La città di ghiaccio

Intingo l'arbre magique nella tazza ricolma di fiocchi di neve, quasi come fosse un sacchetto da infusione per preparare il thé. Il ghiaccio comincia a sciogliersi lentamente fumando. Recupero la tazza e avvinghiando le mani alla porcellana bianca, comincio a bearmi del tepore che emana. Tolgo l'alberello di feltro e lo aggancio allo specchietto retrovisore. Bevo l'acqua calda,  immaginando che abbia lo stesso sapore del caffè. Sa leggermente di vaniglia.

Quanto mi mancava il caffè da quando il gelo aveva morso il mio mondo. Mi mancavano moltissime cose, i sorrisi dei miei amici, le voci dei miei genitori, il gusto di una buona fetta di pizza, il bacio della buonanotte, il calore del sole sulla pelle. Ero rimasto solo in quel ghiaccio che aveva ammantato la superficie di ogni cosa, estinguendo la vita stessa, tranne la mia. 

Se sono rimasto solo è soltanto colpa mia. Avevo osato leggere un libro antico, trovato per caso dentro la cantina di un palazzo che stavo ristrutturando. Avevo osato sfidare la sorte, condannando il mio mondo alla morte. 

Eppure quello stesso libro, che avevo cominciato a odiare, mi aveva tenuto in vita. Era stato in grado di fornirmi gli incantesimi per mantenermi al caldo. Lo stesso che avevo trasmesso ai deodoranti a forma di alberello che riscaldavano l'ambiente della mia macchina. Riuscivo a rendere calde solamente le piccole cose però. 

La sua copertina di cuoio con molteplici ghirigori d'argento giaceva sul sedile del passeggero, accanto a me. Le sue pagine ingiallite invece le avevo strappate in un momento di rabbia, quando avevo capito che non esisteva una formula per annullare il maleficio.

Sorseggio il mio finto caffè osservando tra i fiocchi di neve che cadono copiosi dal cielo. Il palazzo che stavo ristrutturando era una vecchia casa in rovina, al civico dieci di una via senza nome. Il tetto sembrava in procinto di crollare da un momento all'altro sotto il peso della neve.

Poso la tazza e recupero una pagina sotto il mio sedile. Leggo a mente le parole che hanno dato inizio a quel disastro, anche se le ho scrutate talmente tante volte per cercare una soluzione, da saperle ormai a memoria.

"La tenebra silente

di ghiaccio e avidità ha il corpo,

divora la realtà con impeto avvolgente

e risveglia la sua fame finché tutto sarà morto.

Brama, rincorre, copre e tace

soltanto il suo stesso sangue potrà darle pace." 

Erano bastate quelle poche righe per distruggere tutto. La mia voce aveva risvegliato il mostro. Un mostro che non sapevo come combattere. 

Un gargoyle in pietra mi guarda con il suo brutto muso da una colonna accanto all'entrata del cancello. Mi sembra quasi che la sua lingua biforcuta si muova, ondeggiando nel vento. 

Mi passo una mano tra i capelli. In questi mesi si sono allungati fino alle spalle, così come la mia barba. Sospiro. Sto impazzendo, lo so. Mi rannicchio nella coperta, cullato dal sibilo del vento, mentre le mie palpebre si abbassano da sole.

Toc. Toc.

Un bussare improvviso mi sveglia di colpo. All'inizio penso di averlo immaginato, ma quando mi volto, una sagoma sta colpendo il vetro del finestrino con un ramo. Sobbalzo. Quella è la prima persona che incontro da quando tutto è cominciato.

Il mio cuore perde un battito e la mia mano gira la manopola del finestrino, abbassando il vetro. Il vento che entra dall'esterno mi gela le ossa e fa oscillare i molteplici alberelli legati un po' ovunque.

«Chi sei?» domandò a voce alta, per farmi sentire. Mentre la figura si blocca e impallidisce serrando le mani sul ramo. È una donna. Lo deduco dalla forma aggraziata del suo viso, nonostante sia imbacuccata in un giubbotto di pelliccia e abbia una spessa sciarpa di lana a coprirle la bocca e il mento.

Non risponde. Si limita a fissarmi con i suoi grandi occhi azzurri. Vorrei invitarla a entrare nella mia macchina, soltanto per scaldarsi e magari se fosse stata affamata avrei potuto offrirle una scatola di tonno sottolio. Ma il mio sguardo resta incantato sulla punta arrossata del suo naso e sulle sue guance, come se avessi appena visto la salvezza.

«Cosa ci fai a Città di Ghiaccio? Soltanto un pazzo verrebbe qui» mi chiede lei. So bene che ha parlato in una lingua strana e senza senso, eppure la capisco come se fosse la mia. Apro la bocca e poi la richiudo con uno schiocco sonoro. La neve comincia a entrare dentro la mia auto, ma abbasso ancora di più il finestrino.

«Entra» le dico, senza rispondere a quella strana domanda: «Stai congelando!».

Lei non replica ma dopo un po' lascia cadere il suo bastone nella neve e l'aiuto a scavalcare il finestrino e a farla sedere sopra il sedile accanto al mio. Suona con il fondo schiena sul clacson del volante, mentre passa sopra di me. La sento imprecare qualcosa che non riesco a decifrare.

«Il tuo drago di metallo è molto strano, non credo di essergli simpatica».

«Questo non è un drago» le dico, alzando un sopracciglio e dandole una fugace occhiata mentre la vedo rigirarsi fra le mani la copertina del libro maledetto. Rialzo il vetro del finestrino, tenendoci al sicuro dal gelo e poi le porgo un alberello. «Prendi, ti scalderà».

«Siete un mago?» mi chiede grata, mentre si stringe al petto il deodorante per la macchina.

Scuoto la testa e le ripeto la mia domanda. «Tu chi sei? Un altro incubo della mia mente?».

Sembra offendersi e fa una smorfia guardandosi gli stivali umidi. «Sono una sacerdotessa del regno di re Lucien, e sono qui per cercare un mago del ghiaccio. Ma se tu non lo sei, allora è meglio che tolga il disturbo. Ho molta fretta».

Tutta quella faccenda mi sembrava così assurda, ma del resto tutta la mia vita lo stava diventando. Noto che si sta alzando dal sedile e per poco non sbatte la testa sul tettuccio della macchina. «Ferma!» le dico, posandole la mano sulla spalla, spazzolandole via qualche fiocco di neve dal pelo del cappuccio.

Non riesco a credere a quello che sto per dire. Ma non voglio che se ne vada e mi lasci solo di nuovo. «Sì, io sono il mago che cerchi. Qual è il tuo nome?».

«Menyra».

Le sorrido, sperando di convincerla a rimanere con me ancora per un po'.


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Traccia per il concorso "La città di ghiaccio" della Libreria del Cappellaio Matto (fuori gara).



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