Capitolo 18
Nel tragitto per rientrare a casa mi imbatto in una via che non avevo mai percorso prima d'ora. È strano venirne a conoscenza solamente adesso, dato che la strada da fare risulta essere di meno. È sempre curioso ed eccitante scoprire angoli nuovi che, a volte, neanche gli abitanti del posto conoscono. Inoltre, se vissuti con la colonna sonora perfetta in sottofondo, risultano ancora più suggestivi durante le ore buie.
Mi guardo attorno mentre What's Up delle 4 Non Blondes rimbomba nelle mie orecchie risvegliando alcune sensazione che reputavo ormai assopite da tempo. Era da secoli che non ascoltavo questa canzone proprio perché mi ricorda un capitolo particolare della mia vita, un capitolo peculiare e inconsueto. Sinceramente, non so cosa mi abbia spinto a riesumarla in questo periodo. Probabilmente sarà il lontano ricordo della persona che era solita cantarmi questa canzone nei momenti bui della mia vita facendomi risollevare l'umore; probabilmente sarà la solita stupida nostalgia che mi prende ogni tanto; probabilmente sarà solamente la modalità shuffle di Spotify.
Tra le fioche luci della città e le metro quasi deserte, i negozi e le piccole boutique hanno ormai chiuso. La musica è l'unica a farmi compagnia in questo buio pesto, mentre la mia mente immagina già l'outfit che dovrò indossare la prossima settimana, nonostante Max sia stato abbastanza puntiglioso a riguardo: le paillettes sono un must per la serata. Non mi sono di certo preoccupato di dove avrei potuto trovare un capo così vistoso in così poco tempo, propio perché chiedere a un ragazzo gay se abbia qualcosa di vistoso nell'armadio è come chiedere a Cristiano Ronaldo se sia capace di giocare a calcio.
Max ha descritto il locale come uno dei più quotati tra i gay parigini, quindi non dovremmo annoiarci, né tantomeno rimanere a bocca asciutta se volessimo aggiungere del piccante alla serata. Il posto è nello stesso quartiere in cui abita, ovvero Marais; proprio per questo abbiamo deciso di incontrarci a casa sua un paio d'ore prima, in modo tale da poterci preparare al meglio e consigliarci a vicenda.
Sono alquanto curioso di scoprire Parigi nel cuore della notte, dato che non mi è ancora stato possibile dilungarmi fino a tarda sera a causa della mia eterna stanchezza, ma anche della mia grandissima convinzione di non avere più l'età per andare in giro per locali. In realtà, è solamente una cazzata. Non si è mai troppo grandi per divertirsi un po', che sia responsabilmente o meno. Ricordo ancora i giorni lontani del liceo in cui il sabato sera sgattaiolavo dal garage di casa dei miei genitori per poter raggiungere i miei amici e girovagare per le strade affollate di Palermo fino al mattino seguente. Le serate duravano approssimativamente dodici ore, ma a volte non facevamo nemmeno ritorno alle corrispettive case. Sin da quel momento capii che trovarsi un partner sessuale diverso ogni fine settimana era di gran lunga migliore di trovarsene uno fisso e monotono. L'unica volta che decisi di intraprendere una relazione monogama finì di merda. Da allora il mio pensiero è sempre stato fisso, sempre lo stesso.
Svolto su Rue des Cascades frugando nella borsa per recuperare le chiavi. La strada è deserta e non si percepisce nessun tipo di suono molesto o passanti inopportuni. Come se qualcuno mi stesse inseguendo, apro il portone esterno con la velocità di una volpe e, a passo ancora più svelto, raggiungo il mio appartamento. Tiro via le scarpe e il cappotto. Sbuffo ripetutamente alla visione di una cucina ancora stracolma di piatti sporchi da lavare e immondizia da buttare. Le bozze del nuovo capitolo della tesi sono ancora disseminate sul divano, sul tavolo e in vari punti del pavimento della sala da pranzo. Immagino stupidamente che tutto possa sistemarsi in maniera automatica e così, finto ignaro della confusione, mi getto sul letto ancora vestito. Prendo il cellulare per controllare i direct e le notifiche. Il mio ultimo post è piaciuto a tutti. D'altronde, chi non dovrebbe apprezzare una foto di me con la Tour Eiffel alle spalle? Le città europee danno sempre più visibilità.
Tra le varie notifiche, noto che Bobby ha cominciato a seguirmi lasciando una sfilza di likes alle mie foto. Non so se questo possa farmi piacere o meno, ma da uno come lui non può che essere allettante. Si suppone sia un esperto nel suo settore e il fatto che mi abbia minimamente preso in considerazione mi fa arrossire per la riconoscenza.
Apro l'app di Grindr per controllare, inutilmente, se c'è qualcuno di interessante nelle vicinanze. Niente di niente. Il solito via vai di gente decapitata. Alcuni nettamente più disperati del solito da chiedere una pompa senza prima inviarmi una foto del loro viso.
Tolgo il maglione, ormai troppo pesante e insopportabile per la mia respirazione, rimanendo a petto nudo. Chiudo gli occhi per rilassarmi per qualche secondo, mi accarezzo i pettorali e gli addominali, come se fosse il tocco delicato di qualcuno. La mia mano scende sempre più giù infilandosi nei pantaloni e circondando un'erezione potente. Mi abbandono a un orgasmo più che necessario, quasi essenziale. Ormai è diventata un'abitudine prima di andare a dormire. Così facendo riesco a controllare i miei ormoni ... il più delle volte.
Ancora ansimante lancio uno sguardo alla finestra di camera mia, ha finalmente smesso di piovere. Con la mano non sudicia guardo per l'ennesima volta il cellulare solamente per controllare l'orario. Invece, trovo un messaggio da parte di Éric:
"Non vedo l'ora di vederti. Mi sei mancato in questi giorni".
Sorrido timidamente, ma allo stesso tempo sento uno strano bruciore al basso ventre. Mi terrorizza questa sua estrema dolcezza e premura. Non so come comportarmi a fine di evitare incomprensioni. Una domanda, però, mi sorge spontanea: perché ho paura di ciò che mi fa stare bene? Éric penso sia realmente un bravo ragazzo che cerca, quando possibile, di starmi vicino e di interessarsi a me. Quindi, perché continuo a respingerlo? Perché tento sempre di sopprimere i miei sentimenti?
In realtà la risposta è più che chiara, quasi cristallina: non voglio rimanere fottuto per l'ennesima volta. Non voglio impegnarmi con gente che potrebbe non impegnarsi a sua volta. Però Éric non è così. Almeno credo. Almeno spero non sia così.
"Hai già scelto il film da guardare?"
Sono infastidito dalla mia stessa risposta. Non vorrei rimanesse turbato dalla mia incapacità di relazionarmi con la gente. Non mi sembra giusto interpreti la mia paura come assenza di interesse nei suoi confronti, perché non è così. Almeno spero non sia così. Lui risponde dopo qualche secondo:
"Lo sceglieremo insieme. Non mi va di guardare un film che potrebbe non piacerti".
Ci risiamo. Un'altra volta ancora si preoccupa per me e di cosa penso. Poggio il cellulare sul letto senza degnarlo di una risposta. Chiudo gli occhi e penso a lui. Chiudo gli occhi e raffiguro la sua immagine nella mia mente. È così, così ... Éric. Sbuffo all'incapacità nel controllare le mie emozioni.
Dopo qualche secondo lascio che le paure abbandonino il mio corpo e la mia mente per evitare ulteriori danni alla mia incolumità. Mi alzo dal letto e mi concedo una doccia bollente prima di abbandonarmi alla sofficità del materasso, ma sempre con un pensiero fisso dentro di me: lui.
*
Gli incubi sono repentini, soprattutto in questi ultimi giorni. È inquietante, è strano, è spaventoso. Continuo a immedesimarsi nell'immagine sfuocata di un bambino deriso e umiliato da coloro che dovrebbero essere in grado di amarlo, da chi gli ha concesso il diritto e il dovere di vivere.
Un dono ricevuto senza che lui lo chiedesse, senza nessun consenso. Un dono che in molti non oserebbero contestare, ma per quel bambino la situazione risulta non essere così scontata. Ogni giorno è costretto a subire gli insulti del padre, quello che dovrebbe essere un modello da seguire, e i suoi richiami per non essere mai stato un "uomo", per avere disonorato la sua famiglia, per essere una femminuccia che piagnucola alla minima "carezza". Sì, lui le chiamava così. «È una semplice carezza» sbraitava al bambino, «dovrei farti molto di più per rimetterti a posto» aggiungeva. Ma quelle carezze non sono mai state tali. Hanno lasciato dei segni su quel bambino. Segni indelebili e, a volte, anche visibili.
Il ragazzino, ancora incapace di fuggire, non riusciva a ribellarsi. Credeva che il padre avesse ragione. Ubbidiva ai suoi "consigli". Sopportava i suoi ordini nonostante lui sentisse il bisogno di essere il contrario di ciò che il padre voleva che fosse. «È per il tuo bene» gli diceva mentre lo costringeva a stare seduto su una sedia con i polsi e le gambe legate da una corda. Gli rassicurava che se lui non si fosse ribellato, sarebbe potuto guarire, che il grande Dio lo avrebbe perdonato, così come il padre. E così quei colpi di cinta furono una speranza sia per il padre che per il bambino, il quale cercava di trattenere, invano, le lacrime. Eppure, non gli importava. I lividi continuavano a incidergli il corpo e la vista del sangue lo terrorizzava, ma non si ribellava. In questo modo, appunto, sarebbe guarito. Avrebbe ottenuto la benedizione da parte di colui che contribuì a metterlo al mondo. Il bambino soffriva, ma lo faceva per amore, lo faceva per lui.
In un certo senso voleva piacergli, bramava per la sua approvazione. Era pur sempre una figura importante. Sfortunatamente, però, non riusciva mai a soddisfare le sue aspettative. Gli sforzi continui sembravano non appagarlo mai. Non era mai abbastanza, neanche quando, pur di dargliela vinta, il bambino accettò di infilare la sua testa in una vasca da bagno piena di acqua fredda e cubetti di ghiaccio o in un water in cui il padre tirava continuamente lo sciacquone. Ma neanche questo servì.
Adesso quel miserabile bambino è seduto su una panchina in una stazione desolata nel cuore della notte, dove l'unica compagnia presente è un lampione sul punto di spegnersi, così come lui. Impaurito e ferito aspetta un treno, quel treno che non riuscirà mai a prendere.
Questo è l'incubo che mi perseguita ogni singola sera. Non ne capisco il senso, non ne comprendo il motivo. Chi è questo bambino? Che treno sta aspettando? Dove vuole andare?
Mi sveglio con il battito del cuore accelerato. Continuo ad ansimare nell'attesa che possa tranquillizzarmi e riprendere a respirare normalmente. Sono sudato nonostante io dorma a petto nudo e senza riscaldamenti accesi durante la notte. Le coperte sono le uniche a coprire la mia pelle. Appoggio la testa sul cuscino e tra un respiro profondo e l'altro immagino spontaneamente il volto di Éric. È così sereno che riesce quasi a tranquillizzarmi. È così lenitivo, quasi celestiale.
*
È sabato. Faccio fatica ad alzarmi dal letto a causa dei continui incubi che mi hanno perseguitato e impedito di dormire per le restanti ore. Strofino leggermente e delicatamente gli occhi prima di lanciare uno sguardo alla finestra della camera da letto, le cui tende lasciano trapassare una leggera e flebile luce solare che disturba il mio risveglio. Tolgo le coperte dalla mia presa e indosso una felpa grigia per recarmi in cucina e soddisfare la mia solita fame mattutina prima di potermi rendere presentabile.
Più tardi vedrò Éric. È l'unico pensiero che mi dà la carica per affrontare un'altra giornata che si prospetta alquanto disastrosa. Perché sono così negativo? Perché essere positivi porta solamente a ottenere l'effetto contrario di ciò che si desidera. Quindi, prospetto che la negatività sia con me anche in questa calda mattinata di marzo.
Lascio entrare un po' d'aria fresca dalla finestra. La casa sembra essersi impregnata di un odore più che nauseante. Cerco di sistemare il casino creatosi nei vari giorni della mia permanenza. Odio essere così disordinato, ma non riesco a trattenermi dal creare confusione. La mia mente è un caos, quasi quanto la mia vita e il mio appartamento.
Le ore passano in fretta mentre finisco di ripulire casa e di decidere cosa indossare per questo app... ehm, incontro. Non so cosa aspettarmi, non ho assolutamente idea di cosa dire né di cosa fare. Spero che lui possa mettermi a mio agio come ha già fatto in passato. Spero possa rendere tutto perfetto come sempre.
Ma perché continuo a farmi promesse sul suo conto che so che manterrà? È assurdo sperare che faccia qualcosa quando, in cuor mio, so perfettamente che lo farà.
Ho paura. Saremo soli, del tutto soli e a casa sua. Da soli senza nessuno che ci possa controllare. Non che io non sia mai rimasto solo in casa con un ragazzo, ma questa volta è diverso. Lui è Éric.
Sì, ho ancora paura.
Esco di casa dopo aver cambiato outfit almeno sette volte. Non sono convinto della mia ultima scelta, ma mi sono imposto di uscire prima di poter cambiare idea per l'ennesima volta. Percorro la via principale di Belleville per raggiungere quella adiacente, dove abita Éric. I miei passi sono più lenti del solito, sia perché penso che la situazione potrebbe degenerare, sia perché sono un fottutissimo codardo. Continuo a pensare a cosa dirgli, a come comportarmi, a cosa pensare; ma tutto sembra inappropriato. Tutto sembra non all'altezza di ciò che si meriterebbe. Tutto, persino io, sembra non andar bene.
Dopo qualche minuto arrivo a destinazione. Le gambe continuano a tremare e non a causa del freddo. Mi stringo all'interno del mio cappotto prima di poter finalmente decidere di voler bussare alla sua porta, soprattutto per evitare l'ipotermia.
Il mio braccio si tende verso l'alto e la mia mano si conforma in un pugno, ma il mio gesto viene immediatamente interrotto dal suono quasi fastidioso della suoneria del mio cellulare. Lo tiro fuori, cerco di mettere a fuoco il display del dispositivo. Mi accorgo che il numero che sta chiamando non è salvato in rubrica. Solitamente non rispondo ai numeri che non so riconoscere, soprattutto quando non è stata concordata nessuna chiamata da un contatto che potrei non aver salvato sul cellulare. Senza pensarci più di tanto, però, decido di rispondere.
«Pronto?» dico timidamente. Mi gratto la testa.
«Michael ... sono io». Riconosco subito la voce. Porgo la mia mano sulle labbra in gesto di sorpresa. Per qualche istante perdo la sensibilità alle gambe, al corpo, alla mente. Il mondo sembra crollarmi addosso. Tutto ciò che riesco a pensare è: non di nuovo.
Non di nuovo tu.
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