Gli occhi nella lavatrice

Detestavo quei piccoli scalini. Ogni volta che li scendevo avevo il presentimento di scivolare e farmeli tutti col didietro. Di certo non sarebbe stato un bel massaggio. Ma quella sera avevo proprio bisogno di fare un bucato.

La mia pigrizia aveva fatto accumulare decine di panni sporchi, e non potevo lasciarli ad ammucchiarsi in un angolo della camera. Ero sempre stato pigro e questo vizio non mi aveva abbandonato, nemmeno quando ero andato a vivere da solo. Ma non era colpa mia, erano le cose che si spargevano ovunque contro la mia volontà.

La luce si accese con un sonoro "clic" e sfarfallò nella lampadina un paio di volte, prima di inondare la stanza. Volevo sbrigarmi. Non mi piaceva stare laggiù, del resto chi è un amante degli scantinati?

Strinsi la bacinella colma di vestiti e mi abbassai verso l'oblò della lavatrice. Per riempire quel silenzio sinistro decisi di canticchiare un motivetto. Ma poi un pensiero mi colpì come uno schiaffo. Era nei film horror dove la persona che canta, mentre sbriga le faccende di casa, viene fatta fuori dall'assassino? Sbuffai e smisi, scegliendo i capi a cui dare priorità.

Mi capitò in mano un tanga, nero decorato con del pizzo sui bordi. E questo da dove sbucava? Mio non era, di sicuro.

Misi da parte quelle mutande sospette, per poi grattarmi la barba sul mento soddisfatto. Mi voltai per prendere da un mobiletto il detersivo. Ma un rumore improvviso mi fece sobbalzare. Una specie di boato, alle mie spalle.

Una mano stava spingendo l'oblò della lavatrice per uscire. No, era la zampa squamata di un drago! L'istinto fu di scagliarle contro il contenitore del detersivo, ma ormai era uscita allo scoperto. Era grande quasi quanto tutta la stanza, come poteva vivere una cosa simile nella lavatrice? Non era un drago, ma grandi ali azzurre le cingevano la schiena e catturavano, dentro venature di foglie, la luce rendendola opalescente. Una folta criniera leonina dorata le incorniciava un muso da gatto, due orecchie da lepre lunghe sfioravano il soffitto e se ne stava a quattro zampe, davanti a me.

«Cosa sei?» la voce mi uscì da sola, carica di incerto stupore.

La creatura non rispose, si limitò ad inclinare la testa di lato e fissarmi con i suoi occhi grandi, color porpora. Il mio riflesso nelle sue pupille verticali tremava. «Vattene via!» gridai agitando il detersivo.

Lei sembrò intristirsi alla mia richiesta. «Non posso, io sono il tuo protettore, devo stare al tuo fianco». Una voce profonda, di una tipica dolcezza femminile, mi rispose, ma la creatura non aveva aperto bocca.

Avanzò verso di me con uno scatto felino. Chiusi gli occhi con la paura che mi facesse del male, ma invece sembrò strofinare la sua pelliccia morbida sulla mia guancia. Poi scomparì. Dissolvendosi nell'aria, ma lasciandomi un calore particolare nel cuore, che mi fece capire di non aver sognato tutto quanto. Così, ogni volta che faccio la lavatrice mi domando se lei è ancora lì per una seconda migliore chiacchierata.


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