The Puppeteer III

Il mio nome è Zach.


In realtà, mia mamma mi ha chiamato Zachary; ma ho sempre preferito Zach.


Era più facile da dire. Non l'ho più sentito pronunciare da lei negli ultimi... quattro anni. Perché, vi starete chiedendo? Vedete, mia madre è morta quattro anni fa. Alcune persone avevano detto che era stanca di vivere, così si è suicidata; ma io sapevo la verità. Che cosa era accaduto realmente anni fa. Lei non si sarebbe mai tolta la vita così... non era quel tipo di persona. Non si era mai buttata giù... qualcuno l'ha uccisa. E io l'ho visto durante l'atto. Non si trattava di un sogno che non era mai successo, era stato un incubo che si era rivelato essere fin troppo reale.


Non successe niente dopo l'accaduto. Era come se la mia vita avesse preso un pausa, tutto aveva cominciato a rallentare. Guardavo gli adulti litigare con altri adulti, discutendo della mia custodia. Avevo solo 13 anni a quei tempi e non ero capace di prendermi cura di me stesso. Avevo continuato a girare per ospedali, per proseguire le cure, prima di finire a casa di mia zia... non ero esattamente felice, ma mandava bene. Nulla poteva essere peggio che di rimanere a casa o finire da qualcuno che non avevo mai visto prima.


La vita andava avanti, né più né meno. Ho continuato come se niente fosse. Trascorrendo molte delle mie giornate a casa, o dai medici... tutti volevano aiutare il ragazzo orfano col cuore infranto. Mi sono lasciato aiutare, o almeno all'esterno. Ero tornato a sorridere; ma dentro, ero quello di sempre.


Mi mancava davvero mia mamma.


Ma cosa c'era di così importante da ricordare su fatti accaduti ben quattro anni fa?


La verità... la verità mi aveva trovato da sola.


Seduto qui. Macchiato di sangue, imbrattato del mio sudore e delle mie lacrime. I miei occhi non si erano spostati dalle mie mani negli ultimi cinque minuti. Che cosa era successo? Mi ricordavo di essermi svegliato e poi, all'improvviso... questo. Solo un'ora fa, tutto era normale. Era quasi l'ora di cena e poi... mia zia era tra le mie braccia, morente. Il suono del silenzio assoluto riempiva le mie orecchie. Squillando. Tutto quello che avevo conosciuto finora, se n'era andato. Mi sentivo inutile. Non avevo potuto nemmeno aiutare mia zia mentre stava sanguinando fino alla morte tra le mie braccia. Lei era... caduta. Un paio di secondi, e aveva iniziato a urlare. Come prima di lei, aveva fatto mia madre; ma questa volta, non potevo vedere chi stava tirando i fili dietro le tende. La seconda cosa che ho udito era suo marito, mio zio, camminare dentro la stanza. E da una forza invisibile, era stato scaraventato indietro e giù per le scale. Tutto quello che era capitato aveva l'aria di essere stato uno spietato omicidio...


E ora, io me ne stavo solo seduto qui.


Guardando l'ultimo bagliore di vita abbandonare gli occhi di mia zia.


Me ne sarei dovuto andare.


Tremando, avevo fatto un passo indietro dai corpi senza vita dei miei parenti, stesi sul pavimento, in orribile sfacelo. Ero inciampato ed ero caduto sul pavimento. Avevo rallentato e il panico aveva iniziato a crescere. Oh Dio... questo non poteva succedere. Mi ero rialzato in piedi ancora una volta, guardandomi attorno. Dovevo sparire prima che qualcuno potesse vedermi... e dovevo farlo in fretta. I vicini sarebbero venuti a controllare se avessero udito qualcosa... ed ero abbastanza sicuro che avessero sentito. Tutto, ma questo...


Ho spalancato la porta sul retro della nostra casa, respirando affannosamente nell'aria di quella fredda notte. Bene. Non c'era nessuno nei dintorni, tutto era a posto e così avevo iniziato a correre... ma dove sarei andato? Non avevo posti dove andare, posti dove nascondermi. Potevo solo correre per ora... non avevo nessuno da chiamare.


Oh, Zachary.


Una voce interruppe il filo dei miei pensieri. Non avevo tempo per questo... cazzo! Ma non avevo potuto fare a meno di riconoscere quella voce. Aveva... ucciso la mia famiglia. Proprio come quella volta. Non c'era più niente per me qui. Ma quella voce, quella fottuta voce...


Io potevo riconoscerla.


Che cosa hai fatto?


Ho girato intorno. Qualcuno lo sapeva, e qualcuno mi stava seguendo per ricordarmelo. Ma io non avevo fatto nulla di male... nulla. Le mie mani si strinsero in un pugno mentre cercavo di continuare ad andare oltre, ignorando la voce che infestava la mia mente.


O stai scappando via come al solito? Proprio come con tua mamma... carissimo ragazzo... perché stai correndo?


Sta. Zitto. Sta zitto!


Mi afferrai la testa tra le mani, correndo in tondo. Non riuscivo a respirare. Era come se una tonnellata di mattoni stesse gravando sui miei polmoni, schiacciandoli sotto il proprio peso. Ho smesso di correre in tondo e poi... ho visto qualcuno.


Qualcuno con un sorriso dorato e due bulbi oculari che brillavano sopra la sua bocca. E... sapevo chi era. Mi ero bloccato nel secondo stesso in cui l'avevo realizzato: mi trovavo in mezzo alla strada. Mi sono avvicinato, seguendo il volto al centro di quella via. «Aspetta!». L'ho chiamato. Sembrava che si stesse voltando, il suo sguardo guardava in un'altra direzione. Voleva che lo seguissi...? Sapevo chi era, lo avevo già visto prima.



Era l'assassino di mia madre.



Finendo di correre in un vicolo, mi sono fermato. Era scomparso della mia vista. Era tutto molto tranquillo, troppo tranquillo... e stavo aspettando che lui tornasse da me. Avevo bisogno di confrontarmi con lui. Quando una sorta di buon senso emerse tra i miei pensieri disorganizzati... piuttosto avrei dovuto pensare a nascondermi, invece di inseguire il fantasma che mi stava invitando a seguirlo; ma ho fatto come lui voleva.


Il mio corpo si bloccò ancora. Mi rifiutavo di andare oltre. Anche se ero completamente solo, sentivo una presenza alle mie spalle. Sentivo il suo fiato sul collo, ma non riuscivo ancora a muovermi. Lui mi teneva bloccato.


Guarda in che razza di pasticcio ti sei cacciato... perché hai ucciso quelle persone, Zachary? Sono tornato da te, e tu finisci così...


Io? Non riuscivo nemmeno a parlare. Ho provato ad aprir bocca, ma la voce continuava a tremarmi, mentre discutevo con lui.


«Io... io non ho... ucciso...».


Oh, ma tu li hai visti morire, non è così? Ed eri l'unico sopravvissuto... dimmi. Se tu non li hai uccisi, perché stavi cercando di scappare?


... Perché stavo cercando di scappare? Non avevo nessun senso di colpa... o lo avevo... ? La mia vista aveva iniziato ad appannarsi ancora una volta. Non riuscivo più a vedere niente oltre le mie stesse mani, ancora macchiate di sangue dai polpastrelli fino ai gomiti... e poi, ho potuto vederlo. Le mie mani che avevano spinto mio zio giù dalle scale, mentre afferravo un coltello per accoltellare mia zia... era stata una visione orribile. In che altro modo avrei potuto spiegarlo? Non c'era stata nessuna sorta di forza invisibile e non potevo usare questo in mia difesa.


«Cosa... cosa vuoi che faccia...?».


Io? Non chiedo altro che una semplice AMICIZIA, mio caro Zachary... ti ho tenuto al sicuro sotto il mio braccio per molto tempo, ma tu ti sei dimenticato di me... ormai non sono più tuo amico.


E fece un passo indietro.


Sono caduto sulle ginocchia sopra la neve, i gomiti che scavavano nel freddo terreno sotto di me. Ho guardato in alto e finalmente mi sono ricordato di lui. Il mio unico amico...


L'uomo burattino.


«No, per favore... non mi lasciare... io... io non ho più nulla per cui vivere, non ho nessuno con cui parlare... ti prego, aiutami... non voglio essere solo».


Io non voglio diventare come te.


«Ehi, ragazzo».


Un'altra voce mi fece voltare indietro. Questa volta era stata più profonda e sembrò provenire alle mie spalle. I miei occhi si focalizzarono su un uomo vestito con una divisa della polizia che si trovava a un paio di metri, la torcia puntata su di me e il cono di luce che mi puntava dritto in faccia. Mi sono nascosto per paura, avvolgendo stretto il mio corpo tra le braccia. No, no... loro mi avevano trovato... cazzo...


«Ti ho sentito venire qui... stai bene? C'è qualcosa che non va?».



Si avvicinò.


Questo non poteva succedere.



«Sei ferito? Avanti, parlami... c'è qualcuno che posso chiamare?».


Ho scosso la testa. No, non avevo bisogno di aiuto. Oppure mi sarei dovuto convincere a raccontargli la verità. Aveva appena notato il sangue che copriva le mie braccia. Ho continuato a tremare, pregando che mi lasciasse da solo; ma sapevo che questo non sarebbe successo. L'uomo si avvicinò, insistendo nel suo tentativo di comunicare con me. Volevo che sparisse, prima che le cose potessero mettersi male. Prima che lui potesse vederlo. Alla fine, il poliziotto decise di chiamare qualcuno e di fare rapporto.


Il suo più grande sbaglio.



Hai visto? Sta facendo rapporto sulla tua scomparsa, loro sanno che cosa hai fatto... stai per essere rinchiuso dopo questo, Zachary. Non rivedrai mai più il sole... né me... tu sarai completamente... solo.


Se non fai qualcosa adesso... sarà finita.



Sapevo che cosa dovevo fare. Eppure, mi disprezzavo per questo. Per puro istinto, ho afferrato una delle bottiglie di vetro vuote che avevo notato prima di entrare in questo posto. Due passi e... aveva la sua schiena rivolta verso di me. Non aveva neanche potuto vederlo.


Gli ho spaccato la bottiglia sulla testa, lasciandolo tra i vetri in frantumi. L'uomo cadde sulla neve, fiocchi di neve volarono in aria prima di posarsi di nuovo sull'uomo che era atterrato immobile al suolo.


Era... morto?



Ma si mosse, con un paio di contrazioni. Potevo sentire un freddo e duro senso di colpa che mi aveva bloccato la gola, costringendomi a scagliarmi addosso a lui. Dovevo ucciderlo. Non c'era strada di ritorno. L'ho voltato dall'altra parte, inchiodandolo al suolo tenendo le ginocchia sui suoi gomiti, schiacciandoli sotto l'impatto del mio peso. Il fondo della bottiglia in frantumi ora mi serviva come arma. Ho continuato a conficcarla sulla sua nuca ripetutamente, guardando il sangue sgorgare fuori e macchiare la neve bianca. Ancora e ancora ho conficcato le schegge fino alla sua gola, guardandolo morire tra le mie mani.


E una piacevole sensazione di sollievo mi riempii i sensi in quell'esatto momento.



Realizzai. Lasciai cadere la bottiglia in un istante, guardandola cadere giù in un tonfo e rompersi. Poi, non ci fu più nulla. I miei occhi erano bloccati sul poliziotto, ora morto sulla neve, bagnato dal suo stesso sangue. Poi me ne resi conto. Avevo ucciso quell'uomo all'aperto dove chiunque avrebbe potuto vedere e prima che potessi pensarci... mi rialzai in piedi.


Il sollievo si trasformò in rimpianto.



Corri.


Corri adesso.



Potevo ancora sentire le voci provenire dal telefono del poliziotto come mi ero alzato dal suo corpo. Ignorandolo, ho solo continuato. Il mio amico alle mie spalle continuò a seguirmi, non potevo sentirlo o vederlo ancora. Ad ogni passo, potevo sentire i fili che manovravamo i miei piedi, mentre attraversavo il paesaggio invernale della città. Avevo appena sentito qualcuno aver trovato il poliziotto morto. Era segno che era il momento di correre, e così ho fatto.


Sentivo il mio corpo correre, ma in qualche modo la mia mente era rimasta sulla scena del crimine. Quell'uomo che avevo ucciso con le mie stesse mani. Lui non se lo meritava, non ne era valsa la pena... eppure lo avevo ucciso; ma per salvare me stesso, per salvare la dignità che avevo abbandonato. Le urla alle mie spalle avevano iniziato a riempirmi le orecchie. Assassino. Assassino. Assassino.


Assassino.



Ma nessuno mi capiva.


Tutti avevano rifiutato di farlo. Ogni minuto che passava, le persone avevano iniziato a darmi la caccia. Una macchina della polizia infine mi aveva trovato, ma sapevo dove andare. Il vecchio ponte. Mi sono voltato in fretta, ancora sentendo il fantasma che tracciava i miei passi mentre correvo. La neve aveva iniziato a scendere su di me ancora una volta, tempestando la mia vista con fiocchi di neve. Era bellissimo; ma non ero capace di apprezzarlo. Mi affrettai, trovando la strada diretta per il vecchio ponte, iniziai a percorrerla. Era l'unico posto in cui mi potessi nascondere...


Non sapevo che stava per diventare la mia tomba.


Ero rimasto intrappolato: sulla scala tra il ponte e la terra ferma, bloccato dal rumore delle sirene proveniente dalle macchine della polizia e il suono di un oceano di onde che riempiva le mie orecchie. Mi ero sentito completamente insensibile al vento gelido che mi alitava in faccia; qualcuno mi stava chiamando, ma loro non sapevano il mio nome... nessuno conosceva la ragione per cui mi trovavo qui. Tutti loro sapevano solamente che avevo ucciso qualcuno. Ancora una volta, ero il ragazzo infranto che aveva bisogno di aiuto e avevo semplicemente rifiutato di tornare indietro - era troppo tardi. Qualsiasi vita avessi abbandonato nella mia vecchia casa - non mi apparteneva più.



Ero rimasto lì fermo. Con un piede sulla scala e l'altro sulla barra di sostegno del ponte in acciaio. Avevo solo una mano avvolta intorno alla sbarra di ferro verticale e l'altra che oscillava avanti e indietro in aria.


Non avevo nessun posto dove andare. Ancora una volta.


Se solo avessi potuto saltare. Forse, così avrei potuto salvare quel che ne restava del mio orgoglio. Nessuno sarebbe venuto a sapere di me, del mio passato, della mia famiglia, di mia madre, o di lui.


Improvvisamente, il mio corpo cadde. La scivolosa sbarra di acciaio poteva più reggere il mio peso e mi aveva fatto perdere l'equilibrio. Nel mezzo di tutto questo, il mio cuore si era fermato e i miei polmoni avevano smesso di funzionare. E poi... lui mi aveva afferrato. I miei piedi erano ancora sulla scala che stava reggendo il mio corpo, in qualche modo, mentre la sua mano grigia stringeva in una morsa la mia maglia, per trattenermi. La mia schiena era rivolta verso l'acqua, sentendo il gelido vento invernale che soffiava forte contro di me, mentre mi sforzavo di tirarmi su; ma mentre lui mi stava salvando da una morte orribile, mi stava anche tenendo giù.



Il suo sorriso dorato incontrò i miei occhi, che lo stavano fissando in completa soggezione.


Lui mi parlò.



Ti fidi di me?



Non risposi. Potevo solo sentire l'oceano sotto di me. Tremante di paura, mi ero voltato lentamente indietro per incontrare il suo sguardo. Io non volevo morire, non ora... anche se fosse stata la mia ultima possibilità, doveva esserci un'altra strada. Alla fine avevo risposto con un semplice cenno del capo.


«S-sì».


Il mio amico sorrise verso di me per l'ultima volta.


E poi lasciò andare la mia mano.



Tutti guardarono come il piccolo ragazzo che conoscevano come il povero ragazzino col cuore infranto, cadere tra le onde dell'oceano. Mi sembrava di fluttuare, come in una malata e contorta danza. Quella intera notte... non andò mai come mi ero promesso che sarebbe andata. Alcuni dissero di avermi visto volare per un paio di secondi, come se qualcuno mi avesse sollevato prima di cadere tra le braccia della morte. Non mi importava... ho accolto tutto questo per scivolare fuori da quella morsa opprimente.


Era stato... fantastico.



E come sono morto, la mia vita è cominciata.


L'inizio di una nuova meravigliosa vita.



-Traduzione: Alessandra Oriani.

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-Le storie di The Puppeteer appartengono all'autrice BleedingHeartWorks su Deviantart

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