Il più banale dei cliché

Max osservò con malinconia il paesaggio sottostante dalla finestra in cabina della ruota panoramica. Sentì su di sé lo sguardo di Viola.

Che aspetti? Dillo e basta.

Si morse il labbro inferiore, ne avevano passate così tante... E ora stava per finire tutto a causa di uno stupido viaggio di lavoro.

«Vorrei che avessimo passato più serate come questa» la sentì mormorare.

Fu allora che trovò il coraggio di voltarsi verso di lei, ed ebbe un tuffo al cuore: aveva gli occhi rossi e le sue lacrime avevano sbavato il mascara. Avvolse le sue mani in una stretta delicata. Sembravano dei cubetti di ghiaccio. «Qualcun altro renderà magico ogni momento passato con te, molto più di quanto abbia fatto io.»

La voce tremava mentre pronunciava quelle parole. Amava Viola più di ogni altra cosa al mondo, come avrebbe potuto sopportare che qualcun altro la facesse sua? Eppure, non poteva essere altrimenti.

«Sei tu quel qualcuno! Come posso andare avanti con la mia vita sapendo che tu non mi sei accanto? Non ti piaccio più, forse?»

«Non è così!» Le accarezzò il viso umido. «Sei la cosa più bella che mi sia mai...»

Venne interrotto dal lieve tonfo di una falena che si era posata sulla vetrata. Solo allora notò che la cabina stava per raggiungere il punto più basso.

«Quindi è deciso, quando questa serata sarà finita smetteremo di essere una coppia?» Max annuì con un movimento appena percettibile e Viola si passò un braccio sul viso, incurante del pasticcio che aveva appena fatto col trucco. L'evidente dolore fece largo a un sorriso che non arrivava agli occhi. «Bene, lo accetto.»

Lo disse con una strana luce nello sguardo e lui sentì che l'atmosfera si era appesantita. Il sobbalzo della cabina lo ridestò dal torpore, le porte si aprirono. La ghiaia scricchiolò sotto i suoi piedi quando scese giù.

«Senti...» provò a dire.

Ma lei lo interruppe. «Andiamo a comprare i marshmallows

Il tono allegro della sua voce gli fece dimenticare la sensazione di gelo provata poco prima. Viola lo prese per mano e lo trascinò verso i venditori del Lunapark. Si era fatto tardi, quella sarebbe stata la loro ultima tappa.

«Aspettami qui» gli disse.

Tornò con due sacchetti aperti straripanti di marshmallows, poi, Max riuscì a trovare l'uscita solo grazie alla presenza di una scala a pioli rovesciata ai piedi di un edificio anonimo.

«Sono umidi» osservò, addentando un marshmallow.

Tornarono verso casa tagliando per il boschetto, ma dovette fermarsi poiché venne sorpreso da colpi di tosse improvvisa.

«Che diavolo ci hanno messo in questi affari?»

«Loro nulla...» mormorò Viola.

Max notò che stava piangendo. La durezza del suo sguardo gli fece sorgere un sospetto tanto stupido quanto orribile, mentre sentiva la coscienza abbandonarlo.

«C-che cosa mi hai fatto?»

«Non mi hai lasciato scelta...»

Strabuzzò gli occhi, incredulo.

Mi hai avvelenato.

Le ultime parole che udì prima che la vita lo abbandonasse suonarono come il più banale dei cliché: «Se non puoi essere mio, non sarai di nessun'altra.»

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