis il matrimonio”. “Vuoi ancora sposarmi?”, chiede Vim. La ragazza annuisce, lasciando le lettere a terra e stringendosi a lui con le lacrime agli occhi: “Ti amo”, dice lei. Il sole tramonta, e il cielo si tinge di blu. Piano piano, tutto ciò che li circonda svanisce, cadendo in pezzi simili a frammenti di specchio. “Anch’io”, risponde Vim, dandole un bacio in testa. Anche loro cominciano a scomparire, circondati ormai solo che da oscurità. “Ci vediamo…dall’altro lato”, dicono entrambi all’unisono, prima di svanire nel nulla.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top