Capitolo 27

«Metti anche queste nel bagagliaio, per favore.» Max indica un'altra pila di valigie vicine alla sua Maserati. Uno dei suoi amici, Samuel, che penso di aver già visto alla serata in disco, le prende e le carica in auto senza esitare. Presumo abbia una cotta per Max, e ciò è abbastanza palese da come obbedisce a ogni suo ordine ricoprendo il ruolo del cagnolino fedele.

«Sai che staremo via solamente tre giorni, vero?» Gli domando mentre controlla in maniera scrupolosa che ci sia tutto dalla lista delle cose senza le quali potrei morire sulle note del suo cellulare. Il titolo lascia intendere il tipo di turista che è Max. Non di certo quello che viaggia leggero.

«C'è solamente lo stretto necessario. Anche perché il resto delle mie cose si trova già a Calais.» Scuote la mano verso di me nel tentativo di farmi tacere. «Okay, penso di aver preso tutto.»

«Aspettiamo qualcun altro?» Domanda Magdalina intenta a sistemarsi la sua coda di cavallo. Max ha voluto invitare anche lei e Antonio. D'altronde, non sarei mai andato in vacanza lasciando i miei amici da soli durante la loro permanenza a Parigi.

«Mancano solamente Éric e Kevin.»

Cosa?

«Cosa?!?» Esclamo senza rendermene conto. Gli occhi di tutti sono su di me. Io sorrido per evitare l'imbarazzo pubblico, prima di afferrare Max per un braccio e trascinarlo altrove per parlargli in privato. «Hai invitato anche Kevin? Sei impazzito?» Domando infuriato ripensando alla figuraccia della sera in cui ho baciato Éric, lasciando Kevin da solo in mezzo alla pista da ballo. E se fosse solo per questo non ci sarebbe nessun problema. Ciò che aggrava la mia figura di merda è il fatto che ricordo perfettamente di aver avuto un comportamento alquanto caliente nei suoi confronti.

«È uno dei miei migliori amici, non potevo non invitarlo. E poi pensavo aveste chiarito.» Risponde Max nel tentativo di giustificarsi.

«No, in realtà no.» Continuo ma con un tono più pacato. È inutile prendersela con lui, non poteva saperlo. «Mi dispiace. Non volevo attaccarti così.»

«Tranquillo, capisco la tua preoccupazione. Ma tanto ci sarà anche Éric, è a lui che devi pensare.»

Già, Éric. Se avessi avuto sue notizie nei giorni passati sarei stato più tranquillo e probabilmente non mi sarei fatto prendere dalle paranoie nel sentire il nome di Kevin. Ma dall'ultima volta che ci siamo visti, ovvero dalla visita all'Arco di Trionfo, non ho ricevuto né messaggi, né chiamate. Niente di niente. Non so se dovermi preoccupare o lasciargli lo spazio di cui probabilmente ha bisogno. Però, non credevo che una persona potesse sparire così nel nulla dopo avermi detto che mi ama.

Sì, ha detto che mi ama. Fa ancora effetto ricordarlo.

«Eccoli.» Esclama Max nel notare Éric accompagnato da Kevin. Quasi ho i brividi nel vederlo dopo non aver avuto sue notizie per giorni. Però cosa ci fanno loro due insieme? Non capisco. Scuoto la testa nel tentativo di cacciare via qualsiasi tipo di pensiero negativo. Non è da me, non è assolutamente da me. Non ho né tempo né voglia per questo genere di cose. È la mia vacanza e voglio godermela al meglio...

...sì, però cosa cazzo ci fa Éric insieme a Kevin?

«In macchina, guys. Non vorrei perdermi il sole di mezzogiorno e siamo già in ritardo!» Max ci esorta a salire a bordo. Mentre Magda mi scuote leggermente il braccio, io aspetto che lui si avvicini verso di me per salutarmi, farmi un cenno, darmi una pacca sulla spalla. Invece nulla. Sale sull'altra auto senza degnarmi di uno sguardo. Kevin, invece, richiama la mia attenzione con un gesto della mano prima di seguirlo.

«È successo qualcosa?» Mi domanda Magda nel notare la mia espressione sconvolta, quasi incredula.

«Non ne ho la più pallida idea.»

In radio passano My Life Would Suck Without You di Kelly Clarkson. Ottima scelta, insomma. In altre circostanze sarei il primo a urlare a squarciagola ogni singola parola di questo capolavoro di break up song, ma non riesco. Guardo fuori dal finestrino ripensando a cosa possa mai essere successo. Avrò detto qualcosa di sbagliato? Avrò fatto qualcosa di sbagliato? Detesto questa sensazione, mi fa ritornare al passato. Un passato che pensavo ormai di essermi lasciato alle spalle. Inoltre, pensavo di aver chiarito con Éric il fatto che detesto quando le persone scompaiono.

Alla guida c'è Max, vicino a lui Samuel. Nei sedili posteriori siamo io, Magdalina e Antonio, il quale si era già offerto di andare in macchina con gli altri per far sedere Éric accanto a me, ma non è servito.

Se non fosse per Max che continua a elencarci le attività da fare immancabilmente durante la vacanza, in macchina regnerebbe il silenzio. Nemmeno gli altri sembrano propensi al dialogo. D'altronde come biasimarli? Max ci ha dato appuntamento all'alba. Quindi qui sembra un ritrovo per zombie.

«Ragazzi, cos'è questo mortorio?» Domanda Max infastidito dalla nostra poca partecipazione. «È il nostro spring break, sicuramente non possiamo passarlo in questo modo. Vi voglio attivi!» Samuel risponde con un risolino. Max, invece, lo fulmina con gli occhi prima di ridere a sua volta. «Certo, per quanto possa essere possibile per alcuni di voi.»

Seguiamo le loro risate fino a intrattenerci con aneddoti imbarazzanti per l'intero viaggio. Magda e Max sembrano essere in sintonia, nonostante i caratteri forti di entrambi. Io, invece, cerco di non rovinarmi la vacanza per colpa di Éric.

Arriviamo a Calais in meno di tre ore. La guida di Max non ci fa pesare più di tanto il viaggio e stare in compagnia con gli altri rende l'attesa meno estenuante.

Mentre scarichiamo le valigie e tutto l'occorrente per i tre giorni di relax, osservo esterrefatto lo chalet di Max che sembra ergersi su due pieni di lusso sfrenato. Seppur minimal, ha tutto ciò di cui si può mai necessitare. Sui toni dell'azzurro e del bianco, come per le isole greche, il cortile esterno, incluso di piscina e jacuzzi, dà direttamente sul mare. Un cancello in ferro battuto separa la spiaggia dal resto della casa, la quale è preceduta da altrettanti lettini, tavolini, sedie, ombrelloni e un piccolo patio che fa strada verso la porta principale. Max ci dà la precedenza per entrare, ma solamente io, Magda e Antonio sembriamo essere ancora più impressionati dall'immensità della casa, anche quest'ultima ben fornita di tutti i comfort. Al piano inferiore ci sono una cucina, due bagni e una sala relax con spazi di svago, incluso un Jukebox e un biliardino. Mentre al piano superiore si trovano le camere da letto con altrettanti bagni e un terrazzo da fare invidia a chiunque.

«Solite camere?» Chiede Samuel. Max annuisce e gli fa cenno di portare su anche le sue valigie. Adesso capisco perché noi tre siamo gli unici a essere sconvolti per la casa. Siamo i soli a vederla per la prima volta.

«Quest'anno, però, dovremo stringerci un po'. Se non vi dispiace, tu.» Max si rivolge a Éric, «dovrai condividere la stanza con Mike.» Si gira verso di me e mi fa l'occhiolino. Io non oso controbattere, aspetto che sia Éric a farlo, ma inaspettatamente sta zitto. Prende le sue cose e si dirige verso le scale. «Lo stesso vale per voi due. Dovrete condividere la stanza.» Adesso Max è intento a conversare con Magda e Antonio, mentre io mi dileguo e seguo, da lontano, i passi di Éric verso quella che sembra essere la nostra camera. La seconda porta a destra di una lunga serie di stanze in un corridoio largo e lungo.

A passo lento entro anche io, deposito i miei bagagli e lo osservo. I nostri occhi si incrociano.

«Ciao.» Sussurro.

Il suo sguardo è su di me. «Ciao.»

«Come... come stai?» Balbetto tremolante senza sapere il perché.

«Non c'è male, grazie.» Tutto qui? Non hai nient'altro da dire? Dopo essere sparito per giorni senza darmi nemmeno un cenno di vita?

«Sicuro che vada tutto bene?» Chiedo per conferma. Il suo comportamento è talmente strano da non riuscire a capire cosa stia succedendo.

Lui annuisce. Prende il suo costume da bagno e si dirige verso di me, per poi oltrepassarmi. «Vado a cambiarmi in bagno.»

E io rimango qui. Assorto nei miei pensieri. Preso alla sprovvista da un groppo alla gola che mi spinge a buttar giù delle lacrime. Scuoto la testa nell'umiliazione più totale mentre tento di asciugarmi il viso e con sé la mia dignità. Mi siedo sul letto cercando di recuperare il telo bagno, il costume e la crema solare dal mio trolley. Sopprimo le lacrime, anche se i miei occhi sono talmente arrossati da sembrare fatto di qualche sostanza.

«Max mi ha detto di dirti che tra cinque minuti andiamo in spiaggia.» Una voce familiare mi fa sobbalzare, portando la mia attenzione su... Kevin. Lui sbatte le palpebre nel vedere il disastro che sono in questo istante. «Mike, tutto bene?» Si avvicina a me socchiudendo la porta alle sue spalle.

«Sì, sì.» Mento togliendo dal mio volto gli ultimi residui di menefreghismo da parte di Éric.

Lui scuote la testa. «Non mentirmi. È successo qualcosa con Éric? Sembra molto freddo nei tuoi confronti.» Come fa a sapere di noi? Probabilmente glielo avrà detto Max.

Tiro su col naso. «In realtà non ne ho idea, ma non mi importa.»

«Non sembrerebbe dal tuo viso.»

«Si nota così tanto?» Do una rapida occhiata allo specchio posto vicino al letto.

«Non molto. Hai solamente due palle da tennis al posto degli occhi.» Sorride.

«Divertente.» Sorrido anche io inaspettatamente.

Qualche minuto di silenzio prima di riuscire a ritrovare il coraggio in me stesso. «Senti Kevin...»

Lui mi osserva attentamente, ancora in silenzio.

«...Mi dispiace tantissimo per quella sera. Non volevo lasciarti lì da solo. Non era mia intenzione. Mi sono comportato da stupido.»

Prima di dire qualsiasi cosa si lascia andare a una grassa risata.

«Ho detto qualcosa di strano?» Intervengo nel pieno della confusione.

Lui si ricompone. «No, assolutamente. È solo che non pensavo ti tormentasse più di tanto. È acqua passata. Anzi facciamo così...» Mi aiuta ad alzarmi e mi tende una mano. «...Posso perdonarti solamente se mi prometti una cosa.»

«Cosa?»

«Non farti rovinare questa vacanza né da Éric, né da nessun altro. È la tua vita, è la tua avventura a Parigi. Qui in questo momento conti solamente tu. Il resto lascialo alle spalle. Goditi questi istanti di spensieratezza prima di ritornare a lavoro.» Il suo sorriso è veramente affascinante e i suoi occhi, sui toni del castano e dell'azzurro, sono così particolari da non riuscire a smettere di guardarli. Sposto lo sguardo sulla camicia sbottonata che lascia intravedere il tatuaggio sul collo. E, automaticamente, una serie di pensieri mi fa sudare freddo. Diamine, Mike! Ma che ti passa per la testa?

Scuoto la testa per cacciarli via. «Di solito non mi piace fare promesse che potrei non mantenere. Ma per te farò un'eccezione.» Stringo la sua mano.

Lui sorride per poi afferrarmi un braccio. «Adesso andiamo.»

«Fermati!» Lo blocco. «Prima devo mettermi il costume.» Gli faccio notare i miei fenicotteri rosa che bramano di essere indossati.

«Allora aspetterò fuori.» Alza un sopracciglio. «A meno che tu non voglia compagnia.» Il suo sguardo è malizioso, ma io non esito neanche per un istante.

«Questo succederà solamente nei tuoi sogni. Adesso esci!»

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