Bruciare

L'unico pensiero che riempiva la mente di Nadir era sopravvivere. Tanto che si poteva dire ne avesse fatto un mestiere. Nessuno sapeva cavarsela meglio di lui. Nessuno conosceva ogni angolo della regione, anche il più remoto, come lui che sembrava avere le dune nelle proprie tasche.

Alcune dicerie raccontavano che sapesse dove si trovasse ogni granello di sabbia, come se li avesse numerati, nonostante il vento li cambiasse di posto. Ovviamente era impossibile, erano favole mormorate per scherzo. Ma nel deserto o sopravvivi o muori, non c'era tempo per scherzare sul serio, peggio ancora se erano in atto delle rivolte contro l'Emiro e tra i villaggi si aggiravano i soldati; perfino i mendicanti erano pronti a venderti come ribelle per ricavarne qualche soldo se abbassavi la guardia, e questo Nadir lo sapeva bene.

«Svuota le tasche imbroglione!» gli stava urlando un uomo, mentre gli schiacciava la faccia sulla strada con una mano e con l'altra gli teneva fermi i polsi dietro la schiena.

«Come posso svuotarle se mi tieni le mani?» rantolò quasi senza fiato per l'urto col terreno. 

Non era stata per nulla una buona idea imbrogliare quelle guardie dell'Emiro, dentro la taverna, vincendo con le sue carte truccate. Eppure era stato incapace di resistere. Voleva umiliarli di fronte a tutti, non gli importava che non fossero le stesse guardie che si erano portate via sua madre e avevano ucciso suo padre, non gli importava della taglia che gli pendeva sulla testa. Si era coperto abbastanza bene in viso per non farsi riconoscere, e se la fortuna fosse stata ancora dalla sua parte, sarebbe riuscito a scappare anche questa volta.

«Non farei tanto lo spaccone se fossi in te» lo minacciò ancora il soldato, colpito nell'orgoglio quando tutti si erano messi a ridere, divertiti dal fatto che si era fatto prendere per i fondelli da un ragazzino.

Non era la prima volta che Nadir si trovava nei guai. Il suo buon senso sembrava fatto apposta per attirarseli addosso, come il sudore che appiccica la sabbia alla pelle dopo i lunghi tragitti nel deserto. La stoffa blu scuro che si era legato intorno alla testa sfuggì dal suo nodo, appoggiandosi davanti ai suoi occhi che fissavano l'orizzonte di quel piccolo e sudicio vicolo di Abharath.

 «Sono un semplice venditore di cammelli» mentì, sputando la sabbia e il sangue che gli si erano attaccati alle labbra rotte: «Non un imbroglione, magari sei tu che non sai giocare».

«Ah si? E dove sono i tuoi cammelli?». 

Un paio di lustri stivali di cuoio entrarono nel campo visivo di Nadir. «Hassan, basta! Mettilo nel carro se proprio vuoi fargliela pagare. Non c'è bisogno di dare spettacolo». A giudicare dal tono autoritario con cui aveva parlato, quella voce doveva appartenere al comandante di quel soldato.

Appena fu libero, Nadir riafferrò la stoffa, riavvolgendosela intorno al viso e al collo per lasciare scoperti soltanto gli occhi. Fin troppi manifesti raffiguravano il suo vero aspetto, sotto il nome di "scheggia volante" e in ognuno c'era una buona ricompensa per consegnarlo vivo o morto all'Emiro. Lo credevano una spia dei ribelli, dal momento che si infilava spesso negli accampamenti dei soldati per rubare. Non capivano che ormai erano gli unici che possedessero davvero qualcosa che ne valesse il rischio: oro, liquore, armi, informazioni, mappe preziose e cammelli. Qualcuna probabilmente senza saperlo l'aveva venduta sul serio a qualche ribelle.

Non fece in tempo a rialzarsi del tutto che venne spinto da Hassan, immobilizzato ancora una volta. Si rifiutava di muoversi e gli venne tirato un ceffone sulla nuca per spronarlo, come se fosse un asino maleducato. Un'altra guardia lo condusse verso un piccolo carro, legato dietro a due cavalli di quel piccolo drappello. Gli bloccò i polsi con della corda e lo gettò al suo interno.

Dentro quella piccola prigione su ruote si accorse subito di non essere da solo.

Una ragazza se ne stava accovacciata nell'angolo, l'acconciatura disordinata da cui diversi ciuffi color miele le scendevano sulle spalle, coperte da un vestito bianco ricamato con stelle d'oro. Gli occhi erano scuri, arrossati dal caldo o forse dal pianto, ma la sua pelle era fin troppo chiara per appartenere a qualcuno che vive nel deserto.

«Chi sei?» gli domandò agitata. Un accento che non aveva mai sentito fuoriuscì da quelle labbra delicate.

«Nessuno». Nadir distolse lo sguardo immediatamente e si mise a trafficare con il pugnale che teneva nascosto sotto l'orlo dei pantaloni. «Non gridare» le disse per poi piegarsi e afferrare l'elsa con i denti e tagliare le corde. Un attimo dopo si stava già massaggiando i polsi liberi.

«Portami con te» sussurrò l'altra prigioniera. 

Si avvicinò a lei, calamitato dalla notte all'interno dei suoi occhi. Senza pensarci avvicinò la lama alla sua gola. «Ora puoi gridare».

La ragazza non se lo fece ripetere e attirò l'uomo che sorvegliava il carro. Nadir fu veloce, gli tirò un calcio sul naso, spaccandolo con un sonoro schiocco, e uscì dalla prigione prima che potesse riprendersi. Sentiva gli ordini alle loro spalle, le grida, i passi di chi tentava di inseguirli. Tutta musica a cui era già abituato, ma non si era mai portato dietro una ragazza. Aveva agito d'istinto e pensato sempre a sé stesso. Aiutare gli altri portava soltanto a moltiplicare i propri guai.

Svoltarono in un vicolo cieco e un muro li separò dalla libertà. Non avevano ancora seminato i soldati. 

La sconosciuta gli sfiorò la guancia al di sopra del tessuto del suo shesh. «Grazie» disse e il suo tocco gli bruciò fin dentro al petto, facendogli desiderare di sapere chi fosse. Incrociò le dita per crearle un punto d'appoggio che le avrebbe permesso di issarsi oltre il muro.

«Dopo di te» le rispose.

Non era da lui fare un gesto simile. Se non l'avesse avuta con sé sarebbe già stato al sicuro.

Lui trafugava tesori per vivere, non salvava persone in pericolo.

Eppure sentiva che si sarebbe pentito a lasciarla in balia dei soldati.

Non si era mai sentito così sconcertato, nemmeno quando si era perso nel deserto per la prima volta.

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Prova scritta per La libreria del Cappellaio Matto, traccia "L'incontro del destino"

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