Capitolo 33
Il mattino seguente arrivò abbastanza in fretta e la compagnia, circa un paio d'ore dopo il sorgere del sole, si allontanò dalla grotta per iniziare la salita verso la cima del Monte Pyathor.
Il Monte Pyathor, secoli prima, era stato teatro di una delle battaglie più dure che i popoli di Tintillah avessero affrontato durante il processo di unificazione: lì Grifoni e Draghi si erano scontrati in una battaglia senza eguali, combattuta principalmente in aria, e la montagna, in quell'occasione, era stata costretta ad assistere alla carneficina e ad accogliere tutti coloro che, precipitando, si infrangevano al suolo come le gocce d'acqua cadono durante un temporale.
La rocca costruita quasi sulla cima del Pyathor era diventata una base per l'armata dei Grifoni, e in seguito si era trasformata in un presidio medico che, infine, era stato abbandonato perché difficile da raggiungere, oltre che essere difficile da vedere, siccome si trovava spesso immerso tra le nuvole.
Annibale, con al suo fianco Clara e Fernund, faceva da guida al gruppo, mentre la maga, riposata e visibilmente più attiva, rispondeva con tranquillità a tutte le domande che le venivano poste, mentre Fernund interveniva ogni tanto, raccontando qualche aneddoto divertente sul proprio passato o sul loro viaggio.
Il resto del gruppo procedeva con tranquillità, tra chi chiacchierava allegramente e Aragorn e Freya che, a causa delle lamentele del pegaso riguardo alla sua impossibilità di ricambiare il favore che gli stava facendo l'unicorno, trasportandolo, avevano ricominciato a discutere, nonostante Metis cercasse in tutti i modi di mediare tra loro.
Il gruppetto costituito dai più giovani si trovava in mezzo alla fila, mentre Flora, Soldrofa e Bastet camminavano l'una accanto all'altra.
Ad un tratto le tre si fermarono e dissero agli altri di fare altrettanto: infatti avevano sentito dei rumori da dietro i cespugli e gli alberi che avevano superato pochi istanti prima e si erano messe subito all'erta.
"Ragazzi, qui c'è qualcosa che non va: probabilmente, non siamo soli qui." Dichiarò Bastet, mentre Flora continuava a guardarsi intorno e Soldrofa annusava l'aria. Nel frattempo tutti gli altri, cercando di mantenere un atteggiamento più naturale possibile, si preparavano a un possibile scontro, così come Clara e Fernund che, dopo essersi scambiati uno sguardo veloce, avevano impugnato le loro spade, pronti a sguainarle in qualsiasi momento.
Per fortuna quei rumori cessarono così come erano apparsi e il gruppo continuò a camminare senza ulteriori problemi.
"Sicuramente qui c'è qualcun altro oltre a noi, quindi converrà stare ancora più attenti e, una volta arrivati alla rocca, avviseremo chi si trova lassù."
Dichiarò Annibale, ottenendo il consenso di tutti gli altri.
La giornata proseguì senza ulteriori imprevisti, anche se, dopo la loro breve sosta, l'aria si era caricata di tensione e tutti avevano iniziato a guardarsi intorno con maggior frequenza e attenzione, pronti a difendersi da qualsiasi assalto.
Il gruppo, non fermandosi e proseguendo anche dopo il tramonto, arrivò all'altezza dell'ultimo rifugio prima della fortezza, che il giorno successivo avrebbero raggiunto in poco tempo.
Il rifugio era nascosto dalla fitta boscaglia, e, quando i ragazzi entrarono al suo interno, lo trovarono vuoto e buio. Freya si procurò delle torce e con esse illuminarono il luogo, che era costituito principalmente da un piccolo bagno e dalla sala principale, anch'essa non molto grande. Quello era uno dei rifugi realizzati dai costruttori della rocca per ospitare le guardie addette a vigilare sui fianchi della montagna durante la guerra, e per questo erano stati realizzati con solo l'indispensabile; infatti erano sempre stati considerati dei semplici luoghi di passaggio.
Dopo aver reso il luogo ospitale almeno per la notte, tutti i membri del gruppo si rifocillarono con le ultime provviste e andarono a dormire molto velocemente, lasciando sveglie solo due persone, Bastet e Clara: la prima perché non aveva ancora sonno, e la seconda perché faceva la veglia.
A un tratto Bastet, cogliendo di sorpresa Clara, prese la parola: "Clara, sai, il tuo discorso di ieri mi ha stupita."
"In che senso?" Chiese la maga, voltandosi verso la tigre, che, ancora nella sua forma animale, era distesa a terra e aveva solo la testa alzata per guardare l'altra.
"Nel senso che non mi aspettavo che una principessa, o comunque una persona che ha vissuto per così tanti anni in un castello, potesse preferire una vita semplice, quasi isolata."
"La mia famiglia, originariamente, era una famiglia di piccoli commercianti che si sono distinti per il loro lavoro instancabile e per la loro disponibilità verso tutti, che sono anche alcuni delle ragioni che hanno favorito l'incoronazione di mio padre, e io non ho mai dimenticato questo, anche se non ho avuto modo di imparare i trucchi del mestiere."
"Nella mia, invece, la maggior parte degli uomini della famiglia erano soldati, mentre le donne si occupavano della casa o avevano dei lavoretti molto semplici. Tuttavia, quello che dici non risponde alla mia domanda."
"Vero. Come hai detto tu, ho vissuto per molti anni al castello di Carplema, ma ogni tanto avevo la possibilità di uscire: in questo modo ho potuto vedere com'era il mondo al di fuori di quelle quattro mura, e l'ho preferito rispetto a quello che vivevo quotidianamente. Poter andare in giro insieme agli amici, incontrare nuove persone e fare nuove esperienze sono cose che mi sono mancate, tanto che mi sembra che stia concentrando tutte queste cose in poco più di un mese."
"Capisco, ma ancora non riesco a comprendere interamente le tue motivazioni: io ho vissuto molto tempo fuori dal castello, ma da quando sto insieme a Seth ho iniziato a vivere al suo interno, e ti assicuro che mi sembra molto più tranquillo e comodo rispetto all'idea che ne hai tu."
A quel punto comparve un sorriso amaro sul viso di Clara: "Per rispondere alla tua domanda, allora, lascia che te ne faccia una io: vivresti ancora al castello se quello diventasse la tua prigione?"
Bastet tacque, colta alla sprovvista da quella domanda posta con così tanta leggerezza, ma presto le rispose: "Ovvio che no. Nessuno dovrebbe sentire la propria casa come una prigione."
"Eppure è quello che è successo a me, anche se me ne sono resa conto troppo tardi."
"Posso chiederti di spiegarti meglio?" Domandò la tigre, e la più giovane annuì.
"Innanzitutto, lasciami fare una piccola premessa: mi sono accorta della gravità di questa condizione solo nel momento in cui sono fuggita dal castello e mi sono ritrovata circondata da persone che non vedevo da mesi, ma la faccenda è iniziata anni fa.
Quando sono rimasta orfana, due famiglie si sono proposte di prendermi in affidamento: quella di Reimron e quella dei Taurus, a cui appartiene Fernund. Non so dirti come sia stato possibile, dato che ero ancora impegnata a piangere i miei genitori e a trovare una spiegazione a tutto quello che era successo, però Reimron riuscì a ottenere la mia custodia, oltre che la reggenza, e così mi ritrovai a vivere al castello insieme a lui e a Zerminia, sua figlia."
Pronunciare quel nome scatenò uno strano effetto nel cuore della maga, come una stretta all'anima e al cuore che le fece ribollire il sangue nelle vene: Clara, a causa di tutte le vicissitudini, non aveva ancora affrontato, almeno con se stessa, la faccenda riguardante Zerminia. Una cosa, però, era certa: si sentiva profondamente tradita, e la ferita faceva molto più male di tutte quelle che erano state inflitte al suo corpo.
Zerminia, quella che, fino a poco tempo prima avrebbe definito come un'adorabile ragazza dagli occhi nocciola e dalla chioma rossiccia come le lentiggini che le coprivano le guance, era stata per anni la sua migliore amica, e il loro rapporto era stato così forte e stretto che Clara, più piccola di un paio di anni, l'aveva sempre considerata come una sorella maggiore, un punto di riferimento.
Quel punto di riferimento, però, era scomparso completamente dalla sua vista, e nel peggiore dei modi: facendo il doppio gioco e tradendola nel più grande momento di bisogno.
Clara sentiva solo rabbia e odio per quella persona che aveva contributo a rovinarle la vita, anche se, alla base di tutto, c'era sempre e solo Reimron. Ormai, però, la colpa era diventata anche di Zerminia, poiché era stata sempre consapevole delle proprie azioni, e, anche se si fosse sforzata, non sarebbe riuscita più a giustificarla.
Perciò, sentendo la parte più oscura del suo animo premere per liberarsi, prima di continuare il suo discorso, fece una piccola pausa e prese un respiro profondo, interrompendo la breve attesa della tigre.
"Dopo aver ottenuto la mia custodia, come ti dicevo, si comportò normalmente: mi trattava bene, così come faceva con Zerminia, lasciandoci libere di girare per il castello e permettendoci di andare a scuola a Carplema, insieme agli altri bambini. Per me Reimron era diventato un secondo padre e Zerminia era diventata una sorella maggiore." A quel punto Bastet aggrottò la fronte, non capendo cosa ci fosse di anormale in quel discorso, ma non interruppe la maga.
"Questo durò per i primi due anni, in seguito le cose cambiarono: impedì sia a me che a sua figlia di andare a scuola fuori dal castello e ci fece avere un maestro privato, il quale mi insegnò tutto quello che so, compreso l'uso della spada, ma, per ordine di Reimron e per mia sfortuna, non mi rivelò mai quali fossero realmente i miei poteri, quindi non riuscì nemmeno a insegnarmi a usarli correttamente.
C'è di più: a poco a poco, cosicché non ci dessi troppo peso, mi allontanò anche da tutti coloro che conoscevo al di fuori del castello. Per farti capire fino a che punto fossi arrivata, ti dico solo che, prima della mia fuga, in tutto quest'anno ho visto Fernund solo una volta. Ora, per favore, dimmi tu se questa non è stata una prigionia."
Bastet, dopo aver ascoltato con estrema attenzione quel discorso, addolcì la propria espressione, che fino a quel momento aveva mostrato ostilità alla maga, e le offrì uno sguardo carico di comprensione: "La tua era una prigione fatta di marmo e oro, quindi ora capisco perché tu, a confronto, preferisca una casetta: quel luogo piccolo e apparentemente angusto per te è grande quanto un prato in cui puoi correre libera." Clara annuì leggermente e la tigre abbassò il capo: "Mi dispiace averti trattata così male, non lo meritavi."
"Tranquilla, in fondo sbagliamo tutti; l'importante è risolvere." Rispose la più piccola delle due con un piccolo sorriso sulle labbra, per poi invitare la tigre ad andare a dormire, data la tarda ora.
"Bastet, un'ultima cosa." Sussurrò la maga, richiamando l'attenzione della maggiore, che sollevò nuovamente la testa verso di lei: "Ho capito perché Seth ti ama tanto."
"Perché?"
"Perché lui è stato l'unico a vedere com'è fatto il tuo cuore."
"Che vuoi dire?"
"Che il tuo cuore è grande e tenero, tanto che lo hai rinchiuso dentro un'armatura di artigli affilati quanto quelli delle tue zampe. Non tenerlo prigioniero, sai bene quanto me cosa voglia dire trovarsi in questa situazione."
La tigre scosse la testa: "Buonanotte, Clara."
"Buonanotte, Bastet."
Bastet andò a dormire e Clara restò a fare la veglia, mentre Flora, dopo aver trascorso il suo stato di dormiveglia ad ascoltare i discorsi delle due ragazze, si addormentò con il sorriso sulle labbra e un unico pensiero che le diede grande gioia: "Finalmente hanno chiarito."
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