DALLA PADELLA ALLA BRACE

I piedi iniziavano ad avvertire dell'acqua provenire dal cielo scuro ma Ankar ne faceva uscire qualche goccia anche dagli occhi.

Era da circa un'ora e cammina senza una vera e propria direzione, non era lucido, se un giaguaro gli fosse apparso davanti avrebbe continuato a camminare senza nemmeno svoltare.

Guardava il terreno mentre la pioggia iniziava a colpirlo con cautela, era solo uno sfogo del Dio Cielo che sarebbe passato presto.

Il lupo invece non dimenticava.

Sophira, che chiamava sorella anche se il loro sangue era diverso.

Kawab, che chiamava amico e credeva in questa parola quando lo guardava.

Micah, che chiamava cacciatore ma mai pensava di essere lui la preda.

Enola, che chiamava amore... lei aveva avuto l'impatto peggiore su di lui.

Non si chiedeva cosa avrebbe fatto per sopravvivere, pensava solo a loro con un misto di rabbia, dolore e delusione.

Si fermò in mezzo al nulla mentre continuava a guardare in basso, pioveva ancora e forse fu questo il motivo, unito al turbine di emozioni negative avvertite nel cuore, che non gli fece avvertire qualcuno alle sue spalle.

Il colpo fu secco e il canide finì disteso sulla terra mentre gli occhi si chiudevano.

Quando si riaprono, con difficoltà, sentì la terra in movimento sulla schiena: gli alberi si muovevano come se le radici fossero diventati piedi e i tronchi dei corpi.

Abbassò lo sguardo e notò una mano intorno alla caviglia destra, apparteneva a un giovane leone, aveva vent'anni a giudicare dalla piccola criniera e dalla muscolatura non molto sviluppata, Ankar cercò di mettere a fuoco con le pupille e osservò il pelo marrone su una tendenza assai chiara ma soprattutto notò come non voltasse mai lo sguardo.

Se il colpo ricevuto non avesse creato uno stordimento nella mente a quest'ora sarebbe libero.

Dovette scacciare quel pensiero quando notò del fuoco in lontananza con ombre che gli passavano davanti.

"È tornato!" urlò una voce maschile che il lupo associò a un'ombra che agitava il braccio sinistro mentre altre due correvano verso di loro.

Ankar sentì della pressione sulle braccia e poco dopo si ritrovò in piedi mentre invano cercava di liberarsi dalla presa di due cacciatori a dir poco robusti.

"Sentite come si ribella."

Rise la voce avvertita dell'orecchio destro mentre gli occhi scorgevano un fisico assai robusto e grigio.

"Smettila Roz e legalo."

La voce dall'altro lato invece era da associare a un fisico ancora più forte e rosso, poco dopo il cacciatore grigio voltò Ankar verso di lui mentre le mani gli venivano legate dietro la schiena.

Osservò uno squalo grigio che sorrideva con i suoi denti aguzzi.

Poco dopo venne costretto in ginocchio e il collo venne legato a un bastone dal pesce mentre il canide fissava un toro rosso con una macchia nera sul muso.

I suoi occhi iniziarono a girare più volte mentre osservava tutti i cacciatori in piedi.

Dodici senza contare il leone giovane.

"Lyon!"

Il felino venne chiamato da una voce rauca e veterana, un altro leone fissava il simile, non serviva essere uno sciamano per capire che fosse il padre vista la somiglianza evidente, Ankar fissò sopratutto la criniera folta e sbiadita dal tempo.

Non c'erano dubbi era lui il leader del gruppo.

Il più vecchio fra i due sorrise e poggiò una mano sulla spalla della sua progenie che a sua volta sorrideva in modo più incontrollato per la giovane età.

Poco dopo gli altri cacciatori misero le mani sulle spalle... il felino era appena entrato a far parte ufficialmente in quel piccolo drappello.

"Perché tutto questo?" chiese il lupo fra sé e sé.

"Così va la vita a quanto pare."

Il canide sussultò quando vide una lucertola dalla pelle dorata al suo fianco, era talmente preso dalla situazione che non aveva notato la presenza di altri prigionieri.

Infatti dopo il rettile, legati su un altro bastone, c'erano una coniglietta dal pelo blu tremante che fissava i rapitori con il terrore puro negli occhi ma forse era dovuto al pezzo di pelle mancante sulla spalla destra grande quanto una mano.

Al suo fianco invece uno sciacallo guardava in basso ma sicuramente provava la stessa emozione della femmina.

"Che cosa vogliono farci?"

La domanda era rivolta alla lucertola che però rispose con un cenno del capo.

Delle gambe coperte da peli neri come la pece si fermarono davanti al lupo che notò un suo simile privo di un occhio, il destro, a giudicare dalle cicatrici era stata opera di un giaguaro.

Il canide nero si chinò con un sorriso di superbia dipinto sul volto mentre quello rosso mostrava di poco i denti.

"Vuoi saperlo davvero?" chiese mentre metteva un braccio sul ginocchio.

Ankar non rispose ma era evidente che fosse un si.

"Sacrificio: per alcuni è una parola, per altri è una legge, per voi sarà destino."

Si alzò mentre la collana composta da zanne di giaguaro ondeggiava sul petto.

Lo identificava come sciamano, solo loro potevano estrarre le zanne dai felini sacri in quanto mostravano alla Dea Giungla di portare un pezzo del suo amato figlio con loro, inoltre chiedevano sempre perdono quando uno dei cacciatori quadrupedi veniva ucciso.

"Ci vogliono sacrificare... perché?" domandò Ankar quando il simile non potè più sentirli.

"Te l'ho detto così va la vita." rispose il rettile dorato senza cambiare espressione mentre il canide mostrava una faccia confusa.

"Perdonami se non mi piace l'idea di incontrare il Dio Morte prima del tempo."

Tornò a guardare i tredici intenti a ridere e con lo sguardo sereno.

No... non poteva finire così, doveva fare qualcosa... doveva studiarli e reagire.

CIAO A TUTTI, scusate se è un po' meno avvicinate degli altri ma recupero con i prossimi.
Che farà Ankar?

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