Non c'è due senza tre
Malcolm e Adam arrancavano su per il vialetto che portava verso la casa abbandonata. Era buio ormai e i due bambini, di appena undici anni, camminavano in silenzio tenendo le torce accese dinnanzi a loro, sperando quanto meno di apparire determinati nel portare a termine la scommessa che tutti - prima o poi nella loro città - si trovavano ad affrontare: trascorrere parte della notte in quella casa buia, disabitata ormai da decenni.
Si sapeva ben poco sugli abitanti che un tempo avevano vissuto nella grande dimora in stile coloniale: qualcuno parlava di morti misteriose, gli adulti liquidavano la faccenda, raccontando semplicemente di trasferimenti e motivazioni del tutto ordinarie e poco avventurose, ma nessuno amava soffermarsi sull'argomento.
Si fermarono davanti al grande cancello in ferro battuto e Adam deglutì rumorosamente. "Siamo arrivati... Sei pronto?".
"Certo che sono pronto!", si schernì Malcolm stringendo più saldamente la sua torcia; con la mano libera spinse il cancello arrugginito e i due bambini percorsero il vialetto di ghiaia, rincuorati dal rumore scricchiolante che produceva sotto le loro suole.
Sui gradini del portico videro un altro bambino seduto in attesa, che quando si accorse dell'arrivo degli altri due si alzò in piedi e gli andò incontro.
"Sei anche tu qui per la scommessa?", chiese Malcolm con una nota di aggressività nella voce.
"Si", rispose semplicemente il bambino, stiracchiandosi pigramente.
"Guarda che non vogliamo cagasotto qui, noi la scommessa la dobbiamo vincere, per cui sei ancora in tempo per andartene", gli intimò Malcolm che aveva preso la scommessa molto sul serio, ne andava del suo onore a scuola; non aveva nessuna intenzione di essere preso di mira per il resto dell'anno scolastico.
"Non me ne andrò, lo prometto!", rispose il bambino sicuro di sé.
"Dai, Malcolm piantala di rompere e lascialo in pace... Siamo tutti qui per lo stesso motivo!".
Malcolm lo valutò un attimo con gli occhi socchiusi e con una smorfia infastidita entrò nella casa buia.
Adam era segretamente felice che si fosse aggiunto un altro bambino. Lui avrebbe fatto volentieri a meno di passare la notte fuori casa, temeva che sua madre scoprisse la sua assenza almeno quanto temeva di fare incontri spiacevoli in quella casa. Però non voleva deludere Malcolm, il suo idolo. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di compiacerlo.
Una volta dentro, come nei peggiori film horror, la porta con un cigolio sinistro si chiuse dietro di loro, facendoli sobbalzare.
"Hai chiuso tu la porta?", chiese Adam con il terrore nella voce.
"Piantala Adam, deve essere stato il vento!", rispose Malcolm.
"E' vero, in effetti è una serata ventosa", aggiunse il terzo bambino con voce incerta.
"Come ti chiami?", bisbigliò Adam.
"james. E tu?".
"Io sono Adam".
"Bene, e io sono Malcolm. Adesso se avete finito con le presentazioni andiamo di sopra".
Adam aveva il sospetto che che anche Malcolm avesse paura e che stesse cercando di nasconderlo mostrando un atteggiamento più fastidioso del solito.
Le scale erano davvero in pessime condizioni, per cui salirono cautamente trattenendo il respiro. Una volta di sopra si srotolava dinnanzi a loro un lungo corridoio. I tre si fermarono in attesa, non sapendo bene come procedere. Fu Adam a rompere il silenzio. "Controlliamo tutte le camere?".
"Hai qualcosa di meglio da fare Adam?", lo canzonò Malcolm precedendolo e aprendo la prima porta alla sua destra. Era una camera da letto praticamente vuota e polverosa, le torce illuminavano le ragnatele negli angoli . I bambini si guardarono attorno quasi con delusione. Non si aspettavano una comune stanza vuota, più sporca che paurosa.
"Dai vediamo la prossima!", incalzò Adam, rincuorato dalla prima innocua stanza.
James li precedette e spalancò la seconda porta. Questa stanza era più piccola, sembrava più in ordine rispetto alla precedente, ma sempre spoglia e dall'aria abbandonata.
Malcolm sbuffò, lievemente frustrato. Il fascino dell'avventura stava svanendo, sostituito da una vaga noia. Tornarono nel corridoio e fu a quel punto che sentirono un refolo d'aria sfiorare le loro orecchie.
Impietrirono sul posto, muovendo convulsamente le torce, ma illuminando alternativamente solo i propri volti spaventati.
"L'avete sentito?", bisbigliò Adam.
"Si", sussurrò James avvicinandosi al fascio di luce di Adam.
Malcolm deglutì rumorosamente. "Direi che abbiamo visto abbastanza, qui non c'è nulla" e con respiro pesante si voltò per scendere nuovamente le scale seguito dagli altri due.
Mentre si apprestavano a scendere - meno cautamente di quanto avessero fatto durante la salita - una risatina decisamente adulta proruppe alle loro spalle. Le urla dei bambini si fusero in una singolare sinfonia e senza voltarsi si precipitarono di sotto andando a sbattere contro la porta d'ingresso sprangata. Ormai le urla erano assordanti, così come i pugni dei bambini contro il duro legno, ma ad un certo punto Malcolm riuscì finalmente ad aprire la porta finendo con il quasi rotolare giù dal patio per lo slancio che si era dato.
Adam lo seguì a ruota, ma si fermò subito dopo tremando, voltandosi verso la porta. "James che fai? Sbrigati!".
Anche Malcolm si voltò a guardare e ciò che vide fu James fermo sull'uscio, un sorriso divertito gli incurvava le labbra. "Grazie per avermi fatto compagnia stanotte! Anche la mia mamma e il mio papà si sono divertiti molto", e detto ciò sparì come fumo sotto lo sguardo sbalordito e terrorizzato dei due bambini.
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