Capitolo 7

Si era fatto giorno e fummo svegliati di soprassalto da Julia, che irrompendo nel soggiorno, titubante, chiese cosa fosse successo a ciò che rimaneva della porta, ormai distrutta dall'irruzione di Ethan, rimanendo, peraltro, sbalordita nel vederci avvinghiati sul divano. Ero rimasta aggrappata alla sua camicia per tutto il tempo, per paura che potesse dileguarsi nel bel mezzo della notte. Quando vidi Julia che ci osservava curiosa, divenni rossa dall'imbarazzo: viceversa, Ethan sembrava non mostrare alcun disagio, come se per lui quella circostanza fosse del tutto naturale. Agitata, cercai di darle una spiegazione plausibile: con il bel risultato di armarla di maliziosa ironia.

- Non giungere a conclusioni affrettate, non è come pensi....

- ... io non penso proprio a nulla ma... ragazzi, sapete che dall'altra parte dell'appartamento c'è un comodo letto?!

A quella frase sarcastica, Ethan sorrise.

- Mi dispiace tantissimo, sarai distrutto dopo avere passato tutta la notte sul divano con me sopra, immagino che non sarai abituato a questo genere di confort.

Julia sorrise, schiarendosi la gola, alludendo al doppio senso insito nella mia osservazione. Anche Ethan colse a volo la doppia interpretazione, rispondendo con conseguente malizia.

- Non preoccuparti, non è la prima che passo la notte con donne sopra. E il chiropratico personale, fatto venire dall'India, riesce sempre a rimettermi in sesto. Tu piuttosto, come stai?

- Sto meglio, grazie.

- Beh, la natura reclama i suoi bisogni, posso fare uso del bagno?

- Sì, certo...

- Leila, che ne dici di mollare la presa, in modo che possa alzarmi?!

Mi sentii nuovamente imbarazzata: non mi ero resa conto che stavo ancora aggrappata alla sua camicia, lo mollai rapidamente aprendo e chiudendo la mano, ormai, intorpidita. Alzandoci, gli indicai il bagno: prima di avviarsi portò le braccia indietro, per sgranchirsi le spalle. Il suo torace mi sembrò, incredibilmente, più possente in quell'inconsueto movimento. Quando si allontanò, Julia, in agguato, approfittò della sua assenza per sparare domande a raffica.

- Cosa mi sono persa? Ieri sera hai assunto un atteggiamento strano: pensavo che fosse un altro dei tuoi sbalzi d'umore e... per quale motivo Ethan si trova qua? Perché la porta è distrutta?

Non avevo l'umore adatto per fornire spiegazioni: così tagliai corto dandole una sommaria spiegazione, rassicurandola che le avrei detto tutto in un secondo tempo. Stava per dirmi qualcosa proprio nel momento in cui lo sentimmo uscire dal bagno: tacemmo all'istante. Avvicinandosi a me, poggiò le sue mani sulle mie braccia, sfregandole delicatamente, assicurandosi che stessi bene.

- E tutto ok? Se vuoi, mi fermo un altro po', il tempo di una telefonata per rimandare alcuni impegni e rimango qui con te.

- No, davvero, sto bene... non devi rimandare i tuoi impegni. Non preoccuparti e poi immagino che tu debba darti una rinfrescatina, quindi sarà meglio che tu vada.

- Ok, faccio venire qualcuno ad aggiustarti la porta: nel frattempo potresti fare altrettanto tu, così starai meglio.

Estraendo il telefonino dalla tasca posteriore dei jeans si voltò verso Julia. La fissò negli occhi, facendole piccoli cenni: mentre componeva il numero, si scusava con lei per non averla salutata prima. Con aria circospetta, Julia mi afferrò da dietro le spalle, spingendomi verso il bagno.

- Ok Leila, che ne dici di andare? Una bella doccia rigenerante ti farà senz'altro bene: intanto ti preparo la colazione.

Era evidente che voleva sbarazzarsi di me per rimanere da sola con Ethan: precisamente, lui voleva rimanere da solo con Julia e lei lo assecondava. Fu quanto intuito dai loro sguardi furtivi: sicuramente Ethan aveva un mucchio di domande da farle, e non in mia presenza. Entrai in bagno lasciandoli soli: non ero minimamente preoccupata da ciò che avrebbe riferito Julia, mi fidavo di lei e non avrebbe confidato nulla di sostanziale. La mia unica preoccupazione riguardava il "tipo" di domande: quelle sì che avrebbero potuto metterla in difficoltà. Finito di fare la doccia, andai di corsa a vestirmi. Uscendo dalla stanza da letto, sentii entrambi parlottare in cucina. Mi avvicinai, facendo meno rumore possibile, per ascoltare cosa stessero confabulando. Lui spiegava a Julia la sua presenza nel mio appartamento e lo stato confusionale in cui versavo, tanto da sentirsi in dovere di rimanere, soprattutto dopo aver distrutto la porta. Di tanto in tanto, sbirciavo dalla fessura dello stipite: entrambi tenevano una tazza di caffè in mano, ed Ethan stringeva il giornale nell'altra. Le rivolse diverse domande ma Julia rispose solo ad alcune. Per il resto, si mantenne sul vago, nel pieno rispetto della mia privacy. Poi arrivò il turno di Julia passare al contrattacco.

- Cosa le è successo ieri?

- In realtà speravo fossi tu a dirmelo, giacché la conosci da più tempo.

- Io... non saprei.

Continuando a sbirciare, vidi che stava mostrandole il giornale: lei ancora non comprendeva a cosa si riferisse e mentre faceva spallucce, quasi glielo strappò di mano, guardando attentamente la foto, lesse a voce bassa l'articolo. Non riuscii a sentire nulla, ma dalla sua espressione, arguii che doveva trattarsi di cose molto spiacevoli. Julia ebbe un'improvvisa pausa, intuendo probabilmente il perché del mio comportamento. Un cambiamento di espressione che, di certo, non sfuggito a Ethan.

- Tu sai di cosa si tratta, vero?

- Sì... , ma se lei non ti ha detto niente, non posso farlo io.

- Non voglio che tu lo faccia, sarà lei a dirmelo, se ne avrà voglia.

- Quello che posso dirti è una raccomandazione. Ethan, Leila ha attraversato l'inferno a piedi nudi. E una ragazza molto forte: è riuscita a superare ostacoli insormontabili... e non voglio che qualcosa o qualcuno la ferisca. Ho paura che non sia in grado di farcela nuovamente.

- Ho afferrato il messaggio. Si tratta di una storia con un uomo finita male?

- Beh... sì...non esattamente... ma posso darti solo un consiglio: se hai intenzione di frequentarla, niente domande sul suo passato.

- Capisco... ed è per questo che non ha nessuna relazione?

- Da cosa lo deduci?

Era un tipo molto perspicace: spiegò a Julia che, essendo stato nel mio bagno, era in grado di intuire quando e se una donna ha una legame sentimentale con un uomo. Lei, incalzata ulteriormente e senza difese, si lasciò sfuggire di non avermi mai vista con un ragazzo, e aggiunse, senza esitazione che, anche in precedenza, poteva non esserci stato qualcuno. Ethan iniziava ad avere le idee un po' confuse: strano a dirsi, ma mi compiacqui nel sapere che non era poi così incrollabile.

- se non è troppo, posso sapere da quando tempo siete amiche?

- Da due anni e sono l'unica amica, non ama avere gente intorno.

- Come mai... una come te è amica di un "tipo" come lei?

A quella domanda, Julia si soffermò per qualche istante.

- Non avere alcuna remora a rispondere. Non nutro pregiudizi, altrimenti non sarei qui. Mi chiedo, invece, come mai due ragazze che provengono da ambienti differenti, che conducono vite molto diverse, siano diventate amiche. Ho la vaga sensazione che mi stia sfuggendo qualcosa.

- Tu non hai la più pallida idea che "tipo" sia realmente lei: ti assicuro che ti trovi ben lontano dalla realtà. E prima che tu me lo chieda, dichiaro, fin da ora, che non sarò io a dirtelo.

Il dialogo si era trascinato fin troppo a lungo ed era evidente che Ethan avesse ravvisato una differenza di estrazione sociale tra me e Julia. Decisi che era arrivata l'ora di smetterla, prima che a Julia sfuggisse qualcosa di veramente importante di cui si sarebbe pentita amaramente. Mi allontanai in silenzio tornando indietro, facendo rumore con la porta, dando loro la possibilità di interrompere la conversazione. Entrai in cucina con nonchalance. Cercarono di assumere un atteggiamento naturale, anche se in realtà non vi riuscirono per nulla. Mentre lei offriva, con movimenti impacciati altro caffè, farfugliò qualcosa d'indecifrabile. Per non creare nuovi imbarazzi, mi rivolsi a Ethan.

- Sei ancora qui, non avevi degli impegni?

- Sì, vado subito... se sei d'accordo, vorrei ritornare a farti visita.

- Sai dove lavoro e il locale è aperto a tutti: una chiacchierata ogni tanto non ha mai ucciso nessuno.

- Forse sarebbe opportuno telefonare a Lucy e chiederle un giorno libero.

- Non ne vedo il motivo, sto bene. Ti ringrazio per stanotte, ma non è il caso che ti preoccupi più di tanto.

- Okay, però riguardati.

Gli indirizzai una risposta chiara, mostrandomi distaccata, sottintendendo che non volevo un rapporto stretto, ma che, nello stesso tempo, non disdegnassi per nulla la sua presenza. Comprese perfettamente ciò che intendessi dire e non aggiunse altro. Mi diede un candido bacio sulla fronte, come si fa con una bimbetta, salutò Julia e andò via. Mentre si allontanava, notai che nella mano stringeva ancora il giornale arrotolato. Non mi chiesi il perché: probabilmente preferì portarselo dietro, assicurandosi che non mi avrebbe causato altre crisi isteriche e che se ne sarebbe disfatto alla prima occasione. Stavo facendo colazione e Julia sorseggiava il caffè, pensando chissà che cosa. Mi accorsi che aveva l'aria afflitta e le chiesi il motivo del suo malumore. Si sentiva in colpa per non esserci stata lei accanto a me, per non aver intuito subito cosa mi stesse succedendo. Si rimproverava che non avrebbe mai dovuto lasciarmi andar via da sola e quanto fosse imperdonabile la sua mancanza di sensibilità. La rassicurai dicendole di non preoccuparsi, che ormai era tutto passato e che non doveva farsi carico di un problema che riguardava solo me. Le mie rassicurazioni sortirono un effetto sdrammatizzante, tale da far cambiare atteggiamento a Julia.

- Fortuna che Ethan ti è corso dietro, è stato molto premuroso: è raro incontrare uomini simili.

- So dove vuoi arrivare, quindi smettila per favore.

- Perché continui a essere mal disposta nei confronti degli uomini? Devi ammettere che il suo è stato un gesto molto carino.

- Sì, certo... non riesco a capire tutto questo interesse per una ragazza che neanche conosce.

- Tu e il tuo scetticismo... un'idea l'avrei, forse è attratto da te?!

Stava iniziando a fantasticare, come il solito: tra l'altro non pensavo di essere il suo tipo. E lipotesi di poterlo essere non mi lusingava per niente, anzi, mi procurava una certa inquietudine.

- Un tipo come lui può fare coppia solo con se stesso, naturalmente al femminile, tette e culo prosperosi, labbra carnose e quant'altro. Non mi riconosco, affatto, in questo identikit!

- E un giudizio drastico e limitativo

- Voglio dire... so di essere una donna attraente, con un fascino particolare. Agli occhi degli uomini rappresento, però, una bellezza un pò naif. Per nulla paragonabile a quella "femme fatale", che attira la maggior parte degli uomini. E forse per questo motivo - parafrasando una celebre frase di Mao Tse-tung - "l'altra metà del cielo" maschile si avvicina a me con liturgico interesse e con scopo ben preciso.

Julia, però, odia quest'ostinato scetticismo, frutto di ragionamenti contorti.

- Ma gli uomini non sono tutti uguali. Ethan sembra diverso da quelli che finora ho incontrato. Sembra unico nel suo genere e possiede un fascino che attrae irresistibilmente!

- Non te ne sarai per caso innamorata?

- Non penso di correre questo rischio. Il mio pragmatismo in fatto di uomini mi tiene lontana da certe tentazioni, per così dire, ideali. Ma ti confesso che ci andrei volentieri a letto!

Julia galoppava spesso a briglie sciolte, dando libero sfogo alla mancanza di freni inibitori e a una prorompente sessualità. Ma le sensazioni che Ethan riusciva a trasmettermi erano del tutto diverse. Com'era possibile che tempeste d'emozioni in perenne conflitto fra loro si potessero intersecare ed elidere allo stesso tempo? Che mi stava succedendo? Ritornai al lavoro: alla fine del mio turno, una strana sensazione mi assalì. Un misto di ansie e inquietudini, vissute nella speranza di ritrovarlo seduto al bar, subito sostituite dalla delusione, accorgendomi che lui non c'era. M'interrogai su quello stato danimo: d'altronde, quello che aveva detto Julia non poteva avverarsi, quindi, non mi creavo soverchie illusioni, sicura che la speranza di rivederlo, derivasse da una sorta di puro egoismo, un'esigenza di protezione. Al bar, tutti si erano mostrati premurosi e gentili, preoccupati del mio stato di salute. Mi ero stancata di dare altre spiegazioni. Tra l'altro, non erano che un mucchio di bugie: solo Julia conosceva la verità, così salutando decisi di ritornare subito a casa. Durante tutto il tragitto, la mia mente fu invasa dalla sua immagine. Non era più la sensazione di protezione provata quella fatidica notte a farmi sentire strana, ma i ricordi dei suoi sorrisi sghembi, gli sguardi intensi, il tocco vellutato delle mani e la dolcezza dei modi, nell'assicurarsi che stessi bene. C'era di più: la percezione di qualcosa di molto profondo, d'impercettibile, d'indecifrabile. Scossi la testa, a guisa di voler scacciare la sua immagine dalla mente: ma non era facile, riappariva improvvisamente, come volesse torturarmi. Un improvviso brivido mi attraversò la schiena al semplice ricordo del tocco delle sue mani sulla mia pelle, delle sue labbra calde sulla mia fronte. Quell'odore inebriante lo sentivo ancora addosso, come una traccia indelebile del suo passaggio e non sapevo nemmeno se l'avrei più avvertito.

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