One-Shot #2

Un passo dopo l'altro, i piedi affondavano nella sabbia calda, punti di tanto in tanto da piccoli frammenti di conchiglie ormai vuote.
Lo sguardo fisso sul mare, calmo e limpido, rivestito da brillanti.
Di un azzurro intenso, specchio del cielo.
La ragazza continuò il suo cammino fino ad arrivare al bagnasciuga, dove la sabbia era morbida e l'acqua schiumosa accarezzava le caviglie, abbracciandole di sottili alghe.
Spirale si sedette, portando le gambe contro il proprio petto.
Prese della sabbia, chiudendola nel pugno, scoprendo una piccola conchiglia biancastra e pesca. La raccolse.
-Giorno...- fece per segnare qualcosa ma rimase immobile, tenendo quella matita improvvisata a mezz'aria.
-Ho dimenticato-
Di colpo si sentì oppressa dal rammarico.
Era come se qualcuno le stesse premendo un cuscino contro il cuore, come se avesse i polmoni ripieni di ovatta.
Questa soffocante sensazione la fece piangere.
Non tentò nemmeno di asciugarsi il viso, o di smettere.
Invece, protese il braccio verso l'orizzonte, aprendo la mano, sperando che le acque rispondessero a quella sfinita richiesta di aiuto.
-Quando potrò stare con te?- pensò, e singhiozzò -Non ci riesco, ho paura-
Iniziò a tremare, stringendo le ginocchia contro il torace.
Una voce lontana, che invocava con insistenza il suo nome, la fece trasalire.
-No, no! No!-
Si alzò di scatto, attraversata da una scarica di adrenalina e corse nella direzione opposta.
Ma la sua fuga non durò molto.
Un'altra voce, una stridula, le sbarrò la strada.
-Spirale, disgraziata! Tuo padre ti cerca da ore!-
La ragazza, ansante, non diede risposta.
La donna le afferrò il braccio, tirandosela dietro, rassicurando il resto della gente accorsa che nel frattempo si era riunita in una piccola folla.
-Non te ne frega proprio niente di tuo padre? Quell'uomo si spacca la schiena da mattina a sera per te, e tu non fai altro che scappare dalla casa che ti ha nutrita e cresciuta. Se fossi mia figlia...-
Ma Spirale non stava ascoltando. Fra i singhiozzi, teneva lo sguardo fisso sul mare, che a poco a poco si allontanava, coperto da una patina opaca.
-Mi abbandoni di nuovo- pensò -No, chi prendo in giro, è colpa mia-
-È colpa mia-
E i singhiozzi si fecero più sofferenti.
-Mi auguro che almeno stavolta ti scuserai- esclamò la donna, scuotendo la testa, con il modo di fare di chi continua a rimproverare nonostante sappia che non servirà a nulla.
Spirale si destò dai suoi pensieri, ritrovandosi di fronte alla propria casa, che, nonostante l'accogliente aspetto esterno, in quel momento le pareva più una vecchia voliera arrugginita.
La porta si aprì con un gesto pacato.
-Spirale, bambina mia-
Con la stessa rapidità di un rapace che avventa gli artigli sulla preda, il cervello della ragazza la costrinse ad assistere impotente a immagini passate.
Sua madre, sull'uscio di casa, che la teneva stretta fra le braccia e inveiva contro il marito.
Questo che, fuori di sé, si avventò contro la donna, investendola con una scarica di pugni.
Sentii la paura, il corpo scosso da violenti tremiti, la vista annebbiata dalle lacrime e dal dolore, il sangue che le gocciolava dalla nuca, le proprie grida. Infine, come se nel petto una lampadina si fosse fulminata, lo smarrimento, la sensazione di vuoto, la vista del corpo immobile della madre.
I vicini accorsi, che credettero alle lacrime di quell'uomo, credettero alle sue menzogne.
Quell'uomo che Spirale mai più avrebbe chiamato padre.
Copiose e calde lacrime le bagnarono le guance, piovendo ai suoi piedi.
Una grande mano callosa, appartenente a un corpo incredibilmente alto e robusto, le accarezzò la guancia, asciugandola con il pollice.
-Va tutto bene, ora rientriamo-
La ragazza sussultò.
Non osò alzare lo sguardo e si limitò a obbedire.
Parole e risate ovattate risuonarono alle sue spalle, poi il sordo tonfo della porta, infine l'opprimente silenzio, rotto dai rapidi battiti del suo cuore.
-Scappi ancora- sussurrò il padre, avvicinatosi all'orecchio della figlia.
La barba ispida, come fatta di spilli, che le pungeva il collo e l'alito caldo contro la pelle la fecero rabbrividire.
-Dovresti curarti di più- le accarezzò le spalle, con delicatezza, scendendo sino ai fianchi -sei così bella. Tale e quale a tua madre-
Spirale, come morsa da un serpente, si scostò, di scatto, spingendolo indietro.
Lo guardò, con gli occhi spiritati, il labbro tremante.
-Prima scappi, ora questo-
L'uomo ricambiò lo sguardo, con viso cupo e severo.
Le afferrò con forza l'esile braccio, tirandola a sé.
Poi due forti schiocchi, come petardi esplosi.
La ragazza lanciò un grido acuto, crollando sulle ginocchia e premendosi le guance, roventi.
-Guarda cosa mi fai fare- la rimproverò l'uomo -rovinare un viso così delicato-
Sorrise, e Spirale inorridì.
Quel viscido, subdolo sorriso. Sapeva a cosa portava.
Mugugnò qualcosa, scuotendo freneticamente la testa.
L'imponente figura del padre, che in quel momento le parve davvero titanica, la scrutava dall'alto, con occhi ardenti.
Quando decise di protendere le braccia verso di lei, inginocchiandosi e riservandole uno spinoso bacio sul collo, la ragazza scoppiò in lacrime.
Il corpo non rispondeva ai comandi che il cervello tentava di imporre. Era immobile, paralizzata, succube della volontà del padre.
L'uomo mormorò parole languide che non vennero udite, sovrastate dai singhiozzi della ragazza.
La stese a terra, lasciando scivolare la mano sulla sua magra, pallida coscia, sollevandole il vestito rattoppato.

-Spirale...-

Proprio in quel momento, una voce limpida, dolce e serena, spumosa, riempì la mente della giovane, rendendo lontano e indistinto tutto ciò che la circondava.
La riconobbe.
Era la voce del mare.
La ragazza spalancò gli occhi, col cuore leggero.
Ogni fibra del suo essere fremeva dal desiderio di raggiungere quella distesa di luce zaffirea, unico luogo capace di confortarla.
-Devo andare, devo andare- ripeté, con lo sguardo incollato al soffitto, come in trance -devo andare-
L'uomo su di lei ebbe appena il tempo di sollevare il viso dalla sua pelle cerea.
Qualcosa accade.
Grida strazianti, disumane, colmarono la stanza.
Il corpo del padre si contorse su se stesso, come un asciugamano intriso d'acqua che viene arrotolato e stretto.
Il torso, gli arti, persino il collo, si trasformarono in deformi molle di carne.
Il sangue caldo fluì dalle membra in getti spiralici, spargendosi sulle pareti e sulla ragazza, artefice di quello scempio.
Questa scostò con noncuranza i resti del padre crollatigli sulle gambe e si alzò in piedi.
Solo allora riprese il controllo dei propri sensi.
I suoi occhi, increduli, navigarono per la stanza, fermandosi poi sul cadavere.
Non riuscì a frenare l'impulso di vomitare.
I pensieri volavano rapidi mentre tentava invano di ricostruire ciò che era accaduto.
Ebbe l'istinto di fuggire da quella scena, da quella stanza, da quella casa.
Ripensò alla spiaggia, al mare, e sentì nel profondo del cuore che quello era l'unico luogo in cui sarebbe stata al sicuro. Una certezza.
Sbatté la porta alle sue spalle e corse, senza ripensamenti, lasciando tracce di sangue al suo passaggio.
Non si fermò ai richiami di nessuno, non si fermò per il dolore ai piedi, ancora nudi, non si fermò quando sentì le gambe pulsare, non si fermò quando il fiato cominciò a mancarle.
Continuò fino a quando, sudata e ansante, scorse finalmente l'agognata meta.
Un veliero di modeste dimensioni stava lì, ormeggiato.
Lo scafo e le vele erano dipinte di nero, ma aveva un aspetto piuttosto comune.
L'attenzione della ragazza cadde piuttosto su una figura, a pochi passi dall'imbarcazione, che camminava nervosamente in cerchio, intenta a studiare quella che doveva essere una mappa, continuando a ruotarla e a guardarsi intorno.
Spirale si arrestò.
Approcciare quella figura o nascondersi? Era il quesito che la torturava in quel momento.
Si guardò i vestiti, le mani, era coperta di sangue da capo a piedi.
Avrebbe creduto fosse una vittima o una carnefice?
L'ansia le rese impossibile ragionare oltre, ma non ne ebbe bisogno.
Una mano le si poggiò sulla spalla destra, e la ragazza trasalì.
Voltandosi cautamente, si trovò di fronte una donna dai corti capelli celesti e spumeggianti, mossi dalla brezza leggera; in essi rivide le onde infrangersi sulla spiaggia, e il proprio animo si fece quieto.
Notò che l'occhio destro era coperto da una benda a forma di diamante.
Quando vide quello sinistro sentì le guance farsi calde: era di un azzurro brillante, seguiva la forma del largo sorriso della donna e pareva ridesse anch'esso, vispo, brioso.
Non c'era la minima traccia di ostilità nel suo sguardo.
-Yo, tutto a posto?- domandò la sconosciuta, che nel frattempo aveva notato lo stato della giovane.
Questa rispose con un cenno appena percettibile, abbassando in fretta lo sguardo.
Solo allora Spirale notò qualcosa di quella donna, che per altri sarebbe stata la prima degna di attenzione.
Non aveva il petto.
O meglio, non aveva nulla se non la gabbia toracica.
Le costole bianche e lucide, nascoste in piccola parte dal mantello che la donna portava, erano ripiene di monete di ogni sorta, gioielli, pietre preziose e numerose collane che pendevano sino a sfiorare l'elastico dei pantaloni.
La ragazza sbatté le palpebre più volte di fronte a quel prezioso spettacolo, trovandosi incantata, e pensò che fosse la cosa più strana e bella che avesse mai visto in vita sua.




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