Capitolo 5
Aprii gli occhi, svegliata dai raggi del sole che filtravano dalla finestra, dribblando tra le fessure della tenda. Un altro giorno era passato e un altro stava per iniziare: la solita routine, almeno così credevo. Gironzolavo per casa ancora assonnata, andando avanti e indietro nervosamente per le stanze. Mi sentivo strana come se avessi lasciato qualcosa in sospeso o sopravvissuta a un sogno di cui non avevo più ricordo. Andai in cucina, presi un bicchiere dal tinello e mi diressi al lavandino per prendere un po' d'acqua, facendola scorrere prima di riempire il bicchiere. La mia mente si affollava d'immagini inedite: andavano e venivano senza alcun preavviso. La figura di quell'uomo, l'espressione del suo volto e dei suoi occhi, la bocca con i suoi sorrisi sghembi che dominavano i miei pensieri in modo irrazionale. Immagini vivide, aleggianti come quelle di unentità astratta: si dissolsero solo quando l'acqua gelida, fuoriuscendo dal bicchiere, bagnò la mia mano. Scossi la testa a mo' di pendolo per scacciarle via: accesi il lettore CD a tutto volume, per poi consegnarmi completamente nuda a una bella doccia fredda, con la speranza di scrollarmi di dosso quella fastidiosa sensazione. Quella mattina avevo in programma di fare jogging al Central Park, per recarmi in seguito al Mulberry St, dove avrei trovato il mercato alimentare italiano e ordinare della merce fresca per il ristorante. E già che c'ero, acquistare qualcosa anche per me. Mulberry St era una delle poche strade caratteristiche della vecchia Little Italy, un quartiere per innumerevoli anni popolato solo da italo-americani, ma ora ridotto ad appena quattro isolati e abitato da popolazioni di tutte le etnie. Linvasione "straniera" iniziò decenni fa, quando Chinatown si espanse da Nord e Soho da Ovest, togliendo identità e territorio a una cultura per secoli dominante. Little Italy rappresenta oggi il ricordo nostalgico nella mente di quei turisti che, ancora, la ritengono una tappa fondamentale del loro itinerario a New York City. Giravo per casa con la tovaglia tra i capelli ancora umidi, sempre con quella stessa fastidiosa sensazione che mi attanagliava fin dal risveglio. Mi sentivo frustrata, la musica a tutto volume e la doccia fredda non servirono a distrarmi più di tanto. Durante il mio nervoso andirivieni tra il soggiorno e il corridoio, i miei occhi caddero involontariamente sul portatile posto sulla scrivania. Nella mia testa riaffiorarono le parole pronunciate da Julia la sera prima: "Tu sei l'unica a non sapere chi sia Ethan Halder". Tutti lo sapevano tranne me: doveva trattarsi di una persona di un certo rilievo. Nella ricerca dinformazioni, Google rappresenta il mezzo più adatto, specie se la persona in questione è di una certa notorietà. Non si ha la benché minima idea dell'enormità di dati che viaggiano su Internet, dell'infinità d'informazioni che l'uomo libera sulla rete nella mera illusione di comunicare col mondo intero.
- Okay, vediamo chi è questo fantomatico essere che è riuscito a invadere la mia mente.
Quando riuscii ad accedere al sito web, comparve:
Wikipedia: Ethan Halder X Cerca
Non ci volle molto a ottenere le giuste informazioni sul suo conto. Proseguendo con la ricerca, ottenni note più specifiche: dove e quando era nato (Covington Louisiana, 8 dicembre 1978) - la data giustificava il segno zodiacale che portava al collo - la sede di residenza, (Atlanta) dove si era trasferito per finire gli studi e l'inarrestabile esplosione nel rutilante mondo dello spettacolo, prima come modello, in seguito attore ricercatissimo e produttore cinematografico. Compresi finalmente il motivo per cui il mio discorso lo avesse infastidito. In qualche modo si sentiva parte in causa: ma sotto la cenere doveva covare qualcosa di più complesso se un argomento, in fin dei conti, stucchevole, fosse riuscito a inasprirlo tanto. Una successiva ricerca mi consentì di conoscere i titoli di alcuni film interpretati agli inizi della sua carriera. Non molti e in ruoli marginali: più che altro lavorò come generico in varie serie TV, da Smallville a C.S.I, in voga già da qualche anno, e questo spiegava il motivo per cui non ero a conoscenza della sua notorietà. Non seguivo per nulla la TV, per idiosincrasia. Il suo successo ebbe un'impennata dal 2009, con la serie "The secret soul of vampire", di cui era il protagonista, molto acclamato dai teenager che, per chissà quale strano motivo, sono morbosamente attratti dai vampiri. A mio parere non hanno fatto altro che appannare il mito di Dracula, ridicolizzandone l'immagine come se Buffy, Angel e Twilight non avessero fatto già abbastanza: almeno Bram Stoker è rimasto fedele al mito! Nel 2010 si fidanzò con Morgan Austyn: non si seppero mai i motivi della loro separazione, avvenuta nell'estate dello stesso anno ma, rumors non controllati indirizzavano verso una nuova fiamma, Lina Dorsey, guest star della serie TV che stavano girando insieme. Forse a causa sua? Se realmente fosse così, cosa ci faceva a quell'ora della notte all'interno di un locale? E perché a NYC e non ad Atlanta, dove abitualmente risiede? Per quanto irrilevanti sembrassero le domande postemi, ritenni che le risposte sarebbero venute da sé, col tempo: così non diedi troppo peso ai motivi che lo ricondussero a Manhattan. Alla fine della mia ricerca trovai ciò che più mi colpì: aveva creato una fondazione no profit, l'EHF (Ethan Halder Foundation), che si occupa di energie alternative e di tutela dell'ambiente. Cospicue risorse finanziarie sono destinate a Enti umanitari per la lotta contro la violenza delle donne e bambini: tutto passa attraverso una Società controllata, la Savory Institute, collegata con l'EHF. Un aspetto encomiabile, essere il testimonial di Enti umanitari, utilizzando la propria immagine pubblica per un considerevole impegno antropologico e filantropico. Dovetti ricredermi sul suo conto: una persona così sensibile non poteva, contestualmente, essere apparentemente becera e arrogante. Il suono del campanello pose fine alle mie ricerche: ma ero riuscita a immagazzinare abbastanza ...o almeno era quello che credevo. Julia non aveva ancora varcato la porta che fu investita da un'autentica raffica di imprecazioni, rivoltele contro per avermi tenuta all'oscuro dell'identità di quell'uomo:
- Traditrice, questa me la paghi!
Sorrise conscia a cosa mi stessi riferendo. Entrando, ci dirigemmo nel soggiorno pensando a come potermi vendicarmi del tiro mancino. Notò subito il laptop ancora con la pagina aperta e indicandolo con gli occhi:
- A quanto sembra la vendetta non è l'unica cosa a cui pensavi!
- Tu sapevi tutto e hai lasciato deliberatamente che continuasse quella farsa... potevi almeno dirmi qualcosa di più specifico oltre al nome e non farmi apparire come una stupida.
Mi fermai non sapendo più come definire la circostanza in cui mi ritrovai al locale, la notte scorsa: a metà strada tra una "situation comedy" e un "theatre burlesque". Julia replicò prontamente:
- Mi stavo divertendo troppo per intervenire. Capita di rado vederti in una situazione imbarazzante ed era unoccasione da non perdere per nulla al mondo!
Frequentare Frank le faceva male: si lasciava coinvolgere molto facilmente dall'idea di rivalsa che egli serbava nei miei confronti.
- Su, non prendertela... adesso racconta, cosa è successo?
- A cosa ti riferisci?
- Non fare la finta tonta, hai capito benissimo a cosa mi riferisco... la faccenda del pianoforte, tutti l'hanno notato: non era una semplice esecuzione, eravate in perfetta sintonia e non è da tutti giorni assistere a un'esibizione del genere.
- Stai vaneggiando! Voi eravate presenti, avete visto cosa è successo: per la cronaca ho fatto la figura dell'idiota e, semmai capitasse di rincontrandolo, gli dovrò delle scuse.
- Allora, gli altri?
- Beh... allora siete tutti in preda ad un'allucinazione di massa.
Fummo interrotte dal suono del campanello ci guardammo entrambe, sorprese, chiedendoci chi potesse essere. Non ricevevo mai visite e considerata l'ora, era escluso si trattasse del postino. Non rimaneva altro che aprire e scoprirlo. Rimanemmo stupite nel vedere un fattorino con una mano a sorreggere un gigantesco mazzo di fiori e con laltra un cartellino con una penna.
- La signorina Leila Evans?
- Sì?
- Una firma qui per favore.
- No, guardi, deve esserci un errore!
Ritrasse il cartellino controllando accuratamente l'indirizzo, ripetendolo ad alta voce.
- Brooklyn, Williamsbug n°331 di Hewes Street?
- Sì, l'indirizzo è questo!
- Allora non ci sono errori, una firma ed è tutto suo.
Firmai, raccolsi i fiori e anche il giornale da terra lasciato dal ragazzo ogni mattina davanti alla porta. Chiusi e rientrai rimanendo calma ma confusa nello stesso tempo. Li osservai attentamente: un mazzo di peonie rosa, anemoni viola e calendule arancioni, i fiori del perdono. Non mi meravigliai per niente del cattivo gusto sull'accostamento dei colori, ma prestai maggior attenzione al significato in esso contenuto. Tra l'altro, dimostrava una buona conoscenza della botanica. Ad accompagnare i fiori vi era un biglietto, in carta pregiata, dal colore paglierino. Julia non stava più nella pelle: era un misto tra agitazione, euforia e curiosità. Mentre aprivo il biglietto, Julia m'incitava di fare in fretta.
" Spero che accettiate di buon grado questo mio umile pensiero. Vi chiedo di perdonarmi per avervi quasi investita e spero tanto che non me ne vogliate per non averlo fatto prima."
E. H.
Rimasi disorientata: mi aveva mandato un mazzo di fiori per scusarsi di avermi quasi investita e non per essere stato insolente. Non sapevo più cosa pensare, evidentemente era fermo nelle sue convinzioni: ma allora perché tutto questo disturbo? In fin dei conti ero io a dovermi realmente scusare. E per dirla tutta, l'idea dei fiori di campo la trovai piuttosto originale: li guardavo attentamente cercando di svelare il loro effettivo significato. La peonia si dona per scusarsi con qualcuno per un torto ricevuto, la calendula indica dolore e dispiacere e lanemone è simbolo di riconciliazione. Non volevo attribuire un abnorme significato rispetto alle reali dimensioni su quanto avvenuto: altrimenti perché quel tipo di accostamento? E poi perché dare per scontato che avrei raccolto leffettivo significato di ciascun fiore? Julia aveva tutta l'aria di u chi la sa lunga. Poi si voltò verso di me, sorridente, riprendendo il discorso interrotto da prima che arrivasse il fattorino.
- Scusa... allucinazione di massa hai detto, vero? Mia cara, credo proprio che avrai ancora l'occasione di rivederlo, il ragazzo sembra essere passato all'attacco!
Sgranai gli occhi facendomi un'idea del modo in cui era riuscito ad arrivare al mio indirizzo, accusando, ingiustamente, Julia di esserne stata l'artefice. Avevo ancora in mano il giornale raccattato sulla soglia della porta: al termine delle supposizioni, lo poggiai sul tavolino. Poi presi un vaso per sistemare i fiori e chiesi a Julia il motivo della sua visita, oltre al manifestato interesse sul "ciclo evolutivo" della mia vita.
- Abbiamo fissato la data e ho appena iniziato i preparativi del matrimonio.
- Oh... bene, e quand'è il giorno fatidico?
- Il ventisei di questo mese.
- Così presto! Perché tanta fretta?
Non comprendevo il motivo di questa repentina decisione: stavano insieme da un bel po'di tempo, un paio di mesi in più, non finiva mica il mondo! Lei affermava di voler evitare l'approssimarsi della calda stagione. Ritengo invece, più verosimilmente, non volesse incappare in un possibile ripensamento o rinvio da parte di Jack, considerate le passate resistenze. Nonostante i tanti tira e molla, il suo era un amore indefettibile. Le loro smancerie e gli sbaciucchiamenti erano quasi nauseanti: al solo pensiero mi si accapponava la pelle e quando, con sarcasmo, glielo feci presente, sinfastidì molto, apostrofandomi di brutto, dicendomi che anch'io alla fine avrei trovato l'uomo che mi avrebbe fatto impazzire e che, a quel punto, avrei dovuto rivedere i personali teoremi sull'amore. Prima di andarsene disse che sua madre si sarebbe occupata della cerimonia e del ricevimento, ma le aveva espresso il desiderio di poter andare a scegliere l'abito con me. Non feci alcuna resistenza, accettai di buon grado cercando di farmi perdonare le critiche e il sarcasmo usati nei suoi riguardi.
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