DISCLAIMER
La storia è puramente inventata, frutto della mia immaginazione e ogni diritto ad essa riguardante è di mia proprietà. Pertanto non è possibile spacciarla come vostra, pubblicarla altrove senza il mio consenso, utilizzarne stralci e/o contenuti vari.
Nel caso io scoprissi un utilizzo illecito della mia opera mi affiderò alle conseguenze del caso.
Per quanto riguarda questa storia in particolare, pur traendo ispirazione dalla realtà, ogni riferimento a persone/luoghi/fatti è puramente casuale.
TW: la presente opera contiene linguaggio volgare, ostile, scene di sesso, violenza e odio. Si consiglia la lettura a un pubblico adulto e consapevole.
La notte era ormai inoltrata da un pezzo, volgeva addirittura al termine mentre qualcuno camminava nella campagna appena fuori il centro abitato. Il buio dilagava lungo la strada sterrata e i rumori che si sentivano creavano una pace dei sensi come ben poche altre cose al mondo. I passi risuonavano attutiti dal terreno nel quale affondavano con leggerezza gli stivali e la punta del bastone da passeggio, che lo aiutava a sostenere il peso della nottata che si portava dietro, carica di collera e amarezza. Qualche abbaiare lontano ne destava l'attenzione, ma l'uomo non si voltava neanche a cercare la direzione da cui venivano i latrati: erano troppo distanti, troppo insignificanti per prestarvi del vero interesse. La sua mente vagava senza sosta, inoltrandosi nel fiume di ricordi che si affannavano uno dopo l'altro, impressi ai suoi occhi come fossero lì, davanti a lui, nitidi e limpidi. Poteva udire il vociare del bordello in cui era stato la sera prima, il puzzo d'alcol e di sesso sfrenato che, senza pudore, veniva consumato agli angoli di una sala angusta e lurida. Aveva il voltastomaco al solo pensiero, un ribollire di sangue che voleva scoppiare nelle vene oppure farsi strada con prepotenza per invadergli il cervello.
Ancora qualche passo e il suo cappotto venne agitato da una folata di vento freddo, tale da fargli arrestare improvvisamente il passo. Il verso di una quaglia lo fece voltare verso la distesa d'erba alta che svolazzava silenziosa, accarezzata dall'aria notturna. Era da solo, come ogni giorno, come ogni notte. Amava dichiararsi un essere solitario, troppo pieno di rancore per potersi aprire con qualcuno, troppo carico di rabbia per potersi legare. Trascorreva la sua vita nell'ombra, avvolto dal suo abbigliamento scuro che lo faceva apparire una vera creatura del buio. Non amava le altre persone, men che meno le sgualdrine che animavano i postriboli dove, comunque, spesso sostava. Le osservava da lontano, le guardava con disprezzo e le odiava con tutto il cuore. Almeno, quel poco che gli era rimasto: un pezzo di pietra calcificato nel petto, privo di pulsazioni se non quelle necessarie alla vita.
Odiava la vita. Come odiava le persone, soprattutto le donne. Lei, più di ogni altra. La donna che lo aveva partorito e abbandonato sul sagrato di una chiesa era una prostituta, una di quelle che odiava guardare nei locali. Poi c'era l'altra lei. Quella che le aveva spezzato il cuore. E anche lei era una donna di strada. All'inizio aveva pensato di poterla cambiare, la voleva salvare e glielo aveva confessato più volte, ma lei non si era fatta convincere, aveva preferito una vita di lussuria a quella che avrebbe potuto offrirgli lui. Lo aveva umiliato terribilmente e in un modo tanto profondo, che quella stessa sera l'aveva seguita verso casa, dopo che si era fatta sbattere a dovere da alcuni dei tanti avventori. Sentiva il puzzo di sesso che emanava la sua pelle perfino da metri di distanza: inorridiva ad ogni passo, gli faceva schifo anche il solo pensiero di quello che lei aveva fatto con degli sconosciuti, quando avrebbe potuto avere lui. La donna aveva sussultato di paura, quando lo aveva visto arrivare alle sue spalle con la coda dell'occhio, ma poi si era portata una mano al cuore e aveva tirato un sospiro di sollievo. «Ah, mi avevi fatto prendere un colpo!» aveva esclamato, sorridendogli poco dopo. «Se volevi farti un giro, bastava venire giù al locale.»
Il suo fare lascivo e senza cuore gli faceva salire la bile in bocca. Dopo averlo invitato a entrare in casa sua, l'uomo si era rivelato incline a prenderla lì, sul suo letto sfatto dove chissà quanti altri aveva accolto con lo stesso desiderio puramente carnale; si era tolto il cappotto che abitualmente portava, aveva sfilato gli stivali e i guanti, poggiandoli su una sedia. Dai pantaloni aveva tirato fuori un coltello lungo e appuntito e, cogliendola di sorpresa, aveva reciso il collo della donna che pensava di amare. Il sangue sgorgava sul letto ove ella giaceva ormai inerme, fiumi di liquido rosso impregnavano le lenzuola e il cuscino, ma non gli bastava: era solo l'inizio. Con la stessa arma decise di squarciare il corpo della donna, di portarle via gli organi che aveva più cari, di marchiare a fondo quel corpo che era stato di tutti, ma non suo. L'aveva amata e odiata allo stesso tempo, come stava facendo in quel momento. Quando le sue mani erano ormai grondanti di sangue vivo e i muscoli gli facevano male per lo sforzo, si allontanò finalmente da lei. Da ciò che non era più. Non era più una donna, non era più un corpo, né un'anima, né tantomeno una persona. Era diventata un pezzo di carne putrida, inesistente al mondo. Nessuno l'avrebbe più guardata, toccata, sfiorata. Nessuno l'avrebbe avuta, come non l'aveva mai avuta lui. L'uomo si era alzato dal letto con lentezza, e dopo avere guardato per l'ultima volta ciò che aveva commesso, si era allontanato per sempre da lei, ripulendosi le mani in un secchio d'acqua che aveva trovato in casa e che poi si era portato dietro, abbandonandolo in un vicolo.
Non era la prima volta che si macchiava di tanta efferatezza, nei mesi precedenti aveva già compiuto degli atti simili a quello, aveva provato amore e odio per altre prostitute: le conosceva, le amava e poi voleva salvarle ad ogni costo. Ma ogni volta lo respingevano e ogni volta lo costringevano a dedicarsi alla loro fine, perché non potevano volere un altro uomo rispetto a lui, lui che le avrebbe venerate e osannate come meritavano. Si addentrava ogni sera nei vicoli di Whitechapel, lo stesso quartiere dove si trovava quella chiesa, le scale di pietra che lo avevano visto neonato, abbandonato a sé stesso da una madre che aveva preferito una vita di malaffare rispetto a una con lui. Non l'aveva mai perdonata per il torto subìto, non l'avrebbe mai fatto: era stata dura estorcere le informazioni riservate sulla sua infanzia, ma lui sapeva come convincere qualcuno a parlare e, alla fine, era riuscito nell'intento. Aveva perfino saputo dove abitava adesso la sua sporca genitrice. Dopo una vita trascorsa nei bordelli di quelle sudicie strade, dopo essersi lasciata andare con chiunque, tanto che lui non avrebbe mai potuto scoprire chi potesse essere suo padre, aveva messo al mondo due bambini, si era sposata e si era ritirata con gioia a un'esistenza tranquilla e fedele con suo marito.
Ormai si avviava verso la vecchiaia, di sicuro la sua fama si era affievolita insieme alla giovinezza e alla bellezza che l'avevano caratterizzata, ma poteva scorgerne i lineamenti delicati e allo stesso tempo decisi di una donna passionale e determinata. Sì, l'aveva spiata. Lo aveva fatto per mesi, per essere sicuro che fosse lei, affidandosi alle chiacchiere che l'avevano accompagnata, dal suo passato, perfino nella campagna londinese. Non si può scappare dal proprio passato, agli occhi di quell'uomo lei sarebbe stata sempre la puttana che l'aveva messo al mondo e poi abbandonato davanti a una chiesa. E adesso era giunto il momento di riequilibrare le vite, di rimettere ordine nell'universo e tracciare una linea su tutto ciò che aveva fatto. Se ne sarebbe andato da Londra e avrebbe lasciato quella città a marcire su sé stessa, senza di lui.
Avanzava nella notte con passo cadenzato, inspirando ed espirando con forza l'aria fredda che riempiva e svuotava ripetutamente i polmoni. Cercava di incamerare quanto più ossigeno possibile, perché l'odore del sangue che si portava dietro era ancora forte, così tanto da averne impregnato gli abiti probabilmente per sempre. Anche chiudere il cappotto non era servito a nulla: la sua stessa pelle, ormai, era segnata da quel marchio. Lo aveva sentito scorrere sulle proprie mani così tante volte, prima di quella sera, che poteva immaginarlo anche solo chiudendo gli occhi. Era lì, sulle dita, che dilagava come una macchia impossibile da frenare, riempiva ogni cosa del suo forte odore metallico, gli faceva ribollire l'adrenalina nelle vene come un vampiro assetato. Inspirava ed espirava, quella sarebbe stata l'ultima volta.
L'erba attorno a lui volteggiava, frustata dal vento, mentre il sentiero su cui stava camminando a rilento mostrava finalmente la fine di quel purgatorio. Un centinaio di passi più avanti si stagliava un edificio isolato dal mondo, una casa su due livelli con ampie vetrate e un terreno intorno dove veniva chiaramente curato un orto. L'abitazione spiccava su tutto, in quella nera notte, poiché una stanza al piano di sopra aveva la luce accesa, una sorta di faro nella nebbia per un viandante stanco che avanzava tra le onde del terreno. Si avvicinava l'ultima ora di buio, a breve il sole sarebbe sorto oltre le colline lontane, ma al mattino lui sarebbe stato già lontano, si sarebbe lasciato tutto questo dietro di sé, nei ricordi di una vecchia vita che non gli sarebbe più appartenuta.
La sua vendetta era vicina: poteva sentirne l'odore anche da lì, mentre puntava il bastone nel terreno e si avvicinava inesorabile come un'ombra pronta ad agguantare la sua preda. La casa si faceva sempre più grande e imponente a ogni passo, riempiva la sua vista sbattendogli inesorabilmente in faccia tutto quello che non aveva mai avuto nella sua vita: una madre, una famiglia, l'amore. Quella luce accesa era il segno che lei era lì, per lui, e questo lo confortava. Aprendo il cappotto, le sue dita avevano cominciato a sfiorare la lama del coltello che aveva nuovamente infilato nella cintura dei pantaloni: lo aveva ripulito minuziosamente, doveva essere immacolato per quell'ultima potente azione. Aveva poi tolto il cilindro dalla testa e si era passato la mano tra i capelli, ravviandoli all'indietro. I suoi passi si erano fermati da soli poco prima del gradino d'ingresso. Il petto si alzava e si abbassava con prepotenza e il suo respiro fendeva l'aria creando degli ammassi di vapore che si disperdevano poi davanti a lui. Il battito del cuore era potente e inarrestabile: più si avvicinava alla meta, più scalciava per uscire dal torace con tutta la sua forza. Alla fine aveva preso coraggio, tutto quello che gli restava, e aveva azzerato le distanze dal suo obiettivo, fermandosi appena dietro la porta. Non c'era bisogno di bussare, dei rumori attutiti all'interno stavano a significare che qualcuno era sveglio e che non ci avrebbe messo molto ad aprire. Mentre l'odio perforava completamente il suo cuore già oscuro, le tenebre s'impadronivano della sua anima, pronta a lacerarsi del tutto da ciò che di umano era rimasto di lui, ed era ben poco. Sentimenti malvagi e carichi di risentimento si susseguivano nel suo essere rendendo il suo sguardo vacuo e perso, ormai, nei meandri della vendetta.
Una luce si era accesa dietro la porta, poteva notarla dall'uscio che si apriva lentamente e inesorabilmente sul vuoto. Davanti ai suoi occhi c'era colei da cui tutto aveva avuto inizio, da vicino era proprio come pensava: vecchia e cadente, ma con il marchio di una passata bellezza che l'aveva segnata per tutta la vita.
Si guardavano con intensità ed erano entrambi sull'orlo di un baratro senza ritorno, consapevoli che quella sarebbe stata la seconda e ultima volta in cui si sarebbero visti, dopo l'infausta nascita e l'abbandono. L'uomo aveva mille parole da dire a sua madre, aveva voglia di vomitarle addosso tutto ciò che di crudele conosceva per suscitare in qualche modo i suoi sensi di colpa, per sentirsi dire che era stato uno sbaglio abbandonarlo per una vita come quella, ma nessuna di quelle parole venne pronunciata. Si guardavano in silenzio, con la consapevolezza che i loro sguardi parlavano in modo più profondo delle stesse bocche.
Non si sa quanto tempo era trascorso, ma ad un certo punto era stata la voce della donna a lambire l'aria, ponendo fine a quel gioco di mute espressioni, ed erano bastate poche parole per decretare l'inizio dell'ultimo loro incontro, quello che avrebbe squartato in due i loro cuori e asportato ogni cellula carica d'odio dai loro corpi martoriati.
«Buonasera Jack, ti stavo aspettando.»
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