La pozione della licantropia di Maximilian Maxwellson

Questa storia è stata scritta per il contest Dolcetto o scherzetto qui su Wattpad, indetto da Il Club dell'Inchiostro  

Il pacchetto era il seguente: Uno scienziato pazzo ha creato una pozione che può trasformare un umano in lupo mannaro, testandola sul/la proprio/a compagno/a.

Bonus della sfida: Bisogna inserire "fallo di gomma".



Il vento soffiava furioso, facendo tremare i vetri già tartassati da cataratte di pioggia e dal rimbombo dei tuoni. I lampi che squarciavano il buio della notte illuminavano alberi piegati dalle folate impietose e strade allagate.

All'interno del suo laboratorio, tra cavi e provette, fiale e vecchi libri, Maximilian Maxwellson lanciò l'ennesima occhiataccia spazientita alla lampadina la cui luce traballò per un attimo prima di tornare a brillare. A poca distanza da lui il suo compagno di studi, di lavoro e di pranzi consumati di corsa al Burger King, tal Brian Bringstone, sfogliava in silenzio le pagine di un romanzo.

All'ennesimo affievolirsi della luce della lampadina Maximilian lanciò via il suo blocco degli appunti, mandandolo ad abbattere una fila di provette innocenti dall'altro lato della stanza.

«Dov'era la tempesta tre mesi fa? Eh Stone? Dove?» domandò, alzandosi in piedi. «Dov'erano i fulmini quando ci servivano per provare a riportare in vita il corpo che avevamo assemblato? Mesi a scavare per cimiteri, settimane a cucire insieme cadaveri, e quando finalmente era tutto pronto... nulla! Non un tuono, non un fulmine, non una maledettissima nuvola!»

Una fialetta si schiantò contro il muro e andò in pezzi, subito seguita da un'altra.

«E allora va bene! Niente mostro di Frankenstein, dico! Proviamo con la formula della licantropia, dico!» continuò lo scienziato, mentre il suo assistente voltava tranquillamente pagina. «Ultimiamo la formula per la licantropia, aspettiamo la prima luna piena, e allora si scatena l'apocalisse e il cielo resta coperto per tre giorni di fila! Quando mai non si è vista la luna per tre giorni di fila, eh Stone?»

Brian avrebbe voluto fargli presente che era successo più volte, ma sapeva che il suo intervento in quel momento non era richiesto.

«Ho comunque iniettato la pozione a Mister Carotino, ma non ha reagito in alcun modo!» concluse Maximilian, incrociando le braccia sul petto. Davanti a lui, nella sua gabbietta, Mister Carotino continuò a rosicchiare la sua cena senza dare alcun segno di licantropia, o, nel suo caso, conigliotropia.

Una volta che lo scienziato ebbe smesso di sfogarsi, Brian chiuse il suo romanzo.

«Gli influssi lunari non si fermano perché la luna è coperta, Maxi. Ci sarà qualcosa di sbagliato nella formula. Faremo qualche modifica e riproveremo il mese prossimo», propose, alzandosi in piedi a sua volta.

«Stai insinuando che la nostra formula è sbagliata?» Maximilian si voltò furibondo.

«La tua formula», lo corresse l'altro, «ed è chiaramente sbagliata, dato che non sta funzionando.»

«Ne sei davvero sicuro?» chiese lo scienziato, brandendo la provetta con ciò che era rimasto della sua preziosa pozione della licantropia.

«Sicurissimo.» rispose Stone, impassibile.

«E allora bevila.» Maximilian era sicuro che Brian non avrebbe mai bevuto la pozione. Avrebbe così dimostrato che non era sicuro delle sue parole, e che quindi la formula poteva funzionare.

Maximilian però non era particolarmente bravo a capire le persone. Infatti con una scrollata di spalle Brian gli strappò di mano la provetta e ne bevve il contenuto in un sorso.

I due si fissarono in silenzio per un lungo momento. Lo scienziato rimase incredulo a osservare il suo compagno mentre... beh, mentre non gli succedeva nulla. Brian non cominciò a ululare, non si trasformò in un lupo gigante, non gli spuntarono neanche i peli sui palmi delle mani. Niente di niente.

«Dev'essere stato il giunto metallico del refrigerante. Sono mesi che non si stringe bene.» borbottò quindi Maximilian, a malincuore. «Devo trovare il modo di sostituirlo.»

«Te l'ho già detto, fallo di gomma», gli rispose Brian con una scrollata di spalle, prima di tornare alla sua poltrona e al suo romanzo. Se solo quel folle di Maxi si fosse impegnato a creare qualcosa di davvero utile quanto si impegnava a ricreare ogni stupidaggine letta nei romanzi dell'orrore, a quell'ora sarebbero stati milionari.

*

Maximilian si affrettò a scaricare la macchina dalle buste della spesa. Era passato un mese da quando avevano provato per la prima volta la formula per la licantropia, e non vedeva l'ora di tentare di nuovo con la sua nuova pozione riveduta e corretta.

Proprio quel pomeriggio, però, Brian si era messo in testa che non potevano continuare a vivere di fast food, e dopo quell'incidente con il segugio infernale i fattorini di Deliveroo erano troppo terrorizzati per avvicinarsi alla casa. Quindi lo scienziato era stato bandito dalla sua dimora e dal suo laboratorio finché non fosse tornato con del cibo vero.

La luna piena era già alta in cielo, e l'uomo praticamente corse lungo il vialetto e su per le scale. Aprì la porta con una spallata, lasciò i sacchetti sul piano della cucina e corse verso la porta del laboratorio che spalancò trafelato.

«Svelto Stone, prendi Mister Carotino, questa volta sono sicuro che-» Maximilian rimase senza parole non appena i suoi occhi si posarono su quello che era stato il suo prezioso laboratorio.

La stanza era completamente devastata. I tre grossi tavoli erano stati rovesciati e tutto quello che reggevano era in pezzi sul pavimento. I cavi elettrici e i serbatoi erano stati divelti dal muro e giacevano immobili in un angolo. Persino la libreria era stata presa d'assalto, tre delle robuste mensole spezzate come fossero state di cartone.

«Stone?» chiamò Maximilian, quando ritrovò la voce. «Stone! Se hai iniettato la formula al coniglio mentre non c'ero giuro che diventerò una bestia molto peggiore di un coniglio mannaro!»

Chiamando Brian lo scienziato si avventurò cauto nel laboratorio, ormai illuminato solo dalla luce della luna. Stando bene attento a dove metteva i piedi si avvicinò a quella che sembrava la gabbia del coniglio, abbandonata contro uno dei tavoli.

La raggiunse e la raccolse con mani tremanti, solo per poi lasciarla cadere non appena si rese conto che anche quella era stata distrutta. Sventrata senza pietà da chiunque, o qualunque cosa, avesse poi rivolto la sua ira contro il laboratorio.

Improvvisamente Maximilian si rese conto che il silenzio che regnava nella casa non gli piaceva per niente. Le sue mani non riuscivano a smettere di tremare, brividi gli correvano lungo la schiena e si sentiva i capelli dritti in testa.

In lontananza qualcosa cigolò e lui si girò di scatto, trattenendo un urlo solo all'ultimo istante.

Il respiro prese ad accelerare. I suoi occhi correvano febbrili da una parte all'altra della stanza, in cerca del minimo movimento.

«Stone?» provò di nuovo a chiamare. La sua voce uscì gracchiante e rimbombò tra le pareti, facendolo pentire all'istante di aver urlato.

Ogni singolo suono sembrava amplificato mille volte. Il cigolare del cancelletto in giardino pareva il fuoco di una mitragliatrice, lo stridere degli infissi un bombardamento, il fruscio del vetro sotto i suoi piedi un'esplosione.

Poi qualcosa si mosse nella casa, facendo scricchiolare le assi del pavimento. Maximilian si girò e fuggì.

Il suono gli era parso arrivare dalla porta attraverso la quale era entrato nel laboratorio, quindi l'uomo si fiondò verso l'altra porta, quella che portava al deposito, senza neanche curarsi di fare silenzio.

Era ormai arrivato quando il suo piede scivolò su qualcosa, facendogli varcare la soglia finendo lungo disteso sul pavimento.

Nel rialzarsi velocemente lanciò un'occhiata ai suoi piedi per capire cosa lo avesse fatto cadere, e rimase paralizzato dal terrore.

Il corpo immobile del povero Mister Carotino giaceva riverso sul pavimento. Non c'erano tracce sul pelo candido del coniglio, segno che la bestiola doveva essere morta dalla paura. Ma se non era lui ad essersi trasformato, allora chi? Nel silenzio l'immagine di Brian che vuotava la fialetta della pozione in un sol sorso gli tornò in mente.

Il pavimento scricchiolò nuovamente, questa volta più vicino. Maximilian dovette raccogliere tutto il suo coraggio per compiere il semplice movimento di alzare la testa, e se ne pentì istantaneamente.

Un'ombra si muoveva lungo il muro proiettata da qualcosa di molto grosso, molto peloso, e dal basso ringhio che emetteva anche molto, molto arrabbiato.

Una zampa pelosa grossa quanto quella di una tigre entrò nel suo campo visivo, e lo scienziato si riscosse. Si fiondò verso la porta e la chiuse con uno schianto, girando il chiavistello finché non si bloccò.

Respirando affannosamente l'uomo rimase appoggiato con tutto il suo peso alla porta del magazzino, salvo poi allontanarsi con un singhiozzo strozzato quando sentì un ringhio furioso proprio dall'altro lato della porta.

La situazione aveva dell'assurdo. Il suo corpo si rifiutava di rispondere agli stimoli che lui mandava, non riusciva a smettere di tremare né tantomeno a placare il respiro affannoso.

Un altro ringhio dall'altra parte della porta lo fece quasi scoppiare in lacrime, il corpo sottoposto ormai a una tensione indescrivibile.

Solo quando non arrivarono altri suoni dal laboratorio per svariati minuti Maximilian riuscì a calmarsi quanto bastava per fare mente locale.

Se Brian era davvero diventato un lupo mannaro gli sarebbe bastato sopravvivere alla notte e preparare un antidoto il mattino seguente. Chiuso nel magazzino era quasi sicuro di potercela fare. Sicuramente lì dentro aveva qualcosa che lo avrebbe aiutato. Il sedativo che avevano usato per i segugi infernali era lì da qualche parte. Gli bastava trovarlo, ma per farlo aveva bisogno di muoversi.

Quando riuscì a trovare l'interruttore del magazzino, dopo aver annaspato con le mani per un minuto buono, una fioca luce si accese illuminando a mala pena un angolo della stanza.

Cercando di non cadere preda dello sconforto l'uomo si avvicinò alle casse accumulate contro il muro, esaminandole velocemente. A un primo esame, però, la cassa dell'esperimento dei segugi sembrava sparita. E anche a un secondo. E anche a un terzo.

Si stava giusto chiedendo dove diavolo potessero averla messa, quando con uno schianto fortissimo qualcosa si abbatté contro la porta facendola tremare.

Il panico tornò ad attanagliarlo, e Maximilian si lanciò verso la cassa più vicina che secondo l'etichetta conteneva "materiale per scherzi goliardici".

Un nuovo colpo fece tremare la porta, e lo scienziato scoperchiò la cassa pregando di trovarci qualcosa di utile. Ne estrasse una mazza da baseball proprio quando, sotto il terzo colpo la porta cedette aprendosi di schianto.

Un gigantesco lupo dal pelo nero come la notte rimase immobile sulla soglia annusando l'aria, per poi puntare gli occhi scuri sull'uomo. Quello brandì la mazza da baseball con un coraggio che non sapeva di avere e tentò di assestare un colpo al muso della bestia. In risposta, quella spalancò le fauci tranciando a metà la mazza come fosse stata un ramoscello.

Le gambe cedettero sotto il peso di Maximilian, e l'uomo si accasciò contro la pila di casse guardando la morte che gli veniva incontro mettendo in mostra i denti con un basso ringhio ferale.

Al colmo della disperazione, quando ormai il lupo era a un passo da lui, lo scienziato perse il controllo cominciando a strillare a pieni polmoni. Quasi senza rendersene conto afferrò la prima cosa che gli capitò a tiro, un vecchio giornale ripiegato, e lo lanciò contro la bestia.

Subito dopo afferrò un vecchio ombrello e fece la stessa cosa, e in breve si ritrovò a lanciare tutto ciò su cui riusciva a mettere le mani contro il lupo mannaro, gli occhi serrati dal terrore.

Il tempo passava, Maximilian continuava ad afferrare oggetti dalla cassa e lanciarli urlando dal terrore e Brian, ormai a un passo da lui, assisteva alla scena cercando di darle un senso all'interno della sua mente canina.

L'urlo terrorizzato si fermò quando l'uomo sentì il naso del lupo premere contro il suo petto. Certo di incontrare la sua fine, lo scienziato aprì in fine gli occhi. La prima cosa che vide fu una lunga coda nera che si agitava a destra e a sinistra con ritmo frenetico. Poi il lupo aprì la bocca facendogli cadere qualcosa sui piedi.

Con lentezza esasperante l'uomo abbassò lo sguardo su quello che era, senza ombra di dubbio, il fallo di gomma che avevano acquistato anni prima per l'addio al celibato di un amico.

Gli occhi di Brian lo fissarono carichi di aspettative, mentre col muso continuava a pungolarlo nelle costole, rischiando ogni volta di romperne un paio.

Muovendosi a una lentezza esasperante lo scienziato si abbassò, raccolse l'oggetto, e senza pensare troppo all'assurdità della situazione lo lanciò via, fuori dalla porta e in mezzo alle rovine del laboratorio.

Veloce come un lampo il lupo si fiondò nella stanza adiacente scodinzolando furiosamente, per poi tornare a depositargli quello che era diventato il suo nuovo giocattolo preferito ai piedi.

Questa volta Maximilian fu più rapido a raccoglierlo e lanciarlo verso il laboratorio, guardando incredulo il gigantesco lupo mannaro che fiutava tra i tavoli fino a ritrovare il pene finto e riportarglielo.

Alla terza volta non ci fu più alcuna esitazione. Lo scienziato si esibì nel suo lancio migliore, e osservò affascinato il comportamento del lupo. Quella sì che era una scoperta interessante!

*

«Mi stai dicendo che sei sopravvissuto tutta la notte lanciando un dildo nel laboratorio e aspettando che te lo riportassi?» Brian si era risvegliato il mattino seguente nudo come un verme in mezzo alle rovine del loro laboratorio, con un fallo di gomma stretto al petto e un mal di testa lancinante. Non era in vena di scherzi, e tantomeno lo era Maximilian, impegnato a scrivere furiosamente di tutto quello che era successo quella notte nel suo diario degli esperimenti.

«Esatto! Sei bravissimo a giocare al riporto! Lo hai ritrovato anche quando l'ho nascosto sotto ai detriti!» disse, senza neanche alzare gli occhi dal foglio. «Lasciami giusto finire di segnare tutto e andrò a mettere insieme un antidoto!»

«Sai che ti dico, Maxi? Lascia stare l'antidoto. Se questa notte mi ritrasformo posso ammazzarti più facilmente», lo minacciò l'altro, oltraggiato.

Senza fare una piega lo scienziato raccolse l'oggetto in questione e lo lanciò in direzione del salotto. Di riflesso, Brian si alzò e si mosse per andare a prenderlo, salvo poi fermarsi di colpo quando il suo cervello realizzò cosa stava facendo.

«Antidoto?» chiese quindi Maximilian, dal tavolo della cucina.

«Antidoto.»



Risultato finale: primo posto


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