34. Il test
- Sono qui sotto. Puoi scendere.
Barbara mi manda un messaggio su WhatsApp. Mi alzo dal letto, prendo dal comodino la scatolina del test di gravidanza e la infilo nella tasca inferiore dello zaino. Passo velocemente in bagno e mi do un filo di matita nera sulle palpebre. Vorrei non doverlo fare, vorrei non essere in questa situazione e per una volta tanto vorrei il ciclo. Scendo in cucina, mamma sta correggendo alcune verifiche. Se immaginasse quello che sto per andare a fare, non so come reagirebbe. Spero di non doverle mai dire che a 16 anni ho fatto un test di gravidanza perché avevo un ritardo di dieci giorni.
- Vado al centro commerciale con Babri - le dico, facendo capolino in cucina.
- Con chi? - inarca un sopracciglio sollevando per un attimo la testa da quel mare di fogli.
- Con Barbara, la mia amica - rispondo.
- Ma che razza di soprannome è Babri, è quasi più idiota dei nomi che sceglievo io per i personaggi delle mie storie!
- Quali storie? - commento, stupita.
- Eh? Ah no niente erano delle storie che inventavamo fra amiche, niente di che, davvero - risponde, sbrigativa.
Mi chiedo se mi stia nascondendo altre cose.
- Va beh, comunque io vado - concludo - non aspettarmi per cena, forse andiamo al Mc.
- Ah ok, tranquilla - risponde - ne avrò per un po' qui.
Esco e raggiungo Barbara in strada.
- Come va? Te la senti?
- Va di merda - commento - mi sto facendo trentamila paranoie. Se sono incinta finirò esattamente come mia madre, ci pensi? La vita mi sta insegnando cosa sia il karma nel peggiore dei modi.
- Non ci pensare, prima bisogna vedere se il test è positivo o meno.
- L'unico test che vorrei fare in questo momento è il test delle situa.
- In fondo, anche questa è una situa.
- Sì, sì, certo, ma non so come reagirò.
- Intanto andiamo là, poi vediamo. Tu però ti devi rilassare.
- È una parola - commento, sarcastica.
- Ascoltiamo un po' di musica? - mi propone, allungandomi un auricolare.
- Grazie, così mi scarico un po' - rispondo.
Al centro commerciale c'è il solito viavai di gente. Osservo le madri che fanno spesa con le bambine piccole e penso a tutte le volte in cui ho detto a mia madre che non volevo fare shopping con lei per non doverle confessare quanto invece avrei voluto tornare bambina e uscire con lei e papà ai grandi magazzini. Mi ricordo ancora quella volta in cui papà mi comprò un palloncino a forma di elefante. Credo sia l'ultimo ricordo che ho di lui e di quel pomeriggio di spensieratezza prima di sprofondare negli abissi del mai una gioia. A volte mi chiedo perché la vita non possa essere clemente con tutti, in fondo che male ha fatto una bambina di cinque anni per non crescere con suo padre vicino? Che cazzo di male avevo fatto?!
Mi asciugo velocemente gli occhi perché sono in un centro commerciale pieno di gente e non voglio dare inutili spettacoli. Barbara se ne accorge e mi circonda le spalle con un braccio.
- Ehi, Gabri, sono qui. Andrà tutto bene.
Il suo abbraccio mi dà un po' di carica, quella che mi serve per affrontare anche questa prova. Entro in uno nei bagni del centro commerciale con una bottiglietta d'acqua in mano. Barbara rimane fuori e la sento camminare avanti e indietro per l'antibagno. Inizio a bere tutto d'un fiato almeno mezza bottiglietta d'acqua aspettando che i reni facciano il loro lavoro, ma niente. Aspetto un bel po', ma non sento nessuno stimolo. Niente. Barbara ogni tanto mi chiede come vada.
- Niente - commento, spazientita, uscendo dal bagno e buttando la bottiglietta di plastica nel cestino - non mi viene la pipì. Non me la sento proprio. Chissà quando mi verrà.
- E se provassi a bere della coca cola? - chiede Barbara - magari aiuta.
- Ok, in effetti una coca mi va - accetto e ci sediamo in uno dei tavolini del bar.
Mangiamo qualche schifezza e ci beviamo una coca cola media a testa, ma niente. Non sento assolutamente niente.
- Va beh, dai, senti, magari lo fai a casa con calma stasera - commenta Barbara finché i reni si decidono finalmente a mandare un segnale.
- No, lo faccio adesso - dico, tirandola per un braccio e ritornando in bagno.
La signora delle pulizie ci ferma all'entrata.
- Alt, signorine - commenta - ho appena lavato il pavimento. Di qui non si passa.
- Fotte sega - rispondo - è un'emergenza.
Mi fiondo nel bagno e mi chiudo dentro. Mi slaccio alla rinfusa i jeans e mi siedo. Scarto il test, lo estraggo dalla sua scatolina e faccio quello che devo fare. Mi rivesto ed esco dal bagno.
- Allora? - mi chiede Barbara - sono agitata anch'io ora.
- Dobbiamo aspettare cinque massimo dieci minuti - rispondo, appoggiando il test sul lavandino.
Il tempo sembra non passare mai soprattutto se non sai quale risultato aspettarti. Di colpo inizio a pensare a tante cose, una diversa dall'altra, come se volessi distrarmi senza riuscirci del tutto. Dopo un'attesa infinita, il timer del cellulare squilla. Sono passati dieci minuti. Barbara osserva lo stick.
- È uguale a prima, non è apparsa nessuna linea.
Scoppio a piangere, felice. Quindi non sono incinta! Meno male, sono davvero sollevata. Barbara mi abbraccia e mi promette che quando diventerò davvero mamma saprò riderci sopra perché sicuramente avrò più di 16 anni.
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