Viaggio nel regno fantastico - La guerra dei draghi

La colonna di fumo s'innalzava alta nel cielo. Una pira funeraria nel bosco, tra le montagne. Lassù sorgeva un villaggio, fino al giorno precedente. L'odore di bruciato permeava l'aria. Il vento trasportava la cenere fino al lago a valle, la depositava sull'acqua quasi fosse stata uno strato del ghiaccio che copriva quella superficie durante l'inverno.

Finnak la fissava dalla piccola barca che lo avrebbe traghettato verso Forte Thales. Socchiuse gli occhi, allungando il palmo aperto per afferrare un frammento di cenere che gli volteggiava davanti al viso.

"Un solo uomo, hanno avuto la faccia tosta di mandare solo lui" pensò irritato il vecchio che remava alle sue spalle. "Sono impazziti. Il duca non sarà contento".

Piccole onde sbattevano sullo scafo confondendosi con i pensieri dei due uomini.

«Un solo uomo basta e avanza, signore» gli rispose Finnak, raddrizzando le spalle muscolose.

L'anziano si accigliò, sorprendendosi che il guerriero lo avesse sentito.

«Non intendevo» borbottò, affrettandosi a scusarsi.

Ma Finnak gli fece cenno di tacere con un gesto della mano: «Siete mai stato a nord?».

«No» rispose il vecchio, affondando energicamente il remo nell'acqua.

«Lì i draghi non sono come questi. Sputano aculei di ghiaccio, invece che alitare fuoco e sono molto territoriali. I vostri...» scandagliò i boschi che ammantavano le montagne, seguendone i tragitti morti, dove i tronchi erano stati inceneriti: «Mi basterà trovare le tane dei più deboli per scacciare in un'altra contea quelli più grandi, così il vostro duca sarà contento. Il loro scopo è combattersi».

Il vecchio non osò più fiatare, né tanto meno pensare ai draghi che erano venuti a disturbare i possedimenti del suo duca.

In lontananza si iniziava a distinguere tra la foschia l'isolotto dove sorgeva il castello del duca Naddor Pièsvelto IX, al sicuro in mezzo a un lago. Se un drago avesse sognato di provare a sputarci sopra le sue fiamme, gli uomini avrebbero già avuto a portata di mano l'acqua per spegnerle. Il castello era maestoso, con così tante torri dagli scuri tetti a punta da sembrare un piccolo villaggio.

Finnak riconobbe subito la pietra con cui erano state costruite le tegole: ossidiana. Si diceva che la sua luce confondesse la vista dei draghi, ma erano tutte dicerie. Probabilmente i draghi che si erano spinti fino alla casa del duca, non avevano ancora attaccato il suo castello proprio per la presenza del lago; non erano di certo stupidi da sprecare il loro fuoco, ma era solo questione di tempo e la fame li avrebbe spinti a provarci.

Il cacciatore di draghi stava ancora scrutando il cielo quando un ruggito scosse il silenzio. Percepì il vecchio tremare come una foglia, mentre recitava una muta preghiera e remava più svelto.

Due draghi bucarono le nubi di fumo cominciando a lottare fra loro, un Scarlatto dei colli arenari e un Olivastro della piana del Sol. Entrambi non avrebbero dovuto essere lì, molto lontani dalle loro abituali dimore.

Finnak digrignò i denti di fronte a quella novità. Che fine avevano fatto i draghi Fangosi che popolavano quel ducato? Si alzò in piedi e la barca oscillò pericolosamente a destra e a sinistra, mentre mulinava la sua ascia sgranchendosi i muscoli intorpiditi.

«Spero che non ci vedano» sussurrò l'anziano, mentre l'Olivastro apriva le fauci e si gettava in picchiata contro il drago rosso.

Il cacciatore si tolse la camicia e riprese la sua arma, pronto a tuffarsi per raggiungere la riva più vicina a nuoto. Su quella chiatta non erano a raggio di tiro e non aveva abbastanza spazio per muoversi.

«Siete impazzito?» protestò il vecchio preoccupato: «Vi gettate alla carica senza armatura!».

«Mi rallenterebbe» si giustificò l'uomo. Prese un bel respiro, gonfiando il petto e si tuffò nelle acque gelide, ignorando i lamenti dell'anziano traghettatore.

Sbucò con la testa in superficie e, tenendo stretto il manico della sua arma, si mise a nuotare velocemente verso la riva destra del lago.

Delle urla agitate e una campana d'allarme risuonavano dall'isolotto, mescolandosi ai ruggiti e possenti battiti ali delle belve nel cielo. 

Finnak si issò sulle rocce e appena ritrovò l'equilibrio, sgocciolando, girò su sé stesso caricando un colpo dell'ascia in direzione dell'Olivastro che aveva iniziato a sputare fuoco. Mollò la lama che, quasi fosse una piuma, volò alta nel cielo tagliando un pezzo di coda del drago. 

Imprecò per aver mancato il bersaglio e sondò il bosco alle sue spalle. Staccò un ramo da un albero. Controllando la direzione del vento si preparò a tirare anche quello, un giavellotto improvvisato, per attirare l'attenzione del drago e costringerlo a scendere di quota. 

Stava per lanciare, rimpiangendo di aver venduto l'arco con le frecce, quando qualcuno gli saltò sulla schiena bagnata. 

«Fermo!» lo bloccò una voce femminile, facendogli sfuggire la presa dal ramo. 

La donna mise i palmi sugli occhi del guerriero, sperando che bastasse a trattenerlo, ma lui era più forte e con una sola mossa la fece cadere tra l'erba della riva, scrollandosela via. 

Finnak si girò a guardare la sua assalitrice e riconobbe subito la veste: bianca con ricambi runici neri. Era una protettrice di draghi. 

«Sono creature proprio come noi, non li uccidere» recitò il solito mantra. 

Finnak alzò gli occhi al cielo senza nemmeno guardarla in volto. «Era mio!» protestò furibondo mentre l'Olivastro andava a rintanarsi oltre le vette seguito dal rosso, pronto a banchettare con le sue carni. 

«Esatto, era» lo rimproverò quella fanatica, sorridendogli vittoriosa. 

«Per colpa tua ucciderà altre persone» sbuffò Finnak stringendo i pugni. 

«È proprio perché li combattete che sono diventati aggressivi. Un tempo i nostri popoli li veneravano, loro ci proteggevano». 

Finnak si tappò le orecchie con le mani, non volendo ascoltare quella solita solfa. Si rituffò nel lago. Non aveva visto la traiettoria della sua ascia ma sperò di ritrovarla da qualche parte. 

Il vecchio traghettatore non si era fermato ad aspettarlo, ormeggiando all'isolotto.

Con quella fanatica in giro la sua missione sarebbe stata ancora più difficile. Mentre nuotava pregò in cuor suo che fosse da sola e non in gruppo come erano soliti spostarsi. 

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