17. Gioco di specchi

La vostra immagine del mondo è incompleta

In un modo davvero straordinario e anomalo.

Vedete solo quello che volete vedere.

Cormac McCarthy, Cavalli selvaggi

D'un tratto tutte le tessere del puzzle vanno a posto, aiutandomi a comprendere quali siano le famose fonti a cui Ferri ha alluso durante i nostri incontri provenzali. Con ogni evidenza, la vicinanza tra lui e Carlotta durante l'evento al Conservatorio non era casuale. Decido di indagare con tatto:

‹‹Dev'essere dura lavorare a stretto contatto con Attilio Luciani›› esordisco ‹‹Eravamo vicini di casa prima che il professore e signora si trasferissero ai Castelli, so per certo che è una persona molto puntigliosa››.

‹‹È un bene che lo sia›› afferma Alessandro ‹‹La forma è sostanza, in ogni circostanza››.

‹‹Immagino la stessa etica si sia trasmessa alla figlia›› lo incalzo ‹‹Che, a proposito, si trova a ore undici dietro di te e ci sta tenendo d'occhio da almeno un quarto d'ora››.

Occhi di Gatto frena a stento l'impulso di voltarsi, rivolgendomi un sorriso sghembo, con cui di solito, probabilmente, riesce a distrarre le interlocutrici più sensibili al suo fascino ferino. Ma non me. ‹‹Se Carlotta Luciani rappresenta una di quelle fonti attendibili a cui accennavi, beh, mi tocca smentirti›› lo informo.

‹‹Per via dei suoi trascorsi sentimentali con Alberto Brancia Testasecca?›› chiede lui. Giochiamo a carte scoperte, finalmente.

‹‹Chiamali trascorsi sentimentali, un matrimonio seppur finito e un figlio›› ironizzo ‹‹In ogni caso no, o meglio, non solo››.

Un rapido sollevarsi delle sopracciglia è un invito più che sufficiente affinché continui:

‹‹L'ex signora Brancia Testasecca è stata la migliore amica di mia sorella maggiore per un ventennio e io non le sono mai andata a genio›› Non specifico che la cosa è assolutamente reciproca ma non serve essere un mago per intuirlo. ‹‹In ogni caso è bizzarro che tu abbia collegato Carlotta e me per via della vita amorosa anziché per la sua amicizia storica con Elisa›› faccio notare ad Alessandro ‹‹Perché quest'ultimo legame è sempre stato di dominio pubblico, la mia storia con Alberto, al contrario, era qualcosa di privato e confidenziale, di cui poche persone erano a conoscenza››.

Le mie osservazioni non sembrano toccarlo, perché mantiene un'imperturbabile espressione sorniona, dunque mi faccio ancora più esplicita:

‹‹Cosa mi stai nascondendo, Ferri?››

Una risposta chiara a una tale domanda, posta tra il serio e il faceto, è impossibile da evitare, penso, ma con ogni evidenza ho sottovalutato il mio interlocutore, che riesce a tergiversare, fissando un punto alle mie spalle: ‹‹Parli del diavolo e spuntano le corna››.

È il mio turno, adesso, di fingermi una statua di sale mentre gli lancio un'occhiata interrogativa. ‹‹Brancia, a ore dodici, sta fissando te›› riferisce lui. ‹‹In maniera abbastanza intensa, peraltro››.

‹‹Intrappolati dal fuoco incrociato?›› ironizzo.

‹‹La miglior difesa è l'attacco, cara dottoressa Benedetti›› esclama Alessandro, dopodiché beve d'un fiato ciò che resta del suo caffè ormai freddo e si congeda con un cenno del capo, preparandosi ad affrontare Carlotta.

Dopo qualche minuto, mi muovo anch'io con nonchalance in direzione dell'uscita ma, come da copione, vengo bloccata da Brancia: ‹‹Non sapevo che conoscessi Ferri››.

Nel suo tono c'è una nota d'allarme, che ignoro.

‹‹Salve, avvocato›› replico con una formalità che stona un po', date le circostanze del nostro ultimo incontro.

‹‹Quanta formalità›› osserva lui, infatti. ‹‹Non sei più una dipendente e io non sono più il tuo capo, direi che è sufficiente per metterla da parte in maniera definitiva, ti pare?››

‹‹Cosa vuoi, Alberto?›› Sono stufa dei giochetti, ergo opto per la franchezza.

‹‹Dovrei essere io a porti la domanda, considerando quanto è successo in Provenza›› replica.

‹‹Ciò che è successo in Provenza, rimane in Provenza›› esclamo ‹‹Credevo avessimo un tacito accordo su questo››.

‹‹È quello che vuoi?›› domanda, lanciandomi un'occhiata che non saprei definire.

Incrocio per un attimo i suoi occhi di ghiaccio. Cosa mi sta chiedendo esattamente?

Mi sembra di scorgere la risposta nell'ombra che gli attraversa lo sguardo, contenente ciò che siamo stati e che saremmo potuti diventare, ma non so se sarei pronta ad accettarla. Quindi batto in ritirata:

‹‹Detesto puntualizzare l'ovvio ma sono stata io a chiederlo per prima›› gli faccio presente.

‹‹Come desideri, allora››. Ne prende atto con un cenno del capo ma non riesce a nascondere un certo turbamento, che provoca scompiglio tra le carte che tiene in mano. Da un faldone fuoriescono diversi spartiti musicali, che vengono subito rimessi a posto.

‹‹Sono di Attilio›› spiega il rosso. ‹‹Devo portarglieli nel pomeriggio al S. Cecilia. Ha cambiato strumento, di nuovo››.

Annuisco: ‹‹Sono contenta che stiate trovando un equilibrio››.

‹‹Ho seguito il tuo consiglio›› ammette ‹‹Al momento sembra funzionare››.

Sono felice di essere stata utile, con la mia irruenza, al rapporto padre-figlio che Alberto ed Attilio stanno costruendo. Il pensiero, però, corre veloce a Carlotta, che si trova ancora dall'altra parte del locale in compagnia di Ferri, con cui sembra discutere in maniera animata.

‹‹Spero che sua madre approvi›› auspico, lanciando un'occhiata alla diretta interessata.

‹‹Ci siamo dati appuntamento qui proprio per discuterne›› mi rivela Alberto, seguendo il mio sguardo.

‹‹A proposito di Attilio, non ti ho mai ringraziata per averlo accompagnato›› esclama ‹‹Non eri tenuta a farlo ma credo che tu lo sappia›› Gli va dato atto che si sta sforzando, dunque tento di essere conciliante: ‹‹Tuo figlio è un bambino dolcissimo, simpatico e intelligente. Non mi è pesato affatto portarlo al Conservatorio, nonostante i risultati discutibili con lo strumento››.

‹‹Compirà sette anni la prossima settimana e, dal momento che sei stata così gentile con lui, avrebbe voluto invitarti alla festa che faremo a Bracciano›› rivela Alberto, con un accenno di insospettabile tenerezza. Poi, realizzando il senso delle sue parole, si riscuote: ‹‹Non avrei dovuto parlartene, non volevo metterti in imbarazzo, mi spiace››.

Scuoto la testa per minimizzare ma non mi guarda più. ‹‹Stammi bene, Marina›› aggiunge soltanto, imboccando la porta e lasciandomi impietrita sul posto.

Perché, a dispetto delle mie parole, sono stata sul punto di accettare.

Presenziare alla festa di compleanno del figlio di un ex che ho appena rifiutato.

Cosa diavolo mi sta succedendo?

Spazio autrice
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