45. Qualcuno benedica Emilia

Spero che Emilia si sbrighi perché mi sento sempre di più senza fiato. Vorrei urlare, ma c'è gente. Vorrei mettermi a sedere, ma non ci sono panchine, vorrei piangere, ma non ne posso più, vorrei tirare pugni contro il muro, ma ho paura di farmi male, vorrei un abbraccio, ma non so più cosa mi meriti davvero. So solo che la vita me la sta facendo pagare, nel più brutale dei modi. Mi aveva già lasciato nel limbo per undici anni, perché non potevo continuare a piangere solo perché pensavo che papà se ne fosse andato senza spiegazioni? Perché? Non avrei mai pensato che un giorno sarei arrivata a rimpiangere quei momenti che allora vedevo solo come infinitamente tristi. Una signora si avvicina per chiedermi se vada tutto bene. Mi sono appoggiata a una delle colonne del portico e respiro a fatica. Annuisco con la testa, mentre mi sembra di non riuscire più a parlare. Emilia arriva pochi minuti dopo.

- Eccomi, Gabri. Cosa ti senti? - appoggia la mano sui capelli.

- Mi manca l'aria - rispondo, con tono flebile.

- Dobbiamo chiamare un'ambulanza? - chiede la signora di prima.

- No, no, ha solo un attacco di panico. Adesso le passa - risponde Emilia - Gabri, guardami. Andrà tutto bene.

- Non andrà bene niente - rispondo - va tutto di merda e io rimarrò sola.

- No - mi fa una carezza sul viso - le cose si sistemeranno.

- Non si sistemerà nulla.

- Gabri, guardami.

- Che cosa cazzo cambia se ti guardo? - le dico - mi sembra di morire. Come se fossi imprigionata in un vicolo cieco.

- Tu non sei imprigionata da nessuna parte - mi risponde - ci sono io con te, capito? Ci sono io, non sei sola.

Continua a prendermi il viso fra le mani e a ripetermi come un mantra che non sono sola, che c'è lei con me, che andrà tutto bene.

- Tieni - mi dice, allungandomi le sue cuffiette - se non funzionano le parole, devi distrarre il cervello e il modo migliore per farlo è cantando.

Mi infilo le cuffiette e fa partire una canzone a caso dal suo telefono. I Blink 182, Home is such a lonely place.

- I wish that we could save today, but I know we can't stay the same, and I keep pushing you away, don't wait for me, don't wait for me - canto e mi distraggo completamente.

È stata una delle prime canzoni che ho imparato a memoria, quella che facevo partire quando stavo male, quella con il ritornello che avrei voluto urlare in faccia a mio padre perché una parte nascosta di me l'ha odiato così tanto per essersene andato all'improvviso che gli avrebbe rinfacciato volentieri Home is such a lonely place without you.

- Ho visto il poster in camera tua - sussurra Emilia, sorridendo - non è proprio il mio genere, lo ammetto, ma sapevo che mi sarebbe servito scaricarla. La musica aiuta tantissimo a tranquillizzare una persona durante un attacco di panico - aggiunge, accarezzandomi una guancia.

- Ti voglio bene, Emilia - le sussurro, appoggiando la testa sulla sua spalla.

- Te ne voglio anch'io, ovvio - mi dice - ci alziamo solo quando te la senti, va bene?

- Allora stiamo un altro po' così, ne ho bisogno.

- Certo, sarebbe meglio se fossimo a casa sedute su un letto piuttosto che per terra come due barbone, ma tutto pur di farti stare meglio.

- Lo sai che sei la persona più dolce che abbia mai messo piede nella mia vita? E ovviamente anche l'unica con due palle così che riesca a tenermi testa. Sei riuscita ad andare oltre la barriera che ha sempre fermato il mondo.

- Non iniziare con le frasi tumblr, che altrimenti divento trista, okay?

- Trista?

- Eh, certo, trista è il contrario di felicia. Non farmi domande che ho scoperto tutto su Wattpad.

- Tu hai Wattpad? - mi giro di scatto e la guardo, con un'espressione stupita.

- Beh, sì, da due anni. Comunque se ti senti meglio ci alziamo.

- Hai paura che ti scambino per una barbona?

- No, figurati. Sono persone anche loro, forse molto più fortunate di noi da certi punti di vista.

- Perché?

- Riescono a essere felici delle piccole cose invisibili ai nostri occhi.

- Uooooo. Questa me la segno.

- Smettila, se vai su Tumblr ne trovi mille di frasi così.

Ci rialziamo.

- Mi hai fatto prendere un bello spavento, Gabri - mi dà un bacio in fronte - per fortuna che stai meglio.

- Ti eri preoccupata perché non stavo bene?

- Certo, ci tengo a te.

- E come fai a tenerci? Mi conosci da pochissimo...

- Beh - fa una pausa - sei un'adolescente. Ogni adulto dovrebbe tenerci. Siete così speciali.

- Cos'abbiamo di speciale? Io mi sento una merda vivente ogni singolo giorno.

- E non solo tu! No comunque, scherzi a parte, siete in un'età molto intensa, piena di trasformazioni che spesso vi spaventano, alla ricerca della vostra identità. Spesso non riuscite a guardarvi dentro, perché se lo faceste vi accorgereste di quanto siete diversi da come vi mostrate agli altri. Urlate, sclerate per la felicità e il momento dopo sprofondate nel baratro della noia e del dolore. Vivete tutto fino all'ultimo, spremendo ogni più piccola emozione dentro di voi, sperando di riuscire una volta per tutte a gestire quel groviglio che vi portate dietro e che spesso si traduce solo in qualche farfalla nello stomaco.

- Wow, però ti ricordo che sei un'adolescente anche tu - rido - hai 19 anni, no?

- Sì, ma ho sempre avuto amiche più grandi che mi hanno fatto apprezzare il valore di ogni singolo giorno, specialmente il valore dell'adolescenza, una bella palestra di vita. Non so come, ma ne sono uscita anche se ho ancora 19 anni. Avrei pagato per avere una sorella più grande che mi sostenesse così ho giurato a me stessa che, una volta terminata l'adolescenza, li avrei aiutati tutti. E poi sei arrivata tu.

- Prima di affezionarmi troppo, ho bisogno di sapere fino a quanto resterai. Perché già adesso ti voglio bene e sono passati solo pochi giorni. Ho paura di affezionarmi a te e che arrivi il momento in cui tu tornerai con la tua famiglia.

Mi guarda, sorridendo.

- Non pensiamoci ora, okay? - mi fa una carezza.

- Va bene - ricambio il sorriso.

- Hai pranzato?

- No, ma non ho neanche fame. Sono troppo preoccupata per mamma.

- Invece devi mangiare. Andiamo al Mc?

Annuisco, sospirando.

- Dai, vieni. Si sistemerà tutto.

- Come fai a essere così tranquilla?

- In effetti è una bella domanda, considerata l'ansia che mi pervade sempre - commenta, scherzando - beh, dovrò pur farti coraggio, no? Se inizio a disperarmi io, altro che i Blink per farti passare gli attacchi di panico.

- Già... - rispondo.

Dieci minuti dopo siamo al Mc. Entro e vado a prendere un tavolo. Appena ne trovo uno libero, butto lo zaino e mi sdraio sul divanetto.

- Gabri, cosa prendi?

- Quello che prendi tu - rispondo - vorrei solo dormire in questo momento.

- Okay.

Ritorna con due scatole di crocchette di pollo, due di patatine e due bicchieri di coca cola. Addento una crocchetta, mentre lei beve avidamente quel liquido nerastro che tanto amo.

- Abbassa i gomiti mentre mangi - commenta - sono un po' fissata con l'educazione a tavola.

- Non si nota - rispondo, ridendo - ma se mi rompi molto inizio a parlare della cacca che da quanto ho capito è un argomento che ti fa sclerare.

- No, allora, senti, da quello che ho capito sei una babbana e quindi vai istruita, però non prendere verbi a caso pensando di sapere cosa vogliano dire, okay? Non si sclera su della merda, si sclera su cose per cui ne valga davvero la pena.

- Perché odi parlare della merda, cosa ti ha fatto?

- Gabriella - mi rimprovera, ridendo - la finiamo? Tra l'altro stiamo mangiando!

- Appunto, mangiando creiamo della merda.

Sospira.

- La finisci?

- Okay, scusa, ma prima o poi scoprirò perché odi parlare di questo argomento.

- Cocciuta fino in fondo, eh?

- Sempre.

- Ecco, a proposito di 'sempre', se una persona ti chiede 'Dopo tutto questo tempo'? tu cosa rispondi?

- Ceh dipende com'è la domanda...

- È quella la domanda... 'Dopo tutto questo tempo?'

- Allora dipende dove mi trovo, ceh, se me la fai mentre sono in bagno io rispondo: "Eh, dopo tutto questo tempo io sto sempre qui a cagare!"

- La pianti? Tu devi rispondere 'sempre' e basta. Fidati. Con quella domanda sai se puoi fidarti della persona che hai di fronte perché se ti risponde 'sempre' significa che è una vera potterhead. È una specie di linguaggio in codice.

- Ah sì oddio tipo Barbara che si considera la mia parabatai.

- Beh, è una bella cosa allora. Essere la parabatai di qualcuno ha un valore molto importante.

- Barbara mi ha deluso un sacco, altro che parabatai - rispondo, addentando svogliatamente un gruppetto di patatine fritte.

- Credevo che fosse Giorgia ad averti deluso.

- Io e Giorgia non siamo mai state amiche e poi lei è una puttana - specifico, sporcandomi la bocca di maionese.

- La smetti di dire quella parola?

- Oh, è vero! Io la odio, non la sopporto - alzo di nuovo i gomiti.

Emilia mi afferra le braccia e mi obbliga a distenderle sulla tavola.

- Cosa sono questi graffi? - chiede, cambiando improvvisamente espressione.

- Niente - rispondo, ritirando le braccia.

- Cosa ti sei fatta? Lo sapevo che non dovevo lasciarti a casa da sola.

- Non mi sono fatta niente - esclamo, mentre una signora vicino mi guarda male.

- Ne possiamo parlare?

- Non è quello che pensi tu, non mi farei mai del male!

- E allora cosa sono?

Deglutisco e continuo a mangiare patatine. Non vorrei raccontarle quello che ho fatto a Giorgia perché so di aver esagerato, ma se poi non lo faccio mi sento in colpa perché ultimamente è l'unica di cui possa fidarmi. Tempo due secondi e mi prende di mano il sacchetto di patatine.

- Gabri, questo non è un gioco. Tua madre è sparita, il compagno di tua madre molto probabilmente è con lei, lo capisci che devi reagire senza farti del male?

- E tu lo capisci che devi darmi la possibilità di spiegarmi quando lo decido io senza arrivare a conclusioni affrettate? Non mi sono mai fatta del male in undici anni: perché dovrei iniziare proprio ora?

- Gabri, non scherzare, ti prego.

Smetto di mangiare e la guardo.

- Promettimi che non ti arrabbi.

- Se mi dici che ti sei fatta del male volontariamente però mi arrabbio.

- Ho picchiato Giorgia. Fuori da scuola.

- Cosa hai fatto? - aggrotta le sopracciglia e mi fissa - e questi graffi?

- Me li ha fatti lei mentre cercava di dimenarsi. Ti giuro che non so cosa mi sia preso, non lo so. È scattato qualcosa dentro di me, non riuscivo a fermarmi. Io... io... sono una persona orribile, non mi merito nulla, dovrei solo scomparire e...

Emilia si alza e mi abbraccia.

- Tu hai solo bisogno di imparare a gestire le tue emozioni, sis. Solo questo. Non sentirti una persona orribile perché sei riuscita a dirmelo. Certo, quello che hai fatto è sbagliato, ma forse Giorgia ti ha provocato.

- Mi ha insultata davanti a tutti. A scuola pensano che io sia una troia...

- Dopo quello che ha detto Giorgia?

- No, lo pensano da sempre. Perché giudicano e non smetteranno mai di giudicare. Ho una terza naturale e quindi per loro sono una troia, capito? Mi piace vestirmi scollata e quindi per loro sono una troia. Se vado in discoteca con una minigonna per loro sono una troia. Perché non posso essere giudicata per altre cose, cazzo, perché? Perché non possono darmi la possibilità di dire la mia, di mostrarmi per come sono prima di battezzarmi in base al mio aspetto fisico. Ah e comunque sono una troia stupida perché a scuola faccio schifo.

- Se sapessero che sotto questa scorza c'è un cuore tenero ti giudicherebbero anche per questo.

- Ovvio. Figurati. L'importante è giudicare.

- Senti, ma questa rissa tra te e Giorgia è avvenuta nel cortile della scuola?

- No, eravamo in strada, altrimenti rischiavo la sospensione.

- Già, per quello ho chiesto - risponde - ti sei fermata tu o qualcuno vi ha divise?

- La seconda, io non riuscivo a fermarmi. Non so cosa mi fosse preso. Sentivo solo una gran rabbia dentro.

- Giorgia ti ha davvero logorato i nervi.

- No, quello che mi ha davvero logorato i nervi è Giulio. Io lo amo, impazzisco quando lo vedo, ma oggi mi ha detto delle cose strane.

- Delle cose strane? - mi chiede - in che senso delle cose strane?

- Emilia, io ho paura che mi faccia del male - le confesso, ancora prima di avere il coraggio di confessarlo a me stessa - ieri mentre mi baciava nel bagno della scuola non era più lui. Sembrava che volesse avermi a tutti i costi in quel bagno, io ho avuto paura per quello. Mi sono sentita forzata, come in fondo lo era stato con Valerio. E poi ieri sera mi ha messo una mano nei jeans... io ho paura, cazzo, ho paura...

- Se prova a farti del male, dovrà vedersela con me!

- Comunque Giulio sa dove abito, ho paura di ritrovarmelo sotto casa all'improvviso.

- Posso sapere cosa ti ha detto di così inquietante stamattina?

- Certo - le rispondo - mi ha detto che lui e Giorgia stanno insieme da sempre. Avevamo ragione: Giorgia era là ieri sera, con lui. Deve averla portata a casa dopo avermi lasciato lì come un ebete davanti al locale.

- Lo sapevo! Da quello che mi hai raccontato quei due dovevano per forza essere stati o stare insieme...

- Comunque la cosa che mi fa più male è sapere che Giorgia abbia finto di stare con Valerio e che l'abbia baciato durante il gioco della bottiglia per una stupida scommessa!

- Cosa? E tu non ti sei accorta di nulla?

- No, io credevo che lei me lo avesse portato via e mi sono comportata di seguenza, ma rimane una puttana lo stesso per me. E in più Valerio era ubriaco, stando a quello che dice Giulio.

- Quindi la cosa inquietante era venire a sapere della relazione fra Giulio e Giorgia?

- No, la cosa inquietante è che Giulio era con Valerio la sera in cui è morto e questo non lo capisco. Okay, erano migliori amici, ma non lo capisco.

- Come ti ha detto che erano insieme quella sera?

- Mi ha detto che Valerio ha amato sempre e solo me e che gliel'ha detto prima di morire.

- Scusa, ma non hai detto che Valerio ha avuto un incidente in motorino perché era senza casco?

- Sì, e quindi?

- Beh, forse Valerio e Giulio erano sullo stesso motorino. Valerio ha dato il casco a Giulio e lui è rimasto senza così con l'impatto contro l'altra auto è stato sbalzato fuori e prima che morisse ha detto quella cosa a Giulio.

- Ci ho pensato anch'io, ma Giulio sembrava sentirsi in colpa.

- Beh, se l'amico gli aveva prestato il casco, tutti si sentirebbero in colpa.

- Non lo so, non mi convince... mi ha urlato che non è il bravo ragazzo che credo e mi ha implorato di dimenticarlo. Poi blaterava qualcosa della madre, come se la sua morte dipendesse dal padre o da lui.

- Come fai a dirlo?

- Continuava a ripetere 'via da qui' e 'dimenticateci'. Parlava al plurale, sicuramente alludeva a lui e ad Angelo.

- Sicuramente nascondono qualcosa - commenta Emilia - il problema è scoprire cosa.

- Già, non so più niente, Emilia, so solo che ne ho abbastanza di tutto.

- Oh, sis, non dire così. Non sei sola, lo sai.

- Lo so - rispondo, abbozzando un sorriso.

- Secondo te cosa può essere successo a Valerio? Perché Giulio non me l'ha detto subito che erano insieme quella notte?

- Forse voleva nascondere qualcosa di cui si vergognava? Forse il fatto di aver preso il casco di Valerio lo faceva e lo fa sentire in colpa?

- E se ci fosse qualcosa d'altro sotto?

- La cosa più inquietante che ci possa essere sotto è che l'abbia ucciso lui.

- Che?

- Intendo che Giulio abbia ucciso Valerio. Sarebbe la cosa più inquietante che ci possa essere sotto.

- No va beh, ma che dici, sei pazza? Giulio non arriverebbe mai a tanto.

- Magari lui no, ma Angelo sì.

- Eh?

- Dai, scherzo, sono film mentali, sto solo cercando di immaginare cosa possa essere successo.

- Non mi piacciono questi film mentali. Se fossero veri significherebbe che ho baciato un assassino.

- Sì, sì, meglio non pensarci.

- Già - finisco di mangiare, mentre lei finisce di bere - che facciamo, andiamo?

- Andiamo! - le dico.

Arrivate sotto casa, troviamo Angelo in lacrime.

- Sono ore che cerco di contattare Manu, ma ha sempre il cellulare staccato. Ieri sera abbiamo litigato e le sono corso dietro, ma non sono riuscita a raggiungerla. Era già andata via con un taxi. Vi prego, ditemi che è tornata a casa!

- Vattene al diavolo, Angelo di merda, ritorna tra i tuoi simili - commenta Emilia, trascinandomi per un braccio e correndo via.

- Sei una grande, sis - le urlo mentre corriamo - la mia presenza ti sta facendo bene.

- Corri e risparmia il fiato, non penserà che crediamo alle sue balle!

- Dove stiamo andando?

- Alla polizia. Ora almeno sappiamo che lui c'è, ma Manu dove sarà?

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