PUNTO DI NON RITORNO
Turkis camminava lento mentre la lancia stretta fra le mani puntava in avanti pronta a scagliarsi contro il minimo pericolo.
Ormai erano passate tre ore da quando Lyon era morto, tre ore a cercare di uccidere il lupo.
Ankar era diventato l'ossessione di Kuningas, un prurito fastidioso e continuo che non sarebbe mai andato via.
Bisognava grattarlo forte e godersi quella sensazione di sollievo, seppur momentanea, sprigionata dalla pelle finalmente tranquilla.
Lo sciamano passò vicino a un albero, l'ennesimo, mentre sporgeva la testa dal tronco usato come riparo visivo qualcosa urtò il bastone della sua arma.
I suoi occhi fissarono un oggetto familiare: un dente di coccodrillo incastrato in un pezzo di stoffa.
Il cuore accelerò come un treno a vapore al quale veniva aggiunto carbone con ritmo veloce.
Deglutì mentre la bocca si seccava come un fiume in piena siccità, lo avvertì alle sue spalle intento a toccare la terra con i piedi rossi.
"Dovete mettere fine a tutto questo prima che sia troppo tardi."
Il lupo nero non si voltò, anzi si chiedeva come mai respirasse ancora.
"Non sono io il capo fra noi." rispose con la testa leggermente girata verso sinistra.
"Chiedere a Kuningas è come costruire una casa in mezzo al fiume furioso: inutile, senza ricompensa e porta molta rabbia per il sudore sprecato." ribattè il canide mentre osservava lo sciamano intento ad annuire.
"Avete fino al tramonto... Se la Dea Luna alzerà la sua creazione nel cielo e voi mi date ancora la caccia..."
Ankar non dovette finire per ricevere un'altra risposta a gesti da parte del cacciatore con la collana.
Si limitò ad annuire una seconda volta.
Pochi secondi dopo una freccia mancò di poco entrambi e si incastrò nel legno.
Tente si preparava a estrarre il secondo dardo.
"Corri Turkis!" urlò all'amico mentre il lupo rosso compiva una capriola alla sua sinistra.
Ankar tornò in piedi e fissò l'aquila dritto negli occhi.
Era una dichiarazione di sfida.
Lancia contro freccia.
L'arciere tese l'arco armato e provò a centrare la preda ambita ma il colpo lo mancò di diversi centimetri.
Emise un verso di rabbia mista a insoddisfazione mentre le gambe sembravano mosse da ingranaggi, correva nella direzione del lupo rosso come un automata senza coscienza.
Non era la prima volta che mancava il bersaglio, ma tutto quello stress in così poco tempo aggiunto alla morte di Lyon e di tre suoi amici, non era ancora a conoscenza della dipartita di Apis, lo rendeva concentrato solo sul lupo.
Tese nuovamente l'arma a distanza, ma i troppi alberi sulla traiettoria impedivano un tiro pulito.
Emise dalle narici diversa quantità d'aria in senso di frustrazione e proseguì.
Ankar, nel frattempo, salì su un albero e si aggrappò a un ramo in alto per mimetizzarsi il più possibile.
Passarono diversi minuti prima che l'aquila si mostrasse con un'altra freccia pronta all'uso, camminava lento, con il busto curvo e gli occhi sembravano senza palpebre per quanto li teneva aperti.
Nonostante passò sotto il ramo del lupo quest'ultimo non fece nulla, come per esempio un agguato dall'alto, voleva dargli la chance data a Turkis e agli altri.
Tente fece tre passi prima di sorridere.
Si girò di scatto e scoccò il dardo che, però, penetrò il legno.
L'ennesimo buco nell'acqua lo fece arrabbiare di più ma dovette prima fare i conti con un lupo robusto intento a saltargli addosso.
Ankar era riuscito a sdraiarlo prepotentemente mentre lo colpiva diverse volte con le nocche della mano destra.
"Perché non mi lasciate in pace?! Volete incontrare il Dio Morte oggi?!" chiese ormai spazientito da quella caccia continua.
L'aquila mostrava il becco solcato da due linee rosse e sputò lo stesso liquido scarlatto sul petto del canide.
"Dovresti fare più attenzione alle tue ferite."
Il rapace infilò indice e medio destri nella ferita causata da lui stesso sul fiume.
Il pezzo di liana e le teste delle formiche vennero rimosse con la stessa felicità con la quale secoli dopo sarebbe stato tolto un cerotto.
Il sangue uscì nuovamente mentre il proprietario del corpo attaccato strinse i denti con un verso simile a un ringhio.
L'aquila subì una testata che gli fece toccare nuovamente il suolo, una mano strinse il collo e l'altra continuava a colpirgli il volto sempre più tumefatto.
L'occhio sinistro si chiuse mentre le palpebre divennero scure e doloranti.
Le tribù avevano una spiegazione spirituale persino per gli occhi neri: secondo loro era stato il Dio Morte a dare il dolore agli esseri viventi e, come era stato spiegato dagli Europei, non era altro che un sistema di allarme volto ad avvertire il corpo.
Ankar mollò la presa mentre l'aquila tossiva intento a recuperare aria nei polmoni.
"Ti darò un'ultima via per evitare di morire, torna dai tuoi e parla con Turkis... Decidete cosa fare ma dovete farlo prima del tramonto."
Fissò il nemico steso al suolo per poi voltarsi e camminare.
Tente osservò il cielo limpido come l'acqua del fiume mentre la mano destra recuperava l'arco e la sinistra prendeva una freccia.
Il dardo si accostò all'arma e venne leggermente spinto sul laccio flessibile per essere scoccato.
Il lupo era andato dritto e stavolta non l'avrebbe mancato.
Alzò il busto di scatto e scagliò la freccia che, ancora una volta, colpì il tronco di un albero.
Mosse la testa a destra e sinistra ma nulla... Il bersaglio era sparito.
Dovette ricredersi quando un'ombra avanzò da dietro di lui, Alzò la testa e osservò il canide con una pietra appuntita stretta nella mano destra.
Sospettava un attacco alle spalle perciò si è mosso silenziosamente in cerchio per arrivare alle spalle del rapace che ora lo fissava impaurito e forse arreso.
"Io non dono mai la vita due volte."
Gli occhi di Tente si spalancarono quando la pietra affondò nella fronte, il corpo, ora cadavere, cadde all'indietro e assunse la posizione di pochi istanti prima.
Il lupo fissò la ferita nuovamente aperta e sanguinante ma era sicuro di poterla medicare una seconda volta.
Afferrò l'arco dell'ultima vittima e si preparò ad aspettare il tramonto.
CIAU!
Non aggiornavo da sei giorni! Vi sono mancato?
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