24. Quel che resta del giorno

Cambiano i versi delle canzoni

I silenzi, i sorrisi, il nero dei vestiti

Sei cambiata anche tu

Che pensi sempre a tutto quello che non hai

Che forse è troppo presto per un figlio

E pensi sempre a tutto quello che non hai

E che forse non avrai mai.

Motta, Quello che siamo diventati

Se c'è una persona che sa come sono andate davvero le cose tra Carlotta Luciani e Alessandro Ferri sette anni fa, quella è mia sorella Elisa.

Essere la migliore amica dell'epoca di una dei due diretti interessati, infatti, la rende una delle poche persone che potrebbero essere al corrente della reale situazione dei fatti e non di mere voci.

Perciò, seguendo questa logica, la intercetto in giardino quando siamo sole a Villa Ines, eventualità abbastanza frequente al momento, visto che nostra madre e Kitty trascorrono tutto il loro tempo al circolo con la scusa dell'organizzazione della festa di compleanno.

Sono pronta a partire con il terzo grado quando, avvicinandomi, la sento chiudere con rabbia una chiamata al marito prima di reprimere a stento un singhiozzo.

‹‹Vuoi parlarne oppure dovrò chiedere domani al caro cognato?›› esordisco, decidendo di mettere da parte per un attimo le mie paturnie.

‹‹Non succede nulla, tranquilla›› replica lei in fretta, seppur i suoi occhi rossi dicano il contrario.

Di fronte alla mia espressione scettica, sgancia la bomba:

‹‹Sto pensando di avviare le pratiche per la separazione. Guglielmo e io non ci comprendiamo più››.

La portata di una simile rivelazione mi lascia attonita. ‹‹Non potrebbe essere una semplice crisi del settimo anno?››.

Mia sorella scuote la testa: ‹‹Sono mesi che Mino e io ci incrociamo a malapena, sempre di corsa. Non dormiamo nemmeno più insieme, si è trasferito nella stanza degli ospiti sostenendo di non volermi disturbare con i suoi orari folli›› rivela.

‹‹Ma la verità è che non gli interesso più come donna, figuriamoci come moglie. I figli che non abbiamo avuto ci hanno allontanati più di tutto il resto››.

Queste parole mi sconvolgono perché, ai miei occhi, dacché si sono sposati, Elisa e Guglielmo Mattei sono sempre stati la coppia perfetta. Entrambi belli, in carriera, di successo e poco importava che lui ci avesse messo anni a decidere tra lei e Carolina, anzi. Credevo che proprio per questo la scelta fosse definitiva, destinata a durare finché morte non li avesse separati.

Mi torna in mente l'esitazione di Georgiana nel rispondere alla domanda su come stessero i nostri fratelli, a Tel Aviv. Con ogni probabilità già sa. E allora non mi resta che cercare di capire:

‹‹Perché dici così?››

‹‹Perché è vero, Mar›› insiste mia sorella, mentre una lacrima furtiva le attraversa il viso. ‹‹Abbiamo passato tanti anni a cercare un figlio che non è mai arrivato e questo ci ha logorati››.

La voce si spezza ma io le resto accanto, in attesa.

‹‹Potrebbe esserci un'ultima speranza però Guglielmo si rifiuta di procedere con il trattamento, dati gli esiti disastrosi del precedente, e la discussione che abbiamo avuto, lo sguardo che mi ha rivolto... Mi hanno fatta sentire una macchina rotta››.

Avverto un tuffo al cuore perché è l'ennesima cosa di cui non sapevo nulla.

Mia sorella, la brillante dottoressa Mattei, a capo di un'équipe medica d'avanguardia nonché una delle persone più altruiste e genuine che conosca, si è portata dentro un dolore simile senza mai farne parola, sempre con il sorriso sulle labbra, fingendo che andasse tutto bene. Le mie recriminazioni appaiono meschine al confronto.

‹‹È buffo, no? Io che di mestiere sono chiamata ad aggiustare la gente non posso fare lo stesso per me stessa. Quando l'ho realizzato, ho capito di dover andare via, perché l'assenza di un figlio contava più di noi due, che eravamo lì, a un passo da noi, senza più riuscire a ritrovarci››.

Rimaniamo per un po' in silenzio, poi domando: ‹‹Guglielmo è al corrente delle tue intenzioni?››

Eli scuote la testa: ‹‹Non lo so, magari tenterebbe di dissuadermi, di convincermi che va tutto bene e che troveremmo un'altra soluzione però non voglio più accontentarmi, Marina››.  Sospira. ‹‹A volte penso che avrei dovuto lasciarlo a Carolina›› mormora ‹‹Forse insieme sarebbero stati felici, di certo più di quanto lo siamo noi in questo momento››.

‹‹Che sciocchezze›› esclamo, passandole una mano intorno alle spalle per confortarla. ‹‹Sei una donna forte, generosa e leale, capace di affrontare sfide inimmaginabili con grande tenacia e abnegazione››. La sua espressione rimane mesta, quindi aggiungo: ‹‹Se tuo marito è stato tanto sciocco da dimenticarsene oppure darlo per scontato, glielo ricorderemo noi, domani sera. Perché verrà, al compleanno di mamma, vero?››

‹‹Me lo ha confermato›› annuisce ‹‹Prenderà l'ultimo volo in partenza da Tel Aviv per Fiumicino››.

‹‹Sai cosa ti ci vorrebbe?›› propongo. ‹‹Una sessione di shopping compulsivo con tappa al salone di bellezza e serata tra sorelle››.

‹‹Andata›› mormora lei, asciugandosi le lacrime per poi chiamare Kitty e Georgiana, che accettano entusiaste.

Trascorriamo quindi il pomeriggio a zonzo, scegliendo abiti, smalti e tagli di capelli.

Torniamo a Villa Ines rigenerate e, dopo aver cenato insieme a nostra madre con sushi a domicilio, occupiamo camera mia per un pigiama party corredato da rewatch collettivo di commedie romantiche.

La scelta ricade sulla trasposizione cinematografica di Orgoglio e Pregiudizio di Joe Wright, con Keira Knightley e Matthew Macfadyen. La passione per i romanzi di Jane Austen, infatti, mette d'accordo tutte.

‹‹Mi chiedo perché mai debbano sempre snobbare la povera Mary. Avrebbe meritato di sposarsi più di quell'ipocrita di Charlotte›› protesto. In fondo, anche se la terza sorella Bennet è l'emblema dell'erudizione fine a sé stessa, un po' mi ci rivedo in lei.

‹‹Concordo, ma un Mr Collins per marito non lo augurerei a nessuno›› osserva Elisa ‹‹Inoltre non ci sarebbe stata la dichiarazione di Hunsford, senza il matrimonio di Charlotte››.

‹‹Oppure ci sarebbe stata comunque e Mary si sarebbe riscattata come personaggio, insieme al vincolo della proprietà di Longbourn›› obietto. ‹‹La Austen avrebbe potuto salvare capre e cavoli, invece non l'ha fatto››. Se avessi potuto cambiare un elemento del romanzo, sarebbe di certo stato questo.

‹‹È un po' triste pensare al matrimonio come unico mezzo di riscatto sociale per una donna›› commenta Georgiana.

‹‹Già, e purtroppo in alcune parti del mondo è ancora vero›› si inserisce Kitty ‹‹La sola prospettiva di sposarmi e passare il resto della vita con un'unica altra persona mi fa orrore››.

‹‹Specie se è una persona con cui pensavi di non avere niente in comune›› mormora Gigì ‹‹E invece, sul lungo periodo, potresti ricrederti››.

Memore della conversazione avuta con Elisa questa mattina, provo ad alleggerire l'atmosfera: ‹‹Suppongo che rivedrei parecchie delle mie convinzioni se un uomo mi guardasse così mentre mi dichiara amore eterno››.

Kitty mi lancia un cuscino: ‹‹Sapevo che, sotto sotto, anche tu sei umana››.

‹‹Mai negato di esserlo›› replico.

‹‹Bene, sarebbe un buon momento per dimostrarlo›› esclama mia sorella minore, tirando fuori una bottiglia di whiskey torbato invecchiato.

‹‹Dove l'hai presa quella?›› domanda la maggiore.

‹‹In prestito dalla cantina›› dichiara Kit ‹‹È perfetta per giocare ad una versione casalinga di Io non ho mai›› E, per dimostrarlo, la stappa, versandone il contenuto in quattro shottini sottratti al servizio buono.

‹‹Non mi sembra il caso, domani è il compleanno di mamma›› la redarguisce Elisa ‹‹Non possiamo ciondolare in pieno post sbornia al Country Club››.

Per tutta risposta, nostra sorella comincia il gioco:

‹‹Io non ho mai messo piede da sobria al Country Club››. Dal momento che pare essere l'unica ad averlo fatto, le tocca ingurgitare d'un fiato il liquido ambrato, per poi continuare: ‹‹Io non ho mai avuto un ragazzo pel di carota›› esclama, chiaramente rivolta a me.

Con mio enorme stupore, bevono anche Elisa e Georgiana. Proprio quest'ultima prende la parola: ‹‹Io non ho mai marinato la scuola››.

Kitty alza gli occhi al cielo prima di bere: ‹‹Sembra di stare all'asilo››.

Elisa prende la parola, rivolgendosi alla cognata: ‹‹Io non ho mai ricevuto uno spartito trascritto a mano da un ammiratore››.

La mia migliore amica beve. Non riesco a trattenere la curiosità: ‹‹Davvero? Chi te lo ha mandato?››

Georgiana ed Elisa esclamano in sincrono:

‹‹Nessuno››.

‹‹Thomas Bertrand››.

Se le occhiatacce potessero uccidere, mia sorella maggiore si sarebbe accasciata sul tappeto sotto quella di fuoco scoccatale dalla cognata: ‹‹Ti avevo chiesto di tenerlo per te!›› esclama Gigì.

Elisa, su cui gli effetti del liquore stanno iniziando a farsi sentire, fa spallucce: ‹‹Suvvia, siamo in famiglia. E poi è una cosa bella avere qualcuno che ti apprezza››.

‹‹Ne parli come se per te non fosse lo stesso›› borbotta Kitty.

Eli sta per ribattere, ma sospetto sarebbe una di quelle confessioni di cui potrebbe pentirsi, ergo prendo la parola: ‹‹Da quando Bertrand ti manda spartiti trascritti a mano?››

La mia amica pianista minimizza: ‹‹È una sinfonia che vorrebbe suonassi durante il gala, niente di più››.

‹‹Quello in cui presenteranno la tua collezione?›› si informa Kitty ‹‹Ho sempre sognato di indossare un abito di Raoul Monti››.

‹‹È per una buona causa›› afferma Georgiana. ‹‹E spero che sarete tutte lì a sostenermi››.

‹‹Ci puoi scommettere›› replica Kitty, entusiasta. ‹‹Non me lo perderei per nulla al mondo. E vi truccherò io›› aggiunge.

‹‹Helga Landmann dovrà davvero impegnarsi se vorrà reggere il confronto con te, quella sera›› affermo, rivolta a Gigì.

‹‹Si merita che qualcuno le tenga testa›› commenta Kitty ‹‹L'ho incrociata in un paio di occasioni e non fa altro che vantarsi di aver sfilato per i migliori stilisti insieme a Kate Moss, Cindy Crawford e Carla Bruni››. L'espressione della mia sorellina è piuttosto eloquente: ‹‹Io ho conosciuto e truccato le sorelle Hadid ma mica me la tiro tanto››.

Sto per farle notare che non è proprio la stessa cosa quando Elisa, ormai decisamente ubriaca, dichiara: ‹‹Io non ho mai truccato niente, neppure quando avrei potuto farlo per aiutare un'amica in difficoltà››.

Potrei ignorare i suoi vaneggiamenti eppure le sue parole hanno fatto scattare un campanello d'allarme nella mia testa: ‹‹Chi ti avrebbe chiesto una cosa simile, Eli?››

Ma lei non mi ascolta. ‹‹E l'avrei pure fatto, se non fosse stato contrario alla deontologia professionale, a tutto ciò in cui credo›› biascica ‹‹Chissà, forse l'Universo mi sta punendo per questo››.

Georgiana interviene con fermezza: ‹‹A cosa ti riferisci, Elisa?››

‹‹Il bambino... Ha mandato in malora il matrimonio esattamente come sta accadendo al mio›› farfuglia mia sorella, prima di sprofondare in un sonno pesante, senza sogni, indotto dall'alcol. Kitty vorrebbe svegliarla ma la blocco: ‹‹No, non servirebbe. Inoltre, se si tratta di una situazione legata all'ambito medico, potrebbe violare il segreto professionale parlandocene››.

Turbate dalla mancata rivelazione, ci mettiamo a letto, ma io non riesco a prendere sonno.

Mi rifugio in biblioteca per non svegliare le altre, sprofondate tra le braccia di Morfeo non appena toccato il cuscino.

Esclusa l'eventualità di affrontare direttamente la questione con il medico della famiglia, mi lancio in sfrenate congetture. Le più plausibili mi conducono tutte a Carlotta Luciani e al piccolo Attilio.

È possibile che abbia preso un abbaglio, che sia Ferri il padre biologico di Attilio e non Alberto?

Mi impongo di ragionare lucidamente mentre tutte le tessere del puzzle vanno a posto, o quasi.

Conoscendolo, posso immaginare che Alberto, saputo la verità, abbia chiesto la separazione da una moglie che l'ha ingannato su una questione così scottante e lasciato l'incarico che l'avrebbe portato a lavorare ogni giorno a stretto contatto con l'ex amico e il suocero, ma so anche che non avrebbe agito in modo tale da arrecare danno a una creatura innocente. Perlomeno, il mio Alberto non lo avrebbe mai fatto.

Quello che siamo diventati.

Ma chi siamo diventati, Alberto?

Me lo chiedo scivolando nel sonno, raggomitolata sulla mia poltrona preferita della biblioteca, con in grembo un libro di poesie e in testa l'ennesimo interrogativo senza risposta.

Spazio autrice
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