In vacanza
Basta con questo Jesolo! Ci serve dell'aria nuova.
Rebecca rompeva le scatole da Gennaio per cambiare "mare", che poi il mare era sempre lo stesso: l'Adriatico. Fossimo andate in qualche spiaggia esotica, tipo in Portogallo o a Ibiza, come fanno tutti, lo avrei capito. Invece no...
Ci eravamo dirette verso una strana località chiamata Misano Adriatico, dove Becca era andata una volta da piccola insieme a sua nonna e un gruppo di vecchiette che facevano parte di un'associazione per portatori di pacemaker. Mi sentivo felice però, quasi elettrizzata, almeno mentre leggevo sotto l'ombrellone non avrei avuto il solito sottofondo di "ehi fioi!", "bella vecio!", e colorite brutte parole verso l'alto dei cieli.
Ah, i veneti e il loro modo di parlare...
Non parlano così anche in Emilia Romagna, vero?
Misano sembrava una bella cittadina, ornata da fontane bizzarre, a forma di mollusco o di riccio di mare, mosaici di polipi e un grazioso lungomare costeggiato da palme, almeno nel quartiere si trovava il nostro alloggio: una piccola pensione a conduzione familiare.
Mamma aveva già chiamato tre volte: per sapere se stavo bene, se eravamo arrivate sane e salve, e l'ultima per dirmi che aveva litigato con papà e che se ne era andato a cenare altrove.
Si stavano separando, me lo sentivo, anche se non me ne avevano parlato. Litigavano così spesso e faceva male. Cavolo, se faceva male!
Mi ero ripromessa di lasciare da parte brutti pensieri e preoccupazioni, ma quella telefonata era riuscita a farmi venire voglia di tornare indietro. Mi sentivo così in colpa di essere laggiù a svagarmi, invece di provare a mettere insieme i cocci rotti a casa mia.
Era troppo sperare che non succedesse nulla e dimenticarsi almeno per una settimana che la tua famiglia si sta sfaldando. Non ero pronta, non lo sarei mai stata.
«Arma utilizzata dalla morte» ragionai a voce alta, battendo ritmicamente la gomma della matita sul libro dei cruciverba. «Cinque lettere e una U nel mezzo».
«Prova con scure. Ha cinque lettere, no?» mi rispose Becca, mentre si grattava la spalla dove una zanzara l'aveva appena punta.
Scrissi la parola nella riga. Sì, aveva cinque lettere.
Eravamo accomodate in due sedie pieghevoli blu sul terrazzino della pensione. Era lontana dal mare, ma se ti concentravi potevi scorgere uno sprazzo di onde scure, tra gli alti palazzi degli hotel.
Il sole stava calando, dipingendo il cielo di arancione e rosa chiaro, gettando ombre sulla città.
«Domani andiamo a fare un corso di kayak, così ti togli quel muso triste».
«Kayak? Ma sei matta?! Io non so nuotare!».
«Me lo ha consigliato il vecchietto che gestisce la pensione».
«E se la barca si rovescia e affogo?».
«Beh, è ora che impari!».
Diamine, Becca...
L'avrei strozzata, ma sapevo che cercava in tutti i modi di distrarmi.
Il giorno seguente c'era un'afa soffocante. Becca si era lamentata che fare il bagno in mare era come immergersi nella zuppa, io mi ero già scottata le spalle nonostante la crema solare.
Non avevo ancora richiamato mia madre, ci eravamo scambiate solo qualche messaggio circa i soliti motivi per cui lei e mio padre avevano discusso, e mi ero sentita tesa. Nemmeno una fetta di tenerina era riuscita a tirarmi su di morale.
E poi c'era il corso! Brrrr!
L'idea non mi entusiasmava granché. Il solo pensiero di stare in acqua mi terrorizzava, ma Becca aveva continuato a dirmi che ci sarebbe stato un istruttore e se fossi stata fortunata sarebbe stato figo, così mi avrebbe salvata proprio come nei film romantici.
Ormai nell'amore stavo smettendo di crederci.
Il corso si teneva vicino a una baia chiamata portoverde. Non appena avevo visto le persone in fila indiana salire dal pontile sulle piccole canoe arancioni, avevo cominciato a sudare, più di quanto non facessi già. Becca si sbagliava, l'istruttore non era un bell'uomo, non secondo i miei gusti, troppo muscoloso e troppo appariscente, sembrava la controfigura di mastro lindo dopo un sacco di lampade.
Becca mi afferrò il polso, non potevo scappare.
Muovevo i remi. Tremavo, alzando l'acqua in piccoli cerchi accanto ai fianchi del kayak dove ero rannicchiata, diretta verso una piccola spiaggia; lontano dagli altri, per raggiungere la terraferma.
Finora me l'ero cavata con la questione dell'equilibrio, ma un'onda più forte fece ondeggiare pericolosamente la mia barchetta, che si inclinò a destra facendomi cadere in mare.
Sentivo le bolle accarezzarmi la pelle e l'acqua entrarmi nel naso. Cercai di scalciare con i piedi per salire in superficie ma i miei muscoli erano rigidi.
Il cuore mi batteva forte. Sto per morire...
Qualcosa mi afferrò e mi condusse verso l'alto. Verso l'aria. Tossii, inclinando la testa. Due braccia mi circondarono il busto e mi sollevarono.
Non capii che ci stavamo muovendo finché mi ritrovai adagiata sulla sabbia umida. Un brusio mi avvisò che numerosi curiosi si erano radunati attorno a me. Aprii gli occhi cautamente per trovarmi di fronte un ragazzo con la canottiera rossa da bagnino e lo sguardo preoccupato.
«Respira lentamente». Aveva i capelli appiccicati al collo.
«Non si parla con gli sconosciuti, e se fossi stata un contrabbandiere di organi?» rantolai, rabbrividendo.
«Hai sbattuto la testa?» mi domandò stranito, toccandomi il capo. «Sai dirmi come ti chiami e quanti anni hai».
«Poi vuoi anche il mio numero di telefono?».
«Guarda che ti ho salvato...».
«Vuoi una medaglia?».
«Ti fa male da qualche parte?» chiese ancora, nonostante il mio comportamento astioso.
Mi sentivo scombussolata dalla caduta. Sapevo che avrei dovuto ringraziarlo, ma riuscii solo a pronunciare: «Mi brucia il piede. Il destro».
«Ti avrà pizzicato quella medusa...».
Tossii di nuovo. «Che sfiga!».
«Beh il dolore ci ricorda che siamo vivi ed essere vivi ci dà la possibilità di decidere per che cosa e per quanto soffrire».
Quelle parole mi colpirono, aveva ragione.
Etciù!
Starnutii all'improvviso e il mio moccolo volò in faccia al giovane bagnino.
Ops!
«Mi dispiace» farfugliai, cercando di alzarmi.
Lui si stava pulendo schifato col dorso della mano, ma sorrise: «Ti perdono, ma solo se mi dai il tuo numero».
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Testo scritto per la prova "Cartoline d'estate" della Libreria del Cappellaio Matto.
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