Il prezzo da pagare

Il ferro di quelle sbarre verticali sembra assorbire il calore della mia pelle ogni volta che lo tocco. È terribilmente freddo, eppure mi ci aggrappo, come potrebbe fare un marinaio alla deriva. Mi ci aggrappo per non soffocare in quella piccola gabbia.

Mi ci aggrappo e aspetto. Non è stata colpa mia.

Alla fine non avevo fatto altro che fare questo. Aggrapparmi al fatto che tutti sbagliano e che quindi potevo sbagliare anche io e andare avanti senza rimorsi, perdonandomi sempre per aver imboccato cattive strade.

Ma adesso che mi trovo in carcere per un furto, dove sono rimasto incastrato per errore - solo perché ero nel posto sbagliato, al momento sbagliato - continuo a ripensare al mio passato.

Da giovane mi divertivo con la mia compagnia, a rubare le sigarette dal tabacchino e altre cianfrusaglie dalle borse delle signore. Ogni tanto riuscivamo anche ad ottenere anche qualche portafogli. Bill e Tony le distraevano con qualche scusa e io fregavo qualsiasi cosa le mie mani riuscivano a prendere. Poi nascondevamo il nostro tesoro in campagna, sotto un grosso albero di ulivo.

Non mi preoccupavo delle conseguenze. Non c'erano mai state.

Crescendo avevo perso di vista Bill e Tony, e mia madre aveva insistito perché io mi trovassi un lavoro. Così cominciai a lavorare ad una pompa di benzina e conobbi Darcy. Bella e gentile, sembrava la ragazza perfetta, eppure mi aveva condotto in un mondo oscuro che serviva soltanto ad ottenebrarti dalla realtà. Non era stato facile uscire dalla dipendenza della droga, né dai giri loschi che servivano per ottenere le dosi più pesanti e più efficaci.

Ma mi ero ripulito, per far contenta mia madre. Mi ero iscritto ad una comunità di recupero e tutto sembrava andare bene. Fino all'incidente. In cui mi trovavo in banca e un gruppo di ladri aveva deciso di fare un colpo. Quando una dipendente era riuscita a chiamare la polizia, un ladro - non l'ho nemmeno visto in faccia - era andato di matto. 

Le aveva sparato. La povera donna era morta. La polizia era arrivata, giusto in tempo prima che lui mi mettesse tra le mani la sua pistola e si gettasse a terra fingendo di essere un povero mal capitato. Togliendosi il passamontagna, mentre i suoi compari fuggivano.

Così la polizia ci ha messo poco per constatare che facevo parte della banda di criminali e il mio passato - i miei sbagli - non aiutavano di certo a confermare che ero innocente e scagionarmi.

Sospiro. Una guardia, un uomo alto e muscoloso, mi passa davanti senza degnarmi di uno sguardo.

Mi sto sentendo in trappola e sono in prigione da poche ore. L'uomo si ferma e torna indietro.

«Joseph King?» mi chiama.

Deglutisco.

«Hanno accettato il colloquio di tua madre» spiccica poche parole, mentre apre la grata e mi fa uscire. «Mani dietro la schiena».

Faccio come dice e dell'altro ferro mi cinge i polsi.

Poi mi conduce su per delle scale, restando alle mie spalle. Mia madre è nel corridoio. Alza appena la testa verso di me. Il suo solito monito aleggia tra di noi: "Ogni azione ha sempre il suo prezzo da pagare". E ora so che purtroppo ha ragione. Finché non hai paura di perdere tutto ciò che ti è caro, solo allora capisci quanto peso hanno avuto i tuoi sbagli.

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