Viaggio nel regno fantastico - Minaccia volante
«Sono tutti morti?» si accigliò re Aranel, sollevando la testa dal pugno appoggiato al bracciolo del comodo trono imbottito di velluto azzurro.
«Si è salvato soltanto lui».
Tazio, il capitano delle sue guardie migliori, spintonò in avanti un ragazzino malconcio, con gli abiti laceri e sporchi e la faccia incrostata di fuliggine.
Non avrà avuto più di undici anni, ad occhio e croce.
«Che cosa ci facevi alla miniera?» gli domandò il re. Due rughe gli incresparono la fronte mentre l'aggrottava.
Il ragazzino non rispose, abbassò il capo verso il tappeto persiano posato sul pavimento, che creava una strada fino al palchetto del trono rialzato.
«Calien, racconta al re che cosa hai visto» lo incoraggiò Tazio.
Il bambino si strinse il lembo della camicia strappata, come se non volesse separarsene e quel gesto gli infondesse coraggio. A stento si era fatto medicare le ferite quando le guardie lo avevano portato in salvo. «Non è stata un'esplosione, sire» raccontò sottovoce: «Ma un drago».
«Sciocchezze» il re scacciò l'aria con la mano, come a voler cancellare le parole del bambino: «I draghi si sono estinti».
Tazio si fece avanti: «E se avesse ragione, se fossero tornati?».
«Tu ne hai visti, Tazio? Nei tuoi lungimiranti quarant'anni di vita, ne hai visti?».
Il tono del re era aggressivo, si torturava per aver perduto i suoi operai.
«No, sire» mormorò il generale: «Ma che ragione avrebbe il bambino di mentire? Un'esplosione avrebbe distrutto completamente la miniera, invece è ancora in piedi».
«I bambini hanno molta fantasia» lo liquidò il re, non volendo cedere a quell'ipotesi.
Un boato scosse l'aria facendo tremare le mura.
Tazio si precipitò alla finestra per controllare la causa dietro al trambusto improvviso, mentre Calien si era acquattato per terra, e proteggendosi la testa con le braccia aveva iniziato a tremare.
«Un drago!» urlò il generale posando le mani al davanzale di pietra e sporgendosi per osservare meglio l'ombra alata che sorvolava i tetti della cittadella fortificata.
Urla spaventate si levarono dalle strade.
Anche il re si precipitò alla finestra, abbandonando l'adorato trono.
Strinse i pugni fino a farsi sbiancare le nocche, mentre nei suoi occhi acquosi si rifletteva il profilo di un drago nero dalle scaglie lucenti come stelle.
«Fa chiamare Ludiel» ordinò con voce innaturalmente calma: «Ci servirà la sua nuova invenzione».
«L'arnese che ha chiamato catapulta?» domandò incredulo il suo sottoposto.
«Sì quella».
«Credevo non vi fidaste di lei. L'ultima volta che vi ha chiesto oro per finanziare qualche suo progetto le avete dato della malefica strega».
«Mi basta che la sua macchina lancia sassi funzioni» sbraitò l'anziano re.
Tazio si allontanò alla svelta dalla sala del trono e il re si fermò ancora alla finestra a osservare la bestia. Girava in cerchio, come un cacciatore che aspetta il momento giusto per balzare sulla preda. «Che tu sia dannato» lo maledì dal basso: «Vuoi mandare in malora la mia miniera? Il mio regno?».
Il drago emise un ruggito possente come se lo avesse sentito.
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