La scelta dell'apprendista

«Siete sicuro che sia la strada giusta?» domandò incerta Erla a Daurin.

Lo sciamano continuava a giocherellare con la collana di piume di fenice che portava stretta al collo. I suoi occhi scuri scrutavano la foschia lattiginosa e ogni tanto stringeva le palpebre, come se riuscisse a vedere qualcosa attraverso la coltre vaporosa. Avanzavano insieme, l'apprendista e il maestro, facendosi largo tra le nubi che abbracciavano la terra bruna e fangosa. 

«Non ti preoccupare Erla, siamo quasi arrivati» la rassicurò. Ma lei continuava a vedere nient'altro che nebbia attorno a sé. Non riusciva a capire in quale modo Daurin riuscisse a intravvedervi delle rovine. Ogni tanto si fermavano e lui le chiedeva se notava una torre o qualche statua dalla testa mozzata. «Il trucco è ascoltare. Devi ascoltare quello che la nebbia ti dice per vederci attraverso» le disse, portandosi l'indice al lobo dell'orecchio e sorridendole. Fu quella, la prima volta che Daurin le rivelò uno dei suoi segreti.

«Come faccio ad ascoltare qualcosa che non parla?» borbottò Erla tra sé, mettendosi le mani tra i capelli color nocciola, raccolti in una lunga treccia. «Non ha nemmeno una bocca».

«Sei ancora giovane, ma imparerai» la rassicurò il maestro, indicandole poi il punto esatto dove sorgeva il tempio di Vestral, il luogo in cui tutti i giovani sciamani venivano istituiti dei loro poteri.

Soltanto quando ebbero oltrepassato una linea grossolana solcata nel terreno, Erla riuscì finalmente a vederlo. Come se il panorama si fosse scrollato di dosso un incantesimo, la nebbia aveva lasciato posto a pareti scure di roccia appuntita. L'unica fonte di luce proveniva dalla gemma rossa in cima al bastone di Daurin.

Proseguirono in silenzio fino a quando il corridoio naturale si aprì in una nicchia, al cui centro sgorgava una fonte d'acqua limpida e schiumosa che non emetteva alcun suono. Solo il sibilo del vento li accompagnava in quella semioscurità. Ululava come un lupo.

Daurin guardò la ragazza e gli sembrò fin troppo giovane per il peso che si accingeva a mettersi sulle spalle. «Erla, sei veramente sicura di voler diventare uno sciamano?».

La ragazza incrociò i suoi occhi. «Sì, maestro».

«La strada che intendi prendere è molto ardua».

«Ne sono consapevole, ma non ho paura».

La volontà di provare a salvare il suo villaggio l'aveva condotta fin lì e non l'aveva ancora abbandonata.

Quella era la risposta che Daurin voleva sentire. Le posò la mano libera sulla spalla. «Ricordati che...».

Erla lo interruppe. Se aveva un difetto era quello di non aver pazienza. Si chinò sulla fonte e lasciò perdere le ammonizioni del suo maestro. Immerse le mani a coppa nell'acqua e dopo averla raccolta la portò alle labbra.

Ora doveva solo aspettare. Tenne gli occhi chiusi e non sentì nulla. Nemmeno la presenza del maestro accanto a lei. Pensò di essere morta. Per un attimo lo temette, perché non riusciva più a comandare le sue palpebre e si sentì come sprofondare.

Attese. Respirò. Cercò di calmarsi. Sentì delle carezze fredde sulla pelle. Probabilmente appartenevano agli spiriti che stavano contando quanti pezzi di Adorea e di Beldurra possedeva la sua anima e che di conseguenza avrebbero intrecciato i propri poteri al suo cuore, donandole quelle capacità che possedevano solo gli sciamani.

Adorea è il coraggio. La coscienza che ti fa sentire le entità profonde del mondo attorno a te. La forza che ti sostiene nei momenti di difficoltà e ti fa rimanere lucido, affinché tu possa fare del bene per te stesso e per gli altri. Beldurra è la paura. La debolezza che ti fa nascondere, i dubbi che ti frenano e le insicurezze che ti portano a rimuginare o intrappolare.

Sia Adorea che Beldurra coesistevano come due entità dentro il corpo di ogni persona e ne condizionavo le azioni e i ragionamenti. Facendoli comportare in modo diverso in base da cosa si lasciavano predominare. Come due facce di una stessa moneta da girare verso la quale più ci conviene, ci aggrada o ci trasporta.

Una volte croce, una volta testa. Le aveva spiegato Daurin con una moneta luccicante tra le dita. Ma per gli sciamani non è così. Loro devono possedere soltanto una faccia per comunicare con le forze arcane del mondo.

Adorea e Beldurra suggerivano l'inclinamento della magia dello sciamano. Grigio per la paura. Bianco per il coraggio.

Erla sperò con tutto il suo cuore che l'avrebbero scelta degli spiriti di Adorea. Daurin aveva accettato di prenderla con sé soltanto perché ne era convinto.

Ma anche gli sciamani possono sbagliare, pensò la ragazza, ricordando quale disastro aveva provocato suo padre al villaggio.

Erla vacillò. Daurin le aveva detto che le ragazze avevano una predisposizione naturale per la Beldurra, dal momento che finiscono per farsi stare a cuore tutto e costruirsi un arsenale di preoccupazioni inutili.

Lei era una ragazza, ma poteva essere fuori dal comune.

Si mise a pregare.

Le serviva Adorea.

Le serviva coraggio per affrontare l'Abisso. Il mostro che suo padre aveva accidentalmente liberato dall'inferno.

Lei aveva già scelto la testa o la croce, non voleva che il fato decidesse per lei.

Un polpastrello le picchiettò sulla fronte. Erla non riuscì ancora ad aprire gli occhi. Ma riuscì lo stesso a vedere un'onda di luce bianca avvolgerla.

«Il tuo cuore è protetto da un altro» le disse una voce femminile, con una tale dolcezza che la fece sciogliere, rassicurandola.

In un primo momento Erla non capì che cosa le volesse dire. Poi si ricordò di Zezura e di cosa le aveva detto, prima che lei decidesse di andare alla ricerca del saggio e vecchio Daurin.

Il ragazzo l'aveva stretta timidamente tra le braccia e le aveva chiesto di non andarsene. Aveva paura. Ne aveva anche Erla. «Ricorda, avrai due cuori, il mio sarà con te, sempre». Ecco cosa le aveva detto, e lei aveva creduto che fosse qualcosa di figurativo, invece aveva trovato un modo per rimanere al suo fianco.

Due forze unite in una. In un solo corpo. 

Erla aprì gli occhi e decise.

Scelse Caldiar. Scelse l'amore.

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Traccia per la prova "Mele e Torsoli" della Libreria del Cappellaio Matto

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