Il cottage abbandonato

Il fragore di un tuono ridestò Vincent da un dormiveglia raggiunto dopo ore passate a rigirarsi sul lercio materasso di quella catapecchia.

Cazzo, cazzo!

Commise l'errore di voltarsi verso la finestra senza imposte, e la luce di un lampo rischiarò un volto pallido che lo fissava dall'esterno, insofferente al picchiettare della pioggia. Se non avesse saputo che si trattava di una statua ‒ grazie alla presenza di un solco che divideva il volto in due parti, forse dovuto a una specie di artiglio ‒, gli sarebbe senz'altro venuto un colpo.

Le diede le spalle e si rannicchiò in posizione fetale. Chi voleva prendere in giro? Quando era arrivato lì, quella dannata statua si trovava distesa a una dozzina di metri da quel rudere.

«Ho scelto un pessimo giorno per venire nel bosco» sussurrò, scosso dai tremiti, ma il picchiettare della pioggia sul tetto in legno coprì le sue parole.

Lui e due suoi amici vi si erano avventurati quel pomeriggio, attirati dalla presenza di un cottage abbandonato in cui aveva vissuto un tale che, stando a quanto si vociferava, era stato ucciso da una creatura provvista di corna e artigli.

Memore degli anni passati a fare il boyscout, Vincent aveva preparato uno zaino con tutto l'occorrente per rendere la scampagnata più godibile possibile: provviste, pietra focaia, una fune e un gomitolo di filo rosso da usare per ritrovare la strada, qualora avessero rischiato di perdersi. Aveva perfino portato con sé le carte dell'Oracolo per impressionare i suoi accompagnatori.

Le cose avevano cominciato ad andare storto con l'arrivo delle prime raffiche di vento. Trovare ciò che rimaneva del cottage ‒ l'unica parte ancora intatta era l'angusto atrio in cui si trovava ‒ era stato facile, grazie alle indicazioni trovate in rete. Ma quando le prime nubi erano apparse all'orizzonte, i suoi compagni si erano tirati indietro.

«Dobbiamo andarcene, o la tempesta ci bloccherà qui» avevano detto.

Vincent non li aveva ascoltati, sicuro che il vento le avrebbe allontanate, così era rimasto lì. Si sbagliava. Adesso, voleva solo che l'alba arrivasse in fretta, così che potesse andarsene.

Chiuse di nuovo gli occhi e, forse perché la pioggia era scesa di intensità o magari perché i tuoni si erano allontanati, riuscì ad addormentarsi.

L'indomani mattina, afferrò lo zaino prima ancora di sollevare le palpebre e balzò in piedi. Aveva smesso di piovere, così, prima di dirigersi all'uscita, lanciò un'ultima occhiata alla finestra ed ebbe un sussulto: la statua non era più lì.

Fanculo a questo posto.

Uscì di corsa, per poi schermarsi dai raggi del sole. Quando i suoi occhi si abituarono alla luce, ebbe un'altra sorpresa: la statua era riversa a terra nello stesso punto in cui l'aveva trovata il giorno prima; sul viso deturpato, uno scorpione agitava la coda acuminata.

Vincent si chiese se non avesse solo sognato ma, rivolto lo sguardo verso il fianco del cottage, scorse impronte insanguinate di piedi nudi che partivano da sotto la finestra e andavano a sparire nel bosco.

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