15. Senza smettere di pensarci

Credo che ad alcune cose ci si possa abituare

Senza smettere di pensarci

Elizabeth Jane Howard, Confusione – La saga dei Cazalet

Due settimane dopo, è l'inizio della fine.

Mi attende una petite soirée con i notabili di Aix en Provence, a cui la prima succursale estera di Brancia & Associati si appresta ad aprire le porte, nell'ultimo atto di presenza richiestomi prima che il mio contratto possa dirsi ufficialmente risolto. Sono attesi anche il socio dirigente e la Proietti, al suo primo impegno pubblico dall'assunzione dell'incarico di nuova responsabile delle risorse umane della sede romana dello studio legale al posto di Anna De Giorgis.

Dacché ho l'impressione che sarà una serata memorabile, sotto diversi aspetti, impiego parecchio tempo a prepararmi.

Ho chiesto consiglio a Georgiana per l'outfit, optando per un abito scuro dal taglio molto classico e a Kitty - la mia sorellina che studia da make up artist alla MUD di New York - per trucco e parrucco, riuscendo a replicare con successo un tutorial proposto sul suo canale Youtube e a ottenere l'effetto vagamente retrò a cui aspiravo.

Me ne andrò in grande stile, considero, stendendo una tinta labbra di un rosso cangiante a completamento del look e le occhiate di apprezzamento, soprattutto maschili, che ricevo sembrano darmi ragione.

Quando faccio il mio ingresso, la sala è già affollata ma gli ospiti in arrivo da Roma non si vedono ancora.

Chiedo lumi a Malaguti, con cui nel frattempo faccio gli onori di casa distribuendo sorrisi, frasi di circostanza e strette di mano.

‹‹La Proietti è stata trattenuta›› mi informa. ‹‹Ma Brancia dovrebbe essere qui a momenti››.

Le sue parole paiono evocare il soggetto della nostra conversazione, perché lo scorgo sulla soglia, prendendomi un attimo per ammirarlo senza essere vista.

Alberto indossa uno smoking che gli calza a pennello, non è riuscito a domare completamente la folta chioma fulva ma, in ogni caso, non sembra nemmeno interessato all'effetto finale.

È bellissimo, realizzo senza mezzi termini, accompagnando l'improvvisa epifania con un bicchiere di champagne bevuto tutto d'un fiato.

Devo calmarmi, rimanere lucida stasera è essenziale. Perdo di vista per qualche tempo quello che sarà il mio capo ancora per qualche ora però, proprio quando inizio a pensare di averla scampata, me lo ritrovo di fianco.

‹‹Buonasera, Marina›› mi saluta. L'euforia per il successo che sta riscuotendo la serata e, forse, qualche bicchiere di troppo gli accendono lo sguardo, conferendo alla sua espressione un magnetismo senza pari.

Sollevo l'ennesimo calice verso di lui: ‹‹Alberto››.

‹‹Sei bellissima, stasera›› se ne esce. ‹‹Come sempre, del resto››.

‹‹Anche tu›› mi lascio sfuggire. Ci metto qualche istante di troppo a correggere il tiro: ‹‹Intendo dire che sei molto elegante, come al solito››.

Prende atto del complimento con un cenno del capo mentre gli occhi azzurri, spesso di ghiaccio, stasera brillano limpidi come pozze d'acqua sotto il sole di primavera. Distolgo i miei a fatica, come stordita. Gli effetti dell'alcol si stanno già facendo sentire.

‹‹Credo proprio che me ne andrò a dormire›› mormoro. ‹‹Comincio a sentire la testa pesante››.

‹‹Non prima di avermi concesso un ballo, spero›› esclama lui, abbagliandomi con un mezzo sorriso.

Adesso che me lo fa notare, registro che c'è stato un cambio di atmosfera in sala, il quartetto che abbiamo ingaggiato ha iniziato a suonare e diverse coppie stanno danzando.

‹‹Posso avere l'onore, dottoressa Benedetti?›› domanda, tra il serio e il faceto.

Senza sapere bene cosa sto facendo annuisco, ponendo la mano in quella che mi porge. Dopodiché mi lascio trascinare in pista sulle note di I love you for sentimental reason di Nat King Cole. Avrei dovuto invocare l'incapacità di intendere e di volere, mi sa.

Il suo profumo mi inebria mentre volteggiamo guancia a guancia, in silenzio.

Anche lui ha bevuto parecchio, lo avverto, sebbene conduca con mano ferma e, in generale, paia reggere l'alcol meglio di me.

A un certo punto, però, biascica: ‹‹Credevo avessimo un'intesa, noi due››.

Perché deve sempre rovinare tutto?  Non ho voglia di intavolare una simile conversazione in questo momento, non con lui.

Per fortuna la musica cessa e posso allontanarmi senza apparire scortese. Eppure Alberto non sembra intenzionato a cedere, perché mi segue. Attiriamo parecchi sguardi curiosi, per cui mi ingegno nel farla sembrare una discussione di lavoro.

‹‹Ho già rivisto la sua agenda per i prossimi giorni, avvocato›› dichiaro a beneficio di orecchie indiscrete. ‹‹Lascio tutto in ordine, per la sua prossima assistente››.

Recito finché non ce ne liberiamo, uscendo su un corridoio che porta agli uffici dei soci. Un capogiro mi disorienta ma percepisco il suo respiro nel buio, poi una presa gentile su un polso, che mi invita a tenergli dietro. Ci troviamo nella stanza riservata al responsabile di sede eppure so che non mi ha portata qui dentro per ammirare l'arredamento.

‹‹Agenda›› ripete il rosso ‹‹Cose da fare. E da non fare››.

Mi pianta addosso uno sguardo inquisitorio che, alla luce della luna filtrante dalle finestre, incute ancora più timore: ‹‹Perché sei andata con Alvaro, Marina?››

Sarà l'alcol a sciogliergli la lingua, però le maschere sono calate.

È la resa dei conti che aspettavi da tempo, penso, e non sei minimamente preparata ad affrontarla.

‹‹Ti avevo messa in guardia da lui›› torna alla carica.

‹‹Ho agito nel maggiore interesse dello studio›› gli faccio presente ‹‹E provato a parlartene, ma eri sempre impegnato, la De Giorgis non c'era e avrei potuto essere utile››.

Faccio appello a tutti gli argomenti sensati che mi vengono in mente, nondimeno Blaise Pascal era nel giusto nell'affermare che il Cuore ha delle ragioni che la Ragione non conosce perché, contro ogni logica, sento battere il mio all'impazzata.

Nel frattempo Alberto si è avvicinato e mi sovrasta in tutta la sua altezza.

‹‹Agire nel maggiore interesse dello studio?›› mi scimmiotta ‹‹Si definisce così una scopata, ora?››

‹‹Non so, magari andava di moda pure prima›› ribatto ‹‹Quando mi leggevi poesie professandomi amore eterno ma, nel mentre, ti portavi a letto anche la migliore amica di mia sorella››.

‹‹Non ti ho mai tradita›› replica lui, come se da questa precisazione dipendessero le sorti dell'Universo ‹‹Carlotta e io abbiamo iniziato a uscire insieme dopo la tua partenza per Parigi››.

‹‹Non ha più importanza, ormai›› sentenzio ‹‹Comunque, saresti l'ultima persona al mondo da cui accetterei lezioni sull'argomento››.

‹‹Forse hai ragione›› sussurra ‹‹Però ti conosco, e non ti accontenteresti mai di un tipo come Alvaro››.

Il suo sguardo, da glaciale che era, si è fatto di fuoco. Non è più l'avvocato a parlare, bensì l'uomo, e mi sta sfidando in cerca di una smentita.

‹‹Intendi, dopo di te?›› lo schernisco ‹‹In effetti hai sempre avuto un'alta opinione di te stesso e delle tue... capacità››.

‹‹Eppure quando stavamo insieme non sembrava dispiacerti›› replica a tono ‹‹L'assenza di modestia da parte mia››.

‹‹Visto come è finita›› esclamo ‹‹Forse avrei preferito diversamente››.

So che l'unica cosa sensata da fare in questo momento sarebbe schiodare i tacchi dal pavimento, guadagnando l'uscita e l'ultima parola su questa ennesima, sfibrante schermaglia eppure, per una volta, pare che avere la meglio in una discussione non sia in cima alle mie priorità. Al contrario, sono raggelata dalla mia stessa ammissione e rimango immobile, come in attesa di una reazione qualsiasi da parte di colui che, ancora per qualche ora, sarà soltanto il mio capo ma, in passato, ho creduto potesse essere l'uomo della mia vita.

Per fortuna, a questo giro, Alberto non delude.

Mi cinge il collo con una mano, per poi poggiare la sua fronte contro la mia.

‹‹In questi anni ho perso il conto delle volte in cui mi sono chiesto›› mormora ‹‹Come sarebbe stato se le cose fossero andate in un altro modo, tra noi››.

Mi trattengo a stento dal confessargli di aver fatto lo stesso, di essere sempre in lotta con il rimpianto, specie da quando sono tornata a frequentarlo con assiduità seppur per motivi solo professionali.

‹‹Però, a questo punto, non lo scopriremo mai›› sospira, preparandosi a lasciarmi andare. Ma io non sono pronta, dopo essergli stata di nuovo tanto vicina, a ritrovare così presto il vuoto della sua assenza. Perciò, per dimostrargli che si sbaglia, colmo la brevissima distanza che ci separa, poggiando le mie labbra sulle sue, per un istante tutto nostro, cristallizzato tra queste mura, senza testimoni.

E pare si tratti di un'intenzione condivisa perché, in seguito a una lieve esitazione, la bocca di Alberto si schiude per dar vita a uno, cento, mille baci da cui non c'è più ritorno, di quelli a cui ti abitui senza però smettere di pensarci. Il mio corpo ricorda con chiarezza la sensazione, annoverandola tra i motivi per cui anni fa, pur davanti all'evidenza dei fatti, preferii continuare a credere agli effimeri proclami d'amore dell'uomo che, anche in questo momento, mi tiene stretta come se ne andasse della sua vita.

Con ogni evidenza non abbiamo mai smesso di mentirci o, magari, non sappiamo fare altro perché, nonostante il tempo trascorso, siamo fermi allo stesso punto. Alle ombre disegnate sui muri, alle mani che tracciano profili ben noti, alle effusioni scambiate nel buio.

Finisco per poggiare la testa sulla sua spalla, stringendolo più forte a mia volta, incurante di quanto possa essere appropriato. Restiamo così, perché questo abbraccio sa di casa in cui trovare rifugio, conforto, pace. Vorrei che questa sensazione mi si imprimesse sulla pelle e rimanesse lì, in prossimità del cuore, per tutti i giorni a venire. Perché stavolta non posso accontentarmi di vuote allusioni, ragion per cui mi stacco da Alberto, ricomponendomi in fretta.

‹‹Il rinnovo è pronto, devi solo firmarlo›› fa un ultimo tentativo, lui ‹‹Lo studio legale rimarrà sempre casa tua››.

‹‹Ti sbagli, non lo è mai stato›› ribatto. ‹‹E neanche tu›› aggiungo, per frapporre di nuovo la giusta distanza tra noi.

Dunque faccio ciò che avrei dovuto fin dall'inizio, ossia imboccare la porta da chiudere alle spalleuna volta per tutte, insieme a questo capitolo della mia vita cui spero di nonessermi abituata tanto da non riuscire a smettere di pensarci.

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