capitolo 32.

Se c'è una cosa che odio di più dell'indossare scarpe della collezione passata è il lunedì.
Il lunedì implica il termine del fine settimana, la sveglia puntata alle sei del mattino, l'inizio dei buoni propositi per le persone procrastinatrici e, cosa più importante, rincontrare i compagni di scuola che puntualmente detesti.

In questo momento l'ultimo punto è quello che maggiormente mi preme perché in questo preciso istante sento lo sguardo di Sebastian perforarmi la schiena. Non ho capito a che gioco stia giocando, e per la cronaca neanche ci tengo a saperlo, tuttavia spero smetta presto. Sono andata a vedere la sua partita per far sì che non avesse da ribattere sotto questo punto di vista e, dopo la litigata tramite messaggio che ha ristabilito le nostre parti di disprezzo l'uno contro l'altro, speravo che mi lasciasse in pace ma invece no dato che da quando ho messo piede all'interno della scuola, sento i suoi occhi puntati sulla mia figura.

«Ti sta fissando il culo da tre ore.» mormora Sophie al mio fianco salutando con il cenno del capo una ragazza che ci è appena passata accanto. Quest'ultima saluta Sophie con grande enfasi e non appena il suo sguardo cade su di me cambia traiettoria e si dirige verso di noi. Apre la bocca per parlare ma io alzo gli occhi al cielo in modo troppo teatrale per farle capire che non la voglio avere intorno in questo momento «sparisci.» sorrido in modo totalmente falso lanciandole un'occhiata di fuoco.

La ragazza, esattamente come immaginavo, non se la prende per la mia frase colma di acidità anzi le si illumina lo sguardo e si defila saltellando verso un gruppetto di ragazze del primo anno. Tutte e quattro si voltano verso di me e non appena notano che le sto guardando lanciano un gridolino di eccitazione.

«L'ape regina più stronza d'America è tornata gente.» mi prende in giro la ragazza dagli occhi grigi facendomi inarcare un sopracciglio «tornata?» domando retoricamente «io non me ne sono mai andata.»

«è vero, fisicamente non te ne sei mai andata Sole, ma il tuo carattere di merda sì. Per circa un mese sei stata così concentrata su Sebastian che non hai più trattato male nessuno studente della RPS.» un cipiglio pensieroso mi compare sul volto ma subito viene sostituito da un flebile sorriso non appena scorgo Leen tra la matassa di studenti.

«Di che cosa stavate parlando?» si intromette Leen aprendo il suo armadietto e prendendo i libri per la lezione di letteratura italiana.

«Che Sole in quest'ultimo periodo è stata così presa da un certo ragazzo» finge di tossire e tra un colpo di tosse e l'altro dice il nome di Sebastian «da aver iniziato a trattare in maniera quasi civile gli studenti della scuola.»

«Ora che Sebastian però è diventato acqua passata posso concentrarmi sul ristabilire la mia monarchia a scuola.» le faccio l'occhiolino e mentre Sophie alza gli occhi al cielo Eileen ridacchia «vedrete che si risolverà tutto Sole, vi ho visto come vi guardate e non sarà una semplice litigata a mettere fine alla vostra nuova amicizia.» vorrei dire che si sbaglia ma non voglio che quell'imbecille traditore sia ancora il protagonista dei miei discorsi perciò cambio argomento.

«Come sta tua nonna?» domando con una punta di sincerità nella voce facendo svanire tutta l'acidità che ho riversato qualche secondo prima sulla ragazza in corridoio.

Tuttavia, Leen non fa neanche in tempo ad aprire la bocca per parlare che una voce femminile interrompe la nostra conversazione «Leen, posso parlarti un secondo?»

Un sorriso strafottente compare sul mio volto quando la figura di JJ, accompagnata da quelle di Axel e ovviamente di Sebastian, si palesano dietro di noi. Guardo la male la ragazza dai capelli rosa e mi appunto mentalmente che stasera, dopo la lezione di arte e scrittura creativa, le dovrò fare un bel discorsetto.

«Certo.» sorride timidamente la mia amica per poi rivolgersi nuovamente verso di me e la ragazza al mio fianco «a mensa vi spiego tutto ragazze, ci vediamo dopo.» ed entrambe se ne vanno lasciando me e Sophie in mezzo ad Axel e Sebastian.

Prendo frettolosamente il mio libro di letteratura italiana e dopo aver sbattuto il mio armadietto rosa mi volto verso il mio ex migliore amico che mi sta bloccando il passaggio «vuoi rimanere un altro po' impalato o vuoi farmi passare?» domando inclinando il capo di lato e guardandolo fisso negli occhi.

Lui si lambisce il labbro inferiore con la lingua e qualcosa nello stomaco inizia a muoversi. Sicuramente è il cibo che mi sta risalendo per via del disgusto che provo nei suoi confronti.

«Suvvia occhi belli sii più educata con me, so che puoi riuscirci. Avanti, ripeti dopo di me» mi incita prendendomi in giro «Sebastian, per favore, potresti spostarti e farmi passare?» una risatina isterica fuoriesce dalle mie labbra a questa frase e, se davvero pensa che gli chiederò il permesso di qualcosa nella mia scuola, beh è un illuso.

«Sebastian, per favore, potresti toglierti dai coglioni e farmi passare?» sorrido falsamente mostrando i miei denti bianchi e perfettamente allineati.

«Ti ricordavo più accondiscendente di così.» e dal suo tono velato capisco il doppio senso che si cela dietro le sue parole.

«E io ti ricordavo meno stronzo.» sibilo e dopo averlo sorpassato insieme alla mia amica mi dirigo verso l'aula di letteratura italiana sentendo ancora il suo sguardo su di me. Carica di adrenalina e dalla voglia di sfidarlo, per farlo innervosire ancora di più, inizio ad ancheggiare in maniera suadente cercando di non accentuare troppo i movimenti e non dare nell'occhio.

«Troppa tensione sessuale nell'aria eh?» Sophie mi rimbecca una gomitata e io la guardo stranita «spero tu stia scherzando, c'eri anche tu Soph e hai visto come ci siamo presi a parole.» puntualizzo e lei ridacchia.

«Sì e ho visto anche come lui voleva prenderti in un altro modo e sbatterti contro il muro più vicino. Non lasciarti abbindolare, ti ha già presa in giro per troppo tempo.»

«Non preoccuparti Soph. Il giorno che cederò di nuovo alle sue avances sarà quello in cui sarò così ubriaca da non ricordarmi neanche il mio nome.» e detto questo lei svolta l'angolo del corridoio pronta ad andare a lezione di 'linguaggi di programmazione' mentre io entro nella classe di letteratura italiana.

«Ragazzi, prima di sedervi ascoltate un secondo.» la professoressa batte le mani due volte per attirare la nostra attenzione e subito ci fermiamo tutti sull'attenti «Sapete che tengo molto a far sì che tra i miei alunni del North e del South si instauri un bel rapporto,» inizia a parlare mentre fa aleggiare il suo sguardo verso ognuno di noi «ed è per questo che vi chiedo di cambiare i vostri posti e sedervi accanto a qualcuno che appartiene alla vostra fazione opposta. Ne siamo 22 in aula, perciò, solo due del North resteranno fuori e si sederanno insieme.» e spero vivamente di essere io la fortunata.

Adesso ai prof è venuta la fissazione per farci fare coppia con i ragazzi del South: prima il professore di educazione fisica e adesso quella di letteratura italiana.

Stranamente Eileen non mi abbandona, mi fa cenno di andare vicino a lei al primo banco ma non appena faccio per scostare la sedia e accomodarmi la professoressa mi trucida con lo sguardo «signorina, nessuna compagnia del South è di suo gradimento?»

«No.» scrollo le spalle mentre dei risolini provengono da dietro la mia figura.

«Ma non ci ha neanche provato, su scelga un compagno e prova ad abbattere i pregiudizi sui suoi compagni della fazione opposta.» inclino la testa di lato e per poco non le scoppio a ridere in faccia. Non ho nessun pregiudizio verso quelli del South dato che sono andata a letto con uno di loro ma preferisco mordermi la lingua e passare per antipatica piuttosto che dire tutto questo davanti all'aula.

Mi volto verso i miei compagni di classe e noto che gli unici rimasti in piedi sono: Josh, Wade, Zade, un tipo dai capelli colorati visibilmente strafatto e JJ. Grandioso, uno peggio dell'altro. L'unica ragazza del trio –probabilmente l'unica che avrei scelto dato che con lei non ci ho mai avuto un briciolo di rapporto- si va a sedere vicino alla mia migliore amica che, se da un lato è contenta dato che non finirà accanto al suo ex dall'altro mi lancia un tacito segno di scuse. Anche se, a dirla tutta, non ha nessuna colpa.

«Bene, dato che la signorina Jensen ha fatto la sua scelta, signor L-» ma la frase della professoressa viene interrotta da Sebastian che, come se fosse il padrone del mondo entra in aula con quindici minuti di ritardo.

Lo sguardo della professoressa, che dovrebbe essere cupo e rabbuiato dato il poco rispetto da parte di un suo alunno, assume dei toni volti alla preoccupazione non appena nota il volto tumefatto del mio ex migliore amico. Tutta la classe, a dirla tutta, ha lo sguardo puntato su di lui o meglio, sui suoi lividi.

«Signor Morris, vuole andare in infermeria?» domanda la professoressa con tono accorto ricevendo solo un grugnito da parte del ragazzo dagli occhi verdi che, stanco di avere addosso tutta quell'attenzione non richiesta, si va a sedere all'ultimo banco.

Sono tutti esterrefatti e la professoressa, non sapendo bene cosa fare, si schiarisce la voce e continua a parlare «signorina di Laurentiis» la professoressa volge il suo sguardo su di me e, quando alterna i suoi occhi dalla mia figura a quella di Sebastian, presagisco già la pessima notizia che uscirà dalle sue labbra.

«si vada a sedere accanto al signor Morris, magari lui riuscirà a farle passare l'avversione verso il South.» non che io ne abbia una, poi.

Tuttavia, a questa frase mi blocco e, per poco, non mi strozzo con la mia stessa saliva.

«In realtà-» comincio la frase per dirle che io non ho nessun pregiudizio verso quelli del South e per questo non devo necessariamente sedermi accanto a loro, ma senza darmi la possibilità di concludere la frase, mi precede con tono tagliente.

«Signorina, so che ha già una nota disciplinare. Ne vuole aggiungere un'altra?» e questa volta io non ribatto, perciò, con uno sbuffo mi defilo andandomi a sedere all'ultimo banco. Sebastian mi fissa di sottecchi e un sorrisetto divertito compare sul suo volto non appena prendo posto accanto a lui.

Bene, se l'ultima volta che abbiamo fatto lezione di letteratura italiana –il giorno del test- ero stata fortunata da rimanere nel banco da sola adesso quella stessa fortuna si è rivoltata contro di me.

«Vedo che ti stai divertendo.» affermo acida iniziando a posizionare tutta la mia cancelleria, rigorosamente rosa, sul banco perfettamente in ordine. Cerco di mantenere un tono di voce basso dato che, a quanto pare, alla professoressa non le sto particolarmente simpatica e, fortunatamente, Sebastian segue il mio esempio.

«È la giusta punizione per avermi fatto soffrire poco fa.» acciglio lo sguardo non capendo a cosa si stia riferendo quando, con la coda dell'occhio mi indica il suo amichetto in mezzo alle gambe. È visibilmente eccitato e a vederlo così, duro e imponente, avvampo di calore.

«Io non c'entro nulla, Morris.» riprendo a sistemare le mie cose sul banco cercando di non incontrare il suo sguardo.

«Dillo al tuo culetto impertinente che ama nutrire il mio cervello con fantasie proibite.» credo di essere appena arrivata all'inferno dato che sto completamente andando a fuoco e, come se non bastasse, mi ammutolisco perché in questa rara occasione Sebastian Dante Morris mi fa rimanere senza parole.

Dopo che vengono disposti anche gli ultimi posti la professoressa scrive a caratteri cubitali sulla lavagna 'Dante Alighieri' e io, senza perdermi in troppe cerimonie, e lasciando cadere il discorso di prima, inizio a ricopiare maniacalmente ogni cosa cercando con ogni briciolo di me stessa di non pensare all'accaduto di qualche minuto fa.

«Dante Alighieri nasce a Firenze nel 1265...» la prof inizia a sciorinare un insieme di nozioni che cerco di appuntare nel modo più ordinato possibile e senza mai perdere il filo del discorso. Sebastian, d'altro canto, è troppo impegnato per prendere appunti dato che sta disegnando dei ghirigori sul quaderno usando quell'evidenziatore azzurro che tempo fa aveva preso senza il mio permesso. Essendo questa la Divina Commedia, che è collegata all'Hell, lui dovrebbe conoscere a memoria tutta la storia tanto da non aver bisogno di appunti.

Continuo imperterrita a scrivere quando un nome citato dalla professoressa attira la mia attenzione.
Uno che ho sentito fin troppo spesso in quest'ultimo periodo ma solo adesso mi ci soffermo perché qualcosa non mi quadra.

«Dentro l'Hell c'è qualcuno che si fa chiamare Dante?» domando a bassa voce al mio nuovo compagno di banco cercando di attirare la sua attenzione. Lui, senza dare troppo nell'occhio inarca un sopracciglio nella mia direzione «come scusa?»

Domanda con un tono di voce così basso e profondo che mi muovo a disagio sulla sedia. Calmati Sole e ricordati ciò che Sebastian ti ha fatto. Non è né il momento e né la persona giusta sui cui fare fantasie perciò resta buona.

Tossisco lievemente per nascondere il disagio e riformulo la domanda, questa volta però avvicinandomi a lui mantenendo la testa bassa e fingendo di prendere appunti. L'ultima cosa che voglio è attirare l'attenzione della professoressa su di me.

Non appena il mio gomito si scontra con il suo, nel mio campo visivo entra il suo avambraccio scoperto, dato che si è tirato su le maniche della camicia, ricolmo di quei tatuaggi. Ne sono tanti e sono così piccoli che a malapena si distinguono dal rovo spinato che avvolge il suo braccio. A terminare l'opera d'arte ci pensano le vene grandi e sporgenti che solcano la sua pelle e che, indirettamente, mi fanno formicolare la pelle.

Perché la mia mente viaggia su questo binario pericoloso?

«Che c'è occhi belli, c'è qualcosa che suscita particolarmente il tuo interesse?» sussurra al mio orecchio e ringrazio non solo di essere all'ultimo banco ma anche che la prof ci stia dando le spalle in questo momento.

«No, rispondi semplicemente alla mia domanda.» deglutisco in evidente difficoltà «dentro all'Hell c'è qualcuno che si fa chiamare Dante?»

«Come mai vuoi saperlo?» si lambisce il labbro mantenendo sempre un tono di voce basso, tuttavia, dato che l'intera aula è in religioso silenzio e gli unici borbottii che si percepiscono sono i nostri prendo il quaderno sul quale Sebastian prima stava disegnando e inizio a scriverci sopra.

'mi hanno chiamata Beatrice e Andrew Davis mi ha detto che tu mi avresti spiegato il perché.

A leggere quel nome vedo la mascella del mio ex migliore amico irrigidirsi 'non è un qualcosa che ti riguarda.'

Questa volta a inarcare il sopracciglio ci penso io dato che questo argomento mi riguarda eccome.

'se non me lo dirai cercherò di scoprirlo da sola.' rispondo cercando di calcare il tratto della penna per sottolineare quanto io sia arrabbiata in questo momento.

'e come?'

Faccio per replicare più agguerrita che mai dicendogli che non sono cazzi suoi, quando il richiamo della professoressa mi fa sobbalzare. Fortunatamente il suo ammonimento non è rivolto né a me e né al mio nuovo compagno di banco, bensì a Zade.

«Signor Zade Paxton non siamo all'asilo che deve colorare tutta la pagina del libro. Sottolinei con l'evidenziatore solo ciò che ritiene importante.»

Ma, per fortuna, lo sbuffo concitato di Zade seguito da un borbottio viene nascosto dal suono della campanella che dichiara terminata la nostra lezione. Sebastian, senza perdersi in troppe cerimonie, racimola le sue cose e quando si alza dalla sua sedia probabilmente pronto a sgattaiolare via dalla sottoscritta, lo fermo.

«Mi sono rotta il cazzo di tutti questi segreti. Se sono invischiata ancora di più all'interno di questa storia voglio saperlo. E se non me lo dirai tu andrò all'Hell da sola.» ribatto a denti stretti mentre la mia mano cerca di trattenere il suo polso. Sono sicura al cento per cento che potrebbe strattonarmi e andarsene in qualsiasi momento, eppure non lo fa.

Anzi, l'unico movimento brusco che fa con il braccio è solo con l'intento di farmi alzare e farmi arrivare a pochi centimetri dalla sua figura «davvero torneresti in quel luogo angusto solo per sapere la provenienza di un misero soprannome?» quasi mi deride ma io non cedo. Oramai ho capito il suo gioco: Sebastian vuole farmi credere solo ciò che gli va comodo a lui e poi, per la cronaca, all'Hell non ci tornerei neanche con una pistola puntata alla testa. Magari, minacciandolo di rimettere piede nel suo territorio vuoterà il sacco.

«Saresti una pazza ad andare laggiù da sola, ti perderesti e finiresti vittima di qualche spiacevole tortura.»

«Come la tua?» azzardo schioccando il palato sulla lingua. Lui sogghigna divertito e, prima di lasciarmi il polso e andarsene fuori dall'aula, fa fuoriuscire dalle sue labbra l'ultima risposta che mai mi sarei aspettata.

Perché adesso non siamo più il Sebastian e la Sole di qualche settimana fa, quelli dalle parole attente e i gesti mirati a sfiorarci solo per cercare di placare quella voglia di contatto fisico che ci attanagliava. No, adesso siamo di nuovo due nemici pronti a farsi, nuovamente, la guerra. Solo che adesso non è come l'inizio perché lui conosce i miei punti deboli e io, beh, sono completamente soggiogata al suo volere.

«Probabile. Muoio dalla voglia di vederti legata, sotto di me, mentre ti dimeni smaniosa di ricevere il mio cazzo.»

*

«Dimmi che hai la pancia piena e che posso rubarti le patatine.» gli occhioni di Eileen compaiono nel mio campo visivo e dato che non le riesco a dire di no allungo verso di lei il mio piatto con ancora tutto il cibo dentro.

Sono ancora scossa da quella frase e i miei ormoni non mi stanno dando tregua e, come se non bastasse, a breve dovrebbe arrivarmi il ciclo, perciò, ho dei dolori atroci che mi hanno fatto chiudere lo stomaco.

«Grazie, stavo dicendo-» Eileen addenta una patatina per poi continuare il riassunto su ciò che è successo a sua nonna «che proprio perché non ha visto il gradino ha messo il piede male a terra scivolando rovinosamente. I dottori hanno detto che essendo una distorsione dovrà rimanere a riposo per un po' e perciò capiterà molto spesso che o io, o i miei, dovremmo andare da lei per accudirla e tenerle compagnia.»

«Non potrebbe venire a vivere da voi? Almeno vi evitereste l'andirivieni ogni settimana.» domanda Sophie con non chalance.

«Mia nonna è un lupo solitario. Ama la sua libertà e la sua indipendenza e inizia a dare di matto se qualcuno sta in casa sua per più di tre ore consecutive.» puntualizza e io mi trovo perfettamente d'accordo con la nonna di Leen.

«L'importante è che stia bene. Per il resto non se la passerà molto male dato che ha un hobby abbastanza particolare per la sua età. È ancora in fissa con quei romanzi erotici?» sussurro queste ultime due parole e Leen diventa rossa al solo pensiero di sua nonna che legge gli ennesimi libri che leggo io.

«Ti prego, non farmelo ricordare. Per poco mio padre non ha avuto un infarto quando, prendendo un libro caduto a terra, ha letto di sfuggita una scena BDSM.» io e la ragazza dagli occhi grigi scoppiamo a ridere mentre Eileen cerca di nascondere sempre di più il suo evidente imbarazzo.

«Audace. Dici che replica le scene con qualche vecchietto?» la sgomitata di Soph a Leen mi fa capire che è seria e perciò un'altra risata sfugge dalle mie labbra.

«No.» esclama la ragazza dai capelli marroni facendo un conato di vomito e allontanando le patatine «grazie Soph, adesso non riesco più a mangiare senza avere l'immagine di mia nonna che fa sesso con qualche strambo con in mano un frustino.»

«Un frustino e un latex di pelle nero.» puntualizzo facendole l'occhiolino. Sophie scoppia a ridere e mi batte il cinque.

«Siete perfide.» reclama la mia migliore amica per poi rivolgere la sua completa attenzione a me «Allora Sole, io ho affrontato il punto del giorno parlando di mia nonna, adesso tocca a te parlarci di Sebastian.» quasi non mi strozzo con la mia stessa saliva «cosa c'entra Sebastian?» sussurro il suo nome perché neanche fosse stato chiamato, Sebastian Dante Morris, fa il suo ingresso in mensa seguito dai suoi due cagnolini nonché altri traditori. Sfortunatamente, si vanno a sedere solo a un tavolo di distanza dal nostro.

«Beh, quando ero da mia nonna mi hai detto che avevate discusso. Adesso voglio sapere il perché.» quando Eileen Morgan si impunta su qualcosa è difficile farle cambiare idea e desistere perciò cerco di spiegare tutto nel modo più veloce e distaccato possibile.

Sono di nuovo avvolta nella corazza che mi permettere di prendere ogni situazione con estrema superficialità, perciò, scrollo semplicemente le spalle e dico «si è rivelato uno stronzo traditore e con lui ho chiuso qualsiasi tipo di pseudo-amicizia.» e non mi addentro oltre perché non voglio che sappia questioni inerenti all'Hell o a mio nonno che potenzialmente non sono sicure.

A Sophie gliele ho dette non solo perché mi ha colto sul fatto ma anche perché ero estremamente debole in quel momento.

«Che ti ha fatto di preciso? Sai che potrei andare lì e urlargliene di tutti i colori se solo me lo chiedessi.» e ancora una volta mi chiedo come faccia Eileen a pronunciare una minaccia così decisa ma con un tono così dolce che non spaventerebbe neanche un bambino.

Spalanco leggermente gli occhi perché la sua domanda mi spiazza. Pensa Sole, pensa. E ad un tratto mi viene un'illuminazione «è andato a dire ai suoi giocatori della squadra di Lacrosse che abbiamo scopato vantandosi delle sue prestazioni, che tra parentesi erano scarse, e altre stronzate varie.» sussurro questa frase, dato che in questa scuola anche i muri hanno le orecchie, e liquido la frase con un gesto della mano «adesso è acqua passata, ma odio circondarmi di persone bugiarde.» anche se poi, la prima bugiarda sono io.

Mi ripeto che lo sto facendo a fin di bene... per non mettere Leen in un contesto che potrebbe spezzarla e per evitare di farla soffrire raccontandole anche quando JJ sia invischiata in questa situazione. Sarà JJ a spezzare la loro amicizia e a prendere le parti della stronza in questa situazione, non io.

«Ma che razza di idiota.» sbotta «lo sa che potresti denunciarlo per diffamazione? Adesso giuro che gli vado a tirare un pugno, come cazzo si è permesso.» sbotta furiosa Eileen alzandosi in piedi tirando fuori quel linguaggio aggressivo che non le appartiene ma, prontamente, la fermo prima che possa andare a fare qualche cazzata «Leen, non ne vale la pena.»

Dovrei aggiornare anche Sebastian sulla versione dei fatti che ho propinato alla mia migliore amica –e che propinerò a chiunque- in modo da non correre il rischio di raccontare eventi contraddittori tra loro.

Sebastian, probabilmente, vorrà mettere in cattiva luce me e io voglio assolutamente mettere in cattiva luce lui ma, dato che la scusa del litigio l'ho inventata prima io, lui si dovrà adeguare.

«Allora è per questo che oggi JJ era strana con me.» Leen poggia una mano sotto il mento pensierosa mentre fa scattare in me un sistema di allarme. Dio, se anche quella ha giocato sporco non solo contro di me ma anche contro la mia migliore amica giuro che le strappo dai capelli ogni singola meches fucsia.

«In che senso era strana?» domando lanciando un'occhiatina fugace a Sophie. Anche lei mi guarda circospetta.

«Era molto accondiscendente e quando mi parlava cercava di dosare con me ogni singola parola. Inizialmente, pensavo fosse uscito con Sebastian il discorso di mia nonna e che lui gliel'avesse riportato ma forse aveva paura che, dato che tu hai litigato con Sebastian, io litigassi con lei.» e una morsa di dolore mi stritola il petto al solo pensiero che alla fine di questa giornata costringerò JJ ad allontanarsi proprio dalla ragazza qui di fronte a me.

«Secondo me le piaci.» interviene Sophie di punto in bianco facendomi spalancare la bocca. Le lancio un'occhiataccia e quando Leen diventa rossa abbassando il capo, la ragazza dai capelli neri si rivolge nella mia direzione mormorando uno 'scusa'.

«Ma che dite, siamo solo amiche.» afferma Leen cercando di trovare un tono di fermezza nella voce «E poi a me piacciono i ragazzi.»

Sophie alza le mani in segno di resa cercando di giustificarsi «okay okay, hai vinto tu. Siete solo amiche. Ma lo sai che nel caso non ci sarebbe nulla di ma-» ma la frase viene interrotta da un'altra occhiataccia di Leen. Sophie si ammutolisce e io divento, di secondo in secondo, più consapevole che devo troncare questa cosa sul nascere.

Posso essere stronza e meschina e so che farò soffrire la mia migliore amica così tanto che forse neanche mi vorrà più rivolgere la parola, tuttavia, non posso rischiare che anche JJ la stia prendendo in giro per un tornaconto personale.

«E tornando all'argomento principale,» conclude la ragazza dagli occhi marroni «dimmi se vuoi che facciamo qualcosa.» mi stringe la mano e una morsa mi stritola il petto alla consapevolezza che lo sto mentendo.

«Leen, neanche lo penso più quindi noi non faremo nulla.» scrollo le spalle inghiottendo la bugia che ho appena pronunciato. Quanto vorrei resettare il cervello e dimenticare il suo ritorno.

La mia amica lancia un'occhiataccia nella direzione del tavolo di Sebastian, Axel e JJ e poi lo riporta su di me «nel caso cambiassi idea posso sempre sguinzagliarli dietro i cani di cui mi occupo.» Sophie scoppia a ridere «vi prego, nella mia mente adesso c'è l'immagine nitida di un gruppo di cani che rincorrono Sebastian. Ti prego fallo lo stesso anche se a Sole non interessa più nulla di quel troglodita.» io scuoto la testa in segno di diniego mentre Sophie inizia a snocciolare il perfetto piano per castrare Sebastian attraverso un piccolo chihuahua che gli dovrà mordere il suo... gingillo.

Ad un tratto però la conversazione viene interrotta dalla vibrazione di due telefoni, quello di Sophie e quello di Leen. Ma, mentre la prima nasconde subito lo schermo alla seconda passa uno strano scintillio attraverso gli occhi.

«Qualcuno di interessante?» domando mentre giocherello con le patatine nel piatto e attendo curiosa una loro risposta.

«JJ mi ha detto che mi aspetta fuori dalla mensa per andare a fare qualche ripetizione di letteratura italiana in biblioteca. Ne approfittiamo dell'ora buca.» cosa che dovrei fare anche io con Axel dato che la nostra unica ripetizione è stata un fiasco totale.

«Io invece ho una riunione con le cheerleader.» la butta lì e anche se il mio sesto mi dice che sta omettendo la verità annuisco accondiscendente -ricordiamoci che Betty nonché la mia ex migliore amica era una capo cheerleader anche lei e le riunioni si tengono solo il venerdì mattina.

«Bene, allora vi accompagno fuori dalla mensa e poi vado a cercarmi un posto tranquillo per leggere.» scrollo le spalle e quando faccio per infilarmi il gilet noto una striscia di evidenziatore azzurro colorarmi la manica della camicia. Fortunatamente il danno non è grave, tuttavia non posso girare in queste condizioni rischiando di beccarmi un provvedimento scolastico. Non dalla mamma di Josh che mi tiene ancora sotto mirino.

«Cazzo.» sibilo.

«Wow, sembra che un bambino si sia divertito a evidenziarti.» ridacchia Sophie mentre io alzo gli occhi al cielo «un bambino che ha bisogno di una gran dose di schiaffi.» mormoro esasperata per poi dirigermi a passo svelto fuori dalla mensa insieme alle mie due amiche. Sophie si dilegua immediatamente mentre io mi defilo da Eileen non appena vedo che il trio dell'inferno ci sta venendo incontro.

Evito appositamente lo sguardo di Sebastian che sembra incendiarmi la pelle e, per non abbassare gli occhi, rivolgo la mia completa attenzione ad Axel che ha un sorriso smorzato sul volto.

Alza la mano in cenno di saluto ma io non rispondo, abbraccio frettolosamente Eileen e me ne vado via consapevole che prima di trovare la pace nel mio locus amoenus dovrò recarmi nel bagno al piano di sopra per pulirmi la camicetta.

Non appena metto piede all'ultimo piano della Royal Prep School, ovviamente vuota dato che è ancora presto per i corsi pomeridiani, mi infilo nell'ultimo bagno delle ragazze infondo al corridoio.

Chiudo la porta alle mie spalle e non appena mi sfilo la camicetta un tonfo alle mie spalle mi fa sobbalzare. Alzo gli occhi al cielo non appena incrocio lo sguardo di Sebastian dall'altra parte dello specchio.

Neanche mi copro dato che ha praticamente visto ogni singolo centimetro del mio corpo.

«Grazie per avermi evidenziato la camicetta, avevo proprio voglia di fare la lavandaia.» affermo ironica.

«Non c'è di che occhi belli, sporcarti le mani non può far altro che bene.» replica divertito mentre si appoggia ad uno stipite della porta, non prima di aver chiuso la porta a chiave. Questo bagno replica troppi ricordi che vorrei cancellare e tutti riguardano me e Sebastian: io e il mio ex migliore amico rinchiusi in questo bagno mentre Josh e uno dei gemelli Paxton bussavano all'impazzata o sempre io che becco Sebastian e JJ uscire fuori da questo bagno pensando avessero appena finito di scopare.

«Sei venuto qui, perché?» domando con tono aspro facendolo sogghignare. Abbasso lo sguardo continuando a pulire la camicetta mentre sento i suoi occhi fissi sul mio corpo.

«Detesto quando qualcuno tratta di merda le persone a cui tengo» inizia il suo monologo guardandomi dal riflesso dello specchio. Alzo il volto nella sua direzione e inclino la testa di lato nell'attesa che continui a parlare. Naturalmente, dopo pochi secondi prosegue «e ancor di più odio quando le persone raccontano stronzate sul mio conto.»

Quasi gli scoppio a ridere in faccia ma, il barlume che attraversa i suoi occhi mi fa capire che è completamente serio. Perciò, adatto il mio tono di voce al suo sguardo «e sentiamo, Sebastian, dove e quando avrei urtato la tua sensibilità?» replico mentre continui a sfregare il tessuto della camicetta nella speranza che la macchia si dissolva.

Ad un certo punto, sento il rumore dei mocassini di Sebastian ticchettare sul pavimento accompagnato dal suo profumo che lentamente inizia a pervadere le mie narici. Mi inebrio del suo profumo, proprio come ho fatto quella volta nella sua macchina, e perdo la cognizione dello spazio trovandomelo poco dopo al mio fianco.

Cerco di regolare il respiro e mantenere la calma.
Avanti Sole, sei più forte di così.
Non puoi cadere così in basso proprio con lui.
Lui, che ti ha tradita mentendoti per tutto questo tempo.

«Axel, poco fa, nel corridoio.» scandisce bene ogni parola e io subito capisco a cosa si sta riferendo «mi stai prendendo per il culo?» sbotto acida voltandomi nella sua direzione. Adesso siamo faccia a faccia e io, come ogni volta, devo alzare leggermente lo sguardo per incontrare i suoi occhi.

«Axel è fragile ed è probabilmente l'unico che a te ci ha tenuto veramente durante questi mesi.»
quindi tu non l'hai mai fatto... questo vorrei dirgli ma mi mordo la lingua.

«Wow, non immagino cosa sarebbe successo se non avesse tenuto a me.» replico inasprendo il tono e continuando il mio discorso «Adesso lo vado a cercare e gli chiedo scusa per averlo trattato male dopo che lui ha fatto il doppiogiochista del cazzo con me. Sebastian, fammi il favore e vattene a fanculo.» scandisco ogni singola parola con la speranza di fargli entrare in quel cervello minuscolo ogni fottuta parola ma lui, essendo un bastardo di prima categoria, ridacchia semplicemente.

«Sei sempre stata circondata di persone di merda come Josh, Betty-»

«Te.» lo incalzo e gli punto un dito sul petto e inarco un sopracciglio «Tu non ti inserisci all'interno di questa lista?»

«Si anche io faccio parte di questa lista, ma Axel no. Lui ci tiene a te.»

«Bene,» rispondo senza un minimo di tatto perché l'unica cosa che vorrei in questo momento è che lui sparisse «adesso che hai finito di prendere le parti di Axel puoi levarti dai coglioni? Devo pulire la camicetta che mi hai sporcato prima della prossima lezione.» e per troncare la conversazione mi volto nuovamente verso il lavandino del bagno e riprendo a sfregare due lembi della camicetta per far sì che la macchia si levi tuttavia, il mio ex migliore amico non capisce l'antifona perché non si muove neanche di un millimetro.

O meglio, la parte superiore di Sebastian non si smuove perché quella inferiore fa totalmente l'opposto iniziando a premere in modo insistente sulla mia schiena. Cazzo, forse mi sono girata così bruscamente che per sbaglio i nostri corpi si sono sfiorati un po' troppo.

«Oh no, occhi belli, dobbiamo affrontare ancora un altro punto.» il suo corpo si avvicina così tanto al mio che non solo sento da dietro il suo pene spingermi sulla schiena bensì, da davanti, il marmo bianco del lavandino collide contro il mio monte di venere. Gemo involontariamente a questo contatto e di riflesso appoggio la testa alla spalla del mio nemico che inizia a giocherellare con i miei capelli.

«Non me ne fotte un cazzo delle bugie che rifili alle tue amiche. Vuoi farmi passare per uno stronzo che ha parlato della sua scopata con la sua squadra? Accomodati occhi belli, ma-» mi scosta una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio e soffia al di sotto di esso provocandomi un moto di brividi che mi serpeggia per tutta la schiena. Istintivamente la inarco e il mio sedere si scontra con il suo corpo e il contatto è così carico di tensione che a malapena riesco a trattenere un altro gemito che mi sfugge dalle labbra «non dire che le mie prestazioni sono scarse perché solo io, e Dio che hai invocato mentre ti fottevo, sanno quanto hai goduto quella notte.» la sua voce tronfia e carica di lussuria si disperde nell'aria mentre i nostri occhi si incontrano nello specchio. Ho il fiato corto e le gote arrossate mentre flash della notte di Halloween riappaiono nella mia mente e fanno pulsare il fiore al centro delle mie gambe in modo incontrollato.

«Cos'è, Morris?» lo provoco cercando di mantenere un po' di contegno all'interno della mia voce «ho frantumato il tuo ego dicendo, semplicemente, la verità?»

«Vuoi parlare di verità, occhi belli?» fa scivolare i polpastrelli delle sue dita lungo il mio braccio sinistro mentre con il suo sguardo percorre i suoi stessi movimenti. Indugia un po' di più sul mio seno e, anche se dovrei essere schifata dallo sguardo carico di lussuria che mi lancia, brucio sentendomi completamente viva.

E, alla fine, le cose non potevano andare diversamente di così. Il mio cervello lo odia, il mio corpo lo brama. E, al contrario di Eileen che è sempre stata quella razionale o di Sophie –ma dapprima Betty- che rappresenta l'irrazionalità pura, io mi sono sempre trovata al centro tra i due fuochi e, se qualche volta do ragione al mio corpo beandomi del suo tocco altre volte come adesso do ragione alla mia mente.

«Si, parliamo di verità Sebastian. Di quella che tu non mi hai mai detto.» cerco di allontanarmi da lui ma la sua mole è così imponente che non lo smuovo neanche di un millimetro.

«Pensavo l'avessi superata.» a questa frase il mio sbigottimento appare più che evidente sul mio volto e, presa da un impeto che non credevo di avere lo allontano bruscamente da me e sguscio dalla sua presa «mi stai prendendo per il culo? Dopo tutto quello che mi hai fatto, dopo tutte le bugie che mi hai detto, te ne esci con questa frase del cazzo? Pensavo fossimo amici.» quasi sbraito contro la sua faccia impassibile che mi fa venire voglia di prenderlo a schiaffi.

«Amici?» mi sbeffeggia «due amici non si desiderano come facciamo noi, occhi belli.» si avvicina a me, inglobandomi nell'angolo del bagno e io sono così stanca di questa situazione che non riesco a scansarlo una seconda volta. Semplicemente, incrocio le braccia sotto al seno e lo fisso negli occhi.

«Allontanati Sebastian.» ma lui non demorde a queste parole perché, forse, è consapevole che tra di noi c'è sempre stato un desiderio irrefrenabile.

«Un semplice amico non vorrebbe mai sbatterti contro il muro, sollevarti i polsi e affondare dentro di te fino a fondersi con il tuo corpo. Un semplice amico non ti divorerebbe con lo sguardo così come sto facendo io, un semplice am-» ma questa volta è troppo.

Il mio corpo pullula di desiderio mentre il mio corpo mi supplica di non cedere «il desiderio è qualcosa di effimero, sparirà non appena troverai un'altra ragazza da prendere in giro però adesso ti chiedo solo di lasciarmi in pace. Non ci ricascherò più Sebastian,» mi avvicino a lui e gli punto un dito sul petto mentre lo guardo con fare minatorio «quindi non ti avvicinare più a me. Rischiavo di perdonarti dopo dieci anni di sofferenza mentre tu ti prendevi il mio corpo e mi fottevi il cervello.» e senza neanche dargli il tempo di replicare mi infilo la camicetta che fortunatamente non ha più nessuna macchia –anche se adesso è completamente fradicia- e lo sorpasso.

Tuttavia, prima di far scattare la serratura e lasciarmi le spalle il mio ex migliore amico, mi volto verso di lui con fare accusatorio «sappi che il discorso di stamattina non è concluso. Prima di farti sparire dalla mia vita ho bisogno di avere delle risposte.» e, detto ciò, faccio scattare la serratura ed esco dal bagno ritrovandomi davanti l'ultima persona che mai avrei voluto vedere.

«Tu, che di solito di stanchi di indossare lo stesso vestito due volte, ti stai ancora consolando con questo perdente del South, Sole?» alzo gli occhi al cielo con la speranza che mi rimangano incastrati in quella posizione per non vedere più la figura di Josh davanti a me. Tuttavia, le mie preghiere non vengono ascoltate perché quando i miei occhi tornano al proprio posto, la faccia da schiaffi di Josh è ancora davanti a me.

«Meglio un perdente del South che un traditore del cazzo come te.» sorrido falsamente e quando sorpasso il mio ex ragazzo con una spallata sento la sua voce giungermi alle orecchie «nel caso cambiassi idea sai dove trovarmi, Sole. Torna sui tuoi passi e rimettiamoci insieme. Eravamo la coppia più invidiata della scuola, ricordi?» ma io neanche mi volto. Alzo un dito medio e replico a voce alta cosicché lui possa sentirmi: «preferirei bruciarmi viva piuttosto che farmi toccare ancora una volta da te, lurido verme.»

E senza ascoltare la risposta dei ragazzi alle mie spalle mi defilo in biblioteca pronta a rinchiudermi nel mio mondo fatto di scrittura e libri. Ma, come se qualcuno al di sopra di noi comuni mortali mi avesse mandato una maledizione, il soggetto della conversazione avuta poco fa in bagno mi appare davanti con un libro in mano e una tazza di caffè nell'altro.

«Se mi siedo qui prometti di non sbranarmi? Ti ho portato un caffè in una tacita richiesta di pace.» la voce di Axel è più pacata e attenta rispetto al suo solito mentre si staglia davanti a me. Controvoglia, gli faccio cenno con il capo di sedersi e un sorriso abbastanza pronunciato gli appare sul viso «non sorridere, Akane. Accetto il tuo caffè, non la tua richiesta di pace.» puntualizzo perché non voglio si faccia strane idee.

Il suo sorriso però non scompare quando entra in contatto con il mio tono acido.
Axel tira fuori il libro delle ripetizioni spiegandomi che siamo indietro con il programma, come non detto. Annuisco affranta e prendo tutto il materiale della cancelleria e mi segno tutti gli argomenti che tratteremo oggi in modo da andarmeli a rivedere una volta che sarò a casa. Partiamo da alcuni argomenti relativi alla grammatica, giusto per apprendere le basi, per poi sfociare in ambienti più complessi come la metrica e le figure retoriche. Axel mi ha detto che la letteratura italiana ne è pregna e che quindi mi conviene impararle a memoria adesso per trovarmi bene durante tutto il resto dell'anno accademico. Inutile dire, che capisco la metà delle cose che mi sta dicendo e, al termine dell'ora buca, ho la testa gonfia di nozioni, il polso dolente e tre bicchieri vuoti di caffè gettati sul tavolo davanti a me.

Sono ufficialmente fuori gioco necessito di almeno tre giorni di puro e meritato relax.

«Per quando fissiamo le prossime ripetizioni?» mi domanda mantenendo un tono di voce abbastanza basso. Si passa una mano tra i suoi capelli scuri e mi scruta con una nota di speranza nello sguardo.

Io però non riesco ad aggrapparmi a quel piccolo barlume e perciò il mio tono si fa nuovamente stizzito «dato che giovedì prossimo è il ringraziamento possiamo organizzarci per lunedì. La scuola sarà chiusa quindi dovremmo trovare un posto dove incontrarci.» constato.

«Potremmo incontrarci a casa tua.» propone il ragazzo dagli occhi a mandorla ma, quando vede il mio volto rabbuiarsi, si morde la lingua. Lui me la serve su un piatto d'argento la mia prossima frase e, dato che al posto del sangue mi scorre un'acidità inaudita mista al veleno, rispondo in modo piccato «adesso hanno incaricato te per rubarmi i documenti?» lo incalzo con un tono più alto del necessario perché la biblioteca mi ammonisce con un severo 'shh' che mi fa innalzare gli occhi al cielo.

«Sole-» mi trattiene per un polso quando raccolgo le mie cose e le infilo nella borsa.

«Axel.» rincaro la dose guardando male il punto in cui mi sta trattenendo. Fortunatamente, capisce l'antifona e mi lascia andare «scusami.» e se inizialmente pronuncia questa frase in riferimento al fatto che mi ha trattenuto il polso successivamente fa migrare questa stessa parola in un altro contesto, quello che sapevo che prima o poi avrebbe tirato in ballo.

«Non avrei mai voluto che finisse in questo modo, mi dispiace per com'è andata a finire.»

«Andata a finire?» lo schernisco inarcando un sopracciglio mentre sento che la mia corazza e i miei muri si stanno innalzando. Ancora una volta, un'altra persona che pensavo ci tenesse a me scivola dalle mie mani e non posso rompere proprio adesso la maschera di indifferenza che mi sono sempre portata dietro. Non davanti a lui che non so neanche se mi sta continuando a prendere in giro.
«Se pensavi ci fosse qualche specie di amicizia tra noi ti sbagli, Axel. Si, okay abbiamo due cose in comune e? Pensi sul serio che io, Marisol Celine di Laurentiis, possa essere amica di uno come te?» e per rincarare la dose lo squadro dall'alto verso il basso.

Quando vedo i suoi pugni stringersi mi batto mentalmente il cinque, il mio compito l'ho portato a termine e, anche se con la coscienza mi sento una merda, almeno siamo in due a essere divorati dalla tristezza.
Bella merda questo carattere basato sull'autodifesa, vero? Prima distruggi quelli che ti circondano e poi commetti gesti autodistruttivi che ti portano in un limbo così profondo dove l'unico sentimento che si riesce a provare è l'apatia. Un'apatia che ti rimane incollata alla pelle fino a quando non tocchi il fondo e automaticamente si riaccendono tutte le emozioni.
Adesso, mi trovo in questo limbo e sto cercando con tutte le mie forze di riemergere perché, stare troppo tempo sott'acqua può essere deleterio.

«Stai dicendo queste cose solo perché stai soffrendo.» ribatte duramente forse per convincere più se stesso che me.

«Vedila come ti pare, Akane. Ci vediamo lunedì all'Heartbreaker. Né tu e né il tuo amichetto metterete più piede in casa mia.» proferisco risoluta e, dopo aver preso tutte le mie cose, mi dileguo alla prossima lezione.
Bene ne ho affrontati due su tre adesso, mi manca solo Jennifer Jensen e so già quando e dove colpirla.

La ragazza dai capelli fucsia la incrocio non appena entro all'interno dell'aula della professoressa Millicent che oggi, di tutto punto, indossa un completo a tinta unita verde lime che fa a pugni con il suo caschetto color argento.

«Finalmente sei arrivata Sole, aspettavamo solo te.» la professoressa mi accoglie con un sorriso sornione facendomi cenno di accomodarmi nel posto vuoto tra JJ e Richard. L'idea di gettarmi giù dalla finestra per scappare da questa tortura prende possesso del mio cervello ma mi faccio forza e prendo posto accanto alla traditrice e al ragazzo più odioso della terra.
Dopo Sebastian, ovviamente.

«Mi scusi per il ritardo professoressa.»

«Cos'è Marisol, hai fatto ritardo perché sei inciampata nel cazzo di Sebastian?» la professoressa sbatte la mano sul banco totalmente indignata mentre Grace, a un posto distante dal mio, diventa paonazza. JJ scuote la testa mentre io sono totalmente incurante della sua battuta da quattro soldi.

«No, ma sono inciampata nel tuo cervello. Questo spiega perché non ce l'hai dato che dalla tua bocca escono soltanto stronzate.» sorrido falsamente mentre la professoressa fa saettare il suo sguardo infuocato tra me e il ragazzo dai capelli marroni.

«Sei una stronza, una riccona del cazzo.» mi punta il dito contro, probabilmente per accentuare ancora di più il disprezzo che prova nei miei confronti, ma viene fermato dalla professoressa che dopo aver sbattuto per l'ennesima volta la mano sulla cattedra attira la nostra attenzione «bambini miei, dovete smetterla. Non siamo ad un asilo o a una Elementary School, siamo in un liceo perciò comportatevi da ragazzi adulti. Su, ditevi scusa.» involontariamente lancio uno sguardo omicida alla professoressa. Sta parlando a noi di comportarci da adulti quando lei ci tratta come dei bambini dell'asilo? Wow, la coerenza qui è troppo sopravvalutata.

«Prima gli uomini, Richard.» gli faccio un mezzo inchino con fare teatrale e lui alza gli occhi al cielo prima di borbottare un semplice 'scusa'. Quando però rimane impalato pronto ad aspettare la mia richiesta di scuse, così come la professoressa, faccio ciò che mi riesce meglio. Dato che con le emozioni vere non sono brava -figuriamoci con quelle false- apro il mio portafoglio Chanel e dopo aver preso un biglietto da cento dollari glielo poggio sul banco.

«Cosa sono?» mi domanda stralunato prendendo in mano la banconota.

«Soldi.» scrollo le spalle con non chalance «L'unica cosa che una riccona del cazzo come me può offrirti al posto delle scuse. Se posso darti un consiglio» schiocco la lingua sul palato «io gli investirei per degli occhiali dato che, molto probabilmente, anche un cieco avrebbe riconosciuto una banconota davanti a sé.» a questa mia provocazione non ribatte, probabilmente per evitare di finire in presidenza. Sa che lui, proveniente dal territorio neutro di Santa Monica, sicuramente passerebbe più guai di me.

Pensavo che neanche la professoressa avrebbe ribattuto a questo mio comportamento ma, invece, cambio idea quando alla fine della lezione mi ferma prima che io riesca ad uscire dalla porta «Marisol, bambina. Fermati.» e a questo punto sono costretta a fare dietrofront nella speranza che JJ non sfugga troppo velocemente dal perimetro scolastico.

«È successo qualcosa, professoressa?» domandò con tono melenso cercando di sgusciare velocemente dal discorso.

«Il mio scopo, all'interno della mia classe e dei miei corsi, è quello di creare un ambiente sicuro e creativo. Lei e Richard, oggi, avete minato questo luogo con le vostre parole e i vostri gesti e mi stavo chiedendo se non fosse per colpa sua che sta ritardando la stesura del compito.»

«Mi scusi professoressa, non riesco a comprenderla.» ed è davvero così, non capisco dove voglia andare a parare.

«Sole, so che hai avuto problemi con Richard durante quest'anno scolastico e mi chiedevo se fosse lui la causa della tua distrazione in aula. Ogni volta lasci il foglio o la tela in bianco e mi chiedevo se fosse lui a rompere la quiete nella sua mente. La signorina Jensen e la signorina Hilton hanno quasi terminato il loro compito. Da lei non ho ancora ricevuto nulla ed è per questo che ho deciso di parlarti.» mi domanda con un tono così materno che sicuramente non mi aspettavo, tant'è che mi coglie di sorpresa.
Pensavo mi rimproverasse non che cercasse di comprendermi.

Quanto vorrei che il mio unico problema fosse Richard ma, purtroppo, non è così. Il mio problema è alto 1.90, ha gli occhi verdi e i capelli a taglio militare decolorati. Scuoto la testa «Richard non c'entra assolutamente nulla, sto ancora valutando su cosa far vertere il mio progetto.» mi giustifico cercando di non sbottonarmi troppo.

La professoressa Millicent è nota per avere una grande vena empatica e non voglio assolutamente dirle nulla. Non voglio essere psicoanalizzata da un'altra signoria avanti con l'età dato che l'esperienza con la mia precedente psicologa non ha risolto un bel nulla.

«Comprendo. Hai comunque tempo fino a metà dicembre per presentarmi qualcosa e, nel caso l'avessi dimenticato, ti ricordo che il progetto lo leggerò solo io perciò non avere timore di esporre il mondo che hai dentro.» aggira la cattedra e si mette davanti a me. Mi accarezza una guancia e mi sorride in modo così caldo e confortevole che quasi ho quasi l'impero di raccontarle tutto per liberarmi da un macigno. Però non lo faccio.

Ad un tratto però, mi viene il cosiddetto lampo di genio. Come un fulmine a ciel sereno improvvisamente capisco quale potrebbe essere il progetto da consegnare.

Rappresentare le emozioni attraverso la scrittura e l'arte.

Quale metodo migliore per rappresentare ciò che provo se non attraverso la scrittura delle mie storie?

«Professoressa.» la fermo non appena vedo che sta per varcare la porta per uscire dall'aula. Lei si gira e ripone la sua attenzione tutta su di me perciò non esito neanche un secondo a comunicarle la mia idea. Beh, alla fine potrebbe essere totalmente valida, no?
La scrittura attraverso la mia storia e l'arte attraverso la copertina di esso.

«Nel progetto, potrebbe rientrare un ipotetico prologo di un libro?» domando speranzosa e, quando il suo volto si illumina, improvvisamente rilasso le spalle e un moto di gioia mi pervade. Lei annuisce, «hai un mondo dentro, bambina. Non vedo l'ora di leggerlo.» e detto ciò se ne va lasciandomi con un moto di orgoglio nel petto.
E dico questo, non solo perché finalmente ho capito cosa portare a questo stramaledetto compito che mi ha fatto dannare per mesi interi ma anche perché, per la prima volta, quando leggerà tra le righe della mia anima.

Quando esco fuori dall'istituto scolastico di JJ non c'è più traccia. Il cortile è deserto così come il parcheggio. L'unico veicolo che risalta in mezzo al nulla più totale è la macchina da lavoro di Cillian che mi sta aspettando pazientemente. Dato che non prendo più nessun taxi o uber, per ovvie ragioni a quanto pare, cerco sempre di farmi scorrazzare in giro da qualche mio familiare o dalle mie amiche e oggi, purtroppo, questa dura sorte è toccata al mio patrigno.

«Ciao Cill.» lo saluto con un bacio sulla guancia non appena metto piede nell'abitacolo. Lui mi accoglie con un sorriso sornione e mi fa la solita domanda di rito «com'è andata a scuola?» e io inizio a snocciolare tutto mettendo da parte i miei incontri spiacevoli con Sebastian. Racconto brevemente delle varie lezioni e alla fine gli spiego anche la mia idea inerente al progetto della professoressa Millicent. Lui, come al solito, si mostra fiero di e ascolta con estrema attenzione ogni piccolo dettaglio che gli dico. Quando, dopo ben quindici minuti, finisco il mio monologo tocca a me fargli la stessa domanda che poco fa lui mi ha fatto «e invece, a te Cill, com'è andata a lavoro?»

E questa volta è il suo turno nel raccontare la sua giornata lavorativa. Ha firmato scartoffie, riportato il gatto alla signora Guadalupe che pensava di averlo smarrito e aiutato un bambino a trovare la via del ritorno verso casa. Annuisco felice e intervengo quando le situazioni sembrano troppo surreali per essere accadute sul serio tuttavia, il mio sorriso si smorza quando Cillian pronuncia la seguente frase, quella che mi fa capire che per la sottoscritta i guai non sono ancora finiti.

«Prima di tornare a casa dobbiamo passare urgentemente dall'officina dei Morris, devo parlare con il padre di Sebastian. Per te, è un problema?»

Ingoio il 'si' che vuole fuoriuscire con prepotenza dalle mie labbra dato che oggi ho raggiunto il limite di sopportazione verso il mio ex migliore amico, e faccio spuntare un sorriso completamente falso sul mio volto «no, Cill. Nessun problema.»

☀️

Ciao amici, nuovo capitolo online🩵🥳
Lo ammetto, pensavo di riuscire a scriverlo in una settimana ma alla fine ci ho impiegato 10 giorni come sempre perciò perdonate il mio ritardo🙏🏼
Ovviamente, sempre con gentilezza, esprimete il vostro parere sul capitolo🩵

Spero siate riusciti a capire il collegamento dell'evidenziatore... fate caso alla frase che la prof dice a Zade e poi tornate qui per farmi sapere se avete capito👀

Ditemi anche cosa ne pensate della scena con Axel❤️‍🩹il comportamento di Sole rimane coerente con il suo personaggio e ovviamente non poteva perdonarlo dopo pochissimo tempo🥲

Fatemi sapere anche dei battibecchi (sia in aula e sia in bagno) tra Sole e Seb. Adesso si stanno riaccendendo i toni e non vedo l'ora di scrivere il prossimo capitolo perché accadrà una cosa che non vi aspetterete minimamente.

E, infine, come mai secondo voi adesso Cill deve parlare con il padre di Seb?👀

Per ogni teoria che vi viene in mente (o anche solo per parlare) scrivetemi e seguitemi sui miei social🩵
Ig: beeckyrose.stories
TikTok: beeckyrose_stories

Io vi mando un bacio e ci sentiamo al prossimo capitolo 🩵💋

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