28. ...

Esco di casa, struccata, e mi infilo nell'ascensore. Mi appoggio alle pareti e già sento le lacrime affiorarmi agli occhi. Di nuovo. In questo periodo sta andando tutto di merda. Giulio mi manda un messaggio proprio mentre esco di casa e raggiungo l'incrocio in cui la madre di Giorgia mi aspetta.

"Ehi, Giorgia mi ha detto di Valerio, purtroppo non posso raggiungervi perché sono in trasferta con la squadra. Oggi pomeriggio giochiamo a Mantova. È la partita decisiva e sono in ansia. Se va bene sarà la svolta della mia vita. Fammi sapere se hai bisogno di qualcosa. Ci sentiamo stasera quando torno, ok?"

Ma. Giulio. Valerio è in ospedale e mi mandi un messaggio così? Certo che ho bisogno di qualcosa! Ho bisogno di qualcuno che mi dica che andrà tutto bene, che Valerio ce la farà, che presto potrà di nuovo tornare a vivere. Non voglio che sia un uomo o una donna qualsiasi con un camice bianco. Voglio che sia tu a dirmelo. Invece ancora una volta hai scelto il basket. Ok, che era una partita fissata da tempo, ma non sei qui nel momento in cui ho più bisogno di te. Mi sento egoista perché ci sei sempre stato ultimamente, ma adesso è davvero l'unico momento in cui ho bisogno di saperti vicino a me.

La madre di Giorgia accosta e Giorgia mi fa cenno di entrare in auto. Saluto e poi mi rannicchio in un angolo del sedile posteriore e guardo fuori dal finestrino. L'aria è pesante, Giorgia non osa guardarmi e la madre continua a guidare come se nessun passeggero in più fosse salito. Arriviamo in ospedale. Giorgia scende e scendo anch'io. All'entrata, un'infermiera ci informa che non è possibile vederlo perché lo stanno operando. Ci sediamo in un corridoio che odora di disinfettante e rimaniamo in silenzio per un tempo che mi sembra indefinito.

- Gabri, mi dispiace per quello che è successo - Giorgia rompe il silenzio, con un filo di voce.

- Non voglio parlarne ora - rispondo, secca.

- Un giorno potremo parlarne? Ne ho un disperato bisogno... - aggiunge.

- Io no. Non ho niente da dirti - rispondo, ancora più secca.

Lo so che sono stronza, ma lei lo è stata di più. Mi chiedo se mi avesse detto queste cose anche se non ci trovassimo qui.

- A scuola dicono che stai con Giulio. Lo fai per una rivincita?

- Fatti i cazzi tuoi, Giorgia.

- Dicono anche che tua madre sia incinta del padre di Giulio.

- Sono cazzate. Se fosse incinta me ne accorgerei.

- Comunque tua madre ci parla molto con Giulio.

- È un suo studente, mi sembra normale.

- Ti sembra normale anche che si messaggino?

- Mia madre non messaggia con Giulio. Sono ancora cazzate.

- Me l'ha detto Valerio. Lui e Giulio sono pur sempre migliori amici.

- Non si parlano più.

- Questo lo credi tu. Pensi che Giulio ti baci perché gli piaci? Gliel'ha chiesto tua madre di starti vicino visto che con lei non parli.

- Stronza, non sparare cazzate. Giulio mi ama.

- A tua madre interessa solo farvi andare d'accordo prima di poterti dire che è incinta di suo padre. Giulio l'ha detto a Valerio. Ero lì con loro mentre glielo diceva.

- Smettila, sei solo una vipera. Cazzo, Valerio sta male e a te interessa solo gettarmi addosso della merda! Ma che razza di stronza sei, eh?

- Vai a fanculo, Gabri.

- Vacci tu. Fortuna che avevi bisogno di parlarne, eh? Ma fottiti.

Mi alzo ed esco dall'ospedale. Vado in giardino e mi accendo una sigaretta. Aspiro e penso che Giorgia abbia torto marcio su tutto. Giulio non può essere comandato come un burattino da mia madre, lui mi ama, è solo un suo studente. È solo un suo studente.

Giorgia esce in giardino circa una mezz'ora dopo. Sta piangendo. Si siede di fianco a me sulla panchina. Singhiozza e cerca di dirmi qualcosa, ma si tappa la bocca con una mano. Mi volto e vederla in quello stato mi fa quasi pena perché è così che mi sento anch'io eppure non riesco ad abbracciarla. Non dopo quello che mi ha detto. Un'infermiera ci raggiunge.

- Tua madre vuole tornare a casa - dice a Giorgia.

Lei alza lo sguardo, ma non si muove.

- Ma siamo appena arrivate! - commento.

- Non avete più motivo per rimanere qui - dice l'infermiera, con tono glaciale - il vostro amico è morto sotto i ferri.

Lo dice così, come se stesse elencando delle cose dalla lista della spesa. Neanche il tempo di realizzare che mi ritrovo in un mare di lacrime. La madre di Giorgia esce in cortile. Abbraccia la figlia e la stringe a sé, dicendole che andrà tutto bene. Non ho nessuno che lo dica a me, forse nessuno mai me lo dirà. La coccola, accarezzandole i capelli, facendola sentire protetta. Avercela una madre così.

- Ti riportiamo a casa, se vuoi - mi dice la madre di Giorgia.

- No, grazie, ho bisogno di stare sola - rispondo, con un filo di voce.

Se ne vanno, insieme all'infermiera che rientra mentre io sono disperata e non riesco a calmarmi. Continuo a singhiozzare, aspettando che dal nulla qualcuno faccia qualcosa perché io non riesco neppure a muovermi. Sono lì, inerme, su quella panchina, a cacciare fuori tutto il dolore che ho dentro, senza controllarmi.

Quando finalmente trovo la forza di alzarmi, ritorno in ospedale e cerco un bagno. Mi chiudo dentro e vomito. Un improvviso senso di nausea mi paralizza completamente. Non avevo fatto colazione quindi non riesco a tirare fuori nulla, ma sento di doverlo fare. Mi appoggio alla parete, sfinita. Non sono mai stata così male, neppure col ciclo.

- Ehi, tutto bene? - una voce dall'esterno bussa alla porta e mi fa sobbalzare.

- Non va bene un cazzo - rispondo.

- Ne vuoi parlare? Sono Genny, una volontaria della clownterapia. Dovevo semplicemente lavarmi le mani, ma ti ho sentito vomitare e...

Apro la porta. Mi ritrovo davanti una ragazza poco più grande di me, con un vestito a scacchi, un naso rosso di plastica e una parrucca riccia arancione.

- Ho un po' di nausea - commento, appoggiandomi al muro - tanto va tutto di merda in questo periodo.

- Ne vuoi parlare? - mi chiede, con un leggero sorriso.

- Ci sarebbero tante cose da dire - singhiozzo - ma va sempre e comunque tutto di merda. Mio padre è morto e io lo scopro per caso dopo undici anni, il mio primo ragazzo mi tradisce con una mia amica, poi scappa di casa, fa un incidente, vengo qui e scopro che è morto! Cazzo, io non ce la faccio più...

Interrompe il mio sfogo e mi abbraccia, senza dire nulla. Mi abbandono completamente e la stringo forte, continuando a singhiozzare. Avevo bisogno solo di questo. Di qualcuno che osasse abbracciarmi. Di qualcuno disposto ad ascoltarmi e farmi sfogare. Mi accarezza i capelli, mentre continuo a piangere, senza riuscire a calmarmi. Singhiozzo sulla sua spalla, cerco di dire altro, ma non ci riesco. A un certo punto mi stacco e mi asciugo le lacrime con il palmo di una mano.

- Ascolta - commenta Genny, con un tono di voce rassicurante - ci sono periodi di merda e periodi buoni, come in tutte le cose. Se non ci fossero i periodi di merda forse sarebbe meglio, ma sicuramente daresti per scontato quelli buoni. Mi dispiace per quello che stai passando, davvero. Non ti conosco, ma vedo ora quanto tu sia rotta dentro senza che nessuno ti riesca ad aggiustare. La vita ti mette alla prova, convinta che tu riesca a fortificarti, ma a volte cedi e cadi. Non ti arrendere. Sono sicura che nella tua vita ci sia qualcuno disposto a consolarti. Ora tu stai male perché il tuo primo ragazzo è morto ed è un dolore immenso alla tua età, ma undici anni fa quel dolore immenso lo stava attraversando sicuramente tua madre, forse anche lei era sola come ti senti tu adesso. O forse no, aveva te. Sarà tornata a vivere per te, per darti un futuro. Non so che rapporti tu abbia con tua mamma, ma fatti insegnare da lei come si sopravvive a un dolore del genere. Sono certa che poi starai meglio.

Ascolto tutto quello che dice Genny senza obiettare. Ha ragione, cazzo. Quella donna. È l'unica che possa capirmi adesso ed è sempre l'unica a condividere con me qualcosa. Prima la vita, ora il dolore.

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