13. In direzione ostinata e contraria
La maggioranza sta
recitando un rosario
di ambizioni meschine
di millenarie paure
di inesauribili astuzie
Coltivando tranquilla
l'orribile varietà
delle proprie superbie
Fabrizio De Andrè, Smisurata preghiera
Sembrava impossibile ma ce l'abbiamo fatta.
Alvaro Malaguti - che sembra essere sbucato fuori da una campagna di moda, con tanto di occhiali scuri sul viso a nascondere i segni dei postumi della sbornia - e io siamo atterrati sani e salvi a Fiumicino, disattendendo purtroppo la previsione di Ferri di incrociarci in aereo. Non nego che il mancato nuovo incontro mi sia dispiaciuto un po'.
È domenica sera, tocca fare i conti col traffico da rientro e un certo magone per la nuova settimana alle porte. Sebbene mi metta a letto non appena rientrata a casa, la mia mente è troppo sovraccarica per lasciarmi addormentare in fretta. Ipotizzo di darmi malata a lavoro, domani, poi ricordo che ci potrebbero essere sviluppi interessanti sul caso Bertrand e decido di non farlo.
L'agenda del mio capo riporta infatti un incontro con il team legale di Corky's, per sondare il terreno e tentare di raggiungere un accordo stragiudiziale prima che la vicenda finisca in tribunale.
Lunedì mattina, quindi, mi trovo puntuale alla mia scrivania quando i pezzi da novanta di Brancia & Associati si recano all'appuntamento con gli avvocati della multinazionale concorrente di Bertrand Company. Malaguti sembra essersi ripreso, tranne per il piccolo particolare delle lenti scure onnipresenti. D'altronde. fare baldoria alla soglia dei quaranta ha il proprio prezzo. A colpirmi invece è l'aspetto di Alberto. Sebbene sia impeccabile come sempre, noto occhiaie profonde e un pallore cadaverico che la montatura spessa non riesce a nascondere. Vedere sul suo viso un'aria smunta e malaticcia mi provoca una fitta al cuore. In ogni caso, lui tira dritto innanzi alla mia postazione, come se non ci fossi, ferendomi ancora una volta con ostentata indifferenza.
La situazione rimane invariata per i giorni a seguire, che impiego per mettermi in pari con gli arretrati. Gli appuntamenti con altri clienti sono stati tutti cancellati, il caso Bertrand ha la priorità e in studio si avverte una certa tensione, perché la stampa, dati i trascorsi giudiziari della multinazionale britannica con la storia dei pesticidi nelle coltivazioni, ha dato grande risalto a questa nuova inchiesta in cui la società di sir Thomas, volente o nolente, è coinvolta.
Bertrand, come tutti i protagonisti di scandali giudiziari, sta già subendo un processo per nulla equo o giusto, quello dell'opinione pubblica. Ed è universalmente noto che il dibattito mediatico, specie di questi tempi, abbia un peso notevole nell'influenzare le sorti di una controversia giudiziaria e non solo.
‹‹Dovrebbe iniziare a considerare l'idea di assumere un consulente d'immagine per limitare la pubblicità negativa›› sta suggerendo Malaguti al cavaliere di The Queen, mentre faccio il mio ingresso nella sala conferenze per portare un vassoio di cornetti e caffè, durante un meeting per mettere a punto una nuova strategia difensiva a seguito del mancato accordo con la controparte.
‹‹La compagnia ne uscirà più forte di prima perché siamo parte lesa tanto quanto Corky's in questa spiacevole situazione›› ribatte Bertrand. Il suo nervosismo fa emergere un accento british più marcato del solito. ‹‹In ogni caso, ho già provveduto a contattare qualcuno››.
‹‹È senza dubbio un punto di vista interessante, il suo›› afferma il socio dirigente ‹‹Possiamo solo auspicare che gli inquirenti la pensino allo stesso modo›› aggiunge, afferrando una brioche senza degnarmi di una parola o di uno sguardo che non siano necessari.
Dalla trasferta non autorizzata ad Aix en Provence, fingersi estranei non è più un problema; ci limitiamo infatti a discutere di questioni legate allo studio legale, preferibilmente in compagnia di terze persone.
La situazione sta ricominciando a pesarmi, tuttavia sono consapevole di aver contribuito a crearla, ergo sopporto in silenzio.
Lo faccio finché un giorno non viene convocata un'assemblea con tutti i dipendenti. Stipati come sardine nella sala conferenze, attendiamo lumi da Brancia, Malaguti e dalla nuova responsabile delle risorse umane, schierati come un plotone di esecuzione in attesa dei condannati a morte. Paura e speranza cominciano a serpeggiare tra chi teme possano esserci licenziamenti e chi invece spera in gratifiche a fine mese dovute all'aumento del volume di affari vista l'acquisizione di nuovi, danarosi, clienti.
Il managing partner attende che l'ultimo ritardatario si sia chiuso la porta alle spalle prima di prendere la parola:
‹‹Cari tutti, vi abbiamo riuniti qui oggi per aggiornarvi circa il progetto di ampliamento del nostro studio legale›› esordisce ‹‹Come ormai saprete tutti, fra qualche mese inaugureremo la nostra prima succursale estera ad Aix en Provence, ridente centro in Provenza››.
Mormorii diffusi indicano che l'informazione era già trapelata.
‹‹A questo proposito, chiedo la vostra collaborazione›› prosegue ‹‹L'avvocato Malaguti, che ricoprirà il ruolo di commander in chief della nuova sede francese, e la dottoressa Proietti, nuova responsabile delle risorse umane, si occuperanno della selezione del personale per la succursale in questione››.
Altri borbottii interrompono l'annuncio e Alberto aspetta che si plachino prima di continuare:
‹‹In poche parole, vi invitiamo a presentare le vostre candidature per il trasferimento oltralpe. È un'opportunità unica, che offre interessanti prospettive di carriera›› illustra. ‹‹Avrete due settimane di tempo per far pervenire le vostre proposte, dopodiché inizieranno le selezioni vere e proprie, aprendo eventualmente a nuove assunzioni esterne›› Una certa agitazione ricomincia a serpeggiare, quindi il rosso conclude: ‹‹La dottoressa Proietti fornirà la modulistica e spiegazioni nel dettaglio a chi mostrerà interesse. Grazie dell'attenzione, buon lavoro a tutti››.
L'assemblea è sciolta eppure gli effetti del discorso del capo perdurano, fino a trasformare la questione nell'unico argomento di conversazione dell'intero studio legale per giorni.
Il caso Bertrand Company, che aveva tenuto banco nei giorni scorsi, è già dimenticato.
Io stessa sono combattuta.
Da un lato, l'occasione di tornare a vivere in Francia, con un lavoro stabile seppur non nel settore e nella città che avevo immaginato, mi fa gola; dall'altro mi rendo conto che proporre la mia candidatura significherebbe smettere di considerare questo impiego come temporaneo bensì, al contrario, entrare in un'ottica che contemplerebbe un ruolo a tempo pieno e indeterminato all'interno dello studio legale, anche se all'estero, con il definitivo seppellimento delle mie ambizioni accademiche.
Il solo pensiero mi fa sentire in trappola, perché vanificherebbe tutto ciò che è stato e pure quello che avrebbe potuto essere, prospettive di vita sacrificate in nome della libertà di essere pienamente me stessa, senza imposizione alcuna.
Riflessioni di questo genere mi spingono dunque a non presentare alcuna richiesta di trasferimento alla succursale estera, continuando invece a svolgere il mio attuale ruolo di segretaria del socio dirigente al meglio delle mie capacità fino alla scadenza del contratto, ormai prossima.
Nondimeno, data la recente tensione sotterranea caratterizzante i rapporti con il capo, non mi stupisce che sia proprio lui a sollevare l'argomento qualche giorno prima del termine previsto:
‹‹Ho saputo che non ha ancora presentato la sua candidatura per il trasferimento ad Aix en Provence›› esclama Alberto di punto in bianco, una sera che siamo rimasti soli in studio e, miracolo, stiamo per uscire a un'ora decente.
‹‹Non lo farò›› lo informo. ‹‹Anche se ogni tanto mi manca la mia vita in Francia, non intendo tornarci in pianta stabile a breve››.
‹‹Beh, in questo caso dovrò chiederle di ripensarci›› ribatte il rosso ‹‹Potrebbe essere necessaria la sua presenza oltralpe››.
‹‹Perché mai?›› lo interrogo.
‹‹Le candidature degli interni pervenute al momento non sono sufficienti›› rivela ‹‹Bisognerà selezionare del personale esterno, preferibilmente in loco, per essere al completo quando la succursale verrà inaugurata›› Il suo sguardo incrocia il mio per un attimo prima che torni a distoglierlo. ‹‹Dato il suo curriculum, la perfetta conoscenza della lingua nonché degli obiettivi che lo studio intende perseguire, gli altri associati, la dottoressa Proietti e io abbiamo convenuto che lei sia la più qualificata a svolgere l'incarico››.
‹‹Ma la dottoressa Proietti...›› comincio a obiettare, ma Alberto taglia corto:
‹‹Si è insediata da troppo poco tempo nel nuovo ruolo per sobbarcarla di ulteriori responsabilità››.
‹‹Avete già deciso tutto, vedo›› constato.
‹‹Non la data e l'ora della partenza›› puntualizza il rosso ‹‹Per questo confido saprà organizzarsi al meglio con l'avvocato Malaguti, come ha già fatto in passato, del resto››.
La frecciatina mette a posto i pezzi del puzzle.
‹‹E quanto durerebbe, questo incarico?›› chiedo ancora, beffarda.
Il Grande Capo si stringe nelle spalle:
‹‹Finché la succursale non sarà a pieno regime. Ma anche oltre, qualora scegliesse di restare in qualità di responsabile delle risorse umane lì, ad Aix en Provence›› mi prospetta ‹‹Non mentivo durante l'assemblea circa la possibilità di fare carriera››.
‹‹Come se fosse questo il punto›› sbotto, mettendo da parte ogni formalità.
Sul volto di Alberto si disegna un'espressione scocciata:
‹‹E quale sarebbe, di grazia?›› vuole sapere.
Memore delle parole di Malaguti, espongo la sua teoria che, alla luce dei fatti, sembra acquistare un senso: ‹‹Ti senti minacciato dalla mia presenza e stai cercando un modo politicamente corretto per sbarazzarti di me senza però allontanarmi in via ufficiale dallo studio››.
‹‹Stai scherzando, vero?›› La nota incredula nella sua voce sembra autentica.
‹‹No, e pare che anche tu faccia sul serio›› replico, asciutta.
‹‹Cos'è, ti sei unita a qualche gruppo di complottisti convinti che le scie chimiche siano armi di distruzione di massa, la Terra sia piatta e il Presidente della Repubblica un rettiliano o baggianate simili?›› ironizza, tra il serio e il faceto.
‹‹Credi davvero che mi importi qualcosa di fare carriera all'interno dello studio legale fondato da mio padre?›› prorompo ‹‹Se avessi avuto aspirazioni simili, sta' pur certo che avrei intrapreso un percorso di studi e di vita totalmente differenti››.
‹‹Eppure non lo hai fatto e ti trovi comunque qui›› mi fa notare. ‹‹Non ti fa riflettere?››
‹‹Su cosa?›› lo incalzo.
‹‹Sul fatto che tu possa essere in qualche modo destinata a lavorare qui, nonostante tutto››.
I nostri sguardi si incrociano di nuovo e capisco che non sta bluffando.
‹‹È questa la giustificazione che hai usato quando hai accettato di subentrare a tuo padre in questo studio, mollando una promettente carriera accademica?›› All'epoca, la vicenda suscitò parecchio scalpore, così come lo scandalo di festini e altra roba non meglio precisata in cui rimase coinvolto Eugenio Brancia Testasecca, che si ritirò a vita privata nella sua villa di Bracciano su consiglio di mio padre, per limitare i danni all'immagine dello studio legale che aveva contribuito a fondare e alle aspirazioni professionali del proprio primogenito. Almeno in teoria, perché nessuno ha mai capito davvero cosa abbia spinto Alberto ad accantonare quelle accademiche, sotto l'egida del suocero, a favore di quelle forensi in veste di delfino del migliore amico del suo, di padre.
‹‹Era una situazione differente›› tergiversa lui.
Davvero? penso, eppure, d'un tratto, mi manca il coraggio di indagare oltre.
‹‹Comunque no, il destino non c'entra, lo lascio a chi non riesce a porsi degli obiettivi nella vita limitandosi all'autocommiserazione›› dichiaro, tornando presente a me stessa. ‹‹Personalmente sostengo il libero arbitrio e la capacità di autodeterminazione››.
‹‹Quindi la tua presenza al colloquio è stata frutto di una scelta deliberata›› argomenta il rosso, con una strana luce negli occhi.
‹‹Lavori nello studio legale che era della tua famiglia di tua spontanea volontà, sebbene avessi giurato e spergiurato che non lo avresti mai fatto››.
‹‹Si tratta di una soluzione temporanea›› taglio corto ‹‹Non ho intenzione di firmare un eventuale rinnovo del contratto, qualora mi venisse proposto››.
Le mie parole sembrano coglierlo alla sprovvista: ‹‹Quando avevi intenzione di dirmelo?››
‹‹Al momento opportuno, avrei dato il preavviso dovuto a chi di dovere›› affermo.
Una ridda di emozioni gli attraversa il volto, eppure non aggiunge altro, nemmeno una parola che possa dare corpo allo sconvolgimento che io stessa sto provando. Sempre così algido, distante, inaccessibile, Alberto.
‹‹Seleziona il personale per la succursale in Provenza insieme a Malaguti, poi sarai libera di andartene›› sentenzia ‹‹Consideralo l'ultimo incarico che ti viene affidato da parte mia››.
Annuisco e non c'è altro da dire, infatti nessuno dei due parla più. Uscendo, ci chiudiamo il portone alle spalle e il tonfo del legno sbattuto fa eco al battito del mio cuore mentre osservo il suo profilo scomparire nella pioggia e mi preparo ad affrontarla controvento, avviandomi nella direzione opposta. Ostinata e contraria, come sempre.
Spazio autrice
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