capitolo 6.
«Cazzo! Cazzo! Cazzo!» esclamo a bassa voce andando nel panico più totale perché esattamente a pochi metri da me, dall'altro lato della porta, c'è il mio ragazzo che sta cercando di aprirla ma invano. Fortunatamente, appena entrati in bagno ho avuto la premura di chiudere la porta a chiave altrimenti adesso sarei in un mare di guai.
Guai che evidentemente non interessano a Sebastian dato che sta rispondendo tranquillamente al mio fidanzato e Wade mentre con i suoi occhi verdi percorre la mia figura. Due potrebbero essere le soluzioni, e quella meno intelligente ma anche più efficace sarebbe gettarmi dalla finestra pregando di non rompermi le ossa ma la scarto, perché non voglio porre fine alla mia vita per il mio ex migliore amico che adora infastidirmi e spogliarsi in mezzo al corridoio.
Come se si sentisse chiamato, Sebastian mi raggiunge con passo felpato e, con una nuova consapevolezza nello sguardo: adesso i segreti da mantenere sono due e ognuno di questi implica noi due, in un bagno e lui mezzo nudo.
Mi indica con un cenno del capo un bagno, idea più intelligente della mia a quanto pare, e per la prima volta senza controbattere acconsento a quel nascondiglio che spero sia lucido come lo specchio di camera mia. Mi avvicino al lavandino, cercando di fare meno rumore possibile con i tacchi che picchiettano sul pavimento, per riprendere la mia trousse solo che lui mi anticipa sfilandomela da sotto gli occhi.
«Ridammela.» sibilo a denti stretti allungando la mano destra verso di lui. Ma lui non cede anzi, un sorriso furbo compare sul suo sguardo quando colpisco per sbaglio il suo petto nudo con la mia mano. Un luccichio attraversa i suoi occhi ma io rimango impassibile a ciò che mi si presenta davanti e con faccia schifata mi allontano da lui. Almeno questo glielo devo a Josh dato che sono rinchiusa in bagno con una delle persone che odia di più.
Sebastian riporta lo sguardo su di me e con voce tagliente mi sussurra: «prima devi lavarmi la camicia, principessa. Non ho cento dollari da buttare nel cesso per la lavanderia.» mi mette tra le mani la sua camicia e si dirige verso la porta, che ospita dietro di sé ancora Josh e Wade, lasciandomi giusto il tempo di nascondermi nel primo bagno che mi capita sottomano.
Le voci virili dei tre ragazzi rimbalzano tra le pareti del bagno e mentre quella di Sebastian è un mix tra strafottenza e divertimento, quella di Josh è adirata dato il tempo che ci hanno impiegato per trovarlo e per far aprire questa dannata porta.
«E comunque perché sei entrato nel bagno delle ragazze? Non dire palle e non usare la scusa del 'mi sono confuso' dato la targhetta enorme qui fuori che recita esplicitamente bagno delle ragazze.» afferma Wade con un tono scherzoso intromettendosi nella ramanzina di Josh, ma non riceve nessuna risposta da Sebastian.
Ad un tratto sento la porta del bagno accanto al mio aprirsi in un tonfo e il cuore mi schizza alla gola quando la risata di Wade fa capolinea dall'abitacolo accanto al mio.
«Se pensavi ci fosse una ragazza hai sbagliato strada amico, lei se né già andata. Adesso stavo cercando di pulire la camicia che la ragazza del capitano mi ha rovinato e sono qui perché solo nel bagno delle femmine c'è il sapone.» in modo involontario porto lo sguardo nella camicia che stringo tra le mani e che precedentemente mi ero portata sul volto per evitare di far sentire anche un minimo sospiro da parte mia.
Il profumo di Sebastian invade le mie narici e per quanto possa risultare incoerente non riesco ad allontanare il volto da quel tessuto impregnato di profumo; sicuramente la sua non è una fragranza costosa e famosa come quella di tutti i ragazzi della scuola, eppure sono sicura che questo aroma freddo e mascolino non se ne andrà facilmente dalla mia testa. Ed è così, che quando mi rendo conto di ciò che il mio inconscio ha pensato, che allontano immediatamente l'indumento appendendolo all'attacca borse della toilette.
Ovviamente, la mia mente tralascia di proposito quel convenevole della ragazza che si è scopato in bagno uno, perché l'ho visto con i miei occhi e due perché non mi interessa la vita sessuale del mio ex migliore amico.
«Wade te ne presterà una, adesso andiamo, la preside ti sta cercando.» dice brusco Josh aprendo la porta del bagno e uscendo fuori. Sento dei passi allontanarsi e quando credo che tutti se ne siano andati un lieve colpetto alla porta mi fa sobbalzare.
«Ti do un giorno principessa, poi voglio la camicia lavata e le tue scuse esplicite al sottoscritto. Manderò JJ a dirti quando uscire.» afferma con tono autoritario non lasciandomi neanche il tempo di replicare. Prima di farlo andare via sussurro un 'vaffanculo' che fortunatamente lui udisce.
Volete provare a indovinare la sua risposta? Bravi, una risata.
Dopo cinque minuti esatti, si ho cronometrato il tempo chiusa nel bagno per rinfacciarlo a Sebastian, una voce acuta entra nel bagno e bussa alla mia porta avvisandomi di uscire.
«Puoi uscire allo scoperto Marisol.»
Faccio scattare la serratura, apro la porta e mi ritrovo la faccia di JJ a pochi centimetri da me. Si volta immediatamente lasciandomi lì sospesa e si va a sedere sul davanzale della finestra che affaccia sul cortile accendendosi poi una sigaretta. Non le dico che non si può fumare qui dentro, dato che avrà sicuramente visto il cartello affisso sopra il lavandino, e non la ringrazio nemmeno dato che il suo amichetto o non so cosa mi ha messo nei guai e di conseguenza lui dovrebbe chiedere scusa a me.
Mi avvicino allo specchio, sempre perché il mio intento iniziale era quello di sistemarmi il trucco, e cerco di aggiustare il più possibile senza la trousse che quel cavernicolo mi ha fregato. Aggiusto anche i capelli che a causa dell'umidità del pomeriggio si sono leggermente gonfiati e mi dirigo alla porta, ovviamente dopo aver preso la camicia che userò per strozzare Sebastian, quando la voce della ragazza con i capelli marroni-fuxia mi ferma.
«Prego, biondina.» ribatte ironica quando si rende conto che non l'avrei neanche ringraziata. Getta il mozzicone, spento e bagnato sotto il getto dell'acqua fredda, nel cestino e si affianca a me pronta per tornare in classe. Cerca di camminare alla mia stessa velocità, che è abbastanza frettolosa, e quando mi accorgo che il suo intento è starmi appiccicata mi fermo di colpo facendola sbattere addosso a me. Alzo gli occhi al cielo e mi giro scocciata verso di lei «vuoi che ti ringrazi? Grazie JJ anche se quella che dovrebbe ricevere una cortesia, o meglio un paio di scuse sono io; quindi, al posto di seguire me vai dal tuo fidanzatino e insegnali l'educazione.»
«Da che pulpito, Sole.» ridacchia la ragazza facendomi aggrottare il sopracciglio destro.
«Come prego?» domando stizzita incrociando le braccia al petto e sfidandola con lo sguardo. Non solo non ci siamo mai parlate noi due –meglio così- ma vuole farmi anche la morale sulla buona educazione? Mi sa che ha sbagliato persona con cui fare la maestrina.
«Non fare l'antipatica con me, Sole. Io e Seb non abbiamo scopato in bagno. E poi mi fa schifo il cazzo. Non devi essere gelosa.» si giustifica credendo che sia quella l'origine della mia antipatia nei suoi confronti. Che poi, come può starmi antipatica una persona che neanche conosco?
«Uno. Non sono gelosa.» asserisco imperturbabile mentre alzo un dito della mano destra. «E due.» alzo in aria un secondo dito «Questo è il mio carattere capelli rosa e non faccio l'antipatica con te per via del tuo amichetto, io sono antipatica con tutti perché non mi interessa di nessuno e non voglio avere nuove persone che mi ronzano intorno. Adesso –la scosto leggermente sorpassandola- con permesso io andrei in aula.»
E mentre mi dirigo nell'aula della professoressa di arte e scrittura creativa un piccolo dettaglio mi torna alla mente. Dettaglio del tutto irrilevante e privo di interesse da parte mia ma che, non so per quale motivo risveglia la mia curiosità. Se a JJ piacciono le ragazze, e quindi non ha avuto nessun contatto fisico con Sebastian, chi è la persona a cui ha fatto riferimento il primo giorno di scuola quando Axel aveva detto che Seb era off-limits? Potrebbe essere Lindy –che fortunatamente oggi non ho visto- oppure è un'altra ragazza che non frequenta la nostra scuola ed è rimasta al South? Di certo non sono fatti miei ma al contempo non posso permettere a Sebastian di avvicinarsi così tanto, e soprattutto in modo così sfrontato, quando entrambi siamo fidanzati.
Tuttavia, non appena entro in classe mi convinco ad accantonare il discorso e di non pensarci più e fortunatamente a darmi manforte, anche se in modo indiretto, ci pensa la professoressa facendo il suo ingresso in aula.
Oggi, la prof Millicent indossa delle mollette viola tra i suoi capelli color argento che si abbinano perfettamente al suo tailleur del medesimo colore delle mollette. Ci saluta con un sorriso cordiale e sincero e prima di iniziare la lezione vera e propria fa alzare in piedi JJ, la quale sottolinea di voler essere chiamata solo Jennifer e basta, per farla presentare e conoscere a noi studenti. Che poi, in realtà, ne siamo solo quattro a frequentare questo corso: io, Jennifer, un secchione dell'ultimo anno che cerca ancora di diventare capo redattore del giornalino studentesco e una ragazza del primo anno molto timida e insicura. Ogni volta che la guardo, anche per sbaglio, impallidisce e volta la testa nella direzione opposta.
A fine presentazione, e dopo aver spiegato gli obiettivi del corso, la professoressa ci assegna il primo compito del semestre: rappresentare le emozioni. Prima attraverso un dipinto su tela e in un secondo momento su carta e a parole. Alla fine del semestre, quindi a dicembre, lei valuterà il nostro lavoro in maniera minuziosa e oggettiva ed è per questo che ci da molti mesi per svolgere un compito perché, per quanto all'apparenza la professoressa possa sembrare sbadata e molto superficiale in realtà tiene molto al suo lavoro e noi alunni.
«E come si rappresentano le emozioni?» domanda la matricola con fare timido. Noto come sta giocando in modo frenetico con le sue dita e quando anche la professoressa nota il mio stesso dettaglio si avvicina a lei con fare premuroso poggiandole una mano sulla spalla.
«Così, su due piedi cosa disegneresti cara...» aggrotta la fronte per cercare di ricordare il nome della ragazza di fronte a lei ma senza successo così lascia cadere momentaneamente il discorso fino a quando lei non coglie la palla al balzo e non prosegue il discorso «mi chiamo Grace» deglutisce prima di continuare «e probabilmente adesso disegnerei un cerchio colorato di arancione.» termina timidamente pensando di aver detto una sciocchezza.
Si sbaglia totalmente perché ogni cosa detta qua dentro ha un fondo di verità e se lo dice la professoressa Millicent bisogna crederci. E no, non solo perché è una professoressa ma perché ha così tanta empatia che se volesse potrebbe farci credere che il sole domani sorgerà a ovest.
«Bene. In quel caso avresti dipinto un'emozione. L'ansia per la precisione. O mi sbaglio?» domanda retoricamente a nessuno in particolare. Poi riporta il suo sguardo sulla ragazza dai capelli marroni che non ancora ha smesso di torturarsi le mani.
«Ti stai tormentando le manine cara Grace e capisco che tu possa essere in ansia, ma non permettere a quel cerchio arancione di espandersi e occupare tutta la tela. La tua vita deve essere un arcobaleno di colori e se solo una delle tue emozioni prenderà il sopravvento, bella o brutta che sia, starai male. Devi ascoltare cosa vuoi senza far prendere al cervello il controllo; lui guida le emozioni e cercherà di trarti in inganno per salvaguardarsi e impedire di far emergere ciò che provi per paura di sbagliare. Invece il cuore, bambini miei seguitelo sempre perché solo lui puro e candido com'è ci dirà ciò che è giusto fare. Senza troppi pensieri e senza che nessun colore vada a macchiare troppo la tela della vostra vita. Deve esserci un equilibrio e quello può essere dato solo cuore. Lui non vi tradirà mai.» la Millicent finisce il suo monologo e tutti rimaniamo in silenzio a riflettere su ciò che ha detto.
Molte volte mi sono posta la domanda 'mente o cuore?' e la risposta è stata sempre la stessa. La mente, il cervello, ciò che non mi dà equilibrio. Perché se dovessi paragonare la mia vita a una tela essa sarebbe nera, per la sofferenza del passato e di ciò che mi porto ancora addosso e che non vuole ancora andare via, viola per la paura di non essere abbastanza e di essere ancora abbandonata da tutte le persone che amo e verde ossia il disgusto che provo verso me stessa. Perché non sempre mi ascolto, non sempre mi apprezzo o mi do il giusto valore e perché odio essere così fredda e cinica con tutti.
Magari potrei disegnare questi e consegnare il compito già domani...eppure la fiducia che la professoressa ha nei nostri confronti accende un barlume, lieve e fioco, di speranza che mi dice di non abbattermi.
Per tutta l'ora disegno qualche schizzo nero, viola e verde sul foglio bianco senza pensarci davvero sul serio. Lancio uno sguardo a JJ che sta alla mia destra e a Grace che sta alla mia sinistra e noto che i loro di fogli sono bianchi. Solo Richard, l'unico ragazzo di questo corso sta muovendo da quasi un'ora la mano sulla tela senza mai scostarsi tuttavia, non riesco a comprendere cosa stia disegnando dato che si trova di fronte a me.
Al suono della campanella lasciamo tutti l'aula della professoressa Millicent e ci dirigiamo verso l'ingresso dell'istituto senza proferire una parola l'un con l'altro. Richard borbotta un semplice 'arrivederci' una volta arrivato al portone d'ingresso per poi svanire nel nulla, Grace sussurra un flebile 'ciao' e ancora una volta io e JJ ci ritroviamo da sole.
La saluto con un cenno del capo e mi dirigo dalla parte opposta del campo di lacrosse, quando sento la voce di Jennifer pronunciare il mio nome. Mi volto abbastanza incredula e attendo ciò che ha da dirmi. Sta in silenzio per qualche secondo, alchè penso di essermi immaginata tutto, quando dopo aver preso un respiro profondo sfodera lo stesso sorriso che aveva pronunciato sugli spalti del campo di lacrosse ieri e quando pronuncia quelle fatidiche parole un brivido sorpassa la mia schiena. Uno che mi fa, stranamente, apprezzare il fatto che qualcuno sia stato attento a dei piccoli dettagli.
«Non sei così antipatica come credevo, Marisol di Laurentiis. Semplicemente devi accostare meglio i colori: viola, verde e nero non sono molto belli insieme.» e, detto ciò, mi fa un rapido occhiolino e dopo un cenno veloce con la mano in segno di saluto corre verso il campo di lacrosse lasciandomi interdetta e ferma sul posto.
Reprimo la smorfia che stava per fuoriuscire dalle mie labbra -no, non stavo per sorridere- quando una voce fin troppo familiare, e soprattutto troppo inaspettata, subentra nel mio campo uditivo.
«Wow sorellina, strano che tu non l'abbia fulminata con il tuo sguardo come al tuo solito.» alzo la testa verso quella voce, quella di mio fratello Kayden, e esulto tra il sorpresa e il contrariata quando lo vedo. Perché dopo quella mezza chiamata al telefono io e lui non abbiamo ancora risolto.
Mio fratello Kayden è cambiato dall'ultima volta che l'ho visto, quindi due mesi fa, in quanto posso notare non solo un taglio molto corto che lascia pochi centimetri di capelli biondi come i miei, ma anche dal punto di vista muscolare è cambiato in quanto è più tonico e asciutto di quest'estate. So che il suo coach di Lacrosse alla Berkeley è molto più severo del coach che aveva qui in precedenza, il professor Keller, e di conseguenza il suo fisico ne risente di più. Tolto la dieta ferrea che sta seguendo in questo periodo di campionato.
«Fulminerò te con lo sguardo, se non peggio, se adesso non mi spieghi cosa ci fai qui.» sbotto adirata incrociando le braccia sotto il seno mentre picchietto la suola del piede destro contro il terreno fuori dalla scuola. Lui si avvicina a me facendo un sorriso tirato, consapevole che non basterà la sua sola presenza a far cadere la nostra lite del giorno precedente, e quando mi arriva di fronte notando che non ho smosso una virgola della mia espressione facciale che è rimasta ferma e imperturbabile, sbuffa afflitto sapendo che deve affrontarmi.
«Sono venuto per scusarmi e per parlare con te, Sole. La mamma mi ha detto che potevo trovarti qui.» dichiara quasi sincero. La sua voce si è leggermente incrinata e conoscendo Kay da praticamente tutta la vita riconosco quando dice una bugia.
«Solo per questo? Sarei tornata a breve a casa, potevi aspettarmi lì.» domando con tono meno adirato. Mi sciolgo anche dalla posizione precedente, tuttavia, per mantenere le sembianze di ragazza arrabbiata poso le mani sui fianchi.
«Devo parlare anche con Sebastian, è qui a scuola.» tossisce più volte per cercare di mascherare la frase, tuttavia, non attacca dato che capisco perfettamente ciò che ha detto.
«Io allora torno a casa.» sbotto come una bambina cercando di sorpassare Kayden che fa un sospiro così afflitto e teatrale che riesco a sentirlo fino a qui.
«No, andiamo insieme a cercarlo e poi torniamo a casa. Insieme.» mi ammonisce dopo avermi fermata con il semplice tono da fratello maggiore da 'fai quello che ti dico o ti ricatto in qualche losco modo'. E così acconsento ad una condizione che fortunatamente lui accetta subito: aspettarlo in macchina mentre lui va a parlare con il mio nemico numero uno.
Durante l'attesa rispondo a qualche mio follower sul profilo instagram dove parlo di libri e prometto loro che a breve aggiornerò l'ultimo capitolo della mia storia wattpad. Rispondo anche a qualche messaggio di Eileen, che in questo momento si trova al canile in quanto lì fa volontariato e infine mando un messaggio a Josh consapevole che mi risponderà a fine allenamento.
Metto in stand-by il mio iPhone rosa di ultima generazione quando vedo tre sagome ben poste e molto alte che si avvicinano alla macchina ridendo e scherzando come dei bambini. So già di chi si tratta e mi impongo mentalmente di rimanere calma almeno qui in macchina.
«...e alla fine non abbiamo scopato perché ho scoperto di essere allergico ai gatti dato che il suo mi aveva provocato enormi bolle in tutto il corpo. Proprio tutto.» afferma Axel continuando a ridere mentre si accomoda sul sedile posteriore. Non appena mi nota sul sedile posto davanti fa un sorrisino che non riesco a interpretare e mi saluta come se fossimo amici da una vita, cosa che non siamo. Amici intendo.
«Buonasera, raggio di Sole.»
Ma ovviamente non rispondo in modo garbato. Faccio un lieve cenno con la testa e mi rimetto a smanettare al telefono fino a quando la sua voce non diventa troppo vicina a me.
«Lasciala perdere. È nervosa perché ha perso i suoi trucchi.» afferma sarcastico il mio ex migliore amico tirando volontariamente una ginocchiata al mio sedile. Cristo, davvero adesso sembra un bambino di 4 anni.
«No, sono nervosa perché dovrò passare i miei prossimi venti minuti con voi cavernicoli.» ribatto acida facendo scoppiare a ridere i tre ragazzi che sembrano essersi coalizzati contro di me «oh si, e a proposito Sebastian Dante Morris, ridammeli.»
«Perché ha lui i tuoi trucchi?» domanda pacato mio fratello convinto che quando saremo soli non farò riferimento a questo secondo tradimento da parte sua. Perché non solo il biondo accanto a me non mi ha avvertito dell'arrivo del mio ex migliore amico ma adesso sta anche fingendo che tra me e Sebastian non sia mai successo nulla. Come ha osato ficcarselo in macchina dopo che mi ha lacerato il cuore? Non dovrebbe essere una legge non scritta tra fratelli del fatto che se io odio una persona, di conseguenza, anche lui la deve odiare?
«Perché la tua cara sorellina mi deve un favore.» si intromette senza neanche darmi il tempo di proferire parola. Sbuffo infastidita e non controbatto la provocazione di Sebastian quando noto che mio fratello mette in moto la macchina e si imbocca nel traffico di Santa Monica.
«Che hai combinato Sole?» mi ammonisce Kayden saettando lo sguardo velocemente dalla strada a me e viceversa.
«Ognuno ha i suoi segreti, fratellino.» ribatto pungente rifacendomi al segreto che mi ha tenuto nascosto per tutto questo tempo. Lui essendo perspicace capisce la direzione della mia frase e fortunatamente non approfondisce il discorso.
«Okay ragazzi, placate i bollenti spiriti. Stasera ci siete all'Hell? Drew mi ha mandato un messaggio e mi ha detto che dopo si riuniranno tutti lì.» Axel informa i due ragazzi, perché io ovviamente non sono e non voglio essere compresa, e mentre mio fratello mi chiede un tacito permesso con lo sguardo -perché prima di tutto noi due dobbiamo chiarire- Sebastian stranamente rifiuta di netto.
«Devo stare con Cindy stasera.» dichiara senza ammettere repliche, usando un tono piatto come se non volesse dare spiegazioni a nessuno. Sarà la sua ragazza? Sicuro. Non penso che un adolescente sia disposto a dare buca ai propri amici se non per una ragazza. Che poi, da quanto staranno insieme? Spero non da febbraio altrimenti lui avrebbe messo le corna alla ragazza con la sottoscritta e a quel punto odierei Sebastian ancora di più. Anzi, più di così non penso che si possa odiare una persona.
«Va bene Seb. Fammi sapere se cambia idea.» afferma Axel prima di tornare a smanettare con il suo telefono. Nel frattempo, ci districhiamo ancora nel traffico pomeridiano di Santa Monica e anche io inizio a prendere il telefono per evitare di guardare tutte le macchine che ci circondano. Quando noto che la batteria del cellulare mi è morta lo poso sconsolata nel cruscotto e istintivamente seguo i suoni dei clacson proveniente da fuori. È possibile che le persone in macchina non abbiano un briciolo di pazienza tanto che se si sta fermi un secondo in più devono iniziare a fare un casino madornale con quell'aggeggio stridulo?
Mio fratello fortunatamente capisce la situazione e dopo aver chiuso i finestrini alza il volume della musica. Lui non sa cosa mi è successo, semplicemente sa che se entro in macchina con persone diverse da Cillian potrei dare di matto da un secondo all'altro. Non sa precisamente il perché e anche se ha provato a estorcermi questa informazione più volte ha ottenuto sempre e solo il silenzio. Tuttavia, cerca di alleggerire la situazione quando siamo in macchina insieme.
«Il navigatore dice che tra cinque minuti il traffico scemerà.» mi informa mio fratello per rassicurarmi mantenendo lo sguardo puntato sulla strada che man mano vede la fine del traffico.
Da quel momento fino all'uscita dell'imbottigliamento provocato dal traffico il mio silenzio è stato coperto dalle battute di Axel, che ha iniziato a blaterare di quella volta in cui da ubriaco ha iniziato a provarci con un lampione credendo fosse una ragazza della sua scuola. E anche se quello strano racconto mi ha distratta un po' da ciò che mi stava succedendo intorno, dato che ha voluto ricreare la scena facendo fare a Sebastian il palo, quest'ultimo non ha smesso di fissare neanche per un secondo le mie mani nascoste sotto la borsa.
Dopo mezz'ora fortunatamente arriviamo al South Side, il quartiere periferico e malfamato di Santa Monica. Un immenso campo caravan si distende per numerosi kilometri di terreno e immediatamente mi saltano all'occhio tutte quelle case diroccate e tutti quei camper arrugginiti che a stento si reggono in piedi. Il posto è buio e tetro e la notte che sta salendo non da un aspetto migliore a questo luogo che è illuminato solo da qualche lampione che va a intermittenza.
Deglutisco quando un gruppo di ragazzi con una birra in mano ci passa accanto, allungando troppo lo sguardo verso la nostra direzione, e mi domando come una ragazzina possa sentirsi al sicuro in questa zona. Dal finestrino noto che Sebastian mi sta continuando a guardare e che sta notando minuziosamente tutte le mie espressioni facciali di shock e repulsione verso questo posto. Posto dove non auguro neanche a quell'uomo che mi torna a trovare ogni notte di vivere.
«Grazie bro. Fammi sapere se stasera ci sei.» Axel saluta mio fratello con una pacca sulla spalla e a me con un occhiolino mentre Seb, prima di scendere dall'abitacolo, mi lancia un'occhiata truce e un freddo saluto a mio fratello. Si ripromettono di incontrarsi domani, prima della partenza di Kayden per il college, e ribadisce che stasera deve stare con Cindy. La sfortunata Cindy, aggiungo io mentalmente.
Quando imbocchiamo la via del ritorno, e dopo aver chiesto a mio fratello di passare in lavanderia, apro la bocca che fino a quel momento era rimasta chiusa se non per domandare a mio fratello di passare, appunto, in lavanderia.
«Quel posto sta crollando.» affermo rivolta a nessuno in particolare facendo una constatazione che mi tenevo dentro da troppi minuti.
«Purtroppo, non hanno nessun altro posto dove andare. La maggior parte di loro vive lì abusivamente e l'altra metà è così tanto legata a quel luogo che non vuole abbandonarlo o non ha i soldi per farlo.» mi spiega mio fratello che a quanto pare è più ferrato di me sull'argomento dato che è in contatto con Sebastian da molto tempo e, a proposito di questo, io e mio fratello abbiamo ancora una discussione da portare avanti.
«Il nonno non può fare qualcosa?»
«Può, ma a quanto pare far ricostruire il South non è un investimento positivo per le sue tasche. Avrebbe dovuto fare qualcosa già qualche anno fa quando Axel sotto quelle macerie ci è rimasto quasi secco.» sputa acido mentre vaghi ricordi riaffiorano nella mia mente.
«Cosa?!» mi muovo nervosa sul sedile della macchina mentre inchiodo i miei occhi a quelli di mio fratello incredula dalla notizia che mi ha appena rivelato.
Sapevo che inizialmente il South era un verde prato rigoglioso pieno di roulotte e piccole casette. Non era una via lussuosa come quella in cui abito io, tuttavia era accogliente e piacevole.
Sapevo anche che a causa delle mancate manutenzioni e di controlli mai fatti quell'appezzamento di terra è crollato giorno dopo giorno fino a quando un bambino di otto anni –all'incirca della mia età in quel periodo- per recuperare il pallone non è rimasto schiacciato dalle macerie di una casa molto instabile ed è rimasto gravemente ferito. Ma non sapevo fosse lui.
«I medici hanno dovuto amputare d'urgenza la sua gamba destra e adesso indossa una protesi in metallo, dato che quelle di oggi sono molto costose. Da quello che so non ha mai voluto stare su una sedia a rotelle, voleva essere libero e giocare a lacrosse. Già sua madre per una malattia era rimasta paralizzata dalle gambe in giù, presumo non volesse fare la stessa fine.» mi confida con un tremolio nella voce. Mio fratello è sempre stato sensibile su determinati argomenti e per questo quando lo vedo stringere le nocche al volante e accendere la radio capisco che non ne vuole più parlare e così, da brava sorella, non faccio più domande anche se nella mia testa di quesiti ne girano un sacco.
Come fa ad essere sempre così sorridente quando una parte del suo corpo non esiste più?
Come fa a vivere ancora in questo posto senza impazzire giorno dopo giorno su cosa gli è successo?
Come fanno certe persone a rimanere così forti, almeno all'apparenza, quando la loro vita sta andando a rotoli? E lo so che non sono nessuno per giudicare ma qui al South ogni giorno c'è il rischio che una casa o una roulotte crolli e adesso capisco anche perché mio padre non voleva mai portarmi nel luogo in cui è nato.
Io, al contrario mi sono sempre e solo dovuta preoccupare su cosa indossare, cosa comprare di griffato o a che gala partecipare. Nulla di più importante di questo.
«È un vero schifo.» sussurro tra me e me ripensando a quel territorio malridotto mentre prendo la borsa ed esco dalla macchina. Lui mugola in segno di assenso e mi segue fuori dal veicolo. Siamo arrivati a casa e data l'assenza delle macchine sia di mamma e sia di Cillian deduco che siano entrambi a lavorare.
Apro la porta con il pomello rigorosamente in oro vero, che grazie alle modifiche effettuate da mia madre risulta delicato e non pacchiano, e dopo essermi sfilata la giacca e le scarpe all'ingresso indosso le mie adorate pantofole che fanno storcere il naso a mio fratello che però non dice nulla.
«È a causa delle condizioni della sua famiglia e del South che io e Sebastian ci siamo mantenuti in contatto.» mi confida Kay senza nessun preavviso lasciandomi spiazzata a quella rivelazione. Pensavo volesse terminare il discorso e invece lo riprende toccando un tasto assai dolente.
Mi accomodo davanti a lui sul tavolino della cucina e sorseggio il bicchiere di coca cola che mi ha gentilmente riempito. Cerco di non dare in escandescenza e di mantenere un tono pacato.
«Che significa? E perché non me l'hai detto prima?» domando facendo trapelare un po' troppe emozioni che vorrei reprimere. Lui sospira incerto, come se non fosse sicuro di dirmi tutto, e dopo avermi tolto delicatamente dalle mani la bevanda gasata me le stringe, dimostrando una così grande quantità di indecisione che non avevo mai visto prima.
Io e Kayden caratterialmente ci completiamo: lui è quello pacato, pacifista, sempre gentile, disponibile con tutti e con la battuta pronta e una spalla pronta a confortarti. Ha tanti amici e ha paura di dire ciò che pensa perché non vuole ferire le persone ed è per questo motivo che è indeciso sul da farsi. Io, invece, sono impulsiva, testarda, mi infilo sempre in qualche guaio più grande di me e non ho peli sulla lingua. Odio il contatto fisico, se non con la mia famiglia, le mie amiche e Josh e non sono per nulla accondiscendente. L'unica cosa sulla quale siamo completamente identici è che quando siamo arrabbiati con una persona facciamo di tutto pur di farla soffrire peggio di come lei, o lui, ha fatto con noi e in quel caso perdiamo tutta la nostra razionalità diventando impulsivi.
Tuttavia, queste differenze ci fanno apprezzare ancora di più l'un l'altro e anche se vorrei prendere mio fratello dal colletto della maglietta e urlargli addosso perché odio che mi si nascondano le cose, sto in silenzio in attesa di un suo primo passo che però non so se arriverà.
Dopo qualche minuto di silenzio, dove ha pronunciato solo qualche sillaba per cercare di dare avvio al discorso invano, si allontana da me e si passa, frustato, una mano sul volto.
«Non potevo e non posso dirti molto, perché Seb arriverebbe a spezzarmi ogni singolo osso del corpo ma prima o poi lui ti dirà tutto.» si ferma un secondo per prendere un gran respiro, come se si fosse tolto un grande macigno dal petto, mentre la mia faccia rimane ancora incredula. Ma non mi da neanche il tempo di aprire la bocca per rispondere quando il suo sguardo e il suo tono si fanno più seri e duri «e mi devi promettere Marisol» calca il mio nome per intero, segno che non sta per niente scherzando «che non metterai mai piede nel South da sola. Può diventare un luogo molto pericoloso.»
Ancora intontita dal discorso non sento la porta di casa aprirsi e mia madre e il mio patrigno entrare. Le loro voci presto raggiungono la cucina e quando sento una terza voce non del tutto sconosciuta alzo lo sguardo e incontro gli occhi scuri costernati di qualche ruga, segno di stanchezza e vecchiaia, di mio nonno Adam nonché il sindaco di Santa Monica.
«Ragazzi. Ho comprato la pizza. Stasera si festeggia!» esclama quest'ultimo indicando con un cenno della testa i cartoni di pizza italiana tenuti in mano da Cillian. Tuttavia, mentre mio nonno ha un sorriso smagliante –si, ha tutti i denti e sono perfettamente bianchi e allineati tra loro- mia mamma ne ha uno tirato. Cillian invece è inespressivo dato che non è mai riuscito ad andare d'accordo con il padre di mio padre. I primi periodi di frequentazione con mia mamma ci aveva provato, dato che lui è sempre stata una figura molto importante per noi dopo la morte di mio nonno materno, ma Adam ha sempre dato più importanza allo status sociale che alle relazioni tra le persone.
Infine, volto lo sguardo verso mio fratello che si è posizionato accanto a me. Abbassa i suoi occhi nei miei e un brivido gelido mi oltrepassa la schiena quando mi sibila testuali parole: «adesso capirai da chi ha preso nostro padre nell'essere così bastardo.»
Al telegiornale mattutino delle sette e trenta tutti i notiziari fanno scalpore.
Si riesce a intravedere la casa di mio nonno assalita dai giornalisti i quali urlano il suo nome per avere un'intervista esclusiva. Lui ovviamente non esce dato che si trova sul divano di casa mia intento a sorseggiare un po' di vino con la sua vestaglia di seta nera che richiama il mio umore.
Nero perché il suo motivo di festeggiare non solo era un'emerita cazzata ma anche perché la sua rivelazione faceva parte di quel famoso tassello di cui mio fratello mi aveva parlato qualche minuto prima, prima che loro arrivassero.
Quando mio nonno ieri sera ha iniziato a parlare del South e del suo cadere a pezzi sospettavo che sotto ci fosse una cosa grave come mancata manutenzione o assistenti sociali, ma non pensavo a una cosa così grave che non è assolutamente motivo di festeggiamenti come ci assicurava lui. Perché quando mio fratello mi ha sussurrato quelle parole pensavo che si stesse sbagliando o che stesse esagerando, invece no perché mio nonno, con la speranza di vedere Kayden al suo posto un giorno nella veste di sindaco gli aveva spiegato il suo vero obiettivo il giorno prima del suo arrivo ed è per questo che lui si è catapultato immediatamente qui a Santa Monica, oltre che per parlare anche con me. Voleva avvisare Sebastian per evitare una catastrofe, ma non ha fatto in tempo dato che lui non era solo.
Mio non solo vuole radere il South centimetro dopo centimetro, ma ha ingannato tutti affinché approvassero questa sua decisione attraverso quelle dieci borse di studio che, apparentemente dovevano unire le due fazioni rivali del North e del South, ma che in realtà non hanno fatto altro che l'opposto.
Fisso il piccolo televisore appeso sul lercio muro dell'hell mentre bevo un sorso d'acqua naturale dalla mia bottiglia. Neanche per un secondo distolgo lo sguardo dallo schermo che in questo momento sta trasmettendo l'intervista del sindaco di Laurentiis, il quale con finto tono da bastardo supplichevole rivela a tutta Santa Monica i suoi piani per il futuro della sua città.
Abolire il nostro territorio, raderlo al suolo e sbatterci per strada come pezzi di merda.
A quanto pare le borse di studio consegnateci personalmente da lui e che ci dovevano garantire un futuro illustre, come aveva ben specificato, sono diventate un biglietto di sola andata per l'inferno senza possibilità di ritorno insieme a quelle false promesse di manutenzione che ci erano state promesse. Da qui a sei mesi dobbiamo sgomberare il nostro territorio se non vogliamo finire sotto le macerie delle nostre case.
Gli abitanti del South, sia fuori che dentro l'hell, urlano a squarciagola ribellandosi a questa notizia trasmessa al telegiornale locale alle sette e trenta del mattino. Il loro intento è quello di cercare di far cambiare idea al sindaco, con le buone o con le cattive, ma questi poveri idioti non sanno che siamo stati tutte sue marionette sin dall'inizio. Nessuno di noi si aspettava questa notizia e, per un momento, mi domando se Sole sapesse tutta questa verità, soprattutto dopo la minaccia non poco velata che mi ha lanciato nei corridoi.
La piccola parte razionale di me sa che lei non c'entra nulla perché essendo una ragazza molto vendicativa so che non userebbe vie più semplici per raggiungere il suo obiettivo –distruggermi, dall'altra parte invece, quella istintiva e irrazionale, so che lei non è più la ragazza che ho abbandonato perciò la sua sete di vendetta potrebbe averla portata a tanto. In quel caso sarei lieto di farla tacere a modo mio e di terrorizzarla fino a farsi guardare le spalle ogni singolo secondo della sua vita.
Stringo nervosamente la bottiglietta piegandola e facendo strabordare un po' d'acqua bagnando leggermente il tavolo, ma non me ne curo dato che al momento sono troppo occupato a cercare di mantenere il controllo per evitare di andare direttamente sotto casa del figlio di puttana. Diciamo che non sono una delle persone preferite del comando di polizia di Santa Monica e se dovessi passare quel poco tempo che mi rimane qui, in galera, per colpa di quel lurido pezzente me ne pentirei amaramente, e io di solito non sono uno che rimugina sulle scelte passate. L'ho fatto una volta ed è per colpa di ciò che adesso mi trovo incastrato in questa situazione.
«Stai calmo Seb, troveremo una soluzione anche questa volta. Mancano ancora sei mesi e le carte in gioco possono ancora cambiare, lo sappiamo entrambi.» mi rassicura JJ risoluta come sempre mentre prende posto accanto a me e Axel. Si toglie la giacca di pelle e dopo essersi slacciata due asole della camicetta della divisa scolastica fa gli occhi dolci al cameriere per poter ricevere, ancora una volta, gratis la colazione. Conoscendola so che odia mettere in mostra così il suo corpo, e per un motivo così sprezzante, tuttavia a volte per sopravvivere –si, perché a volte neanche una colazione da pochi dollari ci riusciamo a comprare- bisogna fare anche questo.
«Non riesco a stare lucido, devo far diminuire l'adrenalina che ho in circolo in questo momento.» mi giustifico iniziando a battere violentemente il piede sul pavimento. Ho bisogno di sfogare questa rabbia che mi sta crescendo dentro e, dopo aver lanciato una veloce occhiata al mio migliore amico che mi sorride come un fottuto bastardo, capisco che la soluzione è scendere di sotto, e fortunatamente anche lui la pensa come me.
Scendere dove? All'inferno.
«Non ci pensate neanche voi due.» sibila ammonitrice la nostra amica quando capisce qual è il nostro scopo e soprattutto quando vede che ci giriamo intorno per cercare lo sfortunato di questa mattina. Io getto la bottiglietta d'acqua nel cestino accanto a me e mi appoggio al muro con braccia e gambe incrociate per osservare tutti i presenti nel locale mentre Axel fa roteare il liquido ambrato nel bicchiere di vetro e segue il mio stesso gesto, ossia scrutare come me tutti coloro che appartengono all'inferno. Purtroppo non possiamo costringere le persone a giocare, ma non sarà difficile trovare un volontario.
«Dicci Jennifer, meglio scendere giù e sfogarci a modo nostro o andare direttamente a casa del sindaco per spaccargli quella testa di cazzo che si ritrova?» domando retorico con un ghigno bastardo consapevole già della risposta. Perché anche se il mio istinto mi urla di andare da Adam per spezzargli ogni singolo osso, quel poco barlume di lucidità che mi ritrovo mi consiglia di starmene qui buono con i miei amici a sfidarci a 33 minuti all'inferno. Il nostro gioco preferito.
Che poi, perché dobbiamo parlare di gioco quando in realtà all'inferno ci sono solo torture?
Torture molto pericolose dove non ci sono regole e dove ogni cosa è lecita. Torture impure e prive di morale dove non sai se ne uscirai vivo. Ci sono nove clan qui nel South, ognuno corrispondente a un cerchio dell'inferno e ognuno con una tortura differente, una più crudele e spaventosa dell'altra. Hai 33 minuti per uscirne vivo altrimenti, sei morto.
Quindi, ricapitolando:
Se perdi, è colpa tua.
Se ti fai male, è colpa tua.
Se muori, è colpa tua.
Se vinci, avrai da sfamarti per una settimana dato il denaro messo in palio e poiché i modi per sopravvivere qua al South non sono molti ognuno sfrutta le sue abilità come può. Io sono un ottimo provocatore contro gli avversari ma non solo, non ho mai perso a questo gioco perché i miei pugni non hanno mai sbagliato un colpo e perché quando mi incazzo divento una belva senza scrupoli e senza remore.
Ed è proprio per questo motivo che qui sono soprannominato il Minotauro, perché proprio come quella bestia anche io sono violento e furioso come lui. Oltre al fatto che mentre lui è la bestia del settimo canto dell'inferno, io sono a capo del mio clan qui al South che, guarda caso è proprio il settimo; quello dei violenti.
Si, perché ogni clan qui porta il nome di un cerchio dell'inferno.
Quando sono tornato quasi un anno fa qui a Santa Monica e ho scoperto l'hell e i clan subito mi sono immischiato in questo giro immorale e pericoloso e non potevo non farlo data la devozione che provo nei confronti di quest'opera. Il mio tatuaggio sul braccio destro è un segno ben evidente e, quando questa occasione mi si è palesata davanti, l'ho vista come un segno del destino per riuscire finalmente a far sopravvivere la mia famiglia in questo buco di merda dopo che mia madre ha preferito rimanere in Italia a fare la troia con qualche scrittore solo per accrescere la sua fama.
«Nessuno dei due. Tu, Sebastian Morris devi andare da Cindy prima di venire a scuola» mi punta un dito adirata e lanciandomi uno sguardo serio e imperioso risvegliandomi dai miei pensieri «e tu»adesso si rivolge ad Axel che come sempre sta prendendo la situazione sottogamba ridendo e beffandosi di tutto e tutti «sei troppo ubriaco anche per tenerti in piedi, e sono solo le otto di mattina.»
«Sto una meraviglia JJ e se non fossi attratta dalla figa te lo dimostrerei seduta stante sbattendoti sul tavolo.» sghignazza facendole alzare gli occhi al cielo. Alcuni ragazzi, interessati dalla situazione ci guardano incuriositi ma alla mia amica non interessa per nulla tant'è che prende dall'orecchio Axel facendolo urlare di dolore.
«Rivolgiti un'altra volta a me in questo modo Axel Akane e giuro che entro stasera ti farò pronunciare le ultime parole della tua vita.» sbotta furibonda non lasciandoli neanche il tempo di replicare.
«Dai lascialo stare JJ, non vedi come è ridotto?» mi intrometto nella situazione quando vedo che il mio amico non è disposto a sottomettersi alla ragazza dato le continue allusioni che sta continuando a fare facendo inviperire la nostra amica ancora di più.
«Fila a casa e non metterti nei guai invece, per quanto riguarda te» mi punta nuovamente un dico contro con fare minaccioso «dobbiamo andare a scuola. Se fino ad ora pensavamo che fosse dura stare a contatto con quelli del North, adesso sarà anche peggio a causa dell'annuncio del sindaco.» mi incalza come se fosse nostra madre non lasciandoci possibilità di scelta.
«Se vuoi puoi venire a casa con me sai i-» ma Axel non fa neanche in tempo a terminare la frase che un ragazzo della mia età, anche lui vincitore della borsa di studio dataci dal sindaco, coglie la palla al balzo riprendendo la frase di JJ e pronunciando il nome dell'ultima ragazza a cui lui avrebbe mai dovuto pensare.
«Marisol di Laurentiis non è sua nipote?» afferma gradasso indicando la televisione che sta ancora trasmettendo la notizia da parte del sindaco, mentre un suo amico accanto a lui inizia ad esultare in segno di assenso.
«Si è proprio lei. Stronza come il nonno ma è uno schianto. Per tapparle quella bocca impertinente le ficcherei volentieri il mio cazzo in bocca.» sputa volgare mentre si tocca il suo pene dalla patta dei suoi pantaloni. Inutile dire che il sangue mi sta iniziando a ribollire nelle vene e mentre i due continuando a parlare di quanto sia scopabile la mia ex migliore amica. Io, in tutta risposta, scrocchio il collo e le mani pronto a placare i loro bollenti spiriti. Mi passo una mano tra i miei capelli decolorati di lunghezza millimetrica e mi avvicino a loro con sguardo affilato e mandibola tesa per le parole che stanno continuando a uscire dalle loro luride bocche.
«Io dico che non scopa abbastanza. Guarda sempre tutti dall'alto verso il basso come se avesse una scopa ficcata su per il culo.» sghignazza quello che credo si chiami Mark. O Michael?
«Per me possiamo dividercela. Tu bocca, io culo amico magari imparerà ad apprezzare anche noi pezzenti.» altri ragazzi intorno a loro ridacchiano ma lascio perdere. Il mio sguardo è concentrato sui due ragazzi e sulle loro pessime battute. Mi avvicino a loro con passo felpato e petto tronfio e i ragazzi accanto a loro iniziano ad ammutolirsi, perché sanno chi sono e cosa sono capace di fare. Quando la mia sagoma si avvicina alla loro si voltano nella mia direzione e questa volta chi guarda dall'alto verso il basso qualcuno, sono loro.
«Sappiamo che eravate amici o qualcosa del genere Sebastian, se vuoi puoi unirti anche tu al nostro trio. Infondo, i buchi di una ragazza sono tre. Non ci offendiamo se ti unisci a noi.» si giustifica ridendo di buon gusto l'amico di Mark, che scopro chiamarsi Jack, smettendo poi quando vede il mio volto cupo e adombrato.
«Nah, io odio condividere» uso un tono sarcastico fingendo di smorzare la tensione facendoli ridacchiare e sudare freddo contemporaneamente. Tutti ci osservano in religioso silenzio e anche il mio migliore amico, che fino a qualche secondo fa era totalmente annegato nell'alcool, adesso mi presta attenzione con un ghigno bastardo. Sa qual è il mio obiettivo e posso scommetterci una gamba che lui mi aiuterà a portarlo a termine; perché infondo essere fratelli significa anche supportarsi nelle peggio stronzate. Tuttavia, il mio tono non risulta molto affabile alle loro orecchie perché iniziano a balbettare. Il mio sguardo trafigge il loro e data la reputazione che mi sono creato non solo all'hell, ma in tutto il South, sono poche le persone che osano prendersi gioco di me o che osano mettersi contro di me.
«Quindi n-non è un pr-prob-problema se...» inizia a rispondere uno dei due non ostentando più un carattere che a quanto pare non gli appartiene. Tiro due pacche sul volto del ragazzo, il quale diventa più bianco di un lenzuolo, «se ve la scopate entrambi?» termino per loro la frase usando un finto tono docile. Loro annuiscono freneticamente pensando di avermi convinto e io sghignazzo al solo pensiero e coraggio che hanno avuto di farmi questa domanda.
«Esatto. Possiamo?»
«Certo che potete, ma prima dobbiamo giocare ai 33 minuti all'inferno e vedere se uscirete vivi da lì sotto. Due contro uno, ci state?» domando con tono tagliente e bastardo. Loro devono capire chi comanda e se sono dei pivellini a questo gioco tanto meglio per loro, capiranno con meno fatica e dolore chi devono rispettare.
«Cosa?!» ribattono rinsavendo entrambi e assumendo di nuovo colorito alla pelle. A quanto pare lo shock gli ha fatti riprendere dallo stato catalettico in cui si trovavano. Uno di loro quasi casca dalla sedia e io, da bravo ragazzo quale sono lo aiuto a rimettersi in piedi con una presa leggermente forte che provoca un lieve crack nel suo polso.
«Toccate, parlate o guardate solo per sbaglio Marisol di Laurentiis e non uscirete più vivi da questo locale.» ribatto sprezzante alzando la voce e attirando l'attenzione di tutti per poi sussurrare solo a loro la seconda parte del mio discorso: «Mi chiamano il Minotauro per un motivo e non ho paura di mostrarvi la veridicità di questo soprannome.» Mentre i più timorosi scappano a gambe levate dal locale, quelli più coraggiosi rimangono. Qualcuno mi impartisce uno sguardo di sfida, altri abbassano lo sguardo e vanno diretti ai loro posti senza neanche fiatare. Anche i due ragazzi davanti a me si dileguano senza rivolgermi la benché minima parola non dandomi neanche la soddisfazione di un misero combattimento. Una chiazza gialla si prostra ai miei piedi e quando capisco la provenienza di quel liquido, mi scosto schifato tornando dai miei amici.
«Che cazzo hai fatto? Ti sei messo contro di loro per lei?» mi urla dietro Lindsay sfilandosi furiosamente il suo grembiulino nero da cameriera per poi gettarlo malamente sul tavolo. Si piazza di fronte a me e incrocia le braccia sotto al seno cercando di far cadere il mio sguardo lì. So che le faccio effetto, me lo ha dimostrato molte volte in diverse occasioni ma, se spera di ottenere in questo modo la mia attenzione vuol dire che non mi conosce. Amo le prede e odio le vittime sacrificali, è molto semplice il concetto. E lei ovviamente appartiene alla seconda categoria.
«Non esagerare come tuo solito Linds. Ho semplicemente ristabilito le parti in questo locale e sottolineato quali sono le regole.» ribatto tranquillo mentre prendo posto accanto a JJ che pare fulminarmi con lo sguardo esasperata perché tra me e il mio migliore amico, che sembra essersi ripreso, non si salva nessuno. Però almeno lei ha la decenza di non farmi un'inutile scenata davanti a tutti.
«Ma lo hai fatto per lei.» sottolinea ancora una volta l'ovvio che io nascondo con una semplice alzata di spalle. Okay, è letteralmente palese ciò che ho fatto, ma perché darle la soddisfazione di avere ragione? Mi siedo come se nulla stesse accadendo al tavolo dei miei amici e guardo la ragazza dai capelli neri dall'alto verso il basso non degnandole di una vera e propria attenzione. Axel ridacchia sotto ai baffi mentre JJ stufa delle nostre stronzate lascia il nostro tavolo per andare a prendere una birra al bancone, mi sa che quella che adesso vuole bere per dimenticare questa scenetta patetica è lei. Queste scenate di gelosia, se così possiamo definirle, sono abituali al locale, soprattutto quando durante il gioco 33 minuti all'inferno le ragazzine curiose si avvicinano troppo al sottoscritto ma lei non sa che a me non interessano ne le sue di attenzioni e neanche quelle di ragazzine in preda agli ormoni.
Annuisco divertito e non ascoltandola realmente fino a quando lo sproloquio di Lindsay non si ferma. Ha la faccia rossa e contratta come i suoi pugni che sicuramente vorrebbe scagliarmi addosso, ma non lo fa. Anzi, quando nota che io non la degno più di alcuna attenzione riprende bruscamente il grembiule dal tavolo, se lo lega in vita freneticamente e a passo svelto torna dietro al bancone.
Fortunatamente il locale si è svuotato perciò quando torna JJ possiamo parlare tranquillamente senza teste di cazzo o interruzioni.
«Ne sentivi proprio la necessità?» mi domanda la ragazza retoricamente alzando gli occhi al cielo. Le rubo un sorso di birra, anche se non è una delle bibite che potrei bere abitualmente, e mi passo il braccio sulle labbra per togliere il residuo di alcool.
«Sai che non mi piace quando le ragazze mi si buttano addosso.» affermo sbrigativo incrociando le braccia al petto cercando di far cadere l'argomento e al contempo prendo il cellulare per rispondere a Cindy che mi domanda dove diavolo sia a quest'ora ricordandomi che sono in ritardo. Tuttavia, una mano con le unghie smaltate di nero mi copre la visuale dello schermo e non faccio in tempo a rispondere che JJ mi confisca il telefono.
«Non mi riferivo a quella pazza psicopatica che ti muore dietro» borbotta acida lanciando un'occhiataccia a Lindsay che non smette di fissarci mentre finge di lavare un bicchiere.
«Mi riferivo all'altra tua amichetta. Quella che ti vorresti scopare su ogni superficie orizzontale Sebastian.» afferma ironica pensando di fare una freddura che però io colgo al balzo per deviare l'argomento, perché in realtà non voglio dire esplicitamente perché l'ho fatto anche se, conoscendo la perseveranza della mora e l'insistenza del mio migliore amico non ci metterò più di due minuti a vuotare il sacco.
«Scopare solo su superfici orizzontali è limitante, JJ a volte bisogna inginocchiarsi davanti a una donna per venerarla come si deve. In questo caso farla stare in piedi e appoggiata al muro, quindi su una superficie verticale, è più soddisfacente.» ribatto mentre il mio amico mi batte il cinque smanioso di raccontarci le sue avventure sessuali come sempre. Tuttavia, questa volta JJ lo stronca sul nascere perché il suo sguardo diventa più serio del solito e mi fulmina con lo sguardo.
«Cosa succederebbe se adesso tutti venissero a sapere che hai difeso una del North? E cosa direbbero se la ragazza in questione fosse la nipote del sindaco che ha appena dichiarato di voler distruggere casa nostra?» mi domanda retorica cercando una giustificazione plausibile a tutto questo mentre si tocca nervosamente i capelli.
«Non mi interessa» ribatto sincero mentre alzo le spalle con non chalance «e dubito che lei sappia qualcosa di questa faccenda. E poi, anche se fosse me la vedrei da solo con lei, non ho bisogno che dei ragazzini senza palle la importunino. È un mio problema Marisol di Laurentiis e come tale devo vedermela io.»
«E se lei non centrasse nulla con questa faccenda, continueresti ancora a importunarla come stai facendo?» mi domanda lasciandomi spiazzato. Perché adesso dovrebbe essere il momento in cui si calano le maschere e rivelo la verità. Al contrario delle amiche di Sole che non sapevano quasi nulla sul nostro rapporto passato, JJ e Axel sanno ogni minimo dettaglio e di conseguenza preferiscono che io le stia alla larga, per il suo bene sia chiaro. Non per il mio.
Il mio silenzio fa capire tante cose e lo sguardo che lancio ad Axel in segno di aiuto mi fa capire che questa volta lui non sarà dalla mia parte e, come da copione, lo dimostra con quell'aria da so tutto io che non gli si addice per nulla.
«Perché vuoi giocare con lei? Tra un anno sparirai dalla sua vita, sai che così peggiorerai le cose.» colpito e affondato. Se JJ ci era andata delicata e leggera, lui non ha seguito il suo esempio. Il ghigno sparisce dalla mia faccia e uno sguardo serio prende possesso del mio volto. Axel sa che non deve tirare fuori l'argomento in nessun contesto e soprattutto non per farmi nascere sensi di colpa che non posso permettermi.
Di solito è il più divertente e superficiale del gruppo, odia i discorsi seri e ama profondamente il sushi e i gatti, anche se è allergico; tuttavia, mostra la parte matura e seria di se solo a poche persone e anche se mi sento un bastardo fortunato ad avere un amico del genere pronto a fare letteralmente di tutto per me, dall'altro lato odio quando le persone si immischiano nei miei affari personali e privati.
«Non pensavo fossi diventato il suo avvocato.» ribatto burbero mentre una strana sensazione prende possesso del mio corpo. Mi metto sulla difensiva e Axel capisce che è il momento di andare; infatti, senza troppe cerimonie mi ammonisce con lo sguardo e mi da una pacca sulla spalla «te ne pentirai. Io te l'ho detto.»
«Credi che non me ne stia già pentendo adesso?» domando retorico alzando leggermente il tono di voce frustrato da questa situazione e infastidito dal fatto che tutti pensano di sapere come io possa sentirmi a riguardo.
«Non sembra Sebastian e lo so io, come lo sai anche tu che adori stare al centro dei suoi pensieri. Insomma, davvero dovevate rinchiudervi in un bagno?» ribatte acido fermandosi davanti alla mia sedia e poggiando una mano sul tavolo. JJ in silenzio da manforte al nippo-giapponese e sono consapevole che l'unico ad aver torto in questo contesto sono io anche se, per il sottoscritto, ho ottime giustificazioni per fare ciò che sto facendo.
«Se faccio quello che faccio è perché si, voglio importunarla e darle fastidio. Solo così potrò rimanere impresso nella sua mente non solo tra un anno, ma anche tra dieci, venti o cinquanta. Devo essere un ricordo vivo in ogni momento della sua esistenza. Deve marchiarmi nella sua memoria come fuoco impresso sulla pelle e non voglio che si dimentichi di me.» affermo sincero e per la prima volta dopo tanto tempo mi sbottono con due delle persone più importanti della mia vita.
Se mi fossi trovato in una situazione diversa probabilmente avrei lasciato Sole alla sua vita da ricca principessina viziata, tuttavia situazioni esterne non me lo permettono dato che la clessidra scorre e l'anno sta scivolando tra le mie dita. Quindi devo reagire se voglio rimediare ai miei errori.
Come promemoria di questo destino il mio telefono vibra e quando vedo un messaggio di Lindsay, che adesso non è più dietro il bancone a fissarmi, la dura realtà mi travolge come acqua gelata.
Lindsay: stasera alle ore venti vieni qui all'hell. Il capo vuole parlarti, ha un compito per te.
☀️
Ciao amici, come state?
Buon 8 dicembre a tuttə!🫶🏻
Che ne pensate di questo capitolo? Voglio avere assolutamente un vostro riscontro🤭
Secondo voi chi è Cindy? La ragazza che rende Seb 'off limits' o solo un personaggio di poca importanza?
Poi, vi aspettavate un pov di Seb? So che non sono brava nel scrivere il punto di vista di maschile ma cercherò di migliorare sempre di più🩵comunque state attenti a ogni parola perché ogni cosa è collegata ad eventi futuri👀
Per oggi ho finito, se vi va andatemi a seguire sugli altri social:
Tiktok: beeckyrose_stories
Instagram: beeckyrose.stories
Un bacio💋
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