39. I segreti di Angelo

DALLA REGIA: In questo capitolo parla eccezionalmente Giulio per la prima e unica volta.

Arrivo a casa che sono quasi le cinque dopo aver girovagato a caso per il centro. Ho sbagliato tutto con Gabri e ora più che mai ho paura di perderla. Lei pensa che io sia il bravo ragazzo rimasto orfano di sua madre a undici anni e che mio padre ami davvero tanto Manuela da farci un figlio insieme. Certo, se fosse vero sarebbe anche un bel quadretto invece di vero non c'è nulla. 

Io non ho nulla del bravo ragazzo e non ho superato affatto la morte di mia madre. Me la sogno di notte nei miei incubi peggiori mentre mi informa che si vendicherà di me e di quel codardo di suo marito che ha passato la vita a picchiarla, ma almeno non è stato lui a ucciderla. Una malattia, serviva una malattia a portarsela via, a garantirle un degno funerale, a fare in modo che nessuno potesse mai mettere in dubbio la verità. Angelo ha fatto subito chiudere la cassa, per evitare che qualcuno, vedendola, potesse chiedersi il perché di quei lividi e di quelle labbra rotte e mi ha mandato al diavolo. 

Dovevo sparire dalla sua vita. Io, quel figlio illegittimo, che per proteggere sua madre dalle botte dell'uomo che diceva di amarla l'ha spintonata giù per le scale e le ha fatto battere irrimediabilmente la testa. Angelo avrebbe dovuto dare tante spiegazioni, troppe forse, e ha preferito coprirmi. Avevo undici anni: sarei stato in grado di elencare tutte le volte in cui lui aveva picchiato mia madre, ma non ero stato capace di capire che quello spintone avrebbe potuto esserle fatale. Sono cresciuto con questo peso, questo peso che mi porto dentro e che mi sta schiacciando. Un peso che non ho mai avuto il coraggio di dire a nessuno. 

Una volta, credo di aver detto a Gabriella che mio padre picchiava mia madre, ma il particolare di come sia morta quella donna che ha sopportato i suoi soprusi per anni non credo avrò mai il coraggio di raccontarlo qualcuno. Invece dovrei farlo, proprio ora che mio padre ha una storia con una donna che potrebbe finire come mia madre. La mia prof. non si merita un uomo come mio padre, ma anche lei ha le sue colpe. Lei che è così sicura che il figlio sia di mio padre quando non sa che mio padre, per fortuna, non può averne. Dico per fortuna perché altrimenti avrebbe violentato mia madre troppe volte e invece non l'ha mai toccata da quel punto di vista. 

Angelo, però, non mi ha coperto solo quella volta.

Entro in casa e mi rendo conto di essere solo. Vado in cucina, apro il frigo e prendo una lattina di coca cola. La bevo tutta d'un fiato e poi la getto nella pattumiera. Esco in balcone e mi accendo una sigaretta. Dovevo dire subito a Gabriella che i nostri genitori stavano insieme, che avevano una storia e così forse non avremmo iniziato nulla. So che finiremo per farci del male, me lo sento, specialmente perché io non sono stato del tutto sincero con lei. Non so cosa mi fosse preso stamattina. Se lei non mi avesse fermato in tempo, l'avremmo fatto in quel bagno e io mi sarei sentito ancora più in colpa di quanto non mi senta ora. 

Fin da quel bacio dato alle medie ho capito che quella ragazza mi avrebbe fatto infiammare più di quanto pensasse, ma già allora c'era un altro tipo a cui lei piaceva e mesi fa c'era Valerio, il mio migliore amico. Non capisco perché si debbano dare questi giudizi di valore agli amici: io di migliore nei suoi confronti non ho proprio niente, anzi. Non ho mai avuto il coraggio di dire a Gabriella quello che provavo prima che Valerio morisse. Con quale coraggio avrei potuto portargliela via? Forse con lo stesso che ho avuto la sera in cui è morto perché nessuno si è ancora chiesto come sia morto.

Tutti a pensare che sia andato via di casa spontaneamente quando invece siamo stati noi a rapirlo e a portarlo in un posto. Doveva capire che Gabriella interessava già a qualcun altro e che lui stesso interessava a qualcuna, ma lui non voleva capire, diceva di amarla sinceramente. Quando ci disse che con Gabriella aveva vissuto la sua prima volta ci fece andare il sangue alla testa.

Ricordo ancora la telefonata disperata fatta ad Angelo che si è precipitato subito da noi. Disse che respirava ancora, che non era morto e che avremmo dovuto portarlo in strada con un motorino di fianco per far credere a tutti che si trattava di un incidente. Lasciarlo lì, senza casco, con lei che ci diceva come avremmo dovuto lasciarlo per rendere la scena ancora più credibile di quanto potesse essere. Incredibilmente ha retto tutto, qui non siamo a CSI, nessuno si è chiesto se davvero avesse avuto un incidente. L'hanno anche portato in ospedale, l'hanno operato, ma non ce l'ha fatta. Nessuno rischia la galera anche se la condanna io e lei ce la porteremo dentro per sempre. Gli incubi? Nessuno li farà mai andare via.

Meglio che nessuno si chieda come sia morto, altrimenti rischio di crollare. Lei, la mia complice, non crollerà mai. Mi ha dato tanta forza quella sera, mi ha fatto vedere a più riprese che era in grado di fare l'ipocrita anche con Gabriella pur di non farle sospettare nulla, ma io non sono lei. 

In tutto questo ho capito di avere un padre. Non si è mai tirato indietro per coprirmi, forse perché, in fin dei conti, sono l'unica compagnia che gli ha lasciato quella povera donna di mia madre. 

Chi sarà la complice di Giulio? Qualche idea? 

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