32. Divenire

Attachment is such a difficult thing to undo.

Bright Star (2009)

La gioia per aver sfangato la cena di famiglia sfuma piuttosto in fretta perché la settimana successiva porta con sé due novità piuttosto significative, per posta.

La prima riguarda la ricezione dell'invito al matrimonio di Carlotta Luciani e Alessandro Ferri.

‹‹Ci andremo insieme››. Quella di Alberto è un'affermazione, non una domanda e, per quanto mi sarebbe piaciuto declinare l'offerta di presenziare a una pacchianata del genere, capisco che il rosso del mio cuore, in quanto padre legittimo del figlio della sposa, dovrà esserci e non mi va di lasciarlo solo. Non obietto, dunque, passando all'altra scottante questione che ho rimandato sin troppo a lungo.

Tra il mare magnum di corrispondenza è infatti affiorata una richiesta di comparizione di fronte alla magistratura francese, ufficializzando i timori di coinvolgimento nei guai giudiziari del mio ex mentore. Quando gliene parlo, Alberto si mostra stranamente calmo.

‹‹Purtroppo non posso occuparmene di persona, perché non sono un penalista›› afferma ‹‹Però ho in mente la persona che potrà fare al caso nostro››.

Acconsento, afflitta.

‹‹Da quanto tempo lo sai?››

‹‹Avevo sentito qualcosa poco prima del gala ma speravo non esserne coinvolta›› gli rivelo ‹‹Avevo già lasciato la Sorbonne e ti giuro, Alberto, ti giuro che non ho mai chiesto, ricevuto o avvallato trattamenti di favore da nessuno, men che meno da Gerard Moreau, anche se la mia relazione con suo figlio potrebbe portare ad altre conclusioni››.

‹‹Ti credo, ma è tutta questione di dimostrarlo, adesso›› afferma il mio attuale compagno. ‹‹Hai bisogno di prepararti all'incontro con i magistrati, Marina››.

Accetto quindi di trasferirmi di nuovo a Parigi, per conoscere e approntare una strategia legale con la mia nuova avvocata, una collega penalista che sia Alberto che Alvaro conoscono e reputano molto in gamba.

Per assurdo, mi trovo in partenza quando anche le mie sorelle lo sono. Andremo tutte e tre insieme all'aeroporto, ciascuna diretta verso una diversa destinazione; io volerò oltralpe, Kitty tornerà nella Grande Mela per concludere i suoi studi ed Elisa a Tel Aviv, decisa più che mai a dire addio alla sua vita coniugale.

Lei e Guglielmo non fanno altro che litigare, ormai, quindi procedere con la separazione per divergenze inconciliabili sembra la soluzione migliore per entrambi. Guglielmo è già partito, richiamato dai propri doveri diplomatici e, nel salutarlo, ho provato molta pena per lui. Sguardo spento, pallore cadaverico, visibilmente dimagrito, ho l'impressione che sia lui a soffrire di più per via di questa brutta situazione.  Ho provato quindi a parlare ancora una volta con mia sorella maggiore ma non ha voluto darmi ascolto; Eli vuole lasciare lo Sheba Medical Center e ritornare in pianta stabile a Roma, dove ha già ricevuto diverse offerte di collaborazione con alcune cliniche private.

Penso a loro durante il viaggio, a me, a quanto le circostanze possano cambiare nel giro di poco. E a quanto lo faranno ancora, nel bene e nel male.

Laura Reinard è bassa, smilza e parecchio sveglia. Poco più che trentenne, parla velocissimo ma riesce a cogliere i punti salienti della situazione con insolita perspicacia.

Mi trovo bene con lei e lo comunico ad Alberto, quando ci sentiamo al telefono, prima di andare a dormire.

‹‹Mi manchi›› mi lascio sfuggire, suonando patetica alle mie stesse orecchie.

‹‹Anch'io sento la mancanza della mia ragazza›› ammette lui.

‹‹La tua ragazza?›› ripeto.

‹‹Sei tu a non voler correre troppo, Benedetti›› mi rinfaccia. ‹‹Fosse stato per me, avremmo già superato questa fase››.

‹‹Per evolverci in cosa?›› lo stuzzico ‹‹Sentiamo››.

‹‹Fidanzati?›› ipotizza lui. ‹‹Marito e moglie?››

Il tono vorrebbe essere leggero ma non riesce nell'intento e mi causa un tuffo al cuore.

‹‹L'annuncio delle seconde nozze della tua ex ha risvegliato il tuo lato competitivo?›› cerco di buttarla sullo scherzo.  ‹‹Non abbiamo più vent'anni, andiamoci piano, per favore››.

‹‹Proprio perché abbiamo una certa età dovremmo darci una mossa›› ribatte lui.

‹‹Quando questa cosa giungerà al termine, ne parleremo, te lo prometto›› affermo. ‹‹Ma nelle giuste circostanze e, soprattutto, di persona, ché non sono discorsi da fare al telefono››.

‹‹Okay, va bene›› cede ‹‹Ti saluta Attilio, stasera dorme qui da me ed insiste affinché gli legga le favole di Esopo che gli hai regalato la settimana scorsa››.

‹‹Salutalo anche tu, gli mando una carezza›› ricambio. ‹‹E un bacio a te, ché anche se non ci sposiamo domani, voglio che tu sappia che ti amo, Bertie››.

‹‹Ti amo anch'io, Marina, to the moon and back›› esclama il rosso del mio cuore.

‹‹Stai ascoltando Sinatra, per caso?›› indago.

‹‹Fly me to the moon›› conferma ‹‹Ma non è lo stesso senza di te››.

‹‹Non mi starai diventando sentimentale, eh, Brancia?››.

‹‹Non credo, no, ma rimedierò quando tornerai››.

Nel frattempo, la preparazione con l'avvocato Reinard dà i propri frutti e me la cavo bene a rispondere agli inquirenti. Non sono indagata, solo una persona informata sui fatti, non ci sono evidenze o prove che dimostrino un mio coinvolgimento negli illeciti del professor Moreau. Nonostante ciò, vogliono sentirmi un'altra volta e poi un'altra ancora prima di assicurarmi che non verrò coinvolta ulteriormente nell'inchiesta né mi verranno contestati capi d'accusa, anzi, che ci siano tutti gli estremi per costituirmi parte civile nel processo penale che seguirà ad accertare le eventuali responsabilità del mio ex mentore nel defraudarmi dell'incarico che, se tutto fosse andato secondo equità e giustizia, avrebbe dovuto essermi affidato da mesi.

Non è ancora finita, dunque, ma il sollievo è comunque grande.

Nondimeno Laura, che ho imparato a considerare un'amica, mi mette in guardia: ‹‹Hai un altro colloquio da sostenere, oggi››.

‹‹Ah sì? E perché non ne sapevo nulla?›› le chiedo

‹‹Perché mi hanno dato un preavviso brevissimo e forse non è neppure un male››. replica lei, con un sorriso furbo sulle labbra.

Le criptiche dichiarazioni del mio avvocato fanno risalire l'ansia, che cresce ancora quando ci ritroviamo a Place du Panthéon, ubicazione del rettorato della Sorbonne.

È il rettore in persona a ricevermi.

In seguito ai soliti convenevoli, si giunge al punto.

L'Ateneo ha fatto il possibile per contenere lo scandalo e, tra le misure che si sono rivelate necessarie, vi è stato anche il passo indietro di coloro che ne sono stati protagonisti, tra cui il professor Moreau e il vincitore del bando di concorso per il ruolo di maître des conferences nella cui graduatoria sono risultata seconda.

Proprio in virtù di ciò, prendendo atto della mia estraneità ai fatti da cui, peraltro, sono stata danneggiata, mi si chiede di ricoprire l'incarico in questione per il resto dell'anno accademico al fine di garantire continuità didattica.

L'imprevedibilità di un simile rovescio di fortuna mi impedisce di pensare con lucidità ma, per fortuna, l'avvocato Reinard prende in mano le redini della situazione, riuscendo a strappare al rettore un po' di tempo per riflettere sulla proposta.

Sono ancora sotto shock quando ci sediamo in una boulangerie nei pressi degli Champs Elysée, dove attendiamo Alberto, che giunge nel giro di pochi minuti.

‹‹Quindi è finita?›› domanda abbracciandomi, dopo aver stretto la mano di Laura.

‹‹La vicenda legale, perlomeno›› puntualizza lei.

Alberto mi osserva: ‹‹Che significa?››

‹‹È meglio che ne parliate a quattrocchi, io devo proprio scappare›› si congeda il mio legale.

Rimasti soli, bevo un sorso di acqua tonica per farmi coraggio sotto lo sguardo carico di interrogativi del mio compagno.

‹‹Gli inquirenti non sono stati gli unici a volermi incontrare, oggi›› esordisco. Il rosso attende in silenzio che prosegua, così vado al sodo senza tirarla troppo per le lunghe: ‹‹Appurato che non avevo nulla a che fare con i magheggi di Moreau e dei suoi sottoposti, il rettore della Sorbonne mi ha offerto l'incarico di maître des conferences per il resto dell'anno accademico››.

Si prende qualche minuto per elaborare: ‹‹Era quello che volevi e avresti ottenuto se le graduatorie non fossero state truccate, giusto?››

Annuisco. ‹‹È una posizione equivalente a quella di un professore associato italiano, per intenderci››.

‹‹Realizzeresti il tuo sogno di rilancio della carriera accademica›› constata lui.

‹‹Forse, al momento si tratterebbe di qualche mese, senza alcuna garanzia di assunzione›› gli faccio presente. ‹‹Se Moreau e l'attuale vincitore di concorso venissero dichiarati non colpevoli in tribunale, potrebbero essere reintegrati››.

‹‹E quante sono le probabilità che vengano scagionati?›› si informa Alberto.

‹‹Secondo Laura, molto poche›› ammetto ‹‹Ma sai meglio di me che la verità dei fatti e quella processuale spesso non coincidono››.

‹‹Se venissero riconosciuti colpevoli, però, l'università sarebbe costretta a bandire un nuovo concorso›› ipotizza l'avvocato Brancia Testasecca ‹‹Ci parteciperesti?››.

L'interrogativo mi spiazza, per cui mi viene spontaneo tergiversare:

‹‹Sono solo speculazioni, Alberto›› taglio corto ‹‹Concentriamoci sul presente, okay?››

Annuisce: ‹‹Allora pensi di accettare la proposta del rettore?››

Lo chiede fissando le nostre mani unite, le dita che si sono intrecciate e non riescono a lasciarsi andare, con cui giocherella per nascondere l'agitazione di cui anche io, adesso, mi sento preda. Eppure sfilo le mie e le pongo ai lati del suo viso, costringendo i suoi occhi brillanti come i laghi d'estate a incrociare i miei:

‹‹Non voglio decidere da sola, Alberto. Perché le circostanze sono cambiate e io non sono la stessa Marina di qualche mese fa, quella che mette la carriera al di sopra di tutto›› esclamo ‹‹Non voglio sprecare questa seconda possibilità che ci siamo dati, perciò voglio che decidiamo insieme il da farsi››.

Un sorriso beffardo fa capolino sulle labbra del rosso del mio cuore:

‹‹Cosa vuoi che ti dica, Marina? Che saranno solo sei mesi, che non cambierà nulla, che hai la mia benedizione?›› sbotta ‹‹A differenza tua, continuo a non credere alle relazioni a distanza né che la nostra sopravvivrebbe a incontri fugaci ritagliati alla routine››.

La speranza si infrange contro il muro della disillusione. ‹‹Quindi la storia si ripete e mi stai di nuovo mettendo di fronte a una scelta tra te e le mie aspirazioni accademiche? Sul serio? Nonostante tutto quello è successo da allora?››

‹‹No, Marina, perché imparo dai miei errori›› replica Alberto ‹‹E il mio, questa volta, è stato quello di pensare che non ci sarebbe più stata necessità di scegliere››.

Pare sul punto di andarsene eppure resta. È tormentato, glielo leggo in faccia, eppure non posso cedere su una questione così importante, la stessa che ha già messo in discussione una volta il nostro rapporto.

‹‹Perché?›› domando ‹‹Spiegami per quale motivo non possiamo trovare un compromesso››.

‹‹Credi che non mi trasferirei se potessi?›› prorompe ‹‹Ma sono il socio dirigente di uno degli studi legali più in vista di Roma ed è lì che devo stare per assicurarmi che continui ad esserlo. Vuoi davvero che l'eredità di tuo padre si disperda per colpa di un tuo capriccio momentaneo?››

Un tuo capriccio momentaneo. Le ultime parole costituiscono la secchiata d'acqua gelida necessaria a far sì che torni in me.

‹‹Non osare, non ti azzardare a usare papà contro di me, proprio tu che sei andato a bussare alla sua porta solo quando non avevi altre alternative›› sibilo ‹‹Marcello Benedetti era un grande giurista e un grande uomo, è vero, e proprio per questo, pur non accettando le mie decisioni, non ha mai tentato di tarparmi le ali››.

‹‹Io non voglio tarparti le ali, Marina, non ho mai voluto farlo››. ribatte Alberto.

‹‹Allora dacci una possibilità›› esclamo ‹‹Proviamo a farla funzionare, questa volta››.

Torniamo a stringerci le mani, negli occhi una promessa che suggelliamo con un bacio nella città dell'amore che, però, mi appare ancora bugiarda e, in qualche modo, ostile.

Perciò mi rifugio nell'abbraccio dell'uomo che amo, ignorando la sensazione che, in qualche modo, lo sto già perdendo.

Spazio autrice
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