RECUPERO CREDITI.

Il gatto coperto dall'armatura pattugliava il confine dell'accampamento pronto a usare l'arma che portava sulla spalla.

Si voltò di scatto verso la giungla appena udì un rumore, un bastoncino che veniva calpestato, tese il fucile e si preparò a fare fuoco.

Respirava piano, per non allertare la fonte del rumore, ma vagamente agitato.

Per fortuna gli occhi furono più veloci a vedere cosa sbucò poco dopo dalla giungla e l'indice si allontanò dal grilletto.

"Ma cosa...?" chiese fra sé e sé appena vide sbucare Françisco, era legato con possenti liane insieme ad altri due compagni, il conquistadore catturato insieme a lui e il superstite dell'ultima battaglia con i nativi.

I tre erano stretti l'uno all'altro con robuste liane che circondavano i loro corpi come serpenti: una era stata messa a cerchio intorno alle loro bocche, per farli tacere; un'altra intorno ai loro occhi, per non farli vedere il cammino; e una intorno alle caviglie, per rendere il viaggio lento e difficile.

La tigre si ricordava cosa li era stato detto.

"Dovete camminare in cerchio per procedere in avanti, se uno di voi sbaglia un solo passo finirete per terra... E, probabilmente, morirete".

Ankar, per prendersi gioco degli avversari, diede loro una forte spinta che per poco non li fece finire sul terreno, furono afferrati Liam che rimise i tre in posizione eretta.

Seguirono le direttive del lupo e camminarono in cerchio come una trottola solitaria e che nessuno avrebbe più toccato se avesse smesso di girare.

Il felino europeo si avvicinò ai compagni ma, appena quest'ultimi avvertirono una presenza, iniziarono a muoversi come dei pesci impazziti per la presenza di un predatore.

Terrorizzati e senza controllo, le bocche bloccate emettevano versi di paura.

"Françisco!"

Il gatto poggiò la mano sul simile di classe.

"Siete all'accampamento, siete in salvo".

La scena fu vista in lontananza da Jonas che scosse leggermente la testa.

"Tutto bene?" chiese Zet al suo fianco.

La lince annuì.

"Sì".

"Cosa siamo venuti a prendere?"

Ankar si mise in mezzo ai due, e Tagan aumentò ancora di più la distanza.

"Deimos". sussurrò il soldato mentre muoveva testa e pupille alla ricerca del proprietario del nome appena pronunciato.

"Siamo qui per uno di loro?"

Il cane indicò l'accampamento e i suoi occupanti.

Jonas, però, scosse la testa.

"No, non sono tornato per loro..."

Un sorriso apparve sulle labbra.

"... sono qui per lui".

Deimos era un cavallo all'interno di un recinto, Ankar lo fissò, si ricordava di lui, la lince lo aveva al suo fianco quando era giunta insieme agli altri sulle loro terre.

"È imprevedibile, a volte burrascoso, ma se sai come avvicinarti si rivela un grande affetto, come te".

Queste parole, un tempo felici, fecero chiudere gli occhi dello spagnolo con tristezza anche se poco dopo li riaprì determinato a riprendere ciò che era suo.

I quattro si inflitrarono nell'accampamento aiutati dal silenzio dei loro movimenti e dalla poca attenzione di chi era all'interno.

Nessuno degli europei, nonostante le prove avute negli ultimi giorni, riteneva i nativi capaci di un'inflitrazione silenziosa e ciò facilitò molto l'entrata dei quattro.

Ankar, Tagan e Zet dovettero semplicemente copiare alla perfezione la performance di caccia: schiena curva, avanzamento silenzioso e coperto dal ripari e controllo totale dell'ambiente circostante.

Jonas, invece, adottò una tecnica diversa: sfruttò il fatto che indossasse la stessa armatura del nemici per muoversi liberamente in mezzo all'accampamento, era sufficiente fingere di essere impegnato ed evitare di mostrare la faccia ai suo connazionali impegnati nei loro lavori.

Non ci volle molto per raggiungere il punto designato e il felino sorrise appena vide che la distanza con il suo destriero era ormai spezzata.

"Deimos" sussurrò appena fu davanti al cavallo bianco, poggiò una mano sul muso e lo accarezzò delicatamente.

"Non meriti di stare qui, ora andiamo via".

"Dov'è Ankar?"

Tagan si era voltata e il lupo rosso era sparito.

Cortès era nella sua tenda, sedeva al tavolo posto al centro di essa pensieroso.

"Maledetti selvaggi". ripeteva quelle parole almeno dieci volte al giorno per esternare il malcontento e la rabbia.

Poggiò naso e bocca sulle mani strette come fosse impegnato a pregare, ma l'unica cosa per cui avrebbe fatto tale gesto sarebbe stata al solo scopo di far sparire i nativi.

Soprattutto il canide dal pelo rosso che, sin da subito aveva dato problemi.

Gli venne quasi da ridere quando il cacciatore, a cui pensava un paio di secondi prima, gli puntò la lancia sulla gola.

La iena era così distratta che non aveva nemmeno percepito la presenza di un estraneo.

"Buonsole" sussurrò chi era appena entrato.

"Salve". rispose il leader degli europei intento a fissare l'intruso per nulla spaventato, solo irritato.

Sapeva che non era lì per ucciderlo, altrimenti non si sarebbe limitato a puntare l'arma.

"Mi domandavo: perché siete ancora qui?"

"Lo sai cosa voglio".

I due si guardavano l'un l'altro senza sbattere ciglio.

"Non c'è... Non c'è...".

"Oro, si dice oro... Ignorante".

"Oro, non c'è oro per te qui, hai visto cosa attende te e i tuoi cacciatori se restate".

L'assenza di una risposta del canide spagnolo fu come se quest'ultimo avesse parlato con la solita arroganza.

Il lupo sospirò.

"Ne pagherai le conseguenze".

Fece per andare, ma...

"Perché non mi hai ucciso?"

Il cacciatore si fermò davanti al taglio sulla tenda creato per entrare.

"Se voglio ucciderti e, allo stesso tempo, ottenere una vittoria, devo farlo con i tuoi guerrieri a vedere la tua morte... se prendo la tua vita dove nessuno vede, vorranno vendicare la tua morte..."

Si voltò lentamente.

"... ma se la prendo davanti a tutti, distruggerò la loro volontà e potrò cacciarli dalla terra, dalla mia terra".

Senza aspettare una risposta varcò l'entrata creata poco prima e sparì.

Tuttavia si fermò appena fuori dalla tenda e notò qualcosa.

Jonas fissò la sella su Deimos.

"Bene, guarda chi è tornato".

I tre nel recinto fissarono al loro lato e videro un conquistadore conosciuto dalla lince, era colui a cui aveva bucato i palmi con un proiettile.

"Mi basta urlare per-"

Sussultò dalla paura quando il felino gli si parò davanti in un attimo.

"Vuoi urlare? Posso aiutarti".

Gli indici erano puntati verso le ferite sulle mani, una piccola pressione e un dolore lancinante avrebbe distrutto lo spirito dell'europeo.

Guardava Jonas con terrore, non aveva più lo sguardo da sottomesso e pieno di vergogna, era uno sguardo deciso e arrabbiato.

Chi aveva davanti lo aveva chiamato più volte abominio, perciò non avrebbe esitato a fargli del male.

"Vedo che hai cambiato idea".

Prima di ricevere una qualunque risposta sferrò una testata al nemico che cadde svenuto.

"Andiamo prima che-"

Un nitrito ruppe la concentrazione dei tre, gli sguardi caddero sul cavallo della lince che, però, non aveva emesso un fiato.

Lo spagnolo spalancò gli occhi, c'era solo un'altra cavalcatura in quel posto.

"Come si usa?!" urlò Ankar in groppa al destriero di Cortès, sapeva che quegli animali bisognava "usarli" in quella posizione, ma il metodo restava un mistero per il lupo.

Tagan fissò il simile di classe nel suo gesto, che mirava a una vittoria personale nei confronti della iena, mentre il felino poco distante da lei sorrise.

"Presto!"

Montò su Deimos e tirò Zet con sé con una rapidità sconvolgente, poi fissò il cane e indicò il lupo rosso.

La cacciatrice annuì e, con uno scatto, raggiunse il cavallo marrone per poi salire su di esso con un balzo.

Non appena il cavallo con sopra il leader passò, il conquistadore emise un verso d'incoraggiamento e sbattè dolcemente le redini.

"Vai Deimos! Mostra a questi soldati cos'è la vera fretta!"

L'animale obbedì e iniziò a correre, mentre chi lo guidava sferrò un calcio contro un conquistadore appena arrivato.

Ormai i quattro erano stati scoperti.

"Ankar! Tagan! Sdraiatevi sul cavallo!"

I canidi si guardarono un attimo basiti ma eseguirono subito.

Jonas, invece, notò che il percorso voluto dal caso per la fuga passava di fronte alla tenda della iena.

Il suo occupante uscì rapidamente e gli ci vollero un paio di secondi per realizzare.

"Non colpite il mio cavallo!" ordinò, per poi posare gli occhi sullo spagnolo.

"Signore! Le presento il mio congedo!"

Non appena la lince arrivò al posto giusto mosse la gamba destra velocemente e sferrò un calcio al suo capitano che cadde con il naso sanguinante.

Quando gli equini uscirono dell'accampamento tutti i conquistadores armati erano pronti a sparare.

"Stai giù!"

Zet seguì le direttive e strinse il ventre di chi aveva davanti per piegare meglio il busto, mentre chi guidava l'animale sorpassava il destriero marrone.

Si mise davanti a esso in modo perfetto e ciò recò non poche difficoltà agli spagnoli.

Non potevano premere i grilletti senza rischiare di colpire il cavallo marrone e ciò creò abbastanza esitazione da permettere la fuga degli intrusi.


CIAU!
Spero che il capitolo vi piaccia.

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