Capitolo 38
Polvere, buio, puzza di almeno una decina di cose diverse: queste furono le prime cose di cui Fernund si rese conto al suo risveglio, oltre a un micidiale mal di testa. Era tentato dall'idea di provare a riaddormentarsi, ma il dolore era talmente forte da impedirglielo, in più si era reso conto che quella non era sicuramente la migliore delle idee, soprattutto in quel momento.
Lentamente il mago si mise seduto e provò a guardarsi intorno, ancora stordito: si trovava seduto su una panca di legno lunga circa un metro e mezzo e attaccata al muro di pietra, che era completamente spoglio e privo di aperture, se non fosse stato per la finestra posta in alto, in corrispondenza della sua testa. Di fronte a lui, invece, il muro era interrotto verso destra da una serie di sbarre verticali molto strette che costituivano la porta.
Il ragazzo si mise in piedi e fece per avvicinarsi alle grate, ma si rese conto in fretta che, oltre al fatto che davanti ai suoi occhi ci fosse il buio totale se non per la luce che entrava dalla finestra, i suoi movimenti erano limitati perché aveva le mani ammanettate con due lunghe catene strette e arrugginite.
Non posso muovermi e nemmeno fare incantesimi, Reimron è stato attento ai dettagli... Pensò tra sè e sè, cercando di riportare alla mente tutti gli eventi della notte precedente, e una serie di immagini gli invase la testa dolorante: la festa, le chiacchiere, i balli, il momento in giardino insieme a Clara, l'attacco a sorpresa, poi il dolore e, infine, il buio.
Clara, chissà come sta... E gli altri? Fino a che punto si sono spinti questi pazzi? Ora cosa succederà? Si domandò senza tregua, non riuscendo ovviamente a trovare una risposta, ma augurandosi con tutto il cuore che stessero tutti bene e che non ci fossero stati inutili spargimenti di sangue.
"Selene, buongiorno". Fernund cercò di essere più veloce e silenzioso possibile mentre si stendeva sulla panca sporca e puzzolente della sua cella, dando le spalle alla porta; aveva riconosciuto la voce di Reimron, anche se in quel momento sembrava più roca, ma si chiese chi potesse essere la donna a cui si era rivolto, sperando che non fosse come diceva il suo istinto.
"Cosa vuoi?"
Mamma... Per l'amor del Cielo, come sei finita qui? Reimron, bastardo che non sei altro! E papà?
"Niente, mia cara," Rispose Reimron con voce melliflua, un tono e un atteggiamento che avevano sempre irritato i due prigionieri; Fernund lo ricollegava a tutte le volte in cui l'uomo si scusava per quando Clara non usciva dal castello e non andava a trovarli: una volta era perché Zerminia era malata e l'altra non aveva voluto lasciarla da sola, un'altra era perché lei stessa si era ammalata, e così era riuscito a limitare le uscite della ragazza che le era stata affidata.
"Volevo solo dirti che ho una sorpresa per te".
"Chiamale sorprese le cattiverie che hai fatto e stai facendo a tutti noi! Che hai combinato a questo giro? Cosa hai ordinato ai tuoi pupazzi? Quelli ormai non possono nemmeno essere chiamati soldati..."
"Innanzitutto, tanto per la cronaca, quei soldati hanno scelto da che parte stare, e quelli plagiati sono stati solo dei piccoli esperimenti, anche se si è trattato di una piccola spinta a stare dalla mia parte. Ora, però, non entriamo nei dettagli di questa faccenda, perché la sorpresa che ti ho preparato è decisamente più importante: al momento sta dormendo, ma nella cella qui accanto c'è il tuo adorato figlioletto".
"Fernund?" La voce preoccupata di Selene colpì il ragazzo forte come un pugno nello stomaco: sua madre difficilmente assumeva quel tono di voce e sembrava passata un'eternità da quando l'aveva sentita l'ultima volta. Si rese improvvisamente conto che, per quanto avesse voluto, avrebbe di gran lunga preferito non essere costretto a sentire quel tono di voce, perché sapeva che, una volta avuta la possibilità di parlare, sarebbe diventato ancora più ansioso.
"Esattamente. Per il momento, come ti ho detto, non può risponderti, ma non gli è stato fatto niente. Qui è arrivato tutto intero, forse è ammaccato solo in qualche punto..." Reimron pronunciò l'ultima frase assumendo un'aria riflessiva, ma la sua interlocutrice, che lo osservava con occhi pieni di rabbia, sapeva benissimo che si trattava di una commedia.
"Non hai nemmeno il diritto di essere chiamato bestia! Sei un mostro!"
Il mago si avvicinò alle grate di quella cella e rispose trattenendo a stento il volume della voce, alterato a causa dell'irritazione: "Stai bene attenta a chi chiami mostro: in confronto alla persona che tu hai sempre trattato come una figlia io sono il salvatore di Tintillah".
Selene sputò in faccia all'uomo di fronte a lui: "Stai bene attento tu a quello che dici: anche se fosse come dici tu, qui lei si è ritrovata in una situazione più grande di quanto potesse sopportare, ed è una situazione che tu stesso hai creato!"
Reimron scoppiò a ridere: "Il tempo mi darà ragione, e per fortuna non ce ne manca molto, vedrai". Detto ciò, si allontanò dalla cella e, dando le spalle alla donna, agitò la mano in segno di saluto dicendole: "Goditi il tuo figliolo".
Che pallone gonfiato, prima o poi pagherai per tutto quello che hai fatto! Si ritrovò a pensare Selene con un sonoro sbuffo, segno della profonda irritazione che le aveva causato quella visita.
Prima o poi Clara ti farà a pezzetti, e forse sarà l'unica occasione in cui ringrazierò Azraela per averla resa così assetata di sangue... Pensò invece l'altro prigioniero, concedendosi qualche altro minuto di immobilità per assicurarsi che Reimron se ne fosse effettivamente andato.
"Fernund?" Il mago si sentì chiamare all'improvviso dalla madre che aveva cambiato completamente tono di voce: in quel momento era ancora parecchio preoccupata, ma decisamente più dolce e moderata, come se non volesse farsi sentire.
"Mamma, come stai?" Fernund quasi non poté credere alla propria voce mentre pronunciava quelle parole, e ci mise poco ad avvicinarsi alla parete che condivideva con la cella della donna, cercando un contatto che non avrebbero potuto avere in alcun modo.
"Io me la cavo, tu?"
"Sono stato peggio, tranquilla".
"In una situazione del genere nessuno dovrebbe chiedere a una madre di stare tranquilla, tu per primo, ma nonostante tutto questa cosa mi rincuora. Clara come sta?"
"Non ne ho idea. Dopo quello che è successo ieri sera non l'ho più vista, ma ho la sensazione che si siano portati via solo me".
"Quello è proprio un mostro". Ringhiò la maga, facendo tintinnare le catene incantate che erano legate anche alle sue mani.
"Verissimo. Su una cosa però ha ragione: tra non molto tempo questa storia finirà una volta per tutte".
"Poco ma sicuro".
"Come sei finita qui?" Domandò il ragazzo e la donna avvicinò le gambe al petto, tenendole ferme con le mani ammanettate: "È successo durante una riunione dei ribelli: stavamo valutando le prossime mosse e all'improvviso delle guardie reali hanno fatto irruzione e mi hanno portata via, mentre tuo padre è stato lasciato alla locanda. Non capisco il motivo, ma penso che sia qualche assurdo trucco di Reimron per amplificare le nostre sofferenze, e la conferma è la tua presenza qui".
"Dici?"
"Ovvio! Per quale motivo prendere te e non Clara? Per far soffrire entrambe: me, che avrei dovuto sapere e vedere che eri alla mercé di quel verme, e Clara, che non ti ha al suo fianco".
"Non è da sola: abbiamo creato una bella compagnia".
"Ma tu sei pur sempre importante per lei, solo che cerchi sempre di convincerti del contrario". Selene parlò con estrema dolcezza, come se stesse facendo sedere il figlio sulle proprie gambe e lo stesse coccolando come faceva fino a quando non si era fatto così alto da finire con la testa sotto i lampadari della locanda.
Alla donna tornò in mente quella situazione, che era stata una delle volte in cui si era dovuta rendere conto del fatto che suo figlio fosse davvero diventato grande: era stata una delle ultime volte in cui Clara e Zerminia si erano presentate alla locanda in città e, per impressionare le ragazze, Fernund aveva voluto fare il tuttofare, ma aveva finito per andare a sbattere contro i lampadari che erano appesi al soffitto del locale, rischiando di romperli. All'inizio Selene aveva pensato che si trattasse di semplici incidenti dovuti alla fretta e all'imbarazzo dopo ogni tentativo più maldestro, ma suo marito le aveva fatto notare come loro figlio finisse sempre contro i lampadari, anche facendo attenzione. Un'altra di quelle occasioni fu una delle prime volte in cui fu costretta ad aspettare che il figlio tornasse dopo la mezzanotte e, dato che si era addormentata, lui era andato ad avvisarla di essersi ritirato definitivamente, anche se questo aveva significato prendersi un bel rimprovero per aver fatto così tardi.
"Dimmi," Chiese, cercando di spostare l'argomento su qualcosa di più allegro, "com'è questa compagnia?"
Fernund si sedette accanto al muro, dall'altro lato rispetto alla madre, e iniziò a parlare con un sorriso malinconico: "È unica nel suo genere: c'è una dragonessa, Soldrofa, che è una chiacchierona capace di sfinire chiunque, ma è anche molto intelligente ed è simpaticissima; dopo abbiamo Dafne, che è la nipote di Grifon Bianco e ha la stessa età di Clara: all'inizio non era dei nostri, ma dopo essere stata liberata da un incantesimo di plagio si è unita a noi e abbiamo avuto modo di vedere quanto certe volte sia scontrosa e anche un po' scostante, però è davvero forte, e non intendo solo fisicamente. In seguito c'è Flora, che è contemporaneamente la fenice, il medico e, in un certo senso, anche la mamma del gruppo, dato che è la più grande".
"Quanti anni ha? E come mai è venuta con voi?"
"È venuta con noi per sua scelta, anche se all'inizio sia noi che la sua famiglia non eravamo molto convinti, ma più per il fatto che avesse un marito e una figlia che per altro, e comunque in questo periodo, se non sbaglio, dovrebbe fare cinquecento anni".
"Wow! Devo dire che è stata coraggiosissima, ma devo anche rimproverarti: vi siete preoccupati per queste persone e non per voi stessi! Cosa dovevamo dire io e tuo padre? Ve ne siete andati e non vi abbiamo fermati perché dentro di noi sapevamo che il vostro destino era questo, ma anche noi vi aspettavamo".
Fernund ridacchiò, ma il suono gli sembrò qualcosa dal sapore agrodolce: aveva potuto incontrare sua madre di nuovo, ma in che modo e a quale prezzo? Sicuramente non quello che avrebbe voluto.
"Hai ragione, scusa. Ora continuo. Stavo dicendo che poi si è unita a noi un unicorno, Freya, che normalmente lavorava alla biblioteca di Vreizen: ammetto che quello forse è stato uno degli incontri più intensi, perché a lei è toccato rivelarci la profezia della Domina Mortuorum".
Selene sospirò: "Deve essere stata dura, soprattutto per Clara".
"Tu lo sapevi?"
"Tesoro, ricordati del mio potere: certo che lo sapevo".
E cos'altro sapevi e sai? Avrebbe voluto chiederle il ragazzo, ma per il momento si trattenne.
"E poi?" Domandò Selene.
"Poi è arrivato Aragorn, e mi sembra scontato dire che abbiamo legato parecchio, forse perché eravamo gli unici maschi in un gruppo di donne, ma, a parte i primi contrasti, soprattutto con Freya perché hanno due visioni completamente opposte, si è rivelato un compagno davvero affidabile, forte e coraggioso, oltre che incredibilmente tenace. Infine, dopo la battaglia di Grazos, si è aggregata Bastet, la compagna del Principe delle Tigri, che all'inizio ha avuto un atteggiamento un po' ambiguo: per fartela breve, era molto gentile con tutti, tranne che con Clara, ma per fortuna alla fine si sono chiarite e si è rivelata una compagna di viaggio saggia e davvero attenta".
La maga appoggiata al muro della cella sorrise, e in quel momento non nascose nemmeno a se stessa il proprio sollievo: suo figlio, nonostante le difficoltà, aveva avuto modo di trovare anche dei momenti di gioia. In più era certa che quella compagnia non si sarebbe dissolta con la fine della guerra, anzi, sarebbe diventata ancora più forte.
Per essere sicura, gli fece un'altra domanda: "Vuoi bene a queste persone?"
La risposta di Fernund non si fece attendere: "Sono diventati la mia seconda famiglia, quindi sì: voglio bene a ognuno di loro".
"E Clara?"
"Su di lei conosci già la risposta, è talmente scontata che Soldrofa se ne è accorta al primo colpo. Solo Clara non se n'è accorta".
Selene rise, e forse quella fu la sua prima risata allegra da quando era stata imprigionata: "A ogni modo, non penso che ti veda più come un semplice amico".
"Tu dici?"
"Sei la persona più preziosa al mondo per lei, ricordatelo. E ti dirò di più: gli spiriti non mentono mai, soprattutto se si tratta della loro signora".
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