33. Ti amo così tanto ma non mi piaci più

I love you, Dexter.

So much.

I just don't like you anymore.

One Day (2011)

Dopo aver accompagnato Alberto in aeroporto, accetto la proposta del rettore.

Torno al mio monolocale sul Quinto Arrondissement e alla vita accademica, elettrizzata, spaventata e un po' timorosa. Perché il livello di sfida si è fatto più complesso, su tutti i fronti. Per i primi mesi tutto fila a meraviglia, torno a Roma non appena possibile, Alberto mi fa le improvvisate nel weekend e spesso ci incontriamo ad Aix en Provence, dove Alvaro Malaguti, che ha ripreso il proprio ruolo di responsabile di succursale estera, è sempre ben felice di accoglierci. Poi subentra la routine, gli imprevisti hanno sempre più spesso la meglio su noi due finché, alla fine dell'estate, rientrata a Roma a incarico terminato, realizzo di trovarmi alle prese con un ménage di coppia ormai logoro.

La consapevolezza giunge, improvvisa e lapalissiana, mentre ci rechiamo insieme al matrimonio di Carlotta Luciani e Alessandro Ferri.

L'evento - che può dirsi sostanzialmente riuscito, data la palese soddisfazione degli sposi nel convolare a nozze su un prato, in una cerimonia all'americana, con la sposa nuovamente accompagnata all'altare dal padre, lo sposo raggiante ed elegantissimo e il figlio a rivestire i panni del paggetto imbarazzato - ci trova stanchi e disattenti, distratti persino mentre volteggiamo sulle note di I love you for Sentimental Reasons di Nat King Cole che, d'un tratto, non rappresenta più la nostra canzone bensì il nostro canto del cigno.

Durante l'occasione mondana, che avevo immaginato come una sorta di prova del nove della solidità del nostro rapporto, osservo di sottecchi l'uomo che mi stringe la vita, notando ancora una volta il profilo della mascella ruvida che mi provoca il solletico quando ci sfioriamo, la folta chioma fulva che adoro scompigliare e gli occhi, inquieti come un mare in tempesta. Adombrati di una tristezza legata a pensieri lontani o, forse, soprattutto, a noi due.

La musica finisce e ne approfitto per porre una distanza anche fisica tra noi, avvicinandomi al buffet in cerca di una bevanda dissetante che mi salvi da questa torrida giornata di fine estate.

‹‹Sono contento che tu e Brancia siate qui›› esclama lo sposo, affiancandomi ‹‹Dati i trascorsi non era scontato e, beh, Carlotta e io lo apprezziamo molto››.

‹‹Personalmente ci sono solo per Attilio›› affermo, cercando con lo sguardo il bambino, che ho iniziato a considerare anche un po' mio ‹‹Comunque congratulazioni, il colpaccio della vita vi è riuscito con una maestria davvero degna di Occhi di Gatto››.

Il riferimento strappa un sorriso a Ferri, oggi inscalfibile nella propria felicità: ‹‹Anche a te e Alberto non è andata poi così male››.

Tergiverso: ‹‹Il tuo interesse è commovente››.

‹‹E dai, sono venuto in pace, visto che saremo una sorta di grande famiglia allargata›› rilancia lui ‹‹Perciò vorrei che superassimo le incomprensioni passate e deponessimo le armi, ci stai?››

‹‹Dipende›› replico ‹‹Dammi una buona ragione per fidarmi››.

‹‹Posso fare di meglio›› dichiara Alessandro ‹‹Posso segnalarti un'occasione››.

‹‹Se assomiglia all'ultima, passo volentieri›› ribatto, sul punto di allontanarmi se non aggiungesse: ‹‹Un incarico da maitre de conferences ad Aix en Provence››.

Mi blocco, intrigata mio malgrado.

I suoi occhi gialli mi scrutano mentre illustra: ‹‹Si è liberato un posto, l'ho saputo da alcuni colleghi con cui sono rimasto in contatto dopo l'anno da visiting professor››.

Sto per obiettare ma il nuovo marito di Carlotta Luciani non ha finito: ‹‹So che speri di essere tornata nelle grazie delle alte sfere sorboniane ma potrebbe volerci tempo, finché Moreau non sarà condannato in via definitiva. Nel frattempo la Provenza potrebbe essere un'ottima soluzione per te e Brancia››. Di fronte alla mia occhiata scettica, si difende: ‹‹Sarebbe tutto perfettamente legale, potrai constatarlo tu stessa se deciderai di partecipare››.

‹‹Anche se partecipassi, non è detto che vincerei›› gli faccio presente ‹‹E tu comunque non ci guadagneresti nulla, Ferri››.

‹‹Credo che avresti buone possibilità›› ribatte lui ‹‹E poi te l'ho detto, una stimata collega come te preferisco averla come alleata, specie durante le cene di famiglia, che non come nemica››.

Di fronte alla mia occhiata scettica, aggiunge: ‹‹Permettimi di provare a fare ammenda, per Attilio, se non altro. Ti è molto affezionato››.

‹‹E io a lui›› ribadisco ‹‹È un bambino speciale››.

Alessandro annuisce e, in quel gesto, individuo tutta la sua vulnerabilità al riguardo. Chissà se riuscirà a farsi amare, soprattutto quando, presto o tardi, suo figlio saprà la verità sul suo conto.

D'un tratto, la rabbia per i torti subiti svanisce e rispondendo al suo cenno, decido di cogliere il ramoscello d'ulivo, anche se con riserva sul piano professionale.

‹‹Se ci avevi ripensato, avresti dovuto parlare prima›› Alberto è alle mie spalle e mi sta guardando con occhi di fuoco ‹‹Temo che ormai il professor Ferri sia impegnato e tu ti stai solo rendendo ridicola››.

‹‹Dovresti bere di meno durante queste occasioni›› lo rimbrotto ‹‹È evidente che non reggi l'alcol››.

‹‹Quello che non reggo è vedere la mia ragazza fare la svenevole con un altro nel poco tempo che passiamo insieme›› replica lui a muso duro.

Così capisco che non possiamo più andare avanti in questo modo.

‹‹Cielo, Alberto, sei paranoico›› lo accuso ‹‹Saluta tutti che andiamo via››.

‹‹Io non vado da nessuna parte›› replica lui ‹‹Sono esausto››.

‹‹Anch'io, Alberto, credimi›› sbotto ‹‹Anche io››.

  Mi allontano a grandi passi, intenzionata a lasciare il ricevimento prima di scoppiare in un pianto dirotto ma lui non me lo permette, mi segue:

‹‹Marina, che succede?››

‹‹Ti amo tanto, Alberto, ma non mi piaci più. Non mi piace quello che siamo diventati›› prorompo ‹‹Tu mi avevi avvertita ma non ho voluto darti ascolto. Lo faccio adesso e ti prego di perdonarmi, col tempo, se potrai››.

Lo sgomento sul suo viso è assoluto. Eppure è lucido come non l'ho mai visto, adesso:

‹‹Mi stai lasciando?››

‹‹Ci abbiamo provato ma non ha funzionato›› ribadisco ‹‹Non funzioniamo più, Alberto. Forse non l'abbiamo mai fatto davvero››.

Scuote la testa: ‹‹Non dire così, non rinnegare tutto››.

‹‹Per tutti questi anni abbiamo mantenuto lo stesso tempismo sbagliato›› affermo ‹‹E questa cosa ci ha logorati più di tutto il resto››.

‹‹Il tempismo non c'entra nulla, è sempre stata una questione di priorità›› ribatte lui ‹‹E io, Marina, non sono mai stato in cima alle tue››.

‹‹Sei tu a non aver mai fatto un passo verso di me›› gli rinfaccio. ‹‹Non mi sei mai venuto incontro, dando per scontato che dovessi essere io a sacrificarmi ogni singola volta››.

Ripensando alle parole di Alessandro, la rabbia divampa ancora più forte:

‹‹L'ho fatto e non rimpiango nulla però non basta, non più›› chiarisco ‹‹Io voglio la favola, Alberto››.

‹‹Dimentichi, Marina, che le favole hanno sempre una morale sul finale›› mi fa presente. ‹‹Con ogni evidenza la nostra è che non siamo fatti per stare insieme››.

Ci fissiamo per un attimo, increduli per quanto sta accadendo, poi l'incantesimo svanisce.

Non c'è altro da aggiungere, ci siamo già feriti a sufficienza.

Dunque ci separiamo, imboccando strade diverse, come i corsi e ricorsi storici tra noi ci hanno già insegnato.

Spazio autrice
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