Due minuti di buio

*Questa storia è frutto della mia immaginazione, ogni riferimento a cose e o persone è puramente casuale. Hukla è una Contea immaginaria.*

«Questo è il mio posto, sloggia pidocchio!» disse quel bullo di Bryce al mingherlino dell'altra classe, che divideva con noi lo spazio ristretto dello scuolabus, utilizzato per la visita guidata al Grand Canyon in programma da settimane. Così quel poveretto fu costretto a cambiare posto per lasciare a lui e al suo gruppo la fila di sedili in fondo.
Io che sedevo nei posti centrali con Ellis, la mia migliore amica, vidi tutta la scena e, come mio solito, non seppi restare in silenzio; mi misi in piedi e ignorai ogni suo tentativo di dissuadermi.
«Ehi, Bryce!» mi diressi da lui a gran passo. «Perché non la smetti di rovinarci le giornate con le tue cazzate da disadattato?» un coro appena percettibile di risolini, unito a qualche sospiro preoccupato, si levò dalle sedute laterali che costeggiavano i finestrini.

Bryce si rimise in piedi, con lo sguardo tagliato: «Con chi credi di parlare, Ruiz?»

Con lui si sapeva sempre dove si andava a parare, era uno di quelli che cercavano rogne per tutto il giorno e alla fine le trovavano, ma spesso si trattava solo di poveri tizi che si ritrovano uno più grosso di loro tra i piedi e che pur di tornarsene a casa senza un graffio, alla fine gliela danno vinta. Io però ero stufa. Forse perché ero una ragazzina minuta, proprio come il ragazzo che pochi istanti prima lui aveva scacciato a malo modo, o perché in quanto donna già venivo spesso snobbata ai progetti di scienze e informatica, o magari era solo perché il mio orgoglio di donna per metà messicana – grazie a mio padre – era stanco di essere relegato ai margini, che irremovibile mi posi in atteggiamento di sfida. «E tu? Chi credi di essere per fare di tutti i tuoi zerbini?» le mani sui fianchi e lo sguardo adirato.
Fu solo in un secondo momento che si rese conto che non mi sarei tirata indietro per nessun motivo. Così scese dal suo piedistallo e con aria minacciosa si fece più vicino.

Poi tutto divenne buio.

Ricordo quanto fosse una bella giornata di sole, alla nostra partenza dal Saint James High School nella Contea di Hukla, nello stesso stato dell'Arizona. Avevamo viaggiato per poco più di un'ora ed eravamo quasi giunti a destinazione, quando un inaspettato e bizzarro blackout interruppe la nostra querelle. Bizzarro a dir poco, visto che erano appena le tre del pomeriggio.
Non saprei descrivere la sensazione, so solo che di punto in bianco non vidi più nulla e una violenta frenata del conducente ci fece sbattere l'uno sull'altra, nel buio pesto che ci avvolse.
Pensai subito che forse il sangue fluito velocemente alla testa, per la rabbia, mi aveva provocato un'emorragia e da lì la cecità. Il pensiero però cambiò repentino, perché tutti iniziarono a urlare e correre lungo il corridoio dello scuolabus, spintonandosi e inciampando sugli altri, con conseguente caduta nel vuoto. Io mi sdraiai a pancia in giù e cominciai a strisciare, tastando con le mani i sedili, e finalmente giunsi al mio posto, o perlomeno così ricordava la mia memoria, perché avevo contato i sedili che ero riuscita a tastare fin lì. La certezza sopraggiunse quando sentii Ellis singhiozzare. Tastai in giro ancora una volta e quando la trovai, provai a tranquillizzarla.
«Come fai a dire che andrà tutto bene, se non sappiamo nemmeno cosa sta succedendo?» mi chiese tra un singhiozzo e l'altro.
Come potevo darle torto? Feci un grosso respiro e pensai a qualcosa di sensato da dire. Aprii la bocca per parlare, ma fui nuovamente interrotta.

Tornò la luce.

Il mio primo pensiero fu quello di abbracciare Ellis e subito dopo mi voltai a cercare Bryce. «Ma che...» Lui era rannicchiato su se stesso, tremante e con la testa chiusa tra le ginocchia; visto così sembrava solo un ragazzino impaurito, proprio come tutti noi. Tutti noi. Mi guardai in giro, disorientata, eravamo la metà o poco meno. Mi voltai di nuovo a guardare Ellis, che come me aveva un'espressione interrogativa sul viso.
«Riunitevi tutti in fondo», sentii esclamare dalla prof e subito dopo chiese al conducente se avesse aperto le porte durante quegli interminabili minuti di buio.
«No, signora – rispose lui all'istante – non vedevo nulla.»
La prof abbassò lo sguardo sull'orologio che aveva al polso. Capii subito, dalla sua espressione, che qualcosa non le tornava. Mentre gli altri si andavamo a sedere in fila, io mi avvicinai per chiederle spiegazioni e lei sconvolta mi rispose: «Due minuti, due minuti che il mio orologio non ha segnato.»
Pronto presi il cellulare dalla tasca dei pantaloni e confutai quanto avesse appena detto. Due minuti di buio assoluto ci avevano travolti e il tempo si era fermato. Tutto questo però passò rapidamente in secondo piano, perché la questione principale era: «Dov'è finita l'altra metà degli studenti?»

● ○ ●

DIARIO DI BORDO

Sono passati esattamente tre mesi e due giorni da quel primo blackout. Tre mesi di giornate normali intervallate da due minuti di buio, in momenti che non si riescono a calcolare. Non c'è un'ora specifica, non cadono sempre di giorno o sempre di notte, ma quelli che si verificano di giorno sono i più difficili da gestire, nonché i più frequenti, perché insieme ai due minuti di buio, quando torna la luce, risultano sparite anche delle persone. Mia madre, purtroppo, è una di loro.
Gli scienziati, quelli che ancora sono con noi, stanno studiando quest'assurdo fenomeno, ma con scarsi, se non inesistenti, risultati. I due minuti di buio restano ancora imprevedibili e diventano sempre più frequenti, con la conseguente sparizione di persone. Un solo nuovo elemento ha fatto la sua comparsa negli ultimi giorni: un fascio di luce verde, sottile e molto luminoso, parte dal suolo e viene sparato verso il cielo. Non si riesce a vedere alcun punto d'arrivo, né da dove nasce e, come appare, così sparisce.
Quattro giorni fa anche la nostra prof è sparita nel nulla, mentre Ellis con i suoi genitori e Bryce con sua madre stanno aiutando me e mio padre a cercare chi non c'è più. Un'ora fa siamo arrivati nel punto in cui abbiamo vissuto il primo blackout, alla visita guidata.
Sono qui, sul tetto dello scuolabus che guardo questo spettrale deserto e mi chiedo se riusciremo mai a venire a capo della faccenda.

NOTA: Racconto partecipante alla Lista 51 del Concorso di Scrittura Creativa del MaidireTEAM

Purtroppo questa volta solo come:

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