La Custode

Alina si svegliò dopo una lunga notte di sonno, una di quelle che non le capitavano da quando aveva dieci anni e frequentava ancora le elementari.
I suoi lunghi capelli neri erano sparsi sul cuscino bianco, creando un forte contrasto con il suo candore.
In effetti, ora che gli occhi cominciavano ad abituarsi alla luce del giorno, tutto le sembrava un po' troppo luminoso.
Le tende erano aperte e una polverina sottilissima dalle tinte blu fluorescenti danzava sopra la sua testa. Non aveva mai visto nulla di simile. La luce rifletteva su quelle piccole pagliuzze, regalando riflessi che sembravano animati da vita propria, ma quando un rumore provenì dal piano di sotto, la polverina si dissolse.

Alina si sollevò di colpo dal letto e sentì qualcosa di freddo bagnarle un braccio. Abbassò lo sguardo. Piccoli puntini blu fluorescenti vi si erano posati sopra. La sensazione che provò era strana, difficile da spiegare. Avvicinò le dita affusolate e, con un poco di esitazione, puntò alle pagliuzze; ma quando fu sul punto di toccarle, queste vennero come assorbite dalla sua pelle e lei ritirò di colpo la mano. Forse sto ancora sognando, pensò.

Ancora un po' stordita, si sedette e infilò le pantofole. Le sembrò di essere avvolta da una sensazione di benessere e pace. Si guardò i piedi e notò un po' di polvere blu anche su di essi. Li scosse con delicatezza e questa sparì. Ma cosa...

Recuperò i suoi vestiti e una giacca leggera, e lasciò la stanza per recarsi al piano di sotto. Era sabato e non avrebbe avuto scuola quel giorno, ma si sarebbe diretta al parco per disegnare un po'. Aveva già preparato la sua borsa con le matite colorate e l'album da disegno, amico inseparabile da che ne avesse memoria.

Prese al volo il pane tostato con burro e marmellata e si precipitò fuori, zaino in spalla.
Ancora una volta fu sorpresa dal sapore che senti raggiungere le sue papille gustative. Il pane tostato che stava mangiando le sembrò avere un sapore nuovo, più intenso. Osservò stranita la colazione che aveva tra le mani.
«D'accordo» disse incredula.

● ○ ●

Alina tirò fuori dallo zaino i suoi strumenti e iniziò a disegnare.
Si guardò intorno. Una bimba dai lunghi riccioli castani dondolava sull'altalena e sollevando la mano le fece un saluto. Sua madre, che la spingeva, incrociò lo sguardo di Alina e le sorrise.
Fu in quell'attimo che decise che le avrebbe impresse sulla pagina bianca e leggermente ruvida del suo foglio da disegno. Impugnò la matita e si mise a lavoro.

Disegnò le prime linee con leggerezza, mentre le osservava per imprimerle nella mente. Continuò, attenta a non mancare alcun dettaglio, almeno quelli visibili dalla sua posizione, ma qualcosa ostruì il libero scorrere della matita sul foglio. Una luce blu fluorescente e intermittente si intravedeva attraverso il foglio sottile. Alina girò la pagina. Stipato nel suo album, un disegno rappresentava qualcosa di incredibile ai suoi occhi.
Scosse appena il capo e si stropicciò gli occhi, tanta fu la confusione che l'avvolse. Una vertigine improvvisa la fece sentire come se la testa le fosse volata sulle nuvole e poi tornata giù in picchiata.

Deglutì a fatica, mentre una goccia di sudore si fermò a metà strada tra la tempia e la mascella. Stretto tra le sue mani, l'album si era leggermente deformato nei punti in cui teneva le mani, tanta era stata la forza che aveva impresso al gruppo di fogli.

Riguardò, per un attimo che le sembrò durare un'eternità, quel disegno che l'aveva lasciata in preda alla confusione. Una donna spingeva sorridente una bambina dai lunghi riccioli castani sull'altalena. Ne osservò i singoli dettagli che rendevano la rappresentazione fin troppo realistica e simile all'immagine che si era ritrovata davanti poco prima.

Sollevò lo sguardo in cerca delle due, ma lì non c'era più nessuno. Si alzò di colpo dalla panchina e si guardò in giro. Il parco si era svuotato improvvisamente.
Alina si chiese cosa stesse accadendo. Fece un altro giro su se stessa in cerca di indizi che l'aiutassero a capire. Fu allora che notò uno sciame di farfalle blu accerchiare l'altalena. Si accorse subito della particolare colorazione delle loro ali e del residuo polveroso che lasciavano dopo il loro passaggio; era lo stesso che si era ritrovata a osservare quella mattina subito dopo il suo risveglio. Si ritrovò, ancora una volta, a chiedersi cosa stesse accadendo e se fosse frutto della sua fantasia.

Tornò a sedersi sulla panchina e abbandonò le braccia ai lati, incantata dalla danza delle farfalle. Una di queste la raggiunse e iniziò a danzarle intorno. Alina la seguì con lo sguardo, senza perdere il ritmo sempre più veloce della sua danza. Era strano, ma quasi subito le fu chiaro che questa volesse che la seguisse. Cosa potrebbe mai accadere? Pensò. Fece spallucce e si mise in piedi. Rimise tutte le sue cose nello zaino e lo mise in spalla.
Alina seguì le farfalle, che circa ogni metro e mezzo si fermavano come per attenderla, poi riprendevano la loro danza, lasciando cadere la polverina lucente che Alina seguiva come le briciole di pane di Hänsel e Gretel.

Si guardò di nuovo intorno e si meravigliò di non aver incrociato una sola auto o scooter, né una bici. Solo di tanto in tanto qualcuno sbucava da qualche angolo o sedeva su una panchina alla fermata del bus, il tutto avvolto nella solita strana luce che quel giorno illuminava tutto. Ma la cosa più strana è che le persone le sorridevano, oppure avevano uno sguardo perso, come assorte da chissà quale pensiero. Si distrasse a pensare e distolse lo sguardo dalle farfalle, decisa ad avvicinarsi a una ragazza, ma una di quelle bellissime creaturine blu si avvicinò alla punta del suo naso e, con un volo a forma di otto, richiamò la sua attenzione.
Alina si grattò la punta del naso, presa da un prurito improvviso e, tornata sui suoi passi, continuò a seguire le farfalle.

Passarono pochi minuti e queste si fermarono, continuando a volteggiare sullo stesso punto, come in attesa. L'immagine davanti agli occhi di Alina sfarfallò come una luce neon che inizia a scaricarsi. La luce di quel giorno sparì per un istante, lasciando spazio ad un cielo stellato, poi tornò. Alina era rimasta immobile, confusa da quanto stesse accadendo. Si chiese, ancora una volta, se stesse sognando.
Poi la farfalla di poco prima volteggiò più rapidamente e si schiantò in picchiata al suolo, qualche metro più avanti. Quel suo gesto fece tremare l'immagine nei suoi occhi e il cielo tornò a scurirsi.
Davanti a sé, una distesa di fiori blu brillanti, quasi accecanti, le illuminò il volto e fecero impallidire le stelle, troppo lontane per primeggiare.
Alina restò senza fiato. Quei fiori bellissimi splendevano in un modo a lei sconosciuto e nonostante fosse intimorita da ciò che stava accadendo, una voglia di sfiorarli la prese alla sprovvista. Allungò la mano e fece per toccarne uno, ma un grosso fascio di luce si sollevò dal punto in cui la farfalla si era schiantata. Alina si portò un braccio sugli occhi, per proteggersi dal bagliore improvviso.
Quando gli occhi si abituarono alla luce, una figura eterea dai capelli blu si andò evidenziando. La donna, dalla pelle bianca e dal corpo esile fluttuava a mezzo metro da terra.

«Ciao, Alina» la salutò e le sorrise. Restò immobile a fissarla. «Non temere, sono qui per aiutarti.»

«Io... io...» faticò a mettere insieme le parole per descrivere razionalmente il marasma di pensieri che le stava invadendo la mente. Prese un grosso respiro e riuscì a formulare una domanda: «Dove sono?»

La donna le sorrise ancora con dolcezza e delicatamente posò i piedi nudi al suolo. La luce iniziava ad affievolirsi e Alina riuscì a osservarla meglio.
«Questo è il Limbo.»

«Che significa? Sono morta?» Uno sguardo spaventato si disegnò sul suo volto e i suoi occhi divennero lucidi.

«No, no. Certo che no», la tranquillizzò la donna. «Ma al momento non sei in te.» Si avvicinò e le tese la mano. «Vieni con me, non aver paura. Ti prometto che presto sarà tutto più chiaro.»

Alina, stranamente, sentì che poteva fidarsi e, contrariamente a quanto l'istinto le avesse detto di fare in altre occasioni, lasciò che la sua mano scivolasse in quella della donna. Questa le sorrise e le fece strada. Le mostrò il campo di fiori e un piccolo vaso poco più distante.

«Dolce Alina», cominciò la donna, «purtroppo sei stata vittima di un incidente e da quel giorno non ti sei più svegliata.» La guardò negli occhi e Alina sentì l'ansia che cresceva, sparire all'improvviso. «Stai tranquilla, ti aiuterò io.» alina annuì appena e lei proseguì: «Le persone che hai incontrato lungo il cammino, sono qui per il tuo stesso motivo e non riescono più a trovare la strada di casa.» Un'espressione dispiaciuta accompagnò quelle parole. «Proverò ancora ad aiutarle, ma non so se ci riuscirò, da qui.» Alina le rivolse uno sguardo interrogativo e lei continuò: «Ascoltami, tu hai un grande dono», prese il suo viso tra le mani delicate, dalle dita affusolate, «riesci ad arrivare al cuore delle persone. Guarda questi fiori», li indicò, «sono tutte le persone alle quali, senza neanche rendertene conto, hai cambiato la vita; in meglio, s'intende. E ora risplendono, proprio come questi fiori.»

Si voltò a guardarli, poi volse lo sguardo verso il vaso. Al suo interno, tre fiori appassiti, quasi completamente neri. «E quelli?»

Anche la donna si voltò a guardarli. «Ah, quelli... Quelle sono le persone che non hanno fatto in tempo a conoscerti, ma che avrebbero voluto.»

«I miei nonni...» sussurrò.

«Già.»

«Ma se sono neri...»

La donna scosse il capo. «Dove finiranno dopo la loro morte non dipenderà dall'averti conosciuta o meno», sorrise. «Questo è solo un luogo di passaggio, uno nel quale se ti trovi a passare per un caso tragico, come il tuo, c'è la possibilità di fare un bilancio della propria vita e, nel caso si volesse, correggere il tiro.»

Alina rifletté su quelle parole. Non aveva mai creduto in Dio o in una vita oltre la morte, ma aveva un mucchio di informazioni confuse, provenienti da varie culture. Così si ritrovò a chiederle: «Ma tu chi sei?»

Alla donna scappò un sorriso giocoso e rispose: «Semplicemente "La Custode". Ode, per gli amici», tornò a sorridere.

«Non ho mai sentito parlare di te.»

«Beh, questo perché nessuno si ricorda mai di essere stato qui.»

«Ma allora come farò ad aiutarti, se non mi ricorderò di tutto questo?» ritenne una giusta domanda.

«Mia dolce Alina, tu sarai la prima.»

«Ma perché proprio io?»
La donna le carezzò la fronte e la sua vista cominciò ad annebbiarsi.
«No, aspetta! Dimmi di più, ti prego», si agitò. «Ti prego!»
Le palpebre erano pesanti e faticò a tenerle aperte, mentre la luce diveniva sempre più bianca e iniziò a sentire un odore diverso, più consistente.
Sentì un vociare e dei bip a cadenza regolare diventare man mano più concitati.

«Tesoro, mi senti?»

«Mamma?» Provò a muoversi, ma sentì il suo corpo indolenzito.

«Alina...» sua madre l'abbracciò forte, così forte che quasi rischiò di tornare a perdere conoscenza.

«Tesoro, così la strozzi» la richiamò suo padre, che fremeva per avere anche lui un abbraccio.

Alina sorrise, contenta di rivederli e di essere rinsavita da quello stano sogno che le aveva lasciato l'amaro in bocca.

«Signori, lasciatela respirare. Sarà presto pronta per tutte le dimostrazioni d'affetto.» La dottoressa si avvicinò e sbucò dalle spalle di sua madre. Lunghi capelli neri, dai riflessi blu, erano tenuti insieme da un elastico e scendevano in un a lunga treccia.

«Tu...»

«Ciao, Alina, bentornata.» La dottoressa le sorrise, lo stesso sorriso della donna del suo sogno, lo stesso colore blu che si ripresentava.

«Ma allora era tutto vero?» le chiese.

«Ogni cosa a suo tempo, dolceAlina, ora riposa.» Le carezzò la fronte e lei cominciò a rilassarsi, finchénon sentì tutta l'ansia svanire e i suoi genitori che la raggiungevano perriempirla d'amore.


*La storia è stata creata sulla base di un'immagine, per la "Sfida di scrittura creativa" del MaidireTEAM. L'immagine è inserita come copertina della storia.

Ed è la storia VINCITRICE!!!

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