Solo un bacio [Bluebird/Unmasked]
Tipologia: Oneshot, Prequel [Canonica]
Rating: Per tutti
Avvertenze:
- La oneshot può essere compresa anche senza leggere Bluebird (i riferimenti all'ambientazione fantasy sono leggeri, ma ho inserito qualche nota per la comprensione! Le trovate sia in fondo al capitolo, sia come commento al paragrafo corrispondente)
- Non sono presenti spoiler sulla trama, ma se volete evitare qualunque tipo di anticipazione potete leggere la Oneshot dopo il capitolo 45 di Bluebird
- Pur non essendo considerato incesto, avviso comunque che i personaggi sono cugini di 1° grado
Edvokin lo trovò seduto sotto uno dei pioppi del giardino. Era un albero grande e isolato, posto sul versante più a nord, oltre le scuderie; un punto in cui difficilmente qualcuno si sarebbe spinto, se non per la volontà di restare da solo.
Volontà che Edvokin scelse ostinatamente di ignorare.
Brycen sollevò lo sguardo verso di lui allarmato dai suoi passi, stringendo ancor di più le ginocchia al suo petto. Lo fissò spaurito per un istante, poi rilassò i muscoli e abbandonò nuovamente la fronte sulle gambe, spingendosi verso il tronco. Non lo scacciò apertamente, e per Edvokin fu sufficiente: si avvicinò all'albero e si sedette al fianco di suo cugino, liberando un pesante sospiro.
«Fa' vedere.»
Brycen replicò con un mugolio lamentoso, poi sollevò il capo controvoglia. Nella sua espressione si leggeva l'evidente fastidio per quel gesto, ma Edvokin gli afferrò comunque il mento tra le dita, rigirandogli il viso per osservarlo attentamente da ogni angolo. Non c'erano tracce evidenti di ferite o lividi, ma gli occhi erano arrossati dal pianto.
"Bastardi."
«Dove ti hanno colpito?»
«Sto bene.»
«Dove, Yce?»
Brycen arricciò le labbra in una smorfia, scivolando via dalla sua presa. «Allo stomaco. Ma è stato un pugno solo, ho tossito un po' e ora sto bene. Dico davvero.»
Edvokin strinse i pugni, inspirando lentamente. Sentiva il petto ribollire di rabbia, i muscoli del collo tendersi nel tentativo di mantenere il controllo.
«Sai dove sono adesso?» sibilò a denti stretti.
Brycen cambiò espressione in un lampo: spalancò gli occhi e drizzò le spalle, e lo stupore lasciò il posto all'ostinata risolutezza. «Ti ho detto che non voglio» sentenziò, quasi fosse un rimprovero. «Me l'hai promesso, Kin!»
«Ma perché continui a difenderli?!» Edvokin battè una mano sull'erba, grattando la terra con le dita. Quel suo ringhio bastò a far sobbalzare di nuovo Brycen, che sollevò le braccia a coprire il petto in quello che doveva essere ormai un gesto istintivo.
«Non li difendo» borbottò, la voce nuovamente ridotta a un sussurro. «Ma non voglio che ti comporti come loro: la violenza non è la soluzione. È Vladimir in errore, tu sei migliore di lui.»
Edvokin sbuffò, liberando un soffio divertito che mescolava ironia e fastidio. «Oh, meraviglioso. Un discorso veramente toccante, cugino, di certo ti fa onore. Esattamente, questo come dovrebbe risolvere il problema? Non mi sembra che la tua morale funzioni granchè contro i pugni allo stomaco.»
Brycen piegò la testa di lato e abbandonò nuovamente il mento sulle ginocchia, tornando ad abbracciarle e a stringerle al petto.
«Forse se riuscissi a spiegarmi e far capire loro...»
«Per l'amor di Beyled¹, Yce, ha mai funzionato?»
Nessuna risposta. Brycen si limitò ad arricciare le labbra in una smorfia, guardando altrove; tirò su col naso e tutta l'irritazione di Edvokin scivolò dal suo petto al suo stomaco, attorcigliandosi come un filo spinato.
"Fantastico, adesso mi sento persino in colpa."
Edvokin si passò una mano tra i capelli sciolti, sbuffando rumorosamente. Suo cugino era talmente cocciuto da farlo irritare, con quel suo estremo buonismo, ma era incapace di restare a lungo arrabbiato con lui.
Sembrava così vulnerabile, con il respiro reso irregolare dai singhiozzi che cercava malamente di trattenere, raggomitolato come un gattino impaurito. Un ragazzo completamente diverso da quello che, solo una settimana prima, l'aveva trascinato in uno dei depositi di famiglia per trafugare di nascosto Pietre di Sihir². Edvokin adorava vedere quella scintilla di sfacciata intraprendenza che bruciava nel suo sguardo, la determinazione di chi avrebbe fatto qualunque cosa pur di avere i mezzi per acquisire nuova conoscenza - ma sembrava essersi dissipata del tutto.
«Smetteranno» mormorò Brycen, la voce tremante. Non era sicurezza, era speranza. «Manca solo qualche anno alla maggiore età, non potranno continuare per sempre. Se lo faranno potrò denunciarli.»
Edvokin sbuffò di nuovo, questa volta con evidente scherno. «Anche se fosse, i pettegolezzi non smetteranno. E se non farai niente a riguardo, si convinceranno che è vero e le cose potranno solo peggiorare.»
«E se fosse vero? Se avessero ragione, su di me?» Brycen pronunciò quelle parole a voce così bassa che Edvokin le sentì a malapena. Cercò di sporgersi verso di lui per incrociare i suoi occhi, ma Brycen li nascose ancora di più tra le braccia. «Prenderesti le mie difese anche se fossi...»
«Sei mio cugino, Yce. La famiglia prima di tutto, giusto?» Edvokin posò una mano sulla sua spalla, addolcendo il suo tono con quanta più rassicurazione era in grado di offrire. «Certo che prenderei le tue difese. Non importa cosa dicono gli altri: potresti anche tagliarti i capelli³ o diventare davvero un insegnante⁴, resti mio cugino.»
Brycen aprì un varco in quell'intreccio di braccia e gambe, rilassando i muscoli nell'allentare la presa. Edvokin lo sentì sospirare di sollievo, ma quando sollevò il viso verso di lui aveva un sorriso incerto.
«Tu pensi che sia sbagliato, Kin? Amare un altro uomo» sussurrò Brycen. «Pensi che sia davvero un oltraggio alla Dea Bianca?»
Edvokin arricciò le labbra in una smorfia. Onestamente, non gli era mai importato troppo; c'erano così tante regole, limiti e comportamenti da tenere che ormai aveva perso la voglia di comprendere cosa fosse giusto e cosa no. Credeva in Beyled, ma trovava la devozione altrui fin troppo soffocante; non aveva mai provato il desiderio di Brycen di trovare una qualche logica, di trovare un perché delle cose - voleva solo essere lasciato in pace.
«Sei tu che conosci a memoria le Scritture» gli rispose, ciondolando la testa di lato con fare annoiato. «Cos'è che dicono?»
«Nulla. Non viene detto esplicitamente che va bene, ma neanche si condanna. Non è vero che la Santa Velaj⁵ l'ha definita una pratica immonda, e neanche che il rito del matrimonio sia solo per uomo e donna» spiegò Brycen, drizzando il busto. Quando si toccavano i tasti giusti, smetteva di essere un cerbiatto spaventato e sfoggiava i palchi robusti di un cervo maturo. Era bastato così poco per far ardere di nuovo i suoi occhi, per far tornare salda e sicura la sua voce. «Non le conosco a memoria, però ho controllato. Più volte. Anche i testi in zimeo⁶ antico, non ce n'è traccia. Ha senso che sia così, un simile divieto non avrebbe motivazione, andrebbe contro i precetti di Beyled: lei voleva che fossimo liberi.»
«Vedi? Ti sei risposto da solo.» Edvokin allungò un sorriso soddisfatto, scompigliandogli i capelli.
Ma se anche avesse trovato qualcosa, che differenza avrebbe fatto? Lui non era la Dea Bianca. Che Brycen amasse un uomo o una donna, che importanza aveva? Quale problema creava a lui? Sua sorella Karamilla che rovinava i suoi intagli e rompeva i suoi scalpelli per puro diletto e si affidava al pianto per evitare i rimproveri, quello lo infastidiva. Vladimir che si accompagnava a tre o quattro amici per picchiare suo cugino, quello lo faceva infuriare.
Brycen però accennò un sorriso sbieco, agrodolce. Edvokin non aveva bisogno di chiedere per comprendere a cosa stava pensando: magra consolazione. Le sue ricerche, la sua logica e il supporto di Edvokin non avrebbero cambiato il fatto che, se Brycen fosse stato omosessuale, Zima l'avrebbe masticato e sputato senza mostrare clemenza.
«Io... io non so neanche se è vero. Non ne ho idea, Kin» ammise Brycen, la sua voce nuovamente scossa da balbettii. Il dubbio lo stava divorando: le mani tremavano debolmente stringendo la stoffa della rubasca verde che aveva indosso, e gli occhi sembravano persi oltre l'erba del prato. «Non credo, non... non ho mai pensato a un uomo in quel senso. Però anche quando si parla di ragazze, io... Non penso a... Insomma, io non sono come voi. E quindi non so se... Io ci ho pensato, ma come faccio a capire se-»
Edvokin si sporse verso di lui prima che riuscisse a concludere la frase, afferrandogli il mento con le dita per sollevarlo. Incrociò per un istante quegli occhi blu grandi di preoccupazione, poi premette le labbra contro le sue.
Erano gelide. Non che fosse sorpreso, la pelle di suo cugino era sempre fredda come il ghiaccio⁷, ma era meno fastidioso di quanto avesse creduto. Complice il caldo d'estate, era una sensazione persino piacevole, tanto che quando si allontanò da lui si pentì di non aver prolungato quel contatto un po' più a lungo.
Brycen lo fissava sconvolto: aveva gli occhi spalancati e il viso si era già colorato di un rossore diffuso mentre restava immobile, pietrificato come una statua di sale.
Edvokin liberò uno sbuffo divertito, sghignazzando nell'agitare una mano di fronte ai suoi occhi.
«Sei ancora vivo, cugino?»
Brycen sembrò risvegliarsi all'improvviso. Trasalì, facendo schioccare le labbra e sbattendo più volte le palpebre, gli occhi puntati verso di lui ma rifuggendo accuratamente il suo sguardo.
«C-cosa...? P-perché lo hai...?»
«Così puoi dire se ti piace oppure no.» Edvokin gli offrì un sorriso sghembo. «Se sei tanto preoccupato, meglio togliersi il dubbio, no?»
Brycen sollevò gli occhi verso di lui, osservandolo in silenzio per qualche istante, come stordito.
«Non... non ti ha fatto ribrezzo?» riuscì finalmente a chiedere.
Edvokin sollevò le spalle. Era solo un bacio: l'idea lo lasciava indifferente. «Perché dovrebbe? Ti ho baciato, non ti ho mica messo in bocca del cibo che ho masticato prima.»
«Che schifo, Kin!»
Edvokin scoppiò a ridere nel vedere un brivido di disgusto scuotere il corpo di Brycen, facendogli tremare spalle e braccia e infine scuotere il capo, le labbra stropicciate in una smorfia. Stuzzicarlo era tra i suoi passatempi preferiti: che fosse per l'imbarazzo o la sorpresa, Brycen era così espressivo che non riusciva a staccargli gli occhi di dosso.
«Allora? Com'è stato?» gli domandò Edvokin, allungandogli un buffetto sulla spalla.
«Non... non ne ho idea. Ero troppo sorpreso.» Brycen abbassò lo sguardo mortificato, stringendosi nelle spalle. «Come faccio a sapere se mi piace o no?»
«Che razza di domanda è? Lo sai perché lo sai» disse Edvokin, agitando una mano. «Come fai a decidere se un colore ti piace più di un altro?»
Brycen prese fiato, poi aggrottò le sopracciglia boccheggiando una risposta che non riuscì a trovare. Edvokin sghignazzò.
«Non è stato brutto, credo» borbottò Brycen, le sopracciglia aggrottate di chi si stava sforzando di rifletterci su. «Ma non vuol dire nulla. Neanche a te ha fatto ribrezzo, no?»
«Ma non sono io quello che ha dubbi, qui» ammise Edvokin, piegando la testa di lato. «Prova così: com'è stato rispetto a baciare una ragazza?»
Brycen ridusse le labbra ad una linea sottile, scompigliandosi nervosamente i capelli. «Non lo so, non ho mai... Insomma, quello era... Era il mio primo bacio.»
«Ah.»
Edvokin schiuse le labbra, stupito. Brycen possedeva un eccessivo pudore, ma credeva che si fosse spinto almeno fino a quel punto; se lo avesse saputo, non sarebbe stato così crudele da rubargli il primo bacio a quel modo. Senso di colpa, ecco cos'avrebbe dovuto provare, ma lo sentiva mescolarsi a qualcosa di diverso nel suo petto: la consapevolezza di essere stato il primo a posare le labbra sulle sue era soddisfacente, aveva il sapore dolciastro della vittoria.
Perché l'idea lo faceva sorridere?
«Scusami» borbottò Edvokin, distendendo le gambe di fronte a sé. «Pensavo che tu e Beth...»
«Io e Beth siamo solo amici» Brycen marcò quella parola arricciando il naso in una smorfia offesa. «Perché vi ostinate tutti a dire il contrario?»
«Solo amici, davvero?» Edvokin allungò un sorriso volpesco. «Allora potrei corteggiarla io. Non dovrebbero mancare molti mesi ai suoi quattordici anni...»
Brycen drizzò il busto come punto da uno spillo, irrigidendo i muscoli in uno scatto come se fosse in procinto di saltar via. «Tu...!» disse soltanto, gli occhi sbarrati di stupore e una gelosia così evidente che nessuna giustificazione avrebbe potuto nascondere.
"Beccato", pensò Edvokin, sghignazzando divertito. A suo dire era una risposta più che sufficiente, ma per qualche ragione Brycen si rifiutava di ammettere che era innamorato di lei.
«B-beh, comunque non posso fare il paragone, quindi resta il fatto che non so dire com'era» balbettò Brycen, un evidente quanto mediocre tentativo di cambiare discorso.
Edvokin sospirò, lasciandoglielo fare. «Forse è stato troppo rapido e inaspettato» ammise in una smorfia insoddisfatta.
Doveva immaginarlo: non gli aveva lasciato il tempo di razionalizzare il tutto, di prenderne coscienza e riflettere, e per Brycen quello era l'unico approccio al mondo che conosceva. Si voltò ad osservarlo, scivolando con lo sguardo sulle sue labbra lievemente dischiuse in quella confusa incertezza che ancora colorava la sua espressione.
L'aveva già baciato una volta, che male poteva fare una seconda?
Allungò una mano a sfiorargli il volto, sollevandolo di nuovo verso di lui - lentamente, così da lasciargli comprendere le sue intenzioni. Brycen sobbalzò un poco a quel tocco, guardandolo come se non avesse idea di cosa dovesse fare: deglutì, un po' agitato, ma quando Edvokin si avvicinò a lui non si ritrasse.
Sfiorò le sue labbra in un tocco leggero, ma questa volta non si allontanò dopo quel semplice contatto: gli concesse il tempo di assaporare quel momento, di sentire il calore del suo respiro, la sensazione della sua bocca premuta contro la propria.
O forse era il contrario?
Quella fresca sensazione sulla sua pelle era dannatamente piacevole. Le labbra sottili di Brycen erano rigide di imbarazzo e titubanza, ma più le baciava più sentiva sciogliersi la tensione dei suoi muscoli; percepire il suo rilassamento, la sua bocca che timidamente cercava di imitare i suoi movimenti, gli provocò una scarica di soddisfazione lungo il petto.
Neanche a te ha fatto ribrezzo, gli ricordò la voce di Brycen nella sua testa.
Avrebbe dovuto? Era solo un bacio, ma non avrebbe dovuto sentire qualcosa di... diverso? Non era forse quello il fulcro di tutto, il senso di quell'esperimento? L'idea di baciare un uomo lo lasciava indifferente; doveva essere così, doveva restare così. Non lo disgustava, ma neanche avrebbe dovuto piacergli.
E allora perché non riusciva a staccarsi da lui? Perché si era ritrovato ad afferrare il suo volto con le mani, a bramare i suoi sospiri, inebriato dal suo sapore? Perché sentiva il cuore pompare freneticamente sangue al basso ventre e una crescente eccitazione tra le sue gambe?
Edvokin annaspò prendendo le distanze, respirando ad ampie boccate l'aria che sembrava averlo abbandonato del tutto. Deglutì, la gola improvvisamente secca, il suono del suo cuore che rimbombava insieme a un fischio nelle sue orecchie. Sollevò lentamente lo sguardo verso Brycen, timoroso della sua espressione, improvvisamente agitato all'idea della sua risposta.
Non domandò nulla; restarono a fissarsi per lunghi istanti, come se entrambi aspettassero che fosse l'altro a dire qualcosa a riguardo, percependo il disagio crescere per ogni istante in cui questo non accadeva. Allora Edvokin provò a leggere il suo viso, raccogliendo quantomeno il coraggio per incrociare il suo sguardo: cercò di comprendere il significato dietro a quegli occhi spalancati e confusi che forse erano gli stessi che gli stava rivolgendo lui, di quella tensione che irrigidiva i muscoli del suo collo, delle labbra dischiuse per racimolare aria perché il naso non sembrava essere sufficiente. Forse anche a lui era piaciuto e non sapeva come dirlo. Forse anche lui temeva di ammetterlo ad alta voce, di fare quel passo che separava quell'ammissione dalla consapevolezza.
Consapevolezza di cosa? Forse stava ingigantendo la questione. Non era poi così diverso dal baciare una ragazza, ecco tutto: se avesse chiuso gli occhi, probabilmente sarebbe riuscito a fingere che Brycen non fosse un uomo. Non aveva alcun significato. Non era altro che la risposta fisica del suo corpo che reagiva ad un piacevole stimolo senza riuscire a cogliere la differenza.
Soltanto questo.
«Non credo che mi piaccia.» Brycen ruppe il silenzio in un mormorio confuso. «Non è brutto, ma non è... Non sento qualcosa che mi faccia dire "mi piace".»
Edvokin trattenne il fiato in un sussulto. Batté le palpebre per scacciare la nebbia che gli aveva appannato gli occhi, sbuffando una risata nervosa.
«Ma qualcosa hai sentito, giusto? Forse è solo che non sai cosa si prova di solito, tutto qui.» La sua voce tremava. Cercò di mostrare indifferenza, ma poteva sentire il sorriso traballare nel suo faticoso tentativo di mantenerlo su.
Brycen aggrottò le sopracciglia, confuso. Era difficile dire se lo fosse per via della sua espressione o per ciò che aveva detto: restò a fissarlo con gli occhi ridotti a una fessura, come faceva quando non riusciva a trovare da solo la risposta ad un qualche dilemma.
«Hai sentito qualcosa qui?» Edvokin allungò una mano verso il suo petto, posandola all'altezza del cuore. Brycen ci pensò su un istante, poi scosse il capo. «E lì sotto?»
«Lì sotto?»
Edvokin si passò una mano sul viso, respirando lentamente. «Ti sta diventando duro?»
«Kin!» Brycen boccheggiò di stupore, tingendo il viso di un imbarazzato rossore mentre spingeva le mani contro il suo petto, a metà tra un gesto di rimprovero e il tentativo di allontanarsi da lui.
«Non vuol dire nulla, non preoccuparti» lo rassicurò Edvokin. «Va tutto bene. È solo una reazione fisica, non è...»
«No» Brycen deglutì, abbassando lo sguardo carico di vergogna. «N-non mi è... Non ho sentito niente di particolare.»
Edvokin sentì un brivido d'angoscia cominciare a risalire lungo la schiena, e uno spasmo del busto lo costrinse ad un nuovo sbuffo simile ad una risata.
"Non è possibile. Perché solo io...?"
Non era certo di voler conoscere la risposta a quella domanda. Si spinse di nuovo contro di lui, premendo la bocca contro la sua nell'urgente necessità di fargli cambiare idea, di potersi ripetere che chiunque avrebbe provato un simile piacere e che non c'era nessun significato particolare. Lo baciò con foga, la freschezza delle labbra di Brycen in contrasto col calore che bruciava il suo petto, lasciandosi a malapena il tempo di riprendere fiato.
"Non ci credo che non provi niente."
«Kin...»
Sentirgli pronunciare il suo nome a fior di labbra fece correre lungo il suo corpo un brivido più eccitante di quanto avrebbe mai voluto ammettere. Sentiva il cuore battere sempre più velocemente, il desiderio di quel contatto rimbombargli ovunque, il suo profumo lo stava facendo impazzire. Dea, come poteva essere così appagante? Perché era il solo a pensarlo?
«E adesso cosa senti?»
Edvokin non attese la sua risposta. Cercò di farsi spazio con la lingua nella sua bocca, ma si fermò quando lo sentì sobbalzare. Brycen si immobilizzò, stringendo le sue braccia come alla ricerca di un qualche appiglio; lo fissò con gli occhi spalancati dallo stupore per qualche istante, a un passo dal suo viso, poi si rilassò e allentò la presa. Abbassò timidamente gli occhi e schiuse le labbra, offrendogli la sua tacita concessione a proseguire.
Edvokin si avventò sulla sua lingua, avvolgendola alla sua, giocandoci come aveva imparato bene a fare. Affondò una mano tra i suoi capelli senza preoccuparsi di scombinare il codino in cui erano raccolti, divorando le sue labbra con una tale passione da sorprendere se stesso. Si lasciò sfuggire un gemito a sentire il desiderio avvampare nel suo petto, il corpo scosso da brividi di piacere, la sua eccitazione spingere prepotentemente contro i pantaloni.
Non succedeva così velocemente quando baciava una ragazza.
"Sta' calmo."
Forse era solo perché Brycen era molto femminile. Lo dicevano tutti, giusto? Era il motivo per cui i pettegolezzi si erano diffusi, in primo luogo.
Solo che non era vero.
Brycen era timido e gentile, facile al pianto e poco portato per qualunque attività fisica, ma aveva conosciuto ragazze che erano il suo esatto opposto. E se anche fosse, Brycen non sembrava una ragazza: l'aveva quasi raggiunto in altezza, nonostante fosse due anni più giovane. Aveva spalle larghe e mani grandi, il pomo d'adamo evidente e un viso che aveva assunto lineamenti più duri e marcati. La sua voce si era fatta già bassa e profonda, e aveva un suono così allettante quando si perdeva con entusiasmo nell'esporre qualche nozione di cui aveva letto, di quelli che non riesci più a farne a meno.
Dea, quanto voleva sentirlo chiamare di nuovo il suo nome. Quanto voleva sentire la sua voce scossa dai gemiti mentre sospirava di piacere tra le sue labbra. Voleva accarezzare la sua mascella squadrata, sapere cosa si provava ad attraversare con le dita il suo petto, scivolare tra le sue gambe e sentire tra le sue mani se fosse eccitato tanto quanto lui.
"Beyled candida, ma a cosa sto pensando?"
Edvokin si fermò, prendendo rapidamente le distanze. Ritirò le mani e deglutì, restando immobile per qualche istante a riprendere fiato. Aveva l'affanno e non aveva niente a che vedere con quei baci che gli avevano quasi tolto il respiro, spaventato da quelle sensazioni e da quei pensieri che così naturalmente erano scivolati all'interno della sua mente.
Brycen non lo guardava: il suo viso era così rosso di vergogna che Edvokin si sentì improvvisamente in colpa per averlo trascinato così tanto, per quelle fantasie che ancora pulsavano tra le sue gambe. Piegò le ginocchia e sistemò la stoffa della rubasca sul bacino, pregando Beyled che non notasse l'effetto che aveva avuto su di lui.
«Yce...» sussurrò con voce tremante, gli occhi azzurri fissi sulle dita che stringevano con forza il tessuto rosso. «Yce, ascolta...»
«No, ancora niente» sussurrò Brycen, lo sguardo basso. «È stato... non brutto, ma un po' strano. E non mi è... Lì sotto non... Insomma, hai capito» gettò fuori le ultime parole in rapidi borbottii, a disagio. Si sciolse il codino sfatto e nervosamente si passò i lunghi capelli viola tra le dita cercando di sistemarli, abbandonandoli sulle spalle in uno sbuffo.
Edvokin lo guardò a lungo, incapace di trovare qualcosa da dire. Le sue ultime certezze erano crollate con quell'ammissione. No, in realtà non era rilevante: se anche Brycen avesse provato le stesse cose, la scusa della mera risposta fisica, involontaria e confusa dalle sue percezioni, non reggeva più.
«Perciò quello che dicono non è vero, giusto?» continuò Brycen dopo un lungo silenzio, sospirando di sollievo. «Non mi piacciono i ragazzi.»
Edvokin deglutì, il respiro rallentato, pesante nel suo petto. Il suo sguardo era perso nel vuoto, le mani premute contro il terreno alla disperata ricerca di un sostegno che sembrava mancare, la mente vorticante di pensieri che non era pronto ad ascoltare. Solo quando Brycen alzò gli occhi verso di lui, così bisognoso di conferma e supporto, Edvokin si fece largo nella nebbia di quelle emozioni e si sforzò di sfoggiare un ampio sorriso.
«Hai visto, Yce? Che ti avevo detto?» disse con il tono più sereno che riusciva a offrire, assestandogli un'affettuosa pacca sulla spalla «Dovresti fidarti di più di tuo cugino, ne gioveresti!»
«Hai ragione.» Brycen sorrise, il viso di nuovo rosso per l'imbarazzo, il capo chino di chi sperava che i ciuffi viola potessero nasconderlo dal mondo. «Grazie, Kin. Per tutto, per... Insomma, per... avermi fatto provare.»
Dannazione, aveva un'espressione così bella da restarne ammaliato.
Dannazione, quello sguardo sembrava volersi fare spazio a forza nel suo petto, impossessandosi del suo cuore.
Dannazione, le sue labbra erano così invitanti che aveva voglia di baciarlo ancora.
«Ora però dovremmo rientrare, si chiederanno che fine abbiamo fatto» Edvokin si alzò in piedi di scatto, cercando di nascondere l'angoscia che gli divorava il petto, sforzandosi di non pensare a quelle emozioni e alle implicazioni che portavano con sé. Si schiarì la voce e si ripulì i pantaloni dall'erba, sperando che il movimento lo aiutasse a fermare il tremore delle mani.
«Kin?» Brycen lo chiamò con un filo di voce, alzandosi lentamente da terra. Non gli sfuggì la leggera smorfia di dolore quando si piegò in avanti, contraendo i muscoli del ventre. Sto bene, aveva detto.
"Sto bene un cazzo."
Schiuse le labbra per rimproverarlo, ma Brycen fu più veloce: «Ho fatto qualcosa di sbagliato?»
Edvokin prese lentamente fiato, fermandosi ad osservarlo. L'espressione di Brycen era sprofondata nuovamente nell'incertezza, ma questa volta per motivi diversi. Doveva essersi accorto che qualcosa non andava ed eccolo lì, a fissarlo con quegli occhi grandi di paura e senso di colpa, come se temesse di essere la causa di ogni male del mondo.
No, non gliel'avrebbe lasciato credere anche stavolta.
«Certo che no, che sciocchezza! Invero, cugino, a volte dovresti seriamente mettere a tacere quel cervello che ti ritrovi.» Edvokin rise, in modo abbastanza convincente da far sorridere anche suo cugino. «Piuttosto, sei più tranquillo, adesso?»
Brycen annuì. «Continuo a pensare che non sia sbagliato, però... Almeno non devo nascondermi, su questo: posso dire che non è vero senza mentire.»
Sembrava quella la sua preoccupazione più grande, ancor più delle percosse e degli insulti; Edvokin lo strinse giocosamente a sé per una spalla, cominciando a camminare con lui verso la magione.
Non lo biasimava. Quello era il tipo di segreto che avrebbe dovuto chiudere a chiave, scegliendo con cura le persone a cui rivelarlo; l'avrebbe costretto ad una vita di menzogne, a reprimere quella parte di sé, muovendosi nel costante timore di destare qualche sospetto; l'avrebbe atteso un futuro ostile, sfuggente, soffocato - e faceva paura.
"Ma se uno di noi dev'essere costretto ad affrontare tutto questo, sono felice di essere io."
Note
1: Beyled è la divinità venerata dai personaggi, anche chiamata "Dea Bianca"
2: Le Pietre di Sihir sono la forma cristallizzata dell'energia mistica (il Sihir, appunto) presente nel mondo. Vengono utilizzate come fonte energetica e non solo
3: Tagliarsi i capelli è una pratica vietata, considerata un'eresia verso la Dea
4: Solo alle donne è permesso insegnare
5: Importante figura religiosa che ha redatto le scritture sacre
6: Lo zimeo è la lingua del paese in cui ci troviamo, ossia Zima
7: Brycen possiede un potere magico che, a livello passivo, rende la sua pelle gelida
Prima di tutto, grazie per aver letto ♥
Ammetto che questa OS non era in programma: la stesura di Bluebird è ancora in corso e vorrei concentrarmi sulla scrittura dei capitoli effettivi, senza deviazioni, però questa scena mi si è piantata in testa e non c'era niente da fare, ho dovuto buttarla giù!
Sono innamorata del personaggio di Edvokin e non vedo l'ora di farvi conoscere la sua versione adulta, che spero potrà rubare anche i vostri cuori! Nel frattempo, però, sono curiosa di sapere che idea vi siete fatti di lui e del rapporto che ha con Brycen~
Fun fact: Edvokin è l'unico, a parte Chloe, ad abbreviare il nome di Brycen - lei lo chiama Bry (che si legge "Bri"), lui invece Yce (che si legge proprio come "Ice", ghiaccio). Voi quale preferite?
Spero che vi abbia intrigato leggere qualcosa con un POV diverso da quello dei nostri due protagonisti, e soprattutto che vi sia piaciuto questo piccolo spaccato! Fatemi sapere tra i commenti, e se avete apprezzato la lettura non dimenticate di lasciarmi una stellina :3
Ormai JulietMCooper e Miss_Chandra sono due nomi ricorrenti, ma un solo ringraziamento non basta per queste due splendide personcine, che mi riempiono di supporto e si meritano solo tanto amore ♥ Non smetterò mai di consigliarvi i loro profili, perché oltre ad essere persone stupende sono anche autrici validissime: se non mi credete, andate a vedere con i vostri occhi~
Alla prossima!
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