Capitolo 35

Dopo aver discusso di tutto ciò che occorreva all'organizzazione della festa di quella sera, la compagnia si divise per poter aiutare al meglio tutti gli Ibridi che si trovavano alla rocca.

Le mansioni erano tante e diverse, ma nessuna particolarmente difficile: alcuni gruppi si erano organizzati per poter allestire la sala principale, in cui si trovavano alcuni letti e mobili, per poterla rendere bella come una sala da ricevimento, mentre altri si erano occupati di cucinare o di aiutare a sistemare un piccolo giardino nascosto dietro la rocca.

Freya, Flora e Clara si erano unite agli Ibridi che stavano allestendo la sala, Dafne e Bastet erano uscite per dare una mano nel giardino, ma quello che videro le riempì di sorpresa: davanti ai loro occhi non si trovava un semplice giardinetto, ma un vero e proprio angolo di verde tra le tante erbacce e i cespugli secchi della montagna. Era molto ordinato, diviso in una parte dedicata a un piccolo orticello che era stato curato dai primi Ibridi arrivati all'inizio della loro persecuzione e in una zona più piccola ma molto colorata, ricca di rose, campanule e ortensie. La turchina affiancò degli uomini vicino alle rose e la grifonessa iniziò a occuparsi di alcune piante aromatiche, sorprendendo la parte del gruppo con cui si trovava per la cura che dedicava a quelle piante; dopo alcune domande, la bionda rivelò che aveva studiato con grande interesse le piante aromatiche e che sapeva anche preparare degli infusi.

Nel frattempo, Aragorn, Soldrofa e Fernund si trovavano nelle cucine: Aragorn, inaspettatamente, dirigeva la cucina come se fosse sempre vissuto in mezzo alle pentole e ai fornelli, Soldrofa dava una mano come lavapiatti e Fernund era impegnato a cucinare insieme ad altri Ibridi.
I fornelli non erano stati accesi da molto, ma i cuochi si erano messi all'opera senza alcuna esitazione e stavano cercando, guidati da un tranquillo e responsabile Aragorn, di preparare pietanze adatte alle esigenze di tutti gli ospiti della rocca.

Soldrofa, che aveva fatto cambio con Symiria e in quel momento si stava occupando di asciugare le stoviglie, si girò verso Aragorn: "So che sei nato per dare ordini, ma perché non vieni a darmi una mano? Symiria va alla velocità della luce e non riesco a tenerle testa da sola".
Aragorn scoppiò a ridere, prese uno straccio che si trovava sul grande tavolo a cui era appoggiato e si avvicinò alla dragonessa: "Ho imparato a comandare, non sono nato per farlo."
"E allora come fai a dirigere le cucine così bene? Sembra che tu non abbia mai fatto altro".
"Diciamo che a Moira ho passato molto tempo nelle cucine: le uniche donne che apprezzavo e che riuscivano a sopportarmi erano proprio quelle che lavoravano là dentro. Lì ho imparato tanto e ho visto in pratica quello che mio padre cercava di insegnarmi in base alla sua esperienza di Principe".
"Allora ha fatto un ottimo lavoro".

Mentre parlavano, Fernund passò con un braccio in mezzo a loro per afferrare un coltello e, mentre stava per allontanarsi, Soldrofa lo chiamò, facendolo girare verso di loro: "Tu hai lavorato in una locanda, vero?"
"Sì, la locanda dei miei genitori, e posso dire che tutto di quel mondo ha molto da insegnarti, quindi devo ammettere che è stato davvero un bene per Aragorn: stai gestendo benissimo questa cucina".
Il Pegaso sbuffò: "Se solo tutto quello che ho imparato servisse a farmi davvero apprezzare da tutti..."
Fernund lo guardò: "Con Freya bisogna agire con cautela, un passo alla volta e piano, altrimenti si spaventa e va sulla difensiva".

Aragorn sbatté le palpebre: "Come fai..."
Fernund sorrise: "Me lo stai davvero chiedendo? Di solito devo leggere nei pensieri della gente, ma con te è fin troppo evidente".
Il ragazzo dai capelli verdi sbuffò un'altra volta, poi guardò il mago negli occhi e quest'ultimo gli disse: "Se vuoi farlo, fallo con calma. Non penso che ci saranno molti problemi, ma tutto dipende da come ti comporterai con lei. Se vuoi un consiglio da me, cerca di essere onesto, ma non aggressivo".
"Grazie, Fernund".
"Di nulla, ora torno a lavoro". Detto ciò, il mago si allontanò per tornare a svolgere il proprio compito.

"Aspetta, mi spieghi che è successo? Mi sono persa". Disse Soldrofa, visibilmente confusa, ma Aragorn prese un'altra pentola da asciugare: "Niente di che, questioni da maschi".
"Uffa!" Si lamentò la ragazza, ma il pegaso la costrinse a riprendere il proprio lavoro senza lamentarsi troppo.

La tranquillità di quel chiacchiericcio, però, a un certo punto fu interrotta dall'ingresso di Aurora che, accompagnata da sua sorella, entrò nella grossa sala per vedere come procedevano i lavori e, dopo aver mostrato il proprio entusiasmo, chiese che alcuni volontari le accompagnassero a raccogliere alcune casse piene dei prodotti dell'orto che erano state riempite dal gruppo che si era messo a lavoro fuori.

Aragorn e Fernund seguirono le due sorelle insieme a un altro paio di persone fuori dalle cucine e dopo aver attraversato più stanze di quante potessero immaginare, arrivarono finalmente nel giardino. La loro reazione fu piena di stupore come quella delle loro compagne di viaggio, ma i ragazzi, dopo un'occhiata generale, seguirono la maggiore delle sorelle Winde vicino all'orto per raccogliere le casse piene di verdura. Dopo aver svolto quell'operazione e aver scambiato due chiacchiere con le persone impegnate nel punto in cui erano andati, i ragazzi e il resto del gruppetto tornarono nelle cucine.

Le ore passarono, e, mentre la maggior parte delle zone del castello si svuotava perché qualcuno che andava a riposarsi si spostava nelle stanze adibite a dormitori, la cucina rimase il luogo più affollato perché qualcuno era andato ad aiutare dopo il proprio lavoro mentre altri erano sgattaiolati per prendere qualcosa da mettere nello stomaco in attesa della cena di quella sera.

"Ho sentito dire che il salone sembra essere diventato due volte più grande". Disse un mezzo mago che stava tagliando delle verdure.
"Davvero?" Rispose la voce di una ragazza impegnata a preparare una torta.
"Sì, hanno tolto la maggior parte dei mobili e l'hanno allestita come se ci dovesse essere una festa d'incoronazione."
"È vero: prima ho dato un'occhiata di sfuggita, ma ho notato che ricorda le feste che si tengono quando viene eletto un principe o un re." Intervenne qualcun altro impegnato a mettere in un angolo delle casse di legno ormai vuote.

"A quanto pare oggi ci sono il figlio del principe dei Pegaso e la principessa Clara, direi che non potevamo fare qualcosa da meno."
"Guardate che, se anche fosse successo, non sarebbe stata chissà quale tragedia, siamo pur sempre in mezzo a una guerra." Quell'ultima frase, pronunciata da una mezza tigre, fece calare nella cucina un silenzio tombale, pesante, ricco di tristezza e nostalgia per i bei tempi passati: quella situazione si era sviluppata in meno di un mese, ma tutto era cambiato in maniera radicale, cogliendo tutti impreparati e costringendoli a combattere una guerra a cui non avrebbero mai voluto prender parte, soprattutto dopo interi secoli di pace.

Soldrofa, percependo l'aria carica di tensione, prese la parola: "Ognuno di noi ha i suoi lutti e i suoi mille problemi da affrontare, ma questa serata è stata organizzata per lasciare tutte queste cose in sospeso almeno per qualche ora, quindi proviamoci: non dico che sarà facile, ma potremmo provare a goderci qualche momento di tranquillità, non credete?"

"Onestamente, mi sembra che tu stia prendendo questa cosa troppo alla leggera: qui c'è gente che ha visto i membri delle proprie famiglie combattersi gli uni con gli altri, perciò non credo di poter essere così tranquillo e spensierato." Dichiarò uno dei membri del gruppetto, che in un primo momento era stato colto di sorpresa dall'intervento della dragonessa.
"Sto prendendo questa faccenda con la giusta consapevolezza, e non credo di essere troppo presuntuosa mentre lo dico. C'è una guerra, c'è gente che combatte e che muore, ma stare qui a piangerci addosso cambierà forse le cose? Io penso che, se per qualche ora pensassimo ad altro piuttosto che a come difenderci da degli assalti, Tintillah continuerà a essere nella sua situazione attuale, ma noi ci sentiremmo rigenerati. Tutto qui, nulla di più".

La persona che aveva parlato non riuscì a ribattere e la tigre che aveva dato inizio alla discussione annuì, dando ragione a Soldrofa: "In fondo abbiamo bisogno tutti di una pausa, anche se breve." Dopo quella conclusione, anche gli altri annuirono, terminarono il loro lavoro e uscirono dalla cucina per andare a prepararsi.

Aragorn, che aveva assistito a tutta la scena ma aveva preferito non intervenire, si avvicinò alla compagna e le diede una pacca sulla spalla: "Brava, davvero brava".
La dragonessa si girò, guardandolo con un po' di perplessità: "Non ho detto niente di che".
"Scommetto che, anche se ci fossero state altre persone, poche avrebbero avuto qualcosa da ridire. Non hai torto e l'hai fatto capire davvero bene".
La ragazza dagli occhi arancioni sorrise: "Grazie. Ora andiamo a prepararci, che dopo dovrai catturare col tuo fascino una bella damigella."
Il pegaso rise: "Ma la vuoi finire con queste storie?"
"Assolutamente no, ora va' a farti bello!" Con quelle ultime parole Soldrofa spinse Aragorn fuori dalla porta e anche loro uscirono dalla cucina e andarono a prepararsi.

Bastet e Dafne erano state le prime a ritirarsi dal lavoro e ne avevano approfittato per stendersi e concedersi qualche ora di sonno. Dopo essersi risvegliate, entrambe erano andate da Freya per farsi dare una mano con i vestiti: quella sera, infatti, ogni persona capace di usare la magia avrebbe infranto la regola che impediva di materializzare oggetti senza necessità per creare dei vestiti per loro stessi e per chi non avrebbe mai potuto crearli. All'inizio molti, compresa Dafne, si erano mostrati contrari all'idea, ma altri avevano pensato che invece potesse essere buona perché, come aveva detto proprio Bastet, se bisognava fingere un po' di tranquillità, allora lo si doveva fare per bene.
L'unicorno era nella stanza che condivideva con le altre due ragazze e con alcune donne del gruppo di rifugiati, e, appena la tigre e la grifonessa arrivarono, si mise subito a lavoro per accontentare le loro richieste, che erano state abbastanza semplici: entrambe, infatti, avevano scelto dei vestiti lunghi, senza troppe decorazioni e dai colori pastello, verdeacqua per Dafne e rosa per Bastet.

"Ragazze, ci sto facendo caso solo ora, ma avete scelto dei colori uno più contrastante dell'altro con quelli dei vostri occhi". Disse Freya sorridendo e le altre due, guardandosi con più attenzione, iniziarono a girare su se stesse e poi l'una intorno all'altra, infine scoppiarono a ridere: " Se non fosse per il rosa sembrerebbe che ci siamo abbinate a incrocio!" Esclamò Dafne, e Bastet mostrò un'espressione compiaciuta: "Questo è perché abbiamo ottimi gusti e siamo affiatate tra noi".
La grifonessa guardò la tigre con un po' di stupore: "È bello sentirti dire queste cose".
La turchina, dal canto suo, rimase per un attimo interdetta da quelle parole: pensava davvero quello che aveva detto, ma non si aspettava che le altre non avessero la sua stessa impressione. "Invece è proprio così". Disse, e le altre due si avvicinarono per abbracciarla.

"Quando siamo diventate così sdolcinate?" Chiese Dafne, che si era guadagnata la fama di essere una delle più burbere del gruppo, "Onestamente non lo so, ma vi dico che mi sta più che bene così". Concluse Bastet, mentre Freya le stringeva ancora più forte.

"Ragazze, cambiando leggermente argomento," disse Freya, sciogliendo l'abbraccio, "mi date una mano a scegliere il colore? Ci sto pensando da un po', ma non mi viene niente in mente". Le altre due rimasero per qualche secondo in silenzio per pensare, poi risposero:
"Oro".
"Argento".
L'unicorno aggrottò le sopracciglia, ancora più indecisa di prima, e iniziò a fare delle prove senza venire aiutata dalle altre due, che avevano iniziato ad argomentare i motivi per cui il colore che avevano scelto era meglio dell'altro. Alla fine, Freya aveva deciso di mettere un vestito con una sfumatura argentea e di raccogliere in parte la chioma viola, in modo da accentuare il contrasto tra i due colori. Forse proprio perché era stato scelto dall'unicorno, sia Bastet che Dafne non ebbero più altro da commentare.

In un'altra stanza, a distanza di poco più di una mezz'ora, Flora e Clara stavano discutendo su cosa fare, ma più perché la fenice voleva assolutamente che la maga indossasse un vestito che le donasse, mentre aveva scelto per sé un semplice abito nero, liscio con solo la zona della vita più decorata; dopo una insolitamente accesa discussione, Clara aveva deciso di mettere un vestito azzurro chiaro che le permetteva di nascondere alcune cicatrici a cui, almeno per qualche istante, avrebbe preferito non pensare.

Poco dopo qualcuno bussò alla porta e Flora andò a vedere, scoprendo che era stato Fernund a bussare per poter entrare.
Approfittando del fatto che tutte le altre persone che occupavano la stanza si fossero già recate nel salone principale, la fenice lasciò entrare il mago, gli fece i complimenti per come si era preparato e lasciò i due ragazzi da soli.

Clara si era voltata appena Flora si era avvicinata alla porta e, appena i due furono lasciati da soli, le parole "Stai davvero bene" le sfuggirono di bocca senza alcun controllo, ma non se ne pentì affatto: Fernund aveva indosso un semplice completo, ma era proprio la semplicità di quell'abito a renderlo ancora più affascinante, poiché risaltava la sua figura slanciata e non lo faceva sembrare un damerino o un ragazzo più grande della sua effettiva età.

"Anche tu stai bene". Disse sorridendo all'amica, che ricambiò il gesto, ringraziandolo nel pensiero, sicura che lui lo avrebbe letto.
"Non pensavo che avresti partecipato anche tu all'iniziativa". Fernund si avvicinò leggermente e Clara aggrottò le sopracciglia: "Perché non avrei dovuto? Era una bella idea".
"Forse perché ultimamente le cose non stanno andando bene con i tuoi poteri?"
L'espressione della maga si incupì per un secondo: "Ho deciso di partecipare proprio per questo: non so quanto a lungo potrò fare magie come tutti voi, quindi voglio approfittarne finché posso fare qualcosa di buono".
"Pensi che sarà una cosa permanente?" Domandò il ragazzo, e lei si limitò a sollevare le spalle: "Onestamente non lo so, ma qui dovresti essere tu l'esperto. Ora che ci penso, io non mi sono più esercitata con la magia e tu non l'hai fatto più con la spada".
Lo sguardo di Fernund si posò sulla ferita che Clara aveva al braccio, pensando che assomigliava a una specie di bracciale: "Abbiamo avuto modo di farlo fin troppo. Sinceramente, avrei preferito evitarlo, soprattutto se significava farlo per forza in questa situazione".
"Lasciami dire una cosa: fai ancora pena con la spada, quindi qualche combattimento in più non ti farebbe male".

Fernund guardò Clara con stupore, e lei scoppiò a ridere di gusto: "Vorrei poterti fare un ritratto in questo preciso momento, sei fantastico".
Il mago, dopo qualche secondo, sorrise di cuore e, avvicinandosi ancora un po', sfiorò con la punta delle dita la ferita che Clara portava sulla guancia. La ragazza non si ribellò a quel tocco, anzi, socchiuse gli occhi e lasciò che l'amico continuasse ad accarezzarla senza fretta: "Anche io vorrei farti un ritratto in questo momento, perché sei stupenda". Fernund sussurrò quella frase piano, mentre Clara arrossiva leggermente.

"È mai possibile che tu non riesca a sistemarti il colletto?" Chiese la ragazza all'improvviso, mentre allungava le mani verso la giacca di Fernund e gliela sistemava, per poi eliminare le grinze del vestito appoggiando le mani lungo i punti in cui il tessuto era più stropicciato.
Fernund non fiatò e si concentrò sui gesti della ragazza di fronte a lui, sperando di non arrossire davanti ai suoi occhi.

Dopo qualche istante trascorso in quel modo, nel silenzio più totale, Fernund prese la mano di Clara e le chiese con tono reverenziale: "Andiamo, principessa?"
Clara rispose con un sorriso, ricambiando la stretta: "Andiamo".

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