Capitolo 26

Il battito cardiaco accelerato annulla ogni singola percezione con l'ambiente circostante al mio corpo, annebbiandomi la vista. Eppure, con passo lento e con la furbizia di una volpe mi intrufolo all'interno del luogo violato del mio appartamento. Per primo, osservo la serratura della porta per cercare di rilevare qualche segno di effrazione, ma nulla. Mi guardo attorno e scruto velocemente la sala da pranzo. Sembra essere tutto al suo posto. Nulla è stato ribaltato.

Sbam.

Mi si drizzano le orecchie. Questo rumore arriva dalla camera da letto. Non so se darmela a gambe, chiamare la polizia o fermare un ipotetico ladro con i miei mezzi, ovvero le mie flebili braccia. Certo, i rischi sarebbero fin troppi per uno come me, ma tentar non nuoce, giusto?

A passo ancora più lento mi avvicino verso la stanza. Sento qualcuno bisbigliare delle frasi indecifrabili, mi viene la pelle d'oca. Mi avvicino con l'orecchio destro alla porta semichiusa e ascolto attentamente.

«Sei stupido? Ti avevo detto di stare attento a dove metti i piedi. Mike potrebbe tornare da un momento all'altro.»

Un attimo. Ma io conosco questa voce. Ma com'è possibile che sia la sua?

«Magdalina!» Esclamo spalancando la porta della camera per avere una visuale completa.

La sua espressione attonita mi fa sorridere. «Mike! Cosa ci fai tu qui?» Chiede colta di sorpresa, a tratti spaventata. Non penso mi abbia sentito rientrare.

«In realtà ci abito, tu piuttosto cosa ci fai qui» Mi precipito tra le sue braccia per poterla stringere come si deve. Mi è mancata davvero tanto. Lei ricambia stranamente il gesto d'affetto. Di solito non è propensa a smancerie del genere, ma d'altronde non ci vediamo da svariate settimane.

«Come hai fatto a entrare qui?» Chiedo staccandomi dalla sua presa.

«Il tuo amico Max mi ha detto che nascondi una chiave di scorta sotto allo zerbino. Avrei dovuto prevederlo dato che ne avevi un paio anche a Trento.» Spiega roteando gli occhi.

«Conosci Max? Ma com'è possibile? Non ricordo di averti parlato di lui.»

Fa spallucce. «Il tuo profilo IG spiega tutto al posto tuo. Sono riuscito a contattarlo tramite un tag.»

Scambio un sorriso gentile. «Che genio del male quel ragazzo.»

«Un genio del male abbastanza ricco. Pensa che ha mandato una limousine a prenderci. Tutto a sue spese.»

«Prendervi? C'è qualcun altro qui con te?» Chiedo.

«Sì, qualcun altro ha deciso di seguirmi in questa folle avventura.»

Comincio a guardarmi attorno per capire di chi si tratta, prima di vedere Antonio sbucare fuori dalla stanza adiacente.

«Non ci credo!» Esclamo incredulo. «Tu non dovresti essere da qualche parte in America? Pensavo che dopo Rio il tuo tour continuasse.» Stringo anche lui tra le mie braccia.

«Il tour procede benissimo. È solo che non ho resistito a unirmi a Magda per vedere come te la passi qui.» Spiega in estasi.

Annuisco mentre li osservo attentamente, ancora scosso dalla sorpresa inaspettata. «Ragazzi, sono così contento che siate qui.» Ci scambiamo un altro abbraccio. «Ma la prossima volta evitate di farmi venire un attacco di cuore.»

*

«Éric?» Esclama Magda mentre sorseggia con delicatezza il suo tè al limone. Gli alberi che delimitano gli Champs-Élysées sono ormai in fiore ed è uno spettacolo sublime. Sui marciapiedi sono rimasti solamente alcuni rimasugli dell'inverno appena conclusosi, prettamente foglie secche. «Sì, mi ricordo tu me ne abbia parlato, ma cosa aspettavi a dirmi di averlo baciato?» Mi dà una pacca sulla spalla.

«In realtà non si tratta solo di quello. Penso che lui abbia intenzioni serie... e forse anche io.» Dico in preda all'imbarazzo. Sento quasi le guance andare a fuoco.

«Questa sì che fa ridere. Michael Miller che ha intenzioni serie con un ragazzo?» Punzecchia sarcastica.

«Fa ridere e terrorizza anche me allo stesso tempo. Ma ciò che mi spaventa di più è che sono quasi certo di fare sul serio. Lui mi piace come non mi è mai piaciuto nessuno.» Sussurro per paura di riuscire a sentire le mie stesse parole.

«Ne sono felice, ma dovrò giudicare io prima che tu possa fare un altro passo. Sappilo.» Sentenzia mentre stringe la sua mano sul mio braccio. Subito dopo si rende conto del suo gesto e fa per ritrarsi, ma io la blocco.

«Un po' di dolcezza non guasta mai, suvvia.>> Lei sorride e annuisce mentre poggia anche la sua testa sulla mia spalla. «E tu invece? Che mi racconti? Come va con il tuo uomo... Fossmar, se non sbaglio.»

Magda sospira intensamente. «Non è più il mio uomo. Il suo cazzo era più grande del suo cervello... e ciò spiega tante cose.»

«Non pensavo potesse mai dispiacerti una cosa del genere.» Dico sarcastico a mia volta.

«In realtà neanche io, ma fino a quando non è l'unica cosa che hai da offrire.» Si ferma per qualche istante a osservare alcune persone accalcarsi verso l'entrata di un cinema. Sembra sia uscito un nuovo film con Jennifer Lawrence. Come dargli torto? È impossibile non amarla. «Non fraintendermi, il sesso era pazzesco. Riuscivo persino a terminare ogni volta, non mi era mai successo con nessun altro. Ma era un grandissimo coglione. Quindi va bene così.» Conclude.

«Prima o poi arriverà qualcuno che soddisferà anche gli altri tuoi bisogni. Non preoccuparti.»

«Non mi preoccupo mica. Sono nel mezzo della mia gioventù. Non ho intenzione di impegnarmi fino a quando non ne avrò voglia.» Scosta una ciocca di capelli dal viso.
«Comunque, hai sentito Andrew in questi giorni?» Chiede guardandomi con la coda dell'occhio.

«Ora che mi ci fai pensare no. È da un paio di settimane che non ho sue notizie. Gli ho anche scritto dei messaggi, ma non ha mai risposto.»

Magda alza il sopracciglio destro prima di bere un altro sorso del suo tè.

«È successo qualcosa?» Chiedo preoccupato.

«No, non credo. Cioè non lo so. Anche Antonio ha provato a scrivergli per unirsi a noi, ma nessun segno di vita.»

«È strano. Non sembri essere preoccupata.» Deduco dal suo comportamento.

«Non mi sorprende che sia sparito nel nulla. È tipico di Andrew. L'ha già fatto una volta, perché non farlo di nuovo?»

«Hai ragione.»

Raggiungiamo i piedi dell'Arco di Trionfo, dove Éric ci sta aspettando in tutto il suo splendore. È così bello anche a metri di distanza, nonostante io fatichi a metterlo a fuoco. Mi avvicino facendogli segno con la mano. Lui ci corre incontro con le braccia aperte, prima di stringermi in un caldo abbraccio. Mi bacia la guancia destra per poi spostarsi sulle mie labbra, facendomi rabbrividire la schiena. Non riuscirò mai ad abituarmi ai suoi baci.

Poggio leggermente le mani sul suo petto per allontanarlo, anche se non vorrei. «Lei è Magdalina. Magdalina, lui è Éric.» Le faccio segno di presentarsi.

«Finalmente ho l'onore di conoscere il famoso Éric.» Commenta Magda porgendo la sua mano.

«Addirittura famoso?» Chiede timido prima di stringerla.

«Non hai la minima idea di quanto mi abbia parlato di te. Mi sembra di conoscerti già.»

«Okay.» Interrompo in pieno imbarazzo. «Penso sia abbastanza. Vogliamo iniziare a prendere i biglietti? Antonio dovrebbe arrivare a momenti.» E proprio nel momento in cui termino la frase, Antonio ci raggiunge all'entrata dell'Arco di Trionfo con le mani impegnate a stringere buste di Abercrombie.

La fila per acquistare i biglietti è abbastanza lenta, dovuta ai continui controlli di sicurezza ai quali ogni spettatore è sottoposto, ma dopo circa venti minuti riusciamo a entrare. Una volta acquistati i biglietti, veniamo subito catapultati su una scala elicoidale in cui lo spazio è abbastanza ristretto e la foga della gente che si appresta ad arrivare in cima rende il percorso meno tranquillo di quanto avessi immaginato.

È la prima volta che visito l'interno dell'arco, ho solamente potuto ammirare la sua bellezza dall'esterno, durante le molteplici passeggiate pomeridiane sugli Champs-Élysées.

Penso di aver già contato novanta, novantadue scalini. Non ne sono sicuro. Anche perché la stanchezza comincia a farsi sentire, nonostante la mia giovane età. Ma come già detto precedentemente sono fuori allenamento.

Dopo qualche minuto veniamo accolti dalle luci calde e soffuse di una stanza chiusa, nella quale troviamo vari pezzi storici che raccontano come si sia arrivati alla creazione dell'Arco.

«Penso di morire.» Esclama Magda appoggiandosi su una parete di pietra, per poi lasciarsi andare a lunghi respiri simili a quelli che le donne in travaglio fanno per smorzare la tensione.

«Se non altro morirai in un monumento commemorativo.» Commento.

Lei mi lancia un'occhiataccia. «Non sei divertente.»

«Tieni.» Antonio si avvicina a Magda per porgerle una bottiglia d'acqua.

«Sei il mio salvatore!»

Conclusa la breve pausa ripartiamo per la seconda, e spero anche l'ultima, rampa di scale. Anche se, in realtà, risulta meno faticosa del previsto.

Ed eccola lì, proprio davanti ai miei occhi: la meraviglia della città più bella del mondo. Mi avvicino verso l'inferriata che arriva sopra la mia testa, utilizzata per proteggere gli osservatori da un'eventuale caduta verso il vuoto. Tutto è così geometrico da donare un'armonia mai vista prima d'ora. Le strade di Parigi che si incontrano in un unico punto comune: l'Arco di Trionfo. I cittadini, i turisti, i curiosi che sembrano quasi formiche da quassù, mentre io sono colui che ha il compito di dipingere questo quadro perfetto in ogni suo angolo tramite i suoi occhi. Ed è proprio da quest'altezza che respiro la bellezza. Forse è proprio per questo che riesco a vedere ciò che loro non vedono: l'immensità. E io, un po' formica un po' pittore, mi sento parte di questa immensità come mai prima d'ora. Né nella mia città natale, né in altre città. Parigi è la mia città e adesso ne sono più che certo.

«Sapevo che ti sarebbe piaciuta.» Una voce interrompe i miei dialoghi interiori.

Mi volto, il viso di Éric è vicinissimo al mio. «Umh, cosa?»

«Questa vista. È la mia preferita.» Si avvicina ancora di più all'inferriata per guardare giù.

«Come mai?» Chiedo incuriosito.

«Se provi a chiedere in giro, la maggior parte di quelli che hanno visitato Parigi ti diranno che la vista mozzafiato è senza alcun dubbio quella che si può osservare dalla Tour Eiffel. Per me non è così, è l'esatto contrario. Da lassù sembra tutto così distante, quasi come se fosse impossibile da raggiungere. Da qui invece, riesci a osservare tutto nei minimi dettagli. È come se i tuoi occhi fossero un obiettivo di una qualsiasi macchina fotografica, e da questa altezza si riesca a mettere a fuoco ogni dove.» Conclude appoggiando la mano sul vetro che delimita le sbarre.

«Non ci avevo pensato. Ma come facevi a sapere che mi sarebbe piaciuta?»

«Non sei una persona che si accontenta della confusione o del minimo indispensabile. So che preferisci studiare nei minimi dettagli, e da qui è possibile osservare tutto.» Spiega senza staccare gli occhi neanche per un attimo dagli Champs-Élysées.

Mi avvicino al suo corpo con lo sguardo rivolto verso la sua mascella, mentre lui continua a guardare altrove. «E tu cosa vedi?»

Sospira lentamente. «Davanti a me vedo lo spettacolo più bello che questa città possa mai offrire a qualcuno talmente spaesato da sentirsi perso. Neppure un apatico riuscirebbe a rimanere immune al fascino di cotanta bellezza.»

«È così bello sentirti parlare in questo modo di questa città. Vuol dire che hai veramente trovato il tuo posto.» Commento adorante del suono della sua voce.

«Non mi riferivo a Parigi.» Adesso si gira verso di me e mi guarda negli occhi. «Ma a te.»

Ho lo sguardo attonito e le mie guance cominciano a bruciare. «C... cosa?» Balbetto.

«Mike... sei tu quello che ha reso questa città ancora più bella, immensa, magica. Senza di te non avrei mai scoperto cosa significa sentirsi parte completa di qualcosa. Tu sei l'altra parte di me che mi ha permesso di sentirmi completo. Adesso non ho più motivo di cercare ciò che mi mancava qui, perché l'ho trovato. Ho trovato te e non voglio lasciarti andare via per nessun motivo al mondo. Io...» Si ferma per qualche istante lasciando tra noi due solamente il ritmo assordante del mio battito cardiaco, le voci cinguettanti dei turisti alle prese con i commenti riguardanti la vista e il rumore repentino del traffico della metropoli. «Io ti amo.»

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