Solo affari - Parte 2 [Longshot]
Che fosse fottuto di cervello lo sospettava, ma quel giorno gliene aveva dato conferma. Tra tutte le decisioni del cazzo in cui si era lanciato senza alcun riguardo, quella di andare a letto con Vesper era di certo la più assurda, inaspettata e fuori di testa.
Sapere dove trovare Austin Kleen gli avrebbe reso più facile il lavoro, molto più facile, facile del tipo che il giorno successivo sarebbe potuto andare a scommettere la sua paga ai tavoli dell'Ultraviolet, e una scopata era un prezzo irrisorio da pagare per un'informazione del genere.
Questione di priorità. Questione di convenienza. Questione di convinci il tuo cervello a farlo e togliamoci il pensiero, ma o l'aveva convinto troppo bene o nella sigaretta che aveva fumato poco prima non c'era solo tabacco, perché non riusciva a staccarsi dalle labbra di Vesper.
Era bravo, per essere inesperto, quello doveva riconoscerlo. Non così bravo, però: era impaziente, si scontrava con i suoi denti, premeva troppo con la bocca. Non il bacio peggiore ma neppure il migliore, un solido sette e mezzo che non avrebbe dovuto essere sufficiente a tenerlo inchiodato lì – ma gli piaceva che era impaziente. Gli piaceva che aveva così tanta voglia di lui da non riuscire a trattenersi, gli piaceva che non si staccava finché non era costretto a riprendere fiato, gli piaceva che lo abbracciava come se ne andasse della sua sopravvivenza. E più lo baciava più Vesper capiva come muoversi, rallentava il ritmo, e le sue labbra erano così morbide che— cazzo, si stava eccitando troppo.
Si tirò indietro, osservandolo sbattere le palpebre mentre boccheggiava come se gli avessero tolto l'aria all'improvviso. Vesper era sagace, persino più intelligente di lui – sarebbe morto pur di ammetterlo ad alta voce – e Kolt l'aveva visto mantenere freddezza e autocontrollo in molte situazioni, ma quand'era con lui il suo castello di carte oscillava come un foglio in balìa del vento. Qualche bacio ed era crollato del tutto: aveva il volto arrossato e lo guardava come se fosse al cospetto del Signore della Luce in persona e non potesse fare a meno di venerarlo. Ansimava, pendendo dalle sue labbra come se attendesse solo un suo ordine, e anche quello gli piaceva.
Gli scostò il viso e si spostò a baciargli il collo, là dove la stella della sua famiglia gli marchiava la pelle, poi più giù, succhiando fino a lasciare il segno. Vesper mugolò di piacere mentre si strusciava contro di lui, e Kolt sentì un'ondata di calore pulsare tra le gambe. Qualcosa nel cervello gli suggerì che d'istinto avrebbe dovuto provare disagio, qualcos'altro che se c'era bisogno di un suggerimento allora non era istinto, ma Vesper stava sfregando l'erezione contro la sua e forse era quello, forse il suo corpo era semplicemente costruito per rispondere in quel modo quando veniva toccato.
Si sfogò mordendogli il collo e il gemito che abbandonò le labbra di Vesper irradiò una nuova scarica lungo tutto il corpo. Lui riprese a strusciarsi e adesso era Kolt che gemeva, e si ritrovò a muoversi contro di lui perché voleva sentirlo di più, voleva sentirlo addosso, ovunque. Ecco fatto: gli era andato troppo sangue al cazzo e stava sragionando. Si fermò di nuovo, e questa volta si allontanò abbastanza da non cadere di nuovo in tentazione. Dio, cadere in tentazione? Era impazzito. Meno baci e più sesso, ecco cosa doveva fare, via il dente via il dolore.
Vesper lo guardò spaesato. «Ho sbagliato qualcosa?»
«Sì, sei ancora vestito. Vediamo di rimediare, mhn?»
Kolt sfoggiò uno dei suoi sorrisi da repertorio e cominciò a sbottonargli la camicia, scoprendo il busto snello coperto per un terzo da tatuaggi. Linee di inchiostro nero si intrecciavano in forme stilizzate e motivi geometrici ispirati allo stile yaveni, e Kolt seguì con le dita le curve di un serpente che attraversava il pettorale. Sentì Vesper sussultare quando le sue dita raggiunsero la coda e proseguirono oltre, sfiorando la cicatrice che attraversava la pelle olivastra all'altezza delle ultime costole. Aveva mascherato con i tatuaggi i segni che le operazioni avevano lasciato su spalle, gambe e braccia, ma quello era ancora troppo recente.
«Non dev'essere un bello spettacolo.»
«Oh, sì. Mai visto niente del genere, sono scandalizzato. Non so se riuscirò a riprendermi» sghignazzò Kolt. «Dovresti davvero uscire di casa più spesso, stellina. Forse non te ne sei accorto, ma giù in strada chiunque ha almeno una cicatrice... Di sicuro quel tizio che ti ha spinto al Drunk Seagull ne ha qualcuna nuova di zecca.»
«Allora lo ammetti, sei stato tu.»
Kolt non tentò neppure di trattenere il sorriso tronfio che gli curvò le labbra. Nel preciso istante in cui aveva visto quell'energumeno schiantare Vesper contro il tavolo con una spallata aveva deciso che gli avrebbe infilato un proiettile da qualche parte. Quando si era accorto di quanto male gli avesse fatto, tanto da doverlo trascinare a casa d'urgenza, decretò che i proiettili sarebbero diventati due. Tre nel sapere che l'avevano operato per la frattura. E infine gliene aveva sparati quattro, così, perché ci teneva agli interessi.
«Non so di cosa tu stia parlando» disse in una scrollata di spalle. «Ma il bar non è ancora andato a fuoco e io ho la testa sul collo, quindi di certo non è stato tuo padre.»
«E chi devi ringraziare per questo?»
«Hey, per il nostro accordo devo solo scoparti. Se vuoi che dica grazie a tua sorella per averci coperto devi offrirmi qualcos'altro.»
Vesper scoppiò a ridere, snudando la dentatura dai canini lievemente sporgenti. Carino. Nel senso che qualcun altro l'avrebbe considerato tale, perché non era brutto e per riconoscere quello era sufficiente avere gli occhi. Lui di certo non lo trovava carino, i veri uomini non dicevano carino e soprattutto non di un altro uomo. I veri uomini amavano solo le donne e se qualcuno avesse detto che Vesper non era un vero uomo gli avrebbe piantato un proiettile in mezzo agli occhi, ma quello era un altro discorso.
Gli sfilò la camicia dalle spalle, morbida tra le dita. Era pura seta, doveva valere almeno mille lunari, ma Vesper non batté ciglio quando Kolt la gettò a terra. Infilò piuttosto le mani sotto la sua canotta e si affrettò a spogliarlo, mordicchiandosi un labbro mentre faceva scorrere le dita avide lungo la muscolatura tonica dell'addome.
«Perché non mi hai pagato?»
Vesper sbattè le palpebre. «Cosa?»
«Puoi pagarmi il doppio di quanto mi hanno promesso gli Ebon Marauders e tuo padre non lo verrebbe neppure a sapere, però mi hai offerto le informazioni. Perché?»
«Te l'ho detto, ho pensato che potessimo esserci utili a vicenda» bofonchiò, lo sguardo basso. «È diverso. Più equilibrato, credo. Se ti avessi pagato e basta... Non so. Mi sembrava squallido.»
«Ah, quindi pensi che io sia squallido?»
Vesper sussultò. «Non è quello che—»
«Trovi che le puttane siano squallide?»
«No. Ma non voglio che tu sia la mia puttana.»
E cosa vuoi che sia?
Avrebbe voluto chiederglielo, ma non era certo di voler ascoltare la risposta. Poi avrebbe dovuto affrontarla. Vesper avrebbe potuto rigirargli quella domanda e lui avrebbe dovuto rispondere, almeno nella sua testa, perciò non disse nulla.
Scoppiò a ridere, e anche se non c'era niente di divertente aveva imparato a fingere molto bene. «Ti sto prendendo per il culo, Blackstar.»
Lui arricciò il naso. «Preferirei lo facessi in senso letterale.»
Vesper gli slacciò i pantaloni e insinuò una mano sotto la stoffa. Si mordicchiò il labbro inferiore mentre lo accarezzava, gli occhi neri che brillavano di malizia. Carino.
Cazzo!
«Il verginello è intraprendente» bofonchiò per non pensare che aveva la sua mano tra le gambe, o forse che l'unica cosa che voleva era liberarsi dei pantaloni per lasciargli campo libero.
Ci pensò Vesper ad accontentarlo, abbassando la stoffa dei boxer quel tanto che bastava per tirarlo fuori. Per spogliarlo del tutto avrebbe dovuto lasciarlo e non sembrava incline a farlo, ed era un bene, no, era un male, perché sentiva i muscoli tremare di eccitazione a ogni suo movimento.
«Qualcosa l'ho fatto» disse Vesper, il tono languido che fece vibrare qualcosa nel suo petto. «Il resto posso impararlo.»
Kolt gli afferrò la nuca ma si fermò a un passo dalle sue labbra. Meno baci e più sesso, ricordò a sé stesso. Meno baci e più sesso. Perché l'aveva deciso, poi? Gli piacevano i suoi baci perché baciare era bello, come lo era farsi toccare, non aveva nulla a che fare con maschi o femmine. Nessun problema. Erano solo le sue labbra e le sue labbra non avevano un cazzo, anche se ci avrebbe volentieri infilato il suo. Chissà se Vesper l'aveva mai fatto, se Kolt sarebbe stato il primo anche in quello. Chissà se era affamato tanto quanto dei suoi baci, chissà se riusciva ad arrivare fino in fondo, chissà se...
«Prendilo in bocca.»
Aspetta. Non l'aveva detto ad alta voce, vero?
Vesper lo guardò dritto negli occhi. «Ok.»
Ok? In che senso ok? Dov'era il momento in cui gli chiedeva di ripetere perché non aveva capito bene, dandogli la possibilità di ritrattare? Se lui diceva ok non poteva certo rimangiarselo. Non era neanche certo di volerselo rimangiare – no, era certo di non volerlo. C'era qualcosa di sbagliato? Non è che lo eccitasse l'idea di farselo succhiare da Vesper nello specifico, aveva immaginato lui perché era lì, solo questo. Sarebbe potuto essere chiunque altro e non avrebbe fatto differenza, e continuò a ripeterselo mentre si spogliava, e ancora mentre si sdraiava a letto perché far inginocchiare Vesper a terra non gli sembrava la scelta migliore per le sue articolazioni. E sì, si preoccupava per lui, ma non gli piaceva. Non in quel senso. Il brivido di trepidazione che gli scosse il corpo quando lo vide sistemarsi tra le sue gambe non era affatto dovuto a lui. Era solo l'idea del pompino. Un vero uomo non ne rifiutava mai uno, ecco tutto.
Ecco tutto.
Vesper si chinò e lo fece scivolare nella sua bocca. Cominciò a muoversi piano, come se avesse paura di sbagliare qualcosa. Forse era davvero la sua prima volta, ma era piacevole e non aveva importanza. Kolt rilassò i muscoli e gettò la testa all'indietro mentre si abbandonava sui cuscini. Affondò la mano tra i suoi capelli e sentì che si faceva più sicuro, che lo accoglieva fino in fondo anche se gli schioccava la mandibola, che lo teneva stretto tra le labbra per fargliele sentire mentre si muoveva. Cominciò a giocare con la lingua e Kolt divenne un insieme amorfo di gemiti e mugugni, mentre il suo corpo si scioglieva e tremava di un piacere che lo investiva fino a fargli perdere la ragione. Non sapeva dire quando aveva cominciato a guidarlo con le parole, a spronarlo, vezzeggiarlo. Se ne accorse solo quando sentì il nome di Vesper venire fuori dalle sue labbra – non Blackstar o Vi, l'aveva pronunciato per intero, come faceva quando le cose erano serie. Una piccola porzione del suo cervello se ne preoccupò; il resto aveva smesso di funzionare, si era liquefatto insieme al resto del corpo e pensava solo chi se ne frega, non smettere.
Quel poco di lui che era rimasto lucido gli suggerì che doveva darsi una calmata, o sarebbe finito tutto prima ancora di scoparlo, che poi era l'unica cosa che gli era stata chiesta di fare. Solo che era preso bene, anche Vesper era preso bene e gli sembrava un peccato interromperlo così, all'improvviso. Forse avrebbe dovuto guardarlo. Aveva tenuto le palpebre chiuse tutto il tempo, ma se l'avesse visto, se la sua mente avesse ricordato che era un maschio, di certo avrebbe raffreddato un po' il suo spirito.
Così lo fece, abbassò la testa e lo guardò – grave errore. Grave, gravissimo errore. La sua mente suggerì disgustoso quando l'unica cosa che riusciva a pensare era bello. Neanche più carino, fanculo il carino, era bello. Vesper si accorse che lo fissava, alzò lo sguardo e Kolt dimenticò di rimproverarsi, di preoccuparsi e persino come si chiamava. I suoi occhi erano di un nero così intenso da sprofondarci dentro, e l'aura spettrale in cui erano immersi li rendeva ancora più ipnotici. La malattia aveva reso trasparente la sclera, mostrando il colorito bluastro che stava al di sotto. Vesper li odiava ed erano sembrati stravaganti all'inizio, ma erano i suoi occhi e a Kolt piacevano, specie se lo guardava. Specie se lo guardava in quel modo. Specie se lo guardava in quel modo mentre glielo succhiava.
Lo osservò mentre si tirava indietro per sfiorare la punta con la lingua, lo osservò mentre faceva sparire la sua erezione nella bocca fino alla base, lo osservò mentre lui lo osservava e maledetto Lucifero e tutti i suoi Angeli, stava davvero perdendo la testa.
«Vi» lo chiamò in un rantolo, stringendo più forte i suoi capelli. «Piano, Vi, rallenta. Cazzo... Cazzo, sto per venire.»
Vesper si fermò. Alzò la testa, ma non accennò ad allontanarsi. «Allora vieni.»
Kolt boccheggiò sillabe che non divennero mai parole. Vesper restò a fissarlo per qualche istante, gli chiese se potesse continuare e quando lui annuì tornò a divorarlo con più foga di prima.
Non resistette un minuto prima di liberarsi nella sua bocca. Vesper ingoiò in un mugugno soddisfatto, e la sua espressione estasiata urlava non posso credere di averlo fatto così tanto che doveva essere davvero la prima volta. Sorrise di nuovo e cazzo, doveva essere per forza così bello? La malattia gli aveva storto un po' gambe e braccia, come se le sue ossa fossero state incastrate male, ma in viso era un fottuto angelo e perciò non era colpa sua, gli angeli erano belli per definizione, chiunque altro avrebbe pensato la stessa cosa.
«Ok.» Vesper si tirò su e spinse indietro i ricci neri, liberando il viso per il tempo di un respiro. «Potrei essermi lasciato trasportare un po'.»
«Davvero? Non me n'ero accorto» scherzò Kolt, ed era tutto così... surreale.
Stava bene – aveva appena avuto un orgasmo, grazie al cazzo che stava bene, ma c'era ancora quella fastidiosa vocina che gli punzecchiava l'orecchio e ripeteva che c'era qualcosa di sbagliato. Non era poi così normale che tutto fosse andato liscio. Non era poi così normale che gli fosse piaciuto tanto, e soprattutto non era poi così normale avercelo ancora rigido. Gli era già successo altre volte, ma così poche da poterle contare sulle dita, e accadeva solo quand'era molto, molto eccitato. E Vesper non... Non poteva renderlo molto, molto eccitato. Giusto?
«Ehm... Va bene così, ovviamente.» Vesper soffiò una risata breve, pregna di un imbarazzo che mai gli aveva visto addosso. «Puoi prendere la cartellina.»
Kolt alzò il busto di scatto. «In che senso, scusa?»
«Nel senso che siamo a posto. Ti ho chiesto io di continuare e... Insomma, non devi forzarti oltre. È stata una mia scelta.»
Lo guardò, un accenno di sorriso sul volto arrossato e gli occhi bassi, nudo davanti a lui, anche se Kolt non aveva ancora spinto lo sguardo oltre i fianchi – lo fece. Era ancora eccitato, ovviamente. Si era spogliato anche lui perché non era previsto che finisse lì, ovviamente. Non si erano accordati solo per un pompino, nessuno pagava qualcuno per andarci a letto senza poi andarci a letto.
«No.»
«No?»
«Non esiste. Non siamo a posto, non erano questi i patti.»
Lui boccheggiò, sbattendo le palpebre. «Ma—»
«"Ma" un cazzo. Tu adesso vieni qui, mi dai il tempo di riprendermi e ti fai scopare come si deve, perché...»
Perché ho una voglia matta di farlo.
No, non quello.
Perché voglio vedere la tua espressione mentre ti faccio godere così tanto da farti venire gridando il mio nome.
Non quello, decisamente non quello.
«... perché sono un professionista, cazzo. Non lascio le cose a metà, se ho detto una cosa la faccio, tu non ti alzerai da questo fottuto letto finché non sarai soddisfatto.» Si spinse avanti e gli afferrò il volto tra le mani, perdendosi nei suoi occhi spalancati che lo fissavano. «Dimmi solo che lo vuoi, io penso al resto.»
«Da morire» ansimò Vesper, poi si schiarì la voce nell'inutile tentativo di darsi contegno. «Lo voglio.»
Lo baciò, e che schifo e lo voglio si davano battaglia nella sua mente in modo così frenetico che Kolt non riusciva più a distinguerli, perciò nel dubbio gli ficcò la lingua in bocca e non aveva idea di come fosse successo, ma l'attimo dopo era sopra di lui con la mano tra le sue gambe.
Vesper trasalì, gli occhi grandi di stupore. «Avevi detto che—»
«Zitto.» Kolt serrò la presa attorno a lui, sentendolo pulsare tra le dita. «Lo vuoi?»
«Cazzo, sì.»
L'aveva detto, perciò andava bene. Era lì per soddisfare Vesper, accontentare i suoi bisogni era normale. E poi tracciare lì una linea non aveva granché senso, concettualmente parlando non era poi così diverso da toccare il suo, non sembrava da fighette come prenderlo in bocca. Non che Vesper fosse una fighetta, ma quello non l'avrebbe fatto comunque. Niente "chissà come sarebbe". Nessuno. Ci stava pensando solo non per ribadire che non l'avrebbe mai fatto.
Ma poteva permettersi di toccarlo, Vesper voleva che lo toccasse e Kolt cominciò a muoversi piano, fino a trovare il ritmo che gli piaceva tanto da chiudere gli occhi, le labbra schiuse alla ricerca d'aria. Fanculo, piaceva anche a lui. Fanculo, voleva toccarsi. No, voleva che lui lo toccasse, però non poteva chiederglielo, non poteva ammettere che era appena venuto e già moriva dalla voglia di sbatterglielo in mano perché lavorarselo era così eccitante che—
No, no, no. Vederlo godere era eccitante perché riusciva a farlo, perché lui era il migliore e stava facendo bene il suo lavoro. Quello andava bene. Quello era giusto. Quello poteva accettarlo.
«Hai vaselina?»
Vesper bofonchiò qualcosa che somigliava a comodino, e Kolt lo lasciò andare per frugare nel primo cassetto, trovando subito il barattolo.
«Ti sei preparato bene» disse mentre ne raccoglieva una piccola quantità tra le dita.
Vesper ridacchiò. «Non sai da quanti anni aspettavo che—» Si fermò. Spalancò gli occhi e subito serrò le labbra, restando immobile a fissarlo.
Un sogghigno curvò le labbra di Kolt mentre tornava su di lui, che ora cercava di sfuggire al suo sguardo. «Da quant'è che aspetti? Non ho sentito bene.»
«Mesi» borbottò lui. «Mese. Uno. Qualche settimana.»
Kolt si fece spazio tra le sue gambe, sfiorandolo tra le natiche. «Da quanto, Blackstar?» Lo sentì sciogliersi mentre lo accarezzava, le sue mani aggrappate alla schiena. «Non farò altro finché non me lo dici.»
«Da... Dalla prima volta che ti ho visto.»
«Che stellina precoce.»
«Volevo baciarti» ansimò mentre Kolt continuava a stuzzicarlo. «E poi volevo... volevo altro. Volevo di più, e... mi sono ingegnato.»
«Cos'è che volevi? Non sono certo di averlo capito.»
«Kay, ti prego...»
«Questo?» Kolt infilò il medio, scivolando piano sempre più a fondo. Cominciò a stimolarlo senza fretta, il suono dei suoi versi vogliosi che lo incitavano. «Non hai aspettato tanto solo per questo, vero? Scommetto che hai immaginato di più. Scommetto che l'hai fatto tanto spesso che non riesci più a togliertelo dalla testa. Dimmelo, Vi. Dimmi che l'hai sognato, dimmi che pensi a me quando ti masturbi.»
«Sì. Cazzo... Sì, ti penso. Ti penso sempre.»
Kolt inspirò a fondo, beandosi di quell'appagamento che guizzava tra i muscoli. Spinse anche l'indice dentro di lui, si concentro là dove il suo tocco gli faceva sussultare, il suo caldo respiro a solleticargli il collo. Lo immaginò a darsi piacere da solo con il suo nome tra le labbra e un brivido di eccitazione gli attraversò la schiena. Dio, avrebbe voluto entrare nella sua mente e realizzare tutte le fantasie che l'avevano attraversata, dimostrargli che sapeva essere molto meglio di come aveva sognato.
«Cos'è che vuoi?» sussurrò Kolt al suo orecchio. «Dillo come si deve. Avanti, stellina, so che hai capito. Fammelo sentire. Se vuoi che lo faccia devi chiedermelo.»
«... ti... tro» farfugliò lui.
Kolt aumentò il ritmo. «Più forte.»
«Sbattimelo dentro, Kolt!»
Il sorriso sulle sue labbra si allargò. «Te l'ho detto che ci riuscivo.»
Kolt si allontanò per afferrare di nuovo la vaselina, attingendo al barattolo con la mano sinistra per raccogliere una discreta quantità da spalmarsi addosso. Era davvero pronto a venire di nuovo, cazzo. Con un uomo. Magari era solo... No, era di certo una giornata buona. Pura fortuna. Era bravo, era il migliore, e doveva smettere di pensarci.
Notò con la coda dell'occhio che Vesper si stava girando e lo fermò afferrandogli il polso. «No, no. Sta giù, arrivo subito.»
Doveva aver usato un tono troppo agitato, perché lui alzò un sopracciglio. «Perché?»
«Non per mandare a fanculo la tua richiesta, ma se lo facciamo da dietro credo che potrei davvero romperti qualcosa. Prendiamola con calma, mhn? Magari la prossima volta, vediamo prima come reggi.»
Il volto di Vesper si illuminò. «La prossima volta?»
Cazzo. L'aveva detto davvero? Cazzo, cazzo, cazzo.
«Sempre che tu abbia qualche altra informazione da passarmi. Dicevi... Essere utili a vicenda, no? Trovami qualcosa di buono e potrei pensarci.»
Inghiottì a vuoto mentre il sorriso di Vesper si faceva più ampio. Ma sì, che male c'era? Erano solo affari, buoni affari. Per soldi o favori aveva fatto di tutto, era sceso a compromessi ben peggiori. Non significava che gli piacesse farlo, l'aveva detto lui.
Così lo fece distendere tra i cuscini, si puntellò sulle ginocchia per non pesargli addosso e si spinse dentro di lui. Vesper lo accolse in un gemito che vibrò lungo il torace fino a sciogliersi tra i muscoli, gli artigliò la schiena mentre lui si muoveva, il corpo scosso da spasmi di piacere che riverberavano anche nel suo. E non era colpa sua se il suo volto era proprio lì davanti, e affondava nei suoi occhi mentre affondava in lui, ed era così bello con l'espressione stropicciata di godimento. Non era colpa sua se le sue labbra erano così vicine, schiuse e tremanti per i suoi respiri affannati, così morbide quando si chinava a baciarle. Non era colpa sua se non era certo che la penetrazione fosse sufficiente, molte donne venivano prima o dopo, e cominciò ad accarezzarlo e massaggiarlo per assicurarsene. Aveva detto che l'avrebbe lasciato soddisfatto. Era il suo compito, ciò che avevano concordato, perciò, davvero, non era colpa sua.
Si spinse più a fondo dentro di lui quando raggiunse l'orgasmo, mentre quello di Vesper gli sporcava le dita. Non si soffermò a pensarci. Lo guardò dritto negli occhi e adesso sì che aveva l'espressione giusta, con il viso rosso e sudato dipinto di pura estasi.
«Cazzo» sussurrò, le braccia che ancora lo stringevano. «Cazzo.»
«Non ne hai già preso abbastanza?»
Vesper scoppiò a ridere, e quando si sporse per baciarlo non lo scacciò. Avrebbe dovuto? Avevano finito, finito davvero, ma erano ancora a letto e Kolt non si era ancora staccato da lui, quindi decise che gliel'avrebbe concesso. E quello dopo. E ok, forse ficcargli di nuovo la lingua in bocca era eccessivo, ma lo fece comunque e continuò a baciarlo finché persino la sua mente dovette ammettere che stava diventando ridicolo.
Si allontanò, scacciando quei pensieri mentre si rimetteva in piedi. «Ora siamo a posto, no?»
«Sì» disse Vesper, schiarendosi la voce. «Siamo... Siamo a posto.»
«Allora prendo la cartellina e... vado via.»
«Ok.»
«Ok.» Pausa. La mente aveva dato il comando, ma il suo corpo non si era ancora mosso. «A posto.»
Vesper si mise seduto sul letto, sistemando i ricci arruffati. «Sì, a posto.»
Cazzo. Avevano finito ma lui era ancora bello.
«Kay, se... Se hai bisogno di qualcosa, qualunque cosa, puoi chiedere. L'offerta è sempre aperta.»
«Qualunque cosa» ripeté, e Vesper annuì. «In questo momento ho bisogno di usare il tuo bagno.»
«Beh, puoi—»
Kolt si inginocchiò sul letto, lo tirò a sé e lo baciò. Si concesse di assaporare le sue labbra con calma, fintanto che la sua mente lo riteneva accettabile abbastanza da starsene zitta, poi si staccò. «È così che funziona, ho capito bene?»
Vesper lo fissò interdetto per qualche istante, e si riebbe solo quando lo chiamò per nome. «Sì. Sì, certo. È così che funziona.»
«Allora abbiamo un accordo, stellina.» Kolt si umettò le labbra, sentendole distendersi in un nuovo sorriso mentre si alzava. «Vedrai che sarà un vero piacere fare affari con me.»
Mai immagine a inizio capitolo fu più azzeccata di questa 😂 Si può essere più pagliacci di così?! NE DUBITO FORTEMENTE!
Che Kolt fosse un gran bel pezzo di manz- [canc canc] clown lo avevamo già visto in Bluebird, Chloe l'ha sgamato in poco tempo, ma dal suo POV e in questa situazione possiamo vederlo in tutto il suo splendore.
Vesper ci aveva visto bene: alla faccia del "non mi piacciono i maschi", Kolt è tutt'altro che indifferente nei suoi confronti, ma ahimè ha giusto un pelino di blocchi mentali da rimuovere e per il momento è ancora fermo nei suoi pregiudizi, spesso contraddittori, che riesce a scavalcare solo gaslightando se stesso (?) e trovando giustificazioni per qualsiasi cosa :')
Un'infinita arrampicata sugli specchi che si stabilizza in questo equilibrio che è più un mettere il pezzo di scotch sulla tanica come il tizio del meme, ma attualmente è questo che Kolt riesce a offrire e Vesper lo ha accettato.
Longshot è ambientato tre anni dopo questa oneshot, e scopriremo come si evolverà il loro rapporto~
Curiosi di scoprirlo? Ipotesi? Speranze? Fatemi sapere! ♥
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