30. Cazzo, è incinta

- C'è una cosa che devo dirti, Gabri. Lo so che non è il momento, che sono settimane che non ci parliamo, ma più ci penso e più mi accorgo che non è mai il momento, ma io ho bisogno di dirtelo. Non chiedo il tuo appoggio né la tua comprensione, voglio soltanto che tu lo sappia perché ti ho già nascosto troppe cose.

- Qualsiasi cosa sia, adesso ho altro per la testa, scusami - mi alzo e rimango in piedi vicino al letto - Valerio non è semplicemente uscito dalla mia vita, lui è... è... mamma, lui è morto.

Lo specifico, accorgendomi di non averlo ancora fatto e di averla di nuovo chiamata con il suo nome.

- È morto? - commenta, stupita - pensavo che aveste semplicemente litigato e che tu fossi devastata perché lui non fosse più nella tua vita - si alza e si avvicina - ma... e me lo dici così che è morto?

- E come cazzo te lo devo dire? Sapessi come l'ha detto a me una stronza di un'infermiera! - esclamo, ancora scocciata.

- Oddio, Gabri, mi dispiace, non immaginavo. Vieni qui, tesoro.

Affondo di nuovo fra le sue braccia e inizio a tremare poi a singhiozzare finché scoppio in lacrime un'altra volta. Per la prima volta in vita mia mi sento protetta da mamma, le sto chiedendo di esserci, anche se finora l'ho fatto nel modo sbagliato e se avevo paura che mi rifiutasse considerati i modi sgarbati che le ho riservato per undici anni. Mi accarezza i capelli, bisbigliando che va tutto bene, mentre sento un cellulare che vibra. D'istinto mi stacco dall'abbraccio e lo afferro dal comodino, dimenticandomi di essere nella stanza di mia madre e glissando sul fatto che potesse non essere il mio.

Sul display il nome di chi sta chiamando mi lascia un attimo interdetta. Angelo. Angelo come
il padre di Giulio? Improvvisamente affiorano alla mente stralci di conversazioni, pezzi a cui non dai importanza finché quell'importanza non ti viene spiattellata in faccia dal display di un cellulare.

Mi ricordo di un giorno in cui avevo chiesto a Giulio se fosse felice quando era ancora solo il migliore amico del mio ex ragazzo e un semplice studente di mia madre. Quando ancora non c'era stato niente ed eravamo semplicemente amici. "Direi che in questo momento sia più felice mio padre" - gli era uscito di bocca - "sta con una donna vedova che ha una figlia della tua età".

Il mitico Angelo. Quello che le madri divorziate delle mie compagne di classe sognavano di farci cose che manco cinquanta sfumature di grigio stava con una donna vedova. Pensai che fosse giusto perché entrambi erano stati privati di qualcosa dalla vita e la vita stava dando loro un'altra occasione. Allora non sapevo che anche mia madre era vedova. Di colpo, mi ritornano in mente i discorsi di Barbara e di Giorgia, e le voci che giravano a scuola sul fatto che mia madre fosse incinta del padre di Giulio. Tutte cazzate, pensavo io. E ora mi ritrovo a fissare quello schermo che urla a gran voce il nome di Angelo e mi sembra di ripiombare nel vuoto, nello smarrimento, nella paura di essere di nuovo inghiottita in un mare di bugie e falsità.

Afferro il cellulare di mia madre e lo butto in un angolo. Lei mi guarda, scioccata, senza capire.

- Dimmi che sono solo cazzate - esordisco - dimmi che questo Angelo che ti sta chiamando non è il padre di Giulio!

Il tono di voce subisce un crescendo inaspettato. Senza rendermene davvero conto sto di nuovo urlandole in faccia la rabbia che provo per quello che continua a tenermi nascosto.

- Sono tua figlia, cazzo, perché continui a escludermi dalla tua vita?! Tutta la scuola ne parla da settimane, Barbara e Giorgia mi hanno detto tremila volte che girava voce che tu fossi incinta del padre di Giulio, ma ero troppo convinta che fossero solo chiacchiere per fermarmi un attimo a rifletterci. Ti prego, dimmi che hanno torto marcio tutti, che si sono fatti dei film, che...

Mi interrompe. Si alza dal letto, mi fa cenno di seguirla in bagno. Armeggia nel mobiletto finché non estrae un oggetto e me lo mette fra le mani. È un test di gravidanza. Si siede sulla vasca e si asciuga un rivolo di lacrime che le sta rigando la guancia.

- Quando è diventato blu per la prima volta, ero nel bagno di un centro commerciale, sola, dopo l'ennesimo senso di nausea che mi accompagnava da una settimana. Non pensavo in nessun modo di essere incinta, ma non sapevo trovare altre spiegazioni al mio malessere, in più avevo un ritardo nel ciclo. Qualche giorno dopo, sempre più  disperata, telefonai alla mia migliore amica, Fabrizia, la madre di Giulio, per avere un consiglio. Io e Giuseppe non eravamo sposati, i miei l'avevano presa malissimo e spingevano verso l'aborto, ma io non volevo. Tuo padre, invece, aveva avuto una reazione strana, si era chiuso in un silenzio particolare, ma non appena gli dissi che i miei volevano che abortissi, qualcosa in lui si risvegliò e mi mandò la lettera che tieni sul comodino. Avere il suo appoggio fu fondamentale.

Non so perché mi stia raccontando tutto questo, non so perché la stia prendendo larga, forse perché ammettere e basta, è troppo da vigliacchi o forse perché finalmente mi sta raccontando il suo passato, quello che non so e non oso immaginare. Forse gli avvenimenti l'hanno portata a comportarsi in un certo modo rispetto a quanto avrebbe potuto fare in un'altra situazione.

- Tu eri la migliore amica della mamma di Giulio?

Annuisce, con le mani che le tremano. Cerca un appiglio su cui gettare lo sguardo per non scontrarsi direttamente col mio poi riprende a parlare, come un fiume in piena che finalmente trova una diga capace di arrestarlo e convogliarlo verso altre destinazioni.

- Sì, eravamo molto amiche. Io, tuo padre e Fabrizia eravamo compagni di classe al liceo. Alla tua età, il mio migliore amico era Angelo. A sedici anni eravamo inseparabili, ogni sabato andavamo a fare una gita insieme da qualche parte e la domenica ero sugli spalti del palazzetto a fare il tifo per lui e per la sua squadra di basket. Eravamo davvero legati. Poi è arrivato Giuseppe, tuo padre, e ha cambiato tutto. Il suo fascino, il suo carattere, il suo maledetto sorriso mi avevano fatta subito innamorare perdutamente. Tutto quello che facevo con Angelo, avevo iniziato a farlo con Giuseppe. Tuo padre giocava a calcio, era molto talentuoso e alla domenica pomeriggio mi ritrovai allo stadio mentre Angelo continuava a fare carriera con il basket, ma senza più nessuno a sostenerlo. Cercavo di conciliare tutto, ma il mio cuore sceglieva sempre tuo padre. Nel frattempo Angelo si era avvicinato a Fabrizia, la mia migliore amica, da sempre segretamente innamorata di lui. Insieme erano una coppia splendida e io ero contenta che entrambi si fossero trovati a condividere un sentimento davvero prezioso. Fabrizia rimase subito incinta di Giulio, mi telefonò un pomeriggio di fine marzo, emozionatissima. Aveva da poco compiuto diciannove anni, Angelo era il suo primo ragazzo e si erano sposati da appena due mesi. Io invece ricambiai dopo poco, per dirle che ero incinta di te!

Ascolto tutto, con le lacrime agli occhi. Finalmente mi è tutto più chiaro. Mi sembra che tutto abbia acquistato un senso e mamma mi sta raccontando tante cose che, sommate ad altre, stanno prendendo il loro posto nella mia testa. Mamma e Angelo si conoscevano già, fin dai tempi del liceo. Chissà che effetto avrà fatto a mamma essere diventata la prof del figlio di un suo caro amico adolescenziale. Apprezzo che mi stia raccontando tutto questo, ho aspettato tanto, troppo tempo per saperlo.

- Io e tuo padre ci sposammo da soli, senza genitori perché non avevamo l'appoggio di nessuno, con Angelo e Fabrizia a farci da testimoni - riprende mamma - non avrei mai immaginato che cinque anni più tardi la mia felicità sarebbe stata spazzata via dall'improvvisa morte di tuo padre.

Si ferma e non riesce a trattenere le lacrime. Si alza in piedi e raggiunge la finestra, singhiozzando. Mi rendo conto di quanto debba essere stata male in questi undici anni nel tenersi tutto dentro senza poterlo mai condividere con me. Mi avvicino e la abbraccio, facendole sentire che sono qui, con lei, che stavolta non è da sola.

- Come è morto papà?

Non pensavo che un giorno le avrei mai fatto questa domanda, ma ora devo sapere.

Si volta per guardarmi.

- Tuo padre è stato colpito da un malore durante un'amichevole di calcio. Ero sugli spalti, come sempre. Quel giorno c'erano anche Angelo e Fabrizia. Credo di aver rimosso le urla, il pianto, la corsa inutile in ambulanza, il medico che scuoteva la testa mentre mi comunicava che non c'era stato il tempo per salvarlo.

Mi sento morire dentro. Immagino tutto, nella mia testa, nell'ennesimo film mentale che non ha nulla di gioioso. Vedo mia madre che corre in campo, che forse lo soccorre, lo riempie di baci e urla aiuto, disperata. Vedo il medico, nel corridoio che puzza da disinfettante, mentre le dice che passerà anni di inferno perché il suo amore non c'è più.

- Tornai a casa, con il peso di dover comunicare a te, una bambina di cinque anni, che il padre era volato via in cielo. Ti auguro di non ritrovarti mai in una situazione simile, Gabri. Perdonami, se puoi, ma non ce l'ho fatta. Mi sembrò molto più facile dirti che io e papà avevamo litigato e che sarebbe stato via da casa per una settimana. Una settimana che è diventata un mese, poi un anno, poi undici anni finché le bugie si sono accavallate a tal punto da preferire l'irrealtà opaca dell'abbandono piuttosto che quella grigia e chiara della morte.

Ecco. La sua spiegazione. Io, troppo impegnata a urlarle addosso il mondo in quell'albergo di Napoli, non avevo voluto sentire ragioni. Eppure, al suo posto, neppure io avrei avuto le palle di dirlo a mia figlia.

- Dopo la morte di tuo padre non ho più voluto vedere nessuno, né i miei, né i suoi, né Angelo né Fabrizia. Chiusa nel mio silenzio e nel mio dolore, con una figlia da crescere, sola. Cinque anni fa, Angelo mi ha telefonato, rompendo il silenzio con un SMS:"Fabrizia è andata a trovare Giuseppe. Vorrei vederti al funerale. Angelo". Non so per quale motivo non abbiamo lasciato che tu e Giulio vi conosceste già da piccoli. Forse volevamo uscire solo noi quattro per stare in compagnia. Andai al funerale e mi presentò Giulio. Aveva undici anni. Mi disse:"Mamma voleva che facessi il liceo linguistico. Diventerò un tuo alunno fra tre anni". Mi spiazzò completamente. Era il funerale di sua madre e lui mi disse questa frase. Fabrizia sapeva di morire e voleva che in un certo senso mi occupassi di suo figlio.

- Io e Giulio abbiamo fatto le medie insieme, possibile che tu e Angelo non vi siate mai incontrati?

- Se ricordi, alle medie andavi in autobus. Ti avevo resa autonoma e indipendente. Comunque no, prima che Giulio diventasse davvero un mio alunno, Angelo non l'ho proprio visto. Comunque tre anni dopo Giulio mantenne la promessa. Arrivò in prima superiore e Angelo venne subito al primo ricevimento settimanale. Mi disse che Fabrizia avrebbe voluto così. Voleva che riprendessimo i contatti, Manuela. Mi disse anche che non potevo continuare a sopravvivere, perché non me lo meritavo. Lui l'aveva capito grazie a Giulio.

- Ti disse così? - chiesi, pensando ad Angelo, al ricevimento e immaginando le mille cose che mi sta raccontando mamma.

- Effettivamente fino a quel momento ero sopravvissuta, ma avevo smesso di vivere. Angelo, a modo suo, era rientrato nella mia vita ed erano ricominciati i pomeriggi al palazzetto - fa una pausa - piano piano ci siamo innamorati. Non sono cazzate, Gabri, io aspetto davvero un figlio da Angelo. Entrambi avevamo bisogno di essere di nuovo felici e questo bimbo o questa bimba sarà la nostra rinascita.

Rimango spiazzata per un attimo poi le chiedo se volesse proprio dirmi questo poco fa.

- Sì, Gabri, era esattamente questo ciò che volevo dirti prima. Sono una madre orribile, che ha fallito su tutti i fronti, ma ti chiedo, se puoi, di perdonarmi e di voler bene a chi nascerà.

- Sei davvero incinta di Angelo? - lo ripeto, a voce alta, incredula.

Annuisce.

- Da quanto lo sai?

- Da un mese e mezzo circa.

- Cazzo, sei incinta da un mese e mezzo di quell'uomo e non mi dici niente? Cazzo, ma chi sono io per te? Il nulla cosmico?! Mamma, cazzo, parlami, ho 16 anni e so come si fa sesso o come si fanno i bambini! Sono stanca di non sapere nulla di te, del tuo passato, della tua vita! Ce la fai a trattarmi da adulta per una cazzo di volta?! Ce la fai a dirmi che ti scopi il padre di un mio amico senza vergognarti?! Ce la fai a dirmi come cazzo stanno le cose senza mascherare tutto sotto una coltre di cazzate?! La verità è che vuoi passare per la donna con le palle, ma probabilmente le palle non le hai mai viste, neppure col binocolo. Prima che arrivassi a dire che non sono cazzate, mi ero fatta un'idea di te, ma ancora una volta le tue balle riescono a mettermi ko. Io non so più se fidarmi di te, mamma, perché ogni cazzo di volta salta fuori una tua cazzo di balla! Pensi davvero di proteggermi in questo modo del cazzo? Perché a me sembra di no, anzi, mi stai facendo solo del gran male!

- Gabri, lo so, e ti chiedo scusa, ma credimi nessun momento era mai perfetto per dirtelo.

- Ne sarebbe bastato uno, solo per evitarmi di innamorarmi di Giulio prima di scoprire che siamo fratellastri.

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