Viaggio nel regno fantastico - Tra le foglie

Janera, la Druida, aveva parlato chiaro.

L'Achillea era una pianta di colore giallo che cresceva soltanto nel bosco di Deadman. Una foresta dove nessuno osava mettere piede. Si raccontavano numerose storie sulle creature fameliche che la popolavano. Spesso le usavano per spaventare i bambini del nostro villaggio, ma chi si era avventurato fra i suoi meandri non aveva mai fatto ritorno per confermare se fossero vere.

«La troverai sotto le fronde dal tronco d'argento. Dovrai guardare sul tallone degli alberi» lesse Janera da uno dei suoi tanti polverosi manuali: «Non ti ci manderei mai, ma è l'unica pianta che può salvare la vita di tuo fratello. Se non faremo in fretta il veleno delle Leòmanin farà marcire i suoi organi».

La Druida abbassò gli occhi verdi sconsolata.

Strinsi i pugni, sarei andato anche in capo al mondo per salvare la vita di Obhir.

Sarei partito subito e di nascosto. Vedere la mia famiglia, mia moglie Emely e mia figlia Miriel, per quella che forse era l'ultima volta mi avrebbe sicuramente reso meno coraggioso.

Mi dissi più volte che avrei fatto ritorno, per loro e per Obhir.

Prima di lasciare il villaggio la Druida mi era venuta in contro e dopo avermi abbracciato mi aveva dato una lanterna. «Quando caleranno le tenebre mantieni viva la sua luce, Andras».

Avevo annuito, l'avevo ringraziata e dopo aver preso da casa un'ascia dicendo che sarei andato a far legna per il calderone della Druida, mi ero diretto verso le mura e infine per il sentiero impervio del bosco a nord.

La foresta sembrava deserta. Gli alberi affusolati erano così tanti; assomigliavano ad uno sbarramento che non voleva lasciarmi proseguire. I rami si intrecciavano con quelli vicini come le nodose dita morte di un vecchio disteso nella sua bara.

Camminavo col volto chino, alla ricerca delle radici di cui aveva parlato la Druida, ma nessun tronco era fatto d'argento. Con l'avvicinarsi della notte il legno divenne nero. Lo strano silenzio del bosco fu interrotto da qualcosa di diverso del mio scalpitio.

Respirai a fondo, stringendo la presa sull'ascia e sulla lanterna che si accese da sola, grazie a quella che forse era una magia della Druida.

Le ombre dei demoni si formarono senza che nemmeno me ne accorgessi e mi accerchiarono all'istante.

«Sei morto» sibilò quello di fronte a me.

«Carne, carne fresca» rantolò un altro.

Sembravano effimeri, eppure lasciavano impronte sul terreno fangoso.

«State indietro» intimai sferzando l'aria con la lama, ma uno di loro mi sorprese alle spalle, conficcandomi le unghie nella schiena. Urlai. Sentivo il sangue macchiarmi la camicia.

Non volevo morire.

L'ascia lo trapassò come se fosse fumo, mandando il mio colpo a vuoto.

La lanterna emise un ronzio e me li fece vedere sotto l'aspetto di grossi gatti neri. In questo modo non facevano paura.

La ferita bruciava, ma se il mio cuore non batteva all'impazzata quei mostri non mi attaccavano. Un fascio di luna illuminò alcune felci gialle ai piedi di un albero grigio.

Era quella.

Sorrisi trionfante.

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