Capitolo 11: Primo Contatto
Sentivo la sfera luminosa vorticare nella mano. Era pesante e il calore era veramente troppo. Avevo fatto bene a continuare gli allenamenti con il globo verde. Al contrario del normale Rasengan questo roteava molto lentamente ma grazie alla sua compattezza riusciva a mantenere la forma sferica. Faceva male, la mano era come se andasse a fuoco.
"Quello non è un normale Hikaringan vero?"
"Non so con esattezza cosa sia, ma se può aiutare a farti cambiare idea tanto vale usarlo."
Il sole in miniatura mi stava bruciando la mano poco a poco.
Non l'avrei ucciso se non l'avessi colpito direttamente. Potevo renderlo inerme e portarlo via.
Lui però non arretrò.
"Fatti avanti allora!" Disse lui.
Feci per attaccarlo, tuttavia mi accorsi all'ultimo delle sue intenzioni.
Era di nuovo quella fastidiosa stella pentagonale. Avevo già lanciato la sfera quando l'Occhio di Gatto colpì il Rasengan. In una frazione di secondo il sole prima compatto sciolse lo shuriken per poi esplodere con violenza. Il raggio era tale da coinvolgere sia me che Keniko.
Venni sparato indietro mentre il braccio destro da cui avevo tirato il globo rovente veniva fatto alla brace. Tuttavia non avvertii dolore. Questo perché l'adrenalina era ancora in corpo.
Finii con la schiena a terra, in poco tempo riuscii a vedere la devastazione provocata dall'esplosione. Intorno al punto dello scoppio, ad occhio una dozzina di metri di raggio era stata spazzata via, Keniko era sparito. Solo allora il dolore si fece sentire. Era lancinante, sembrava come se il braccio fosse stato lacerato. Le scottature erano a dir poco terrificanti, la carne si era sfregiata in più punti. Inoltre avevo l'osso della gamba sinistra che usciva, scheggiato. Doveva essere successo per la botta causata dell'esplosione. Non era quello però il mio problema maggiore. Dovevo pensare al braccio prima. Non mi ero mai fatto ustioni del genere. Presi la parte di femore che usciva e con forza e la staccai provocando i un dolore incredibile, tuttavia era meglio così, mi avrebbe potuto lacerare parte della gamba oltre ad infettarsi. Quando tuttavia mi accorsi che non era finita la mia sfortuna. Sentii un forte scricchiolio dietro di me, fino a vedere una grande ombra scura avvicinarsi sempre di più.
Per colpa del veleno non ebbi neanche la forza di reagire.
Mi trovai nel vuoto più totale, da solo nell'oscurità nera come la pece.
Ero morto per caso? Probabilmente ero solo svenuto, tuttavia ero infuriato con me stesso.
Non ero uscito a fermare mio fratello, ne a metterlo in difficoltà.
Ero frustrato. Solo poco dopo mi accorsi che in quel buio, io non ero da solo. Sentivo dei piccoli passi, uno scricchiolio, un serpeggiare di zampe accuminate si stava stringendo intorno a me. Non lo vedevo, ma sapevo alla fine che si poteva trattare solo del demone che mi risiedeva dentro. Il Senza Coda. Risentii quel fastidioso rumore della volta prima, tuttavia stavolta, i fischi si stavano unendo a creare delle parole.
"Ci rIVeDiaMO MocCIOso..."
La voce si faceva a via a via più scandita, ma comunque molto cupa.
"SenTo la tUA raBbia versO te steSso e Ciò che ti circonda."
Non capivo neanche cosa mi circondasse, non avevo la forza di muovermi. Ero terrorizzato. Quella voce mi scuoteva dall'interno.
"Guardami..." Disse il Senza Coda. Non riuscivo a vedere niente, non avevo idea di cosa fare o dove guardare.
Chinai il capo, piano piano riuscii a vedere meglio di prima. Distinguevo una macchia rossastra sul pavimento, estendersi verso la mia destra. Avevo un pessimo presentimento a riguardo.
L'aria che riempiva quel luogo stava cominciando ad assumere un odore di morte. Il puzzo mi riempiva le narici fino a farmi girare la testa.
"Guardami!" Ripeté la voce, con un tono più aggressivo.
Avevo solo una scelta. Girai piano la testa verso destra, dove nell'oscurità stava sparendo il sangue. Feci un passo con insicurezza. Più arrancavo verso la voce, più la mia vista migliorava, ma al contempo il mio corpo si faceva sempre più pesante.
Mi fermai. Ora lo vedevo bene, era una gigantesca scolopendra violacea con diversi occhi disseminati sul corpo. Non si muoveva, era comunque spaventosa.
Notai che il motivo della sua immobilità erano delle gigantesche catene.
"Quell'occhio..." Disse il Senzacoda
In quel momento provai un dolore allucinante, come se un ago mi trapassasse la cornea. Sentivo bruciore disperdersi in quasi metà della faccia.
"Quell'occhio mi appartiene!" Ripeté la voce tuonante.
Mi svegliai di botto. Provai subito un dolore fitto alla testa.
Ero su un lettino bianco da ospedale.
"Takeru, sei sveglio finalmente."
Nel lettino affianco al mio c'era Naruto, anche lui non era messo molto bene il suo braccio era avvolto in un numero incalcolabile di bende.
Stesso valeva per il mio braccio.
Sakura affianco gli stava accuratamente tagliando una mela in spicchi.
"Takeru il tuo braccio è messo persino peggio di quello di Naruto. Hai riportato varie ustioni di primo e secondo grado, hai anche un femore incrinato."
"Incrinato? E il veleno?" Chiesi incredulo.
"Non abbiamo trovato traccia di veleno nel tuo organismo." Sakura mi guardò con uno sguardo confuso.
"Vuoi dirmi che il tuo corpo ha assorbito il veleno? Grande Takeru!"
Rispose Naruto.
Non avevo idea di cosa fosse successo.
Tuttavia passai 3 giorni in ospedale, tra le visite di Kakashi e Shinji non ci si annoiava. In un tempo tanto breve, quanto interminabile a mio avviso, mi ripresi completamente.
Però allora non sapevo che mi avrebbe aspettato un allenamento infernale.
"Una missione di grado S..." Disse Kakashi.
Ero talmente emozionato che non stavo più nella pelle. Tuttavia lui mi guardò come se mi pregasse di lasciarlo finire.
"Tuttavia dovrete allenarvi eccome se volete parteciparvi. Shinji, tu sei troppo prudente, tanto che fai fatica ad usare uno stile perlopiù aggressivo. Tu invece Kiyoko sei l'esatto opposto, la tua quasi unica difesa è l'attacco.
Takeru invece... Beh non puoi farti saltare il braccio ogni volta. Devi trovare un contegno per quell'incredibile forza ed essere molto meno avventato. "
Noi tre ci guardammo negli occhi cercando di capire le debolezze dell'altro. Non erano solo le nostre tecniche individuali che dovevano migliorare, ma soprattutto il nostro gioco di squadra.
"Ed ecco perché ho chiamato il mandante della missione segreta."
La maglia rossa, il ciocco dei sandali sul pavimento, i lunghi capelli bianchi e il viso saggio e sorridente dicevano tutto.
"Maestro Jiraiya?" Chiesi stupito.
"Come va Takeru?"
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