14. There is a light that never goes out
Ma non siete nata austera così come io non sono nato crudele.
Leggo in voi lo sguardo di un uccellino curioso
Attraverso le sbarre di una gabbia.
Un vivido e irrequieto prigioniero.
Fosse libero, volerebbe molto in alto.
Charlotte Brontë, Jane Eyre
Tengo fede alla mia parola quindi, nel giro di una settimana, Alvaro Malaguti e io ci troviamo di nuovo in Provenza per far sì che la succursale francese di Brancia & Associati possa aprire presto i battenti.
Siamo a cena in seguito a una giornata alquanto produttiva quando mi confessa di essere dispiaciuto per la mia imminente fuoriuscita dell'organico dello studio legale.
‹‹Me ne ha parlato Brancia e devo dire che mi ha sorpreso›› dichiara ‹‹Posso chiederle che progetti ha per il futuro?››
‹‹Voglio rilanciare la mia carriera accademica›› affermo ‹‹Ho conseguito un dottorato in Filosofia Morale alla Sorbonne, continuando a fare ricerca lì per qualche anno finché è stato possibile››.
‹‹Perché non accetta il posto da responsabile delle risorse umane qui?›› suggerisce lui ‹‹L'ha detto lei che Aix en Provence è un vivace centro universitario, potrebbe riservarle opportunità inaspettate in tal senso. Inoltre è ben collegato con Parigi grazie all'alta velocità, se non ricordo male››.
‹‹Quella allo studio legale sarebbe comunque un'occupazione a tempo pieno, non riuscirei a dedicare all'università il tempo necessario›› argomento ‹‹Peraltro ho già ripreso contatti con il mio relatore di tesi magistrale, che si è detto disponibile a un incontro tra qualche settimana››. Il professor Chiaramonti, infatti, ha finalmente risposto alla mia mail, fissandomi un appuntamento per l'inizio del mese prossimo, quando non sarò più una dipendente di Brancia & Associati e lui avrà terminato il suo anno sabbatico.
Malaguti solleva le mani in segno di resa: ‹‹Allora la smetto e le faccio i miei migliori auguri per un brillante futuro accademico››. Alza il calice di Chardonnay verso di me, sorbendone appena un sorso. Immagino voglia darsi una regolata, considerati i trascorsi alcolici non proprio idilliaci con il vino francese.
‹‹Grazie›› esclamo ‹‹Vorrei che anche gli altri fossero tanto comprensivi››.
‹‹Secondo me dovrebbe chiedersi quanto contano questi altri e poi decidere se lasciarsi influenzare oppure no›› sentenzia l'avvocato.
‹‹È così che ha fatto lei?››
Alvaro aggrotta la fronte: ‹‹In che senso?››
Temo di essermi spinta troppo oltre, quindi tento di minimizzare:
‹‹Nulla di importante, lasci perdere››.
‹‹È per qualcosa che ho detto quando mi sono ubriacato, vero?›› indaga ‹‹A proposito, le devo delle scuse al riguardo››.
Scuoto la testa, imbarazzata: ‹‹Non importa, davvero››.
Tuttavia gli occhi di Malaguti sono infiammati dall'urgenza: ‹‹Voglio sapere, per favore››.
Mi sforzo di fare mente locale, per ricordare le parole esatte:
‹‹Qualcosa sul fatto che un certo tipo di donna non si augura al proprio peggior nemico, figurarsi al proprio fratello››.
Malaguti si passa una mano sul viso, improvvisamente stanco.
‹‹Un'affermazione un po' sessista›› mi lascio sfuggire ‹‹Anche se dettata dall'alcol››.
‹‹Mi sono riferito a qualcuno in particolare?›› Il mio interlocutore è serissimo, ora.
Esito.
‹‹Dottoressa Benedetti, la prego, mi aiuti a comprendere›› insiste.
‹‹Anna De Giorgis›› vuoto il sacco.
Malaguti ha l'aria di chi non riesce a scendere a patti con i fantasmi del passato.
‹‹Mi spiace, non volevo essere tanto indiscreta›› mi scuso.
‹‹Non lo è stata, anzi, grazie›› mormora a mezza voce, con uno sguardo perso che indica il contrario. Vorrei aggiungere altro per dissipare il disagio, d'un tratto, è sceso fra noi però non siamo abbastanza in confidenza e ho paura di peggiorare la situazione.
Finiamo lo Chardonnay e lasciamo il locale in silenzio, ciascuno impegnato in cupe riflessioni.
L'indomani Malaguti mi fa sapere di poter recarsi alla sede della succursale solo nel primo pomeriggio, ergo in mattinata continuo da sola i colloqui, interrompendoli solo all'ora di pranzo.
Sono esausta però non mi va di passare altro tempo da sola in un edificio vuoto, ergo mi trascino fino al bistrot più vicino che riesco a trovare.
Data la prossimità al campus universitario, non mi stupisce d'essere capitata in una sorta di mensa studentesca. Mi faccio largo a fatica verso una panca in fondo, tra le mani un vassoio con una fetta di fougasse - una focaccia ripiena di salsiccia, formaggio, olive e altri ingredienti non meglio identificati - e una gazzosa.
Sto giusto per addentare il mio pasto quando una voce nota chiede di poter occupare il posto libero di fronte a me.
Alzo gli occhi a incontrarne un paio dal peculiare colore giallo, che mi sorridono con aria furba.
‹‹Alessandro, è bello vederti›› esclamo.
‹‹Anche per me, Marina›› mi assicura, accomodandosi con il suo vassoio contenente una ratatouille e un chinotto. ‹‹Ancora qui per lavoro?›› si informa.
Annuisco. ‹‹Il mio ultimo incarico prima di andar via››.
Ferri assume un'espressione interrogativa: ‹‹È successo qualcosa?››
‹‹No, semplice scadenza dei termini del contratto›› lo rassicuro. ‹‹Non sarei rimasta in ogni caso››.
‹‹Problemi in ufficio?›› domanda ancora.
Decido di sorvolare, fornendo comunque una risposta onesta:
‹‹La nostra precedente conversazione mi ha aiutata a mettere le cose in prospettiva e fornito l'input necessario ad agire›› gli confido. ‹‹Voglio rilanciare la mia carriera accademica e voglio farlo adesso, basta con le soluzioni di ripiego››.
Alessandro sembra piacevolmente colpito:
‹‹Confesso che la cosa mi fa molto piacere›› afferma ‹‹Quando mi hai rivelato di lavorare allo studio legale, ho pensato che stessi sprecando il tuo talento››.
‹‹Addirittura›› ironizzo, pur essendo lusingata, ma a lui sembra non bastare:
‹‹Tu sei nata per insegnare, per aiutare gli altri a interrogarsi sul mondo, a cercare la maieutica››.
Cerca il mio sguardo mentre continua: ‹‹Ho letto gran parte delle tue ricerche trovandole illuminanti, per certi aspetti, anche se ci occupiamo di ambiti diversi della filosofia››
‹‹Beh, grazie, ma vediamo di non esagerare›› bofonchio ‹‹Chi sa fa, chi non sa insegna››.
‹‹Da qualche parte bisogna pur cominciare›› replica senza scomporsi ‹‹Hai già qualche idea in mente?››
‹‹Qualcosa c'è›› ammetto ‹‹Ma nulla di concreto, al momento››.
‹‹Anche io ho dei progetti in cantiere›› rivela ‹‹Che ne diresti se ci rivedessimo a Roma per parlarne e magari provare a... concretizzare?››
La proposta - ma soprattutto i termini in cui è posta - mi spiazza, tanto da impedire una pronta risposta. Per fortuna Malaguti, con una chiamata delle sue che mi impone il ritorno all'ordine e alla sede locale di Brancia & Associati, salva la situazione. Quando metto giù, Alessandro è andato via, lasciando come unico segno del suo passaggio un biglietto da visita.
Lo prendo, rammaricandomi soltanto di non aver pensato di invitarlo all'inaugurazione.
Ci saranno altre occasioni, penso, giocherellandoci un po' prima di metterlo via.
Rimugino ancora per un attimo sulla sua proposta, sul suo sguardo felino carico di promesse e, chissà perché, mi torna in mente quello glaciale di Alberto dopo aver saputo che avrei lasciato lo studio.
Poi sarai libera di andartene, ha detto. E allora perché questa incertezza, questo magone in fondo allo stomaco che mi fa tentennare come fossi un canarino in gabbia, incapace di volare?
Spazio autrice
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