Confronto tra amici
[ATTO 1]
[Capitolo sei]
"Confronto tra amici"
<<Grazie ancora di avermi ospitata per la notte, Sash. Ti devo un favore.>>
Hel rivolse un sorriso smagliante all'amica, mentre legava davanti allo specchio del bagno i suoi capelli tinti, e finalmente puliti dopo la orribile esperienza della sera precedente. Sasha era stata un vero angelo con lei, avendole permesso di cenare, farsi una doccia e dormire a casa sua, ed Hel le era immensamente grata per ciò. Sasha ricambiò amichevolmente il sorriso.
<<Nessun problema, Hel. Sai che è sempre un piacere averti qui, mi sono divertita ieri sera. Peccato esserci addormentate prima del finale di Fight Club...>> La ragazza ridacchiò, sfilandosi la propria camicia da notte a pois, per rimpiazzarla con il maglione girocollo verde pantano che aveva indossato anche il giorno precedente, ed un paio di jeans.
Hel rimase in canotta nera e pantaloncini ad osservare i suoi capelli allo specchio. Erano leggermente scoloriti, ma qualsiasi traccia di quella melma nera del giorno prima era scomparsa. Lo stesso non si poteva dire dei suoi vestiti, che erano stati sbattuti immediatamente in lavatrice senza "se" e senza "ma", e che probabilmente lei non avrebbe riavuto tanto in fretta, visto quanto disgustosi erano.
<<Mi sono divertita anche io. Le nostre serate film sono le migliori, ed onestamente la luce del televisore mi ha aiutata a dormire, quindi meglio così.>>
Si poteva dedurre che Hel fosse stata davvero esausta la notte prima, dal fatto che fosse crollata, insieme a Sasha, senza ritegno sul divano di quest'ultima, durante la visione di quello che le due definivano il loro film preferito, ovvero Fight Club. Cosa alquanto inusuale, visto che le ragazze lo avevano già visto in tutto almeno otto volte, e reputavano il finale come "la parte migliore in assoluto". A metà film, le loro palpebre avevano iniziato a farsi pesanti, ed in una decina di minuti, entrambe si erano sonoramente addormentate, contendendosi una coperta di lana, e russando dalla stanchezza. Quando le due si erano risvegliate la mattina successiva, Hel stava abbracciando la ciotola vuota dei popcorn, e gli occhiali di Sasha erano storti lungo il suo viso.
<<Senti, ti secca se ti lascio davanti ad una stazione del bus? Non credo di poterti portare al tuo college, Lewisham dista un'ora da qui e io non posso fare tardi al lavoro. Altrimenti chi fermerà Jon dall'avere una crisi di nervi ogni dodici secondi?>> Sasha diede un risolino all'ultima frase, ma rivolse successivamente lo sguardo verso l'amica, in attesa di una risposta. Hel scosse il capo.
<<Oggi salto. Non me la sento di andare dopo quello che è successo ieri. Portami pure all'Istituto, credo che resterò lì la maggior parte della giornata. Ah, mi servirebbero dei vestiti...>> La giovane dai capelli viola sospirò, spostandosi dallo specchio ed uscendo finalmente dal bagno.
Sasha la sorpassò a passo svelto, in direzione della propria camera da letto, non molto grande, e contenente solo qualche mobiletto a cassetti, un letto matrimoniale (nonostante Sasha abitasse da sola), ed un grande armadio in legno, ed aprì quest'ultimo, iniziando a frugare energicamente tra i vestiti.
<<A proposito di ieri...>> La voce della ragazza dagli occhiali rotondi echeggiò dall'interno dell'armadio <<Non mi hai ancora detto cosa ti è successo.>>
Hel ammutolì all' istante, e la giovane capì al volo che essere così diretta era stato il modo sbagliato di approcciare la questione.
<<Non voglio obbligarti a parlare, sia chiaro...>> riprese Sasha, stavolta con tono più pacato <<Però mi sei sembrata parecchio agitata ieri, e vorrei accertarmi che la mia cara amica stia bene.>>
Ancora una volta, la ragazza non ricevette alcuna risposta dalla ventiduenne, e ciò la fece solo preoccupare ancora di più.
<<Anche perché Jon mi ha parlato di uno stalker, ma non sembrava molto convinto->>
<<Jon non mi ha creduto! Ti pare!?>> Quando il nome dell'uomo venne tirato in ballo, Hel esplose come un palloncino troppo gonfio, arrabbiata come mai prima d'ora.
<<Letteralmente! Sono sua amica da quanto, quattro anni!? Che motivo avrebbe di dubitare della mia parola, non capisco!>>
Sasha rimase in ascolto, presa un po' alla sprovvista dall'improvvisa reazione dell'amica, ma si riscosse ben presto. Tra i lati positivi del conoscere qualcuno come Jon, c'era il saper bene, forse anche troppo, come gestire gli attacchi di rabbia completamente casuali delle persone intorno a te.
Tranquillamente, afferrò un paio di appendiabiti dal proprio armadio, con affissi ad essi vari indumenti, piegati in maniera ordinata: una maglietta nera, un cardigan in lana beige, e dei leggings scuri.
<<Fossi in te non me la prenderei. E' sempre stato uno scettico, non mi stupisce che non ti abbia creduto.>> commentò Sasha, con pacatezza, chiudendo con un fianco l'anta dell'armadio.
<<No, no! E' diverso tra me e lui! Sa che non gli mentirei, la reazione di ieri sera è stata così...atipica da parte sua, non me lo spiego...>> Hel sembrò passare nel giro di pochi secondi dalla rabbia alla confusione, osservando con sguardo stralunato la propria mano tremare leggermente al solo ricordo degli eventi del giorno precedente.
Sasha le si avvicinò, posandole il palmo sulla spalla, in modo empatico.
<<Lo so, ma ti assicuro che è sempre stato così. E' peggiorato da quando lo hanno promosso come archivista, certo...>> le sue labbra si incresparono con amarezza per un attimo, per poi riformare il sorriso gentile di poco prima <<Se non hai prove, purtroppo dubito ti crederà...Tieni, prendi questi.>> Sasha le porse i vestiti che aveva estratto poco prima dal proprio armadio, ed Hel rimase a fissarla, intontita.
<<Come...?>>
<<I vestiti. Puoi avere questi se vuoi.>>
<<Cosa-?! No, no, non potrei...>>
<<Insisto.>> Sasha ridacchiò allegramente, forzandole gli indumenti tra le mani con fare un po' brusco. Hel fece per ribattere, in un primo momento, ma l'amica sembrava davvero determinata a farglieli avere, e riconobbe che discutere con lei su questo sarebbe solo stato controproducente, e la avrebbe probabilmente anche fatta arrivare tardi al lavoro. Inoltre, che altre opzioni aveva? Andarsene in giro in boxers e canotta? Assolutamente no!
Hel afferrò quindi i vestiti dalle mani della ragazza, e senza una parola, procedette ad infilarsi la t-shirt nera.
<<Sono solo delusa...Io gli ho detto sempre e solo la verità su di me, e lui ora se ne esce con questa storia delle prove! E' stato anche molto veloce a zittirmi ieri...>> la ragazza dai capelli viola sospirò, rassegnata, e prese a saltellare goffamente sul posto, nel tentativo di indossare i leggings che le erano stati prestati.
Sasha sembrò pensierosa per qualche secondo, incrociando le braccia come faceva sempre quando pensava
<<Dimmi un po', non è che tu e Jon state insieme o qualcosa del genere?>>
<<COSA?!>>Hel si immobilizzò nel bel mezzo dell'infilarsi il cardigan di lana, con le guance che le diventarono immediatamente paonazze dall'imbarazzo
<<DA DOVE HAI TIRATO FUORI QUESTA COSA?!>>
<<Stavo scherzando!!>> Sasha scoppiò a ridere, portandosi una mano davanti alla bocca, e osservò divertita la reazione dell'amica:
<<E' solo che sei sempre a parlare di lui, e dici che tra voi due "è un'amicizia diversa" dal normale.>>
<<Senti, con tutto il rispetto, adoro quel ragazzo, ma in una relazione sarebbe davvero ingestibile, e francamente credo che nessuno di noi avrebbe quel genere di pazienza. Forse tu.>>
<<Ah! Nemmeno io, credimi. Hai ragione.>>
<<Inoltre sto insistendo su quanto strano sia per lui non avermi creduto, perché lui sa delle cose su di me che nessun altro sa.>> Hel finì di mettersi il cardigan, che le ricadeva grossolanamente lungo i fianchi, fino ad arrivare quasi fino al suo bacino, e prese a infilarsi i suoi stivali a piattaforma alta.
<<Misteriosa, heh...E non te la senti di...dirle anche a noi, magari?>>
Ora, Sasha non era mai stata il tipo di persona da impicciarsi dei fatti personali degli altri, a meno che non le venisse richiesto per lavoro ovviamente, però quando i suoi amici erano in ballo, allora si sentiva in dovere di conoscere qualsiasi loro preoccupazione o problema. Non avrebbe mai obbligato Hel a parlarne, ma richiedere da lei qualche spiegazione più precisa le sembrava una reazione ragionevole.
<<...Prima o poi, Sash. Prima o poi.>> l'espressione distrutta e quasi assente di Hel fu abbastanza per far lasciare immediatamente l'argomento alla ventisettenne. Era evidente che non era dell'umore per avere quella conversazione, e forse sarebbe stato meglio concentrarsi sul problema attuale: la stalker.
<<Quindi, riguardo a ieri sera?>>
<<Ah,vero, vero...Senti, sembrerà da pazzi, ma dopo che ho salutato te e Tim, me ne sono andata in giro per un po', e ovunque andassi mi ritrovavo dietro questa tizia cieca!>>
<<Una...tizia cieca?>> Sasha accennò un sorriso, ma appena vide lo sguardo serio dell'amica, lo ritrasse immediatamente.
<<Non sto scherzando, James. Era dietro di me mentre camminavo, mentre compravo vestiti, perfino in biblioteca!!>>
<<Sai che ci sono biblioteche apposite per i ciechi?>>
<<NON E' QUESTO IL PUNTO!!>> ruggì Hel, per poi tirare un respiro profondo e continuare a raccontare <<Ha fatto una scenata perché un libro che stava aspettando non era ancora arrivato, ha chiesto di farlo ritirare a nome..Wynn, mi pare, ed è uscita, ma quando anche io sono andata fuori, era ancora lì, e mi ha continuata a seguire! E poi tutte le strade si sono svuotate, ho corso fino ad una zona residenziale ma...Non lo so, ha fatto esplodere tutti i lampioni attorno a lei senza nemmeno toccarli, ed il buio mi è venuto addosso come...un lago!>> Hel assunse un'espressione confusa, come se persino lei facesse fatica a credere alle parole che stavano uscendo dalla propria bocca, e sospirò amareggiata. Tra Jon e Sasha, quei due erano scettici come la morte, perché mai aveva avuto la geniale idea di dirlo proprio a loro?!
Ma, inaspettatamente, Sasha si limitò ad annuire, assorta, per poi alzare solennemente la testa.
<<Ti credo.>>
<<Lo so che può sembrare assurdo, ma ti assicuro che-...Cosa hai detto?>>
<<Ho detto che ti credo. Sono sicura di aver letto qualcosa di simile qualche anno fa, quando ancora ero nel team di ricerca, forse non riguardo alla stessa persona, ma...>>
Gli occhi di Hel si illuminarono.
<<Sul serio?! E sapresti ritrovare quel qualcosa?!>>
L'espressione di Sasha rimase crucciata, e la ragazza prese a battersi leggermente l'indice sul mento, immersa nei suoi pensieri.
<<Può darsi, anche se mi ci vorrà un po'...Ma sono più preoccupata per quel libro. Potrebbe essere qualcosa di molto pericoloso, ma te lo spiegherò più avanti. Adesso sta iniziando a diventare tarduccio.>>
Sasha prese franticamente la propria borsa, e fece cenno a Hel di seguirla subito. Scendendo le scale dell'edificio vittoriano nella quale la ventisettenne viveva, e gettando veloci occhiate alle finestre del corridoio, vagamente deformate per via del tempo, Hel pensò al fantomatico libro. Doveva essere davvero qualcosa di terribile per aver allarmato in quella maniera l'amica, e forse lasciando alla stalker modo di prenderlo, avrebbero causato qualcosa di catastrofico.
<<Sasha?>>
<<Sì?>> la ragazza aprì la portiera della propria auto, e la giovane dai capelli viola fece la stessa cosa, solo dalla parte del passeggero.
<<Pensi che dovremmo mettere noi le mani su quel libro?>>
Sasha si fermò a un passo dal girare le chiavi di accensione del veicolo, e rimase immobile, un'espressione di incertezza congelata sul suo volto.
<<Potrebbe essere pericoloso...Non sono così coraggiosa, lo sai.>>
<<Beh, e se oggi dovesse riuscire a prenderlo? Ha cattive intenzioni, è evidente. Se il libro è pericoloso in sé, pensa a cosa potrebbe combinarci quella stronza!>>
Sasha rimase nuovamente in silenzio, le sue nocche ora stringevano così forte il volante fino a diventare bianche.
<<Non..hai tutti i torti.>>
<<Secondo me dovremmo prenderlo noi. Potremmo presentarci lì tutti i giorni, alla libreria, e chiedere se sia già arrivato. Farò finta di essere io tale Wynn.>>
<<Hel, tu non sai neanche cosa sia quell'affare!>>
<<Nemmeno tu lo sai di preciso.>> ribatté la ragazza con gli occhiali scuri <<Ma è meglio prevenire che curare.>>
Sasha trasse un respiro profondo, per poi finalmente accendere l'auto con un giro secco delle chiavi.
<<...Promettimi di non dire a nessuno che stiamo per fare una cosa così stupida.>>
Hel sorrise, e alzò il pollice con fare allegro.
<<Promesso. Sarà una vendetta personale contro la bastarda.>>
<<...Bene. Andiamo all'Istituto allora, suppongo. Oggi sarà una giornata molto lunga.>>
<<Salve, capo!>>
<<Oh, Tim, ben arrivato.>>
Jon sistemò velocemente i documenti che era intento a leggere fino a qualche momento prima in uno dei cassetti della propria scrivania, e rivolse un cenno al ragazzo che era appena entrato dalla porta del suo ufficio. Lui ricambiò allegramente il gesto di saluto, ma senza entrare, rimanendo fermo sulla soglia.
<<Scusa per il ritardo, ho avuto problemi con l'auto.>>
<<Nessun problema, Sasha è già arrivata?>>
<<Stranamente no. E' parecchio in ritardo.>>
Jon si alzò dalla propria sedia girevole, raggiungendo Tim alla porta, e successivamente superandolo, diretto verso alcuni scaffali nei pressi dell'ufficio.
<<Uh- Cosa cerchi?>> chiese Tim, andandogli immediatamente dietro
<<Una dichiarazione in particolare, mi serve una indagine approfondita su un paio di dettagli.>> rispose l'uomo, rovistando in una scatola di documenti con fare annoiato.
<<Oh...Senti, posso farti una domanda?>>
<<Sì?>>
<<...Perché c'è un'ambulanza parcheggiata fuori dall'Istituto?>>
Jon trasse un grande sospiro, roteando gli occhi verso l'alto.
<<Il solito. Arthur del team di ricerca ha avuto una crisi e sembrava essere impazzito. Ha iniziato a sbattere la testa contro un muro quindi hanno chiamato i soccorsi.>>
<<...Wow, era da almeno un mese che non accadeva una cosa del genere.>>
<<Vedi cosa può fare lo stress, ecco perché accettiamo così tanti tirocinanti da college circostanti...>> Jon afferrò un paio di fogli ingialliti dallo scatolone, e tornò verso la propria scrivania, con noncuranza. Una normale giornata al Magnus, insomma. Tim gli trotterellò dietro,vagamente impensierito.
<<Tim, potresti cercare qualcosa riguardo a questo?>>
L'uomo scrisse velocemente a penna su un post-it alcune parole sconnesse tra loro, per poi consegnare suddetto post-it nelle mani del collega.
<<Sicuro, capo! Ti consegnerò tutto entro l'ora di pranzo!>> Tim fece un grande sorriso e, dopo aver dato una leggera pacca sulla spalla dell'amico, uscì dall'ufficio, chiudendosi la porta alle spalle.
"Vediamo un po', 'mano occhio chiuso simbolo', huh... Bizzarro. Beh, mettiamoci al lavoro."
Tim, seduto alla propria scrivania, si rigirò il post-it tra le mani, ridacchiando alla goffa scrittura di Jon, ed accese il suo computer lavorativo. Digitò le parole online, e si mise a scavare tra i risultati. Prima di mettersi a rovistare attraverso quel disordine che erano i vari scatoloni di documenti alla ricerca di qualche collegamento, voleva vedere innanzitutto se sarebbe riuscito a trovare qualcosa di utile sulla rete.
Non molto in realtà, principalmente la Mano di Fatima, o Hamsa, un simbolo molto presente sui talismani di protezione di diverse religioni, tra cui anche il cristianesimo, il giudaismo, e-
<<Oh, questa religione non l'avevo mai sentita.>> Come al solito, i siti più completi erano quelli riguardo al paranormale. Interessante risultato, Tim aveva trovato: a quanto pare una piccola religione in particolare aveva reso il suo simbolo riconoscitivo una mano argentata con un occhio chiuso incisovi sopra. Un gruppo di persone, appartenenti a una setta chiusa, che venivano conosciute come People's Church of-
<<TimTimTimTimTimTim!!!!!!>>
<<...Sasha?>>
La ragazza dagli occhiali rotondi spuntò improvvisamente dalla scalinata per raggiungere gli Archivi, correndogli incontro, e seguita a ruota da una familiare giovane dai capelli viola. Entrambe avevano il fiatone, e sembravano essere sul filo del rasoio.
<<Ragazze, sembrate agitate, che è successo?!>> Tim interruppe qualsiasi lavoro stesse svolgendo, e si alzò velocemente dalla scrivania, per raggiungere le due.
<<Non ho tempo per spiegare, devi venire con noi, perfavore!!>> Sasha implorò con un tono rasentante il disperato, per poi afferrare bruscamente il ragazzo per un braccio, e trascinarlo verso le scale, quando lui si strattonò via dalla sua presa, visibilmente sconvolto.
<<No, tu ora mi dici che succede, Sash!>> Tim non aveva mai visto Sasha agitata in quel modo. Cioè, forse un paio di volte durante quel periodo in cui lei lavorava ancora al magazzino artefatti, ma anche allora non sembrava essere così brusca e spaventata come lo era in quell'esatto momento.
Sasha trasse un lamento seccato, per poi avvicinarsi all'amico, facendogli segno di fare lo stesso. Come lui obbedì, la donna lo afferrò per il colletto della (inguardabile) camicia hawaiana che stava indossando, e lo tirò ancora più vicino a sé:
<<...Abbiamo un possibile Leitner in zona.>> sussurrò, con fare deciso <<Ci serve il tuo aiuto.>>
<<Un Leitner?!>>
<<SSHHHHTT!!>> Sasha si sbrigò a zittirlo immediatamente, indicando Hel, che nel frattempo era impegnata a osservare i vari faldoni pieni di documenti da archiviare, con fare molto interessato.
<<Fa' silenzio, potrebbe sentirci. In pratica, penso che la stalker che ha attaccato Hel ieri possa star cercando di ritirare un Leitner, proveniente da chissà dove.>>
<<Ma...Perchè attaccare Hel allora, cosa c'entra lei??>>
<<Non-lo-so! Intendo scoprirlo.>> e sibilato ciò, Sasha lasciò finalmente libero il povero colletto di Tim, e fece un passo indietro.
<<Quindi, voi due.>> Hel lasciò velocemente i faldoni nuovamente sugli scaffali, e si avvicinò ai suoi amici <<Avete finito di confabulare, o dobbiamo restare qui ancora a lungo?>>
Tim esitò per qualche secondo. Sgattaiolare fuori senza dirlo al loro capo sarebbe stato un rischio enorme, ed era una cosa da pazzi sperare di riuscire a sottrarre un libro pericoloso ad una stalker altrettanto pericolosa, però... Le due ragazze sembravano piuttosto decise ad andare, e lui aveva imparato col tempo che se quelle si impuntavano su qualcosa, era impossibile far cambiare loro idea. Andando con loro, avrebbero potuto contare sull'essere tre contro una se fossero stati beccati, e ad essere sincero, non si sentiva al sicuro a farle andare da sole. Dunque...
<<Vengo, mi avete convinto.>>
<<Perfetto, sbrighiamoci, prima che Jon ci veda!>> Sasha sorrise, prese la mano di Tim e lo trascinò nuovamente per le scale, improvvisamente molto più coraggiosa e temeraria rispetto ad una decina di minuti prima, con Hel che prese a correre loro dietro, ridacchiando. Era consapevole del fatto che Sasha se lo stava portando appresso perché era spaventata e avere il suo migliore amico accanto la faceva sentire più sicura? Sì. Sarebbe stata zitta a riguardo e si sarebbe goduta lo show? Assolutamente.
E, in una decina di secondi, i tre salutarono Rosie all'ingresso e si ritrovarono già fuori dal portone, pronti a fare qualcosa di molto, molto stupido.
<<Persy! Hey!!>>
Non appena la giovane dai capelli castani attraversò il portone d'ingresso, giusto in tempo per salutare la donna dai capelli viola di qualche giorno prima, seguita da quei due tizi che aveva visto quando era scesa negli Archivi, si ritrovò faccia a faccia con February, il fenomeno paranormale locale. Sembrava differente rispetto ai giorni passati: innanzitutto, era molto più colorito, aveva perso quel pallore quasi cadaverico e quella magrezza innaturale, riusciva a stare fermo sui suoi piedi senza ciondolare o tremare, e pareva molto più energico e meno assente del solito. Fu una piacevole sorpresa per Persephone vederlo finalmente più...vivo? Si poteva usare quel termine per lei??
<<Hey, Feb. Come va?>> L'adolescente sorrise chiudendosi il portone alle spalle, e dopo un breve saluto a Rosie, si diresse verso uno dei tavoli della biblioteca istituzionale, per poggiare la sua borsa scolastica, con February al fianco, naturalmente.
<<Oh, va bene! Tutto bene!>> Anche il tono di voce della creatura pareva molto più entusiasta e allegro dei giorni precedenti.
<<Infatti ti vedo in forma.>>
February ridacchiò, imbarazzato.
<<In effetti ho ripreso a...mangiare regolarmente.>>
<<Dovresti avere almeno tre pasti al giorno, sei uno stecchino!>> Persy prese a fissarla con aria preoccupata, mentre si toglieva il giaccone per appoggiarlo accanto alla borsa. February portò velocemente le braccia in avanti, con fare difensivo:
<<Non è come sembra! Uh..non posso mangiare cibo normale quindi faccio un po' fatica...Diciamo che non mangio in maniera moralmente corretta, ma riprenderò a farlo più spesso, ecco.>>
Persephone annuì lentamente, con un'espressione confusa in volto. Sinceramente, non aveva capito cosa intendesse il ragazzo, e onestamente non era sicura di volerlo sapere, quindi l'argomento morì velocemente sul posto. Specialmente perché February stesso si mosse a cambiare il discorso.
<<Sei arrivata presto. Tu non sei qui di pomeriggio solitamente? E' a malapena mezzogiorno...A meno che io non abbia perso traccia del tempo ancora-!>>
<<Feb, rilassati, è mezzogiorno.>> La giovane ridacchiò. Non aveva idea del perché quella creatura fosse così perennemente confusa, ma trovava la cosa allo stesso modo preoccupante e intrattenente, <<Un professore era assente, ci hanno annullato un paio di classi e non avevo idea di come spendere la giornata, quindi eccomi qui.>>
<<Cavolo, ti deve piacere tanto questo posto...>>
<<Diciamo che trovo stare qui molto interessante.>> Persy fece un sorrisetto complice, <<In particolar modo, vorrei riuscire a visitare gli Archivi, visto che ho tempo. Mi sono rimasti...parecchio impressi, sai?>>
February inclinò leggermente la testa da un lato, confuso, e le ciocche castane che solitamente gli incorniciavano il viso si spostarono con essa, ricadendogli sulle spalle. Sembrava, in quel momento, più umano che mai.
<<Ma non sono mica Off-Limits per i non assistenti...?>>
<<Beh, sì...>> Persephone abbassò la voce, guardandosi intorno per controllare che nessuno stesse origliando la conversazione, per poi riconcentrarsi sulla creatura, <<Vedi, pensavo di intrufolarmici.>>
<<Cosa?! Sei pazza! Se l'archivista ti becca, verrai licenziata in tronco. Nessuno si impiccia degli affari degli Archivi. Cose strane succedono lì! Davvero strane!!>>
<<Lo so! Mi è stato detto. Ma è per questo che sono così curiosa, darei di tutto per poter leggere quei dannati documenti! E poi hanno un'atmosfera così...misteriosa! Dai, Feb, mi daresti una mano? Te lo chiedo perfavore perfavorissima!!>>
La creatura rimase per qualche secondo in silenzio, picchiettando con l' indice l'estremità del proprio mento, con fare pensoso e lo sguardo assorto, come per valutare la richiesta.
<<Hhhhhhhmmm...No.>> February si fece sfuggire un ridolino involontario, non appena vide l'espressione avvilita che la ragazza assunse immediatamente dopo la sua risposta <<Suvvia, non fare così. L'archivista mi spaventa. Seriamente, mi dà i brividi.>>
Persephone, sempre con uno sguardo triste, forse per impietosire il suo bizzarro interlocutore, prese a fissare attentamente negli occhi la creatura, non essendosi ancora abituata al suo darle risposte ragionate, e al suo essere così presente nella conversazione. La novità era ben accetta, ovviamente, ma la giovane non poté fare a meno di pensare che se l'amico fosse stato ancora una specie di guscio vuoto, convincerlo ad aiutarla a sgattaiolare negli Archivi sarebbe stato molto più semplice. A essere sincera, non era nemmeno così sicura del perché volesse vederli così tanto, probabilmente le attizzava l'idea del sapere proibito racchiuso in quei documenti, o qualcosa del genere. La motivazione che aveva, in quel momento, era assolutamente in secondo piano, tanto molto più di nota era il desiderio irrefrenabile di raggiungere quel maledetto posto umido e mal illuminato, e arraffare la maggior quantità di scritti possibile.
<<Mrs. Robinson mi piaceva molto di più...>> un sussurro sfuggì dalle labbra del bizzarro "ragazzo", ma non basso abbastanza da non permettere alla diciannovenne di sentirlo.
<<...Chi?>>
<<Oh, la vecchia archivista.>> la creatura fece una pausa, come per attendere che a Persy venisse un qualche tipo di illuminazione divina, ma fu incontrato solo dallo sguardo confuso di lei, al che dovette continuare <<Gertrude Robinson? Mai sentita?>>
La ragazza dai capelli castani scosse la testa, e February allora alzò le mani in segno di resa: <<Allora non ti dico nulla, non sono fatti nostri.>>
<<Hey! No, adesso voglio sapere!!>>
<<Tutto a tempo debito.>>
Nonostante le proteste dell'adolescente, February non cedette, tenendo la sua sorridente bocca chiusa come un portone. Non accennava a voler vuotare il sacco, e nulla faceva imbestialire Persephone Harvey quanto la mancanza di informazioni e la scarsa collaborazione.
<<Fa come vuoi!! Io scendo negli Archivi!!>> replicò, essendosi già stancata di cercare di convincere il mostro con le buone, e detto ciò gli diede la schiena, dirigendosi a grandi passi verso la scalinata che portava ai sotterranei dell'Istituto.
Dal canto suo, l'unica risposta che Februrary si degnò di darle fu un allegro "Buona fortuna! Ti terrò d'occhio da qui!", che non mostrava esattamente l'intento di darle una mano nella sua impresa. Poco male. Avrebbe fatto da sola. Come sempre, dopotutto.
E così, dopo aver sceso risolutamente le scale, Persephone si ritrovò nuovamente negli Archivi. Per qualche motivo, non appena mise piede all'interno del magazzino, le tornarono immediatamente alla mente i ricordi delle sue due visite precedenti, come fossero una cassetta che stava venendo riavvolta, riportandola indietro lungo la pellicola. Così Persy, ferma sulla soglia, si abbandonò brevemente alle proprie memorie e riflessioni, come fosse in trance. Ora che ci pensava meglio, era stata una sensazione strana, quella che le aveva pervaso il corpo quando era uscita da quel posto per la primissima volta: una curiosità, quasi ossessiva, che per settimane non le aveva fatto pensare ad altro che a quei files, probabilmente pieni di informazioni, di indizi, di casi irrisolti, di creature strane e situazioni sovrannaturali, tutte cose di cui lei era ancora ignara. Non era proprio riuscita a togliersi quello strano luogo dalla mente, rimuginando e riflettendo senza sosta, fino a convincersi del fatto che lei MERITASSE di conoscere il contenuto di quei documenti, e pertanto aveva ritenuto corretto il darci solamente un'occhiata. "Solo una sbirciatina", si ripeteva tra sé e se, "Una sbirciatina veloce, solo per vedere di cosa parlano". E nonostante avesse cercato di evitarlo il più possibile, l'adrenalina alla fine aveva preso il sopravvento, e lei aveva ceduto alla tentazione.
E quindi eccola lì, all'entrata degli Archivi, impalata e insicura sul da farsi. Un brivido le percorse la schiena, riportandola velocemente alla realtà, e facendole maledire sottovoce la mancanza di sistemi di riscaldamento nel luogo, e finalmente riuscì ad allontanarsi dalla rampa di scale, con qualche veloce passo in avanti, controllando minuziosamente ogni sua mossa per evitare di attirare attenzione su di sé. Il posto era silenzioso, non sembrava esserci nessuno nei paraggi, e la ragazza realizzò velocemente che molto probabilmente il fatto era legato all'aver visto due dei giovani che solitamente lavoravano laggiù uscire dal portone principale una decina di minuti prima. Poco male, voleva dire che ora non c'era nessuno ad impedirle di guardarsi un po' intorno. Rincuorata dal colpo di fortuna che aveva avuto, Persy si mise immediatamente all'opera, se così si può dire. Si piazzò di fronte al primo scaffale che trovò, e prese a frugare ossessivamente nelle scatole di documenti, tastando la carta antica e godendosi l'odore dell'inchiostro vecchio, leggiucchiando di tanto in tanto qualcuna delle dichiarazioni. Nulla di troppo eclatante in realtà, sarebbero potute benissimo essere false, da quanto poco convincenti sembravano, e addirittura Persy, che credeva ancora nelle creepypasta vecchio stampo (Toglietele tutto, ma non la convinzione dell'esistenza dello Slenderman), si rese conto di ciò. Peccato, aveva sperato davvero di trovare qualcosa di remotamente reale...
Continuò la sua ricerca ancora per un po', una decina di minuti massimo, dieci minuti in cui la ragazza procedette a leggere fogli su fogli, nel tentativo disperato di trovare qualcosa che potesse sembrare verosimile, ma invano.
Delusa, fece per raccattare velocemente i fogli che aveva sparpagliato ingloriosamente al suolo, per poi andarsene alla svelta per non tornare mai più, quando però, da una delle cartellette che la ragazza era in procinto a rimettere nello scatolone da cui le aveva prese, cadde con un tonfo secco qualcosa di scuro e plasticato, e scivolò sul pavimento, poco lontano da lei.
Persy si protrasse immediatamente per raccogliere l'oggetto, e rimase ferma, a guardarlo sconcertata per qualche secondo: era una cassetta. Una cassetta molto piccola, una di quelle per vecchio registratore portatile, con nastro ben avvolto, e una etichetta scritta malamente a pennarello indelebile, "Caso 0122204, Anglerfish".
Persy trattenne il fiato per qualche secondo, rigirandosi la cassetta tra le mani per qualche secondo. Sembrava così...ufficiale. Importante. Toccare solo quell'oggetto le causò un picco di adrenalina notevole, e quasi le sue mani iniziarono a tremare come delle foglie. Ecco quello che stava cercando!! Era l'unico file di tutto lo scatolone ad essere stato digitalizzato in maniera così "arcaica", doveva per forza significare qualcosa, no?
Persy rifletté a lungo sul da farsi: da una parte non voleva rubare, ma dall'altra stava morendo dalla voglia di ascoltare il contenuto di quella cassetta. Che fare?
"Beh...Non è rubare, se poi la restituisco. E' prendere in prestito!"
Niente da fare. Quando si impuntava su qualcosa, era inutile cercare di dissuaderla.
Persy ficcò quindi velocemente la cassetta nella tasca della propria felpa, e tornò a riordinare i fogli sparpagliati al suolo, con un umore decisamente migliore rispetto a qualche minuto prima.
Ora però, sapeva che avrebbe dovuto darsi una mossa, prima che qualcuno si rendesse conto della sua intrusione non richiesta. Dopotutto, non avrebbe mai voluto farsi beccare in questa manie-
<<Mi scusi, ma lei chi è? Questa è un'area riservata, signorina!>>
<<MA CHE CAZ-!!>>
Persy fece uno scatto all'indietro, presa alla sprovvista dall'apparizione improvvisa della voce misteriosa, e si girò, aspettandosi un buttafuori, o la sicurezza, o chiunque che avrebbe potuto prenderla a calci fuori dal posto. Invece, con sua grande sorpresa, si ritrovò faccia a faccia con l'uomo pakistano dallo sguardo spento della volta precedente.
Il volto familiare non fu apprezzato, visto e considerato che lo spavento improvviso le aveva causato di sbattere nuovamente contro la scatola che stava sistemando, ed essa si era ribaltata malamente, finendo solo per aggiungere ancora più chaos al macello pre-esistente. Per questo, la prima reazione che venne a Persy, fu un raffinatissimo:
<<DI NUOVO TU?!>> urlato, nel tentativo disperato di processare la presenza dell'uomo, e di calmare il proprio battito cardiaco. Quell'assistente d'archivio non aveva davvero niente di meglio da fare piuttosto che starle appresso ogni volta che lei scendeva lì?! Come mai se lo ritrovava sempre tra i piedi?!
<<Oh... Sei tu.>> Gli occhi dell'uomo si assottigliarono, squadrando il viso della ragazza con un'espressione seccata, per poi osservare il disastro di fogli e scatole ai suoi piedi, e poi prese nuovamente a guardarla negli occhi, con uno sguardo chiaramente molto poco impressionato e decisamente non divertito. Sembrava si stesse genuinamente trattenendo dallo strangolarla, cosa che rassicurò ben poco l'adolescente.
<<Potrei sapere, di grazia, chi saresti tu con precisione, e perché sto continuando a vedere la tua faccia quaggiù? Perché se tu fossi qui senza adeguata autorizzazione, credo proprio dovrò fare nota delle tue intrusioni ad Elias.>> il veleno nella voce dell'uomo era udibile, e Persy si rese ben presto conto che quella era a tutti gli effetti una minaccia, e che lei era finita in un mare di guai. E soprattutto, che le serviva una scusa credibile, e alla svelta.
<<Uh...Io lavoro qui!>>
...Beh, forse il licenziamento sarebbe stato veloce e indolore.
<<No, mi rifiuto che questo stia capitando una seconda volta- Tu non lavori qui.>>
<<No, no, ti assicuro che io->>
<<Se tu lavorassi qui lo saprei, visto che io sono il Capo Archivista.>>
<<...Ah.>>
"Beh! Sono ufficialmente fottuta!"
E Persephone era, effettivamente, "ufficialmente fottuta".
Lo sguardo di quello che a quanto pare era proprio l'Archivista in persona si fece ancora più scuro, era evidente che non gli era esattamente piaciuto il suo triste tentativo di salvarsi in corner, e probabilmente stava per ucciderla sul posto.
O almeno, lo avrebbe assolutamente fatto, se qualcuno non fosse intervenuto sul momento per fermarlo.
<<Rilassati, Sims, intende che ora lavora nell'Istituto, pensavo lo sapessi.>>
February si chiuse la porta alle spalle, anche se teoricamente non c'era mai stata una porta su quella parete, e in realtà, dando un secondo sguardo, essa era tornata a non esserci, e rimase fermo a poca distanza dall'uomo arrabbiato
L'uomo in questione, (Sims?), per tutta risposta sospirò, e sembrò assumere nuovamente la sua solita aria infastidita, piuttosto che nervosa.
<<Lo so, fa la tirocinante, me lo ha già detto l'altro giorno, visto che si trovava anche allora nei miei Archivi, seppur con una ragione valida.>> un altro sospiro, seguito subito da una scossa di testa rassegnata. <<Devo ancora capire il perché Elias farebbe una cosa del genere, ma...Lavorare nell'Istituto non ti dà automaticamente accesso quaggiù, Lukas.>>
Il tono secco con cui Sims pronunciò il nome del ragazzo lo fece rabbrividire. February non era qualcuno a cui piaceva il confronto, non lo era mai stato, e Jon invece sembrava costantemente sull'orlo di una crisi, in procinto a urlare a chiunque fosse sulla sua strada. Ma questa volta, la creatura aveva un'ottima ragione per mettersi contro il suo caratteraccio, e la ragione era che non gli avrebbe permesso di far cacciare l'unica persona che apprezzava parlare con lui dopo anni e anni di solitudine.
<<Colpa mia...Le avevo chiesto di recuperarmi una cosa...>> Febbie fece una piccola pausa ad effetto, per poi sfoggiare la sua espressione più persa e sconsolata possibile <<Penso però non sia qui, sai com'è, la mia testa non funziona correttamente...>> la creatura diede un piccolo, teatrale singhiozzo, per poi stringersi tristemente nelle spalle <<Non funziona più da così tanto...Non ricordo nemmeno cosa doveva recuperarmi...Forse l'oggetto che cerco non esiste nemmeno...Oh cielo..>>
Jon rimase fermo ad ascoltare il mostro, ed il suo tono triste e sconsolato gli fece stringere lo stomaco con un senso di pietà devastante. Era risaputo, nell'Istituto non c'era cosa più deprimente di February Lukas, e sperimentarlo in prima persona era sufficiente a farti piangere per giorni. Dunque, dopo l'ennesimo sospiro, Jon si sistemò gli occhiali sul volto, e abbassò lo sguardo.
<<...Capisco. Pensaci di più la prossima volta, Lukas. E andatevene entrambi, ho troppo lavoro da fare per stare dietro a voi due.>>
E detto questo, l'archivista mormorò in maniera frustrata qualcosa sottovoce e si allontanò a grandi passi, rinchiudendosi nuovamente nel proprio ufficio e sbattendosi rumorosamente la porta alle spalle.
Persephone trasse un sospiro di sollievo non appena fu fuori dal mirino dell'uomo:
<<Phew...Grazie, Feb. Mi hai salvato il culo...>
<<Io te lo avevo detto di non scendere qui.>> February sembrò anche lei rincuorata dalla risoluzione della situazione, e accennò un sorrisetto compiaciuto.
<<Eh già...>> la ragazza terminò di radunare i fogli al suolo e li rigettò velocemente nella scatola da dove essi provenivano, per poi alzarsi dal freddo pavimento degli Archivi, sgranchendosi un po'.
<<La prossima volta dovrò stare più attenta...>>
<<Uh? Che hai detto??>>
<<Oh, nulla, non preoccuparti! Parlottavo tra me e me!!>> Persephone ridacchiò imbarazzata, e gentilmente afferrò il braccio dell'amica accanto a sé
<<Piuttosto, andiamocene di qui. Mi stanno venendo i brividi.>> disse, conducendo la creatura alle scale che davano per il primo piano.
<<Buona idea, non mi piace stare qui.>>
E così, i due iniziarono a percorrere la scalinata verso l'alto, uscendo definitivamente dall'inquietante posto,
<<E poi, non avevi detto ieri che non appena tornavi qui dovevi consegnare dei documenti importanti a Diana della Libreria Istituzionale..?>>
<<...Oh cazzo, me ne ero completamente dimenticata-!!!>>
<<Dichiarazione di Amy Patel, riguardo alla presunta sparizione di una sua conoscenza, Graham Folger. Dichiarazione originale rilasciata il primo luglio 2007. Registrazione audio di Jonathan Sims, Capo Archivista del Magnus Institute, Londra. Inizio della dichiarazione.>>
Click
Amy Patel incontrò Graham Folger per la prima volta due anni prima della sua testimonianza. Non sapeva dire con precisione quando si incontrarono inizialmente, o quando iniziarono effettivamente a parlarsi, ma seguivano un corso insieme all'epoca, nel "lontano", si fa per dire, settembre del 2005. Aveva deciso di seguire un corso di criminologia all'università di Birkbeck, per scappare dalla monotonia del suo lavoro d'ufficio (si occupava di analisi di conformità alla Deloitte, e sì, è esattamente noioso come suona), e nonostante la donna fosse consapevole che non la avrebbe ovviamente portata a nulla, lei sentiva il bisogno urgente di ritrovare interesse nella propria vita, e al tempo le sue opzioni erano o il corso, o il darsi all'alcolismo, quindi...
Inizialmente, Amy trovò Graham leggermente sgradevole, e come biasimarla? Era un fumatore seriale, e usava decisamente troppo deodorante per cercare di coprire l'odore del tabacco. Era parecchio più vecchio di lei, dieci anni circa, e nonostante Amy non scoprì mai la sua età, i suoi capelli stavano iniziando a diventare grigi, e la stanchezza sul suo viso non era dovuta solo a diverse notti in bianco. Ovviamente non era brutto: il suo viso era tondo ed espansivo, occhi blu scuro, parlava bene nei lavori di gruppo, a quanto pare aveva perfino studiato ad Oxford. Ma era un tipo...strano, a dir poco. Amy aveva iniziato a notare ciò quando si rese conto che durante le lezioni lui era sempre dietro a scribacchiare furiosamente in un quaderno. Non potevano essere appunti, perché Graham continuava a scrivere anche quando il professore non stava parlando. Addirittura, Amy una volta lo vide riempire un quaderno A5 nuovo di zecca in una sola lezione, e il professore stava parlando così lentamente che Graham non avrebbe potuto riempire quel quaderno nemmeno scrivendo ogni singola parola detta. Senza contare che, quando Amy una volta gli chiese i suoi appunti per un tema, lui le lanciò una occhiataccia, dicendole che non prendeva mai appunti.
Quindi, in breve, tipo strano, ma non cattivo o ostile.
Fu solo quattro mesi dopo l'inizio del corso che Amy incontrò Graham al di fuori dell'università, sul pullman notturno del servizio di Clapham. Ovviamente, pullman "notturno" implica l'essere pieno di ubriaconi arrabbiati, quindi Amy stava cercando di non dare troppo nell'occhio, seduta sul fondo del piano superiore del veicolo. Fu lì che vide Graham. Era seduto davanti, intento a fissare fuori dal finestrino. Ora, osservare le persone era una grande passione segreta di Amy. Può suonare inquietante, ma era solo un hobby innocente, quindi decise di non salutarlo per il momento, rimanendo all'erta per qualsiasi cosa bizzarra che l'uomo avrebbe potuto fare. Non fu delusa- Era addirittura più strano da solo, più di quanto non lo fosse mai stato in classe.
Era inverno inoltrato, e il freddo si raggrumava sotto forma di condensa sui finestrini del bus, rendendoli opachi. Eppure, Graham, quasi ossessivamente, toglieva questa condensa di scatto dai finestrini ogni volta che iniziava ad offuscargli la visuale. Sembrava stesse studiando la strada, attentamente, come fosse alla ricerca di qualcosa, tranne quando piegava il collo per osservare gli edifici che il bus superava a tutta fretta. Sembrava essere parecchio nervoso, e il suo fiato accelerato contribuiva solo ad appannare ancora di più il finestrino di fronte a lui. Amy pensó fosse parecchio preoccupante, quindi ritenne opportuno andargli a dire che anche lei si trovava su quel bus, pensando che magari si sarebbe tranquillizzato così. Forse aveva solo paura di stare da solo con il resto degli ubriaconi che stavano viaggiando in quel momento su quel mezzo pubblico.
Graham fece un piccolo salto quando lei gli si avvicinò per salutarlo, e gli chiese se stesse bene. Le rispose, incerto, che solitamente non stava così tanto fuori casa, e che trovava inquietanti i trasporti pubblici di notte. Amy si sedette di fianco a lui, e lui sembrò rilassarsi visibilmente, quindi la donna decise di lasciare morire l'argomento e di godersi il resto del viaggio in silenzio. Fecero qualche piccola conversazione, nulla di troppo interessante, finché non iniziò ad avvicinarsi la fermata alla quale sarebbe dovuta scendere Amy. Ella notó, con un po' di sconforto, che anche Graham si era alzato insieme a lei, e ne dedusse che probabilmente loro due abitassero nella stessa zona. Amy deglutì. Graham le stava simpatico, certo, ma non erano altro che vaghi conoscenti, e lei non si sentiva ancora pronta a fargli sapere dove abitava, era una persona parecchio riservata.
Decise quindi di camminare con lui per quanto sarebbe stato necessario, per assicurarsi che lui non vedesse in quale palazzo entrava, e magari non sarebbero nemmeno andati nella stessa direzione, non c'era nulla di cui preoccuparsi!
....No, stavano andando nella stessa identica direzione. Cavolo. Anzi, sembrava proprio fossero diretti anche per la stessa strada.
A quel punto, però, successe qualcosa di parecchio bizzarro:
Amy sentì una mano che la afferrava per la spalla, e venne tirata bruscamente in mezzo alla strada.
La donna non si rese subito conto di cosa stesse succedendo, un attimo prima stava camminando tranquillamente, e l'attimo dopo era stata scagliata giù dal marciapiede. Non poteva essere stato Graham, stava camminando dritto davanti a lei, ma allo stesso tempo, Amy poteva giurare che non ci fosse stato nessun altro nei loro paraggi in quel momento.
Non c'era nemmeno nessuna macchina in arrivo, grazie al cielo, ma Amy cadde comunque al suolo con un tonfo secco, sbattendo la testa contro il terreno. Probabilmente perse anche conoscenza per qualche secondo, perché quando si riprese, la prima cosa che vide fu Graham, nel panico più totale, al telefono con un'ambulanza. Cercò di dirgli di stare tranquillo, che stava bene, che non si era fatta nulla, ma non riuscì a tirare fuori le parole, e anzi, non riuscì ad aprire la bocca affatto, il che probabilmente significava che forse non stava poi così bene come pensava.
L'ambulanza arrivò relativamente in fretta, considerando che era un venerdì sera a Londra, e i paramedici diedero un'occhiata veloce alla donna. Le dissero che la ferita in sé non era grave, ma che comunque aveva una commozione cerebrale abbastanza brutta, e che per un paio di ore non sarebbe dovuta restare da sola senza supervisione.
Anche se Amy poteva ormai vedere la porta della propria casa da dove si trovava, ormai la ragazza era fissata con il non voler assolutamente che Graham scoprisse dove lei viveva. Forse, a ripensarci meglio, era la commozione che le fece fare una scelta tanto stupida, ma accettò di andare all'appartamento dell'uomo per riprendersi. Graham era chiaramente in imbarazzo per via della situazione, e fece del suo meglio per assicurarsi che lei non pensasse che lui stesse cercando di approfittarsi di lei, riferendole di non temere, e soprattutto, dicendole di essere gay, cosa che effettivamente rassicurò alquanto Amy.
Saltò fuori che l'appartamento di Graham era proprio di fronte a quello della donna, dall'altra parte della strada, ma un paio di piani più in basso. Quando Amy vi entrò, si chiese immediatamente se, guardando fuori dalla propria finestra, avesse potuto vederlo. Forse avrebbe potuto vedere il vaso appeso fuori dalla sua finestra, di cui vedeva chiaramente i ganci che lo tenevano attaccato al telaio. Ella chiese a Graham cosa stesse facendo crescere, ma di rimando le arrivò solo uno sguardo stranito, come se la commozione la stesse facendo parlare a vanvera, ed effettivamente, ad un secondo sguardo, non c'era alcun gancio appeso al telaio, e nessun vaso da nessuna parte. Probabilmente era solo la botta che le aveva fatto dei seri danni alla testa, pensò Amy per tranquillizzarsi, e decise di lasciare perdere il vaso ed esplorare l'appartamento ancora un po'.
Il posto era semplice, abbastanza grande per gli standard londinesi, con pochi mobili e molti di questi erano librerie, ciascuna riempita con file e file di quaderni identici, senza un apparente sistema di etichettatura o indicazione dei contenuti. Amy pensó di provare a chiedergli cosa fossero, ma le pulsava la testa, quindi non si sentiva pronta a ricevere la risposta, qualunque essa fosse stata.
Graham la aiutò a sedersi sul divano, e poi sparì a prenderle un pacchetto di ghiaccio e una tazza di thè zuccherato, e la donna accettò entrambi con grande gratitudine, per quanto non si sentisse in vena di parlare. Per evitare l'imbarazzo, l'uomo prese a parlare per entrambi, ed Amy scoprì grazie a ciò diverse cose su di lui, che prima ignorava completamente: a quanto pare, i suoi genitori erano entrambi morti in un incidente stradale un paio di anni prima, e gli avevano lasciato parecchio denaro e la proprietà di quell'alloggio. Non aveva più necessità di lavorare, quindi per riempie il proprio tempo, aveva preso a partecipare in svariati corsi universitari, per "ampliare i propri orizzonti", o qualcosa del genere. Stava ancora cercando di capire cosa fare della propria vita.
Continuò a parlare per un po', ma Amy smise di ascoltarlo del tutto quando posò la propria attenzione sul tavolo dove egli aveva poggiato la sua tazza di thè, restandone in qualche modo rapita: era un affare in legno decorato, con un pattern sinuoso di linee che si intrecciavano verso il centro. Il motivo era ipnotico, e si muoveva mentre Amy lo fissava, come un'illusione ottica. La donna trovò i suoi occhi seguire le linee verso il centro del tavolo, dove non c'era altro se non un piccolo buco quadrato.
Graham notò ciò che la ragazza stava osservando, e le disse che quell'interessante mobile antico era parte di una delle sue poche, vere passioni. A quanto pare aveva trovato il tavolo in un negozio dell'usato durante i suoi giorni da studente, e se ne era perdutamente innamorato. Era ridotto piuttosto male, ma ci aveva speso così tanto tempo e denaro per restaurarlo, anche se non aveva mai capito cosa avrebbe dovuto esserci al centro, nel buco cubico vuoto. Probabilmente un pezzo separato che era andato perduto, e nonostante quanto avesse cercato, non era mai riuscito a trovarlo. Amy iniziò a sentirsi particolarmente stanca del suo continuo parlottare, il suo discorso sarebbe stato estremamente noioso anche se non avesse avuto una commozione, quindi, visto che pensava di stare abbastanza bene ora, iniziò a porgere all'uomo le sue scuse, e a dire di doversene andare. Graham espresse preoccupazione, dicendo che non era passato il lasso di tempo che i medici avevano suggerito, ma la donna lo assicuró che sarebbe stata alla grande, e lui non oppose resistenza. Alla fine, Amy se ne andò, perché continuava a perdersi nelle linee del tavolo, e i tubi stavano facendo un tale rumore che non avrebbe fatto assolutamente bene alla sua testa.
Tornò dritta a casa e, dopo essersi assicurata che Graham non la potesse vedere dalla finestra, guardò la TV per un paio di ore e poi andò a dormire. Quando si svegliò il mattino successivo, la ragazza si sentiva nuovamente nel pieno delle forze, ma decise di tenere il cerotto sul taglio sulla fronte, per sicurezza, e fece di tutto per non pensare alla sera precedente.
Una notte, però, un paio di giorni dopo, Amy si ritrovò a guardare fuori dalla finestra, quella che si affacciava sulla strana, e si ricordò di quanto vicino vivesse Graham. Cercò di vedere se riusciva a capire quale finestra fosse la sua, e riuscì effettivamente a trovarla. Le dava una vista sorprendentemente chiara del salotto della casa dell'uomo, e lo poteva vedere seduto sul divano, che leggeva uno dei quaderni proveniente dalle sue svariate librerie.
Amy si rese conto che, se lei poteva vedere lui così chiaramente, allora anche lui probabilmente avrebbe potuto fare lo stesso, se solo avesse alzato lo sguardo, quindi la donna corse a spegnere le luci del proprio appartamento, in modo da non poter essere notata affatto. E poi tornò ad osservarlo.
Ora, può sembrare inquietante, ma guardare le persone era l'hobby di Amy, e per quanto fosse noioso parlare con Graham, la sua vita era particolarmente avvincente da osservare in terza persona. Non lo guardò solo quella notte, ma anche quella dopo, e quella dopo ancora. Guardare Graham diventò un passatempo della donna, come se ogni giorno aspettasse con ansia di gustarsi una nuova puntata del suo programma preferito. Era strano, ma non riusciva proprio a smettere. Il suo treno di pensiero era che andava perfettamente bene, visto che non lo guardava con nessun fine malizioso, se non per mera curiosità. E a sua discolpa, probabilmente avrebbe smesso molto prima, se non fosse stato per le cose bizzarre che l'uomo faceva nel suo tempo libero. Riordinava continuamente i suoi quaderni, senza nessun apparente sistema di organizzazioni, la maggior parte delle volte senza neanche aprirli.
A volte ne prendeva uno a caso dallo scaffale e cominciava a scarabocchiarci sopra, nonostante Amy potesse vedere che era chiaramente già coperto di scritte.
Una volta, addirittura, lo vide prendere uno dei suoi quaderni, e cominciare a strapparne le pagine una a una, lentamente e deliberatamente. E altrettanto lentamente e deliberatamente, cominciò a mangiarle. Gli ci saranno volute tre ore per finire l'intero quaderno, ma non si fermò mai, ne fece mai una pausa. Continuò e basta.
Anche quando non faceva niente coi quaderni, c'era una strana energia intorno a lui. Sembrava essere costantemente teso, paranoico, sussultava ogni volta che c'era un rumore un po' più forte sulla strada. Ogni volta saltava in piedi, correva alla finestra e cominciava a guardare fuori, piegando freneticamente il collo da una parte all'altra. Poi, all'improvviso, decideva che non c'era nessun problema, quindi ritornava a fare qualsiasi cosa stesse facendo prima.
E con "qualsiasi cosa stesse facendo", Amy intendeva "assolutamente niente". Graham non possedeva un televisore, o un computer, e gli unici libri che aveva erano i suoi dannati quaderni, e mangiava sempre solo cibo d'asporto. Il resto del tempo se ne stava seduto lì, fumando, guardando il vuoto, e a volte, il suo tavolo di legno. Non faceva quasi nient'altro.
Chissà, magari aveva una vita piena e soddisfacente al di fuori dal suo appartamento, che lasciava molto spesso, e ovviamente Amy non era così malata da pedinarlo fuori casa, in fondo era solo un hobby, non un'ossessione, e spesso anzi passavano giorni in cui la donna non vedeva Graham affatto. Magari, qualcosa che si era persa avrebbe potuto spiegare il suo strano comportamento.
Sicuramente, Amy Patel avrebbe preferito perdersi quello che successe il 7 aprile di quell'anno.
Il suo lavoro era diventato parecchio intenso da un paio di mesi, quindi lavorando spesso fino a tardi, la donna aveva dovuto abbandonare il suo corso. Non molto era cambiato, non aveva parlato con Graham dal giorno della contussione, e lui sembrava ancora essere parecchio in imbarazzo. Inoltre, con tutte quelle cose strane che lei gli aveva visto fare, sarebbe stato difficile sostenere una conversazione normale con lui. Comunque, quel giorno Amy aveva avuto a malapena il tempo di mangiare, figurarsi di osservare Graham, ed una volta tornata a casa alle dieci e mezza di sera, il suo primo pensiero fu di filarsene dritta a letto. Ma era venerdì, e per tirare avanti durante la giornata lavorativa, la donna aveva bevuto un bel po' di caffè, quindi era carica e non vedeva l'ora di dormire fino a tarda ora il mattino seguente, perciò pensó bene di passare un paio di rilassanti minuti a vedere come stava Graham quando notò dalla finestra che la sua luce era ancora accesa.
Nonostante la luce però, Amy non riusciva proprio a vedere dove fosse, quindi pensò che magari fosse andato a dormire dimenticandosi la lampadina accesa. O forse era solo in bagno. A ogni modo, decise di aspettare un po' il suo eventuale ritorno.
Ma mentre osservava la finestra, la ragazza si rese conto che c'era... qualcosa...di strano in essa. Sembrava diversa, in qualche modo, ma non riusciva a capire in cosa.
Poi lo notò.
Inizialmente la aveva presa come una grondaia che scendeva giù per il fianco dell'edificio, attaccata appena sotto la finestra aperta di Graham. La luce dei lampioni non raggiungeva il quarto piano del suo appartamento, e il davanzale lanciava un'ombra che impediva alla luce della stanza di illuminarla, ma era lunga, dritta, scura, e da quello che poteva vedere, sembrava solo una grondaia, a parte il fatto che aveva osservato quella stessa finestra per mesi, e non le era mai parso ci fosse una grondaia lì prima d'ora.
Mentre prese a fissarla, si mosse.
Cominciò a piegarsi, lentamente, e solo allora, Amy si rese conto di star osservando un braccio, un lungo braccio magro. Mentre piegava l'articolazione vicino a dove il braccio finiva, Amy poté giurare di aver visto un'altra articolazione più in basso, anch'essa che si muoveva, e piegando quelli che poté solo assumere fossero gomiti; agganciò la fine dell'arto oltre la finestra. Dire che si "muoveva" forse non era il termine più esatto. Si spostava. Come quando fissi uno di quei vecchi dipinti magici che quando li guardi cambiano da un disegno ad un altro. Amy non vide niente che potesse anche solo lontanamente sembrare una mano, ma comunque, l'affare si tirò su nella finestra. Ci volle meno di un secondo, e non vide bene cos'era, vide solo queste... braccia, gambe? Almeno quattro, ma potrebbero essere state di più, che si piegarono dentro la finestra in un lampo di grigio screziato. Era più che altro una silhouette, e se c'era un corpo o una testa, si spostò dentro più veloce di quanto lei potesse mai vedere. Nel momento in cui fu dentro, la luce nell'appartamento di Graham si spense, e la finestra si chiuse, sbattendo dietro quella cosa.
Amy rimase lì per un bel po' di tempo, alla finestra, allibita, cercando di processare ciò che aveva appena visto. Riuscì a scorgere dei vaghi movimenti all'interno dell'appartamento, ma non riuscì a vedere nulla con chiarezza. Decise eventualmente che avrebbe dovuto chiamare la polizia, anche se non aveva la minima idea di cosa dire loro. Alla fine, disse semplicemente che aveva visto qualcuno di sospetto arrampicarsi dentro una finestra al quarto piano del suo indirizzo, e riagganció prima che potessero chiedere chi stava chiamando. Poi aspettó, osservando nuovamente l'appartamento al buio di fronte a sé. Aveva paura che, se avesse distolto lo sguardo, quell'affare scuro si sarebbe ripiegato su se stesso, e si sarebbe introdotto in casa sua.
Niente uscì dall'appartamento.
Circa dieci minuti più tardi, Amy vide una macchina della polizia risalire la strada. Senza sirene né luci lampeggianti, ma erano lì, e cominciò subito a sentirsi meglio. Alzando lo sguardo, però, vide che la luce nell'appartamento di Graham si era accesa. Non c'era segno della cosa che aveva visto arrampicarsi dentro, ma quando la polizia suonò il citofono fuori dal suo palazzo, vide qualcuno andare verso la porta per farli entrare.
Non era Graham.
Era completamente diverso. Era un paio di centimetri più basso, aveva un viso lungo e quadrato, sormontato da capelli ricci e biondi, mentre quelli di Graham erano scuri e tagliati corti. Indossava i vestiti di Graham però, Amy riconobbe immediatamente la maglietta, ma quello non era assolutamente Graham.
La donna guardò mentre Non-Graham andava alla porta per far entrare i due poliziotti. Parlarono un po', Non-Graham sembrava preoccupato e insieme cominciarono a perlustrare l'appartamento. Rimase a guardare, aspettando che quella cosa emergesse, o che trovassero il vero Graham, ma non accadde nessuna delle due cose. Ad un certo punto, Amy vide uno dei due poliziotti sollevare una sagoma rosso scuro che la ragazza riconobbe come un passaporto. Il poliziotto lo aprì, ed iniziò a guardare Non-Graham, chiaramente confrontando l'uomo di fronte a sé e la foto, e Amy aspettava il momento in cui lui avrebbe riconosciuto l'impostore. Ma invece si limitò a ridere, stringere a Non-Graham la mano, e poi se ne andarono. Guardò la macchina della polizia allontanarsi, sentendo un senso di impotenza, e quando alzò lo sguardo, lui era alla finestra di Graham, che guardava dritto verso di lei.
Rimase immobilizzata mentre i suoi grandi occhi fissi incontrarono i suoi, e un freddo sorriso a trentadue denti si allargava sul suo viso. Poi con un movimento fluido chiuse le tende e sparì.
Quella notte, Amy non riuscì a dormire, e da allora, non vide mai più Graham. Vedeva questa nuova persona, però, continuamente. Nella settimana successiva lo vide portare fuori grandi sacchi della spazzatura dall'aspetto pesante, più volte al giorno. Le ci volle un po' per capire che si stava sbarazzando dei vecchi quaderni di Graham, ma presto l'appartamento ne fu svuotato. Probabilmente fece altri cambiamenti, ma Amy non riuscí mai riuscita a vedere bene, dato che gli unici momenti in cui teneva le tende aperte era quando stava a fissare intensamente il suo appartamento, cosa che ora fece ogni notte per un lungo periodo. Amy cercò disperatamente di trovare prove del vecchio Graham, ma qualsiasi foto che riusciva a trovare online- era sempre una foto di questa nuova persona. Chiese anche a qualcuno dei suoi vecchi compagni di corso, ma nessuno di loro sembrava neanche ricordarselo.
Alla fine Amy si trasferì. La goccia che fece traboccare il vaso fu un mattino, quando la donna stava uscendo per andare al lavoro, e si accorse troppo tardi che Non-Graham era uscito dal suo palazzo nello stesso momento. La salutò per nome, e la sua voce non era per niente come avrebbe dovuto essere. Amy cominciò a scusarsi e sbrigarsi ad andare via, ma lui si limitò a fissarla, e sorrise.
"Non è divertente come si possa vivere così vicino a qualcuno e non accorgersene, Amy? Dovrò ricambiare la visita, un giorno di questi."
Amy Patel si trasferì una settimana più tardi, e non lo rivide mai più.
<<Fine della dichiarazione.>>
Jon chiuse il fascicolo del caso, con un sonoro sospiro, per poi sporgersi nuovamente in avanti verso il registra-cassette.
<<Sarei tentato di scartare questa dichiarazione come un'allucinazione risultante da complicazioni a lungo termine di un trauma alla testa, ma Tim è riuscito a mettere le mani sulla cartella clinica della signorina Patel.>>
L'uomo rimase un momento in silenzio, come ad immaginare i millemila metodi illegali che Tim potrebbe aver utilizzato per ottenere quelle informazioni preziose, per poi scuotere la testa con un cenno di dissenso.
<<Dio solo sa come l'ha avuta, ma sarà meglio che non stia usando i fondi dell'Istituto per corrompere di nuovo gli impiegati d'archivio. La cartella non supporta l'idea che potesse soffrire di questo genere di problemi. Senza contare che di solito mi fido delle testimonianze di colleghi, fino ad un certo punto...>>
Ahah. Bella battuta. In realtà non si era mai sentito al sicuro con delle informazioni senza ricontrollarle come minimo due volte. Ma proseguendo...
<<ma il suo lavoro non sembra proprio del tipo che si può portare avanti con una percezione della realtà compromessa. La signorina Patel ha rifiutato la nostra richiesta di una seconda intervista e sembra che stia cercando di allontanarsi da questi eventi.>>
Jon assunse un'espressione seccata. Se c'era qualcosa che lo infastidiva quasi alla pari di Martin, era quando le persone trattenevano informazioni importanti a lui, rendendo il suo lavoro un inferno. Cosa le costava dare loro una conferma ufficiale, perlomeno?!
<<Graham Folger è sicuramente esistito, e sembra corrispondere alla sua storia. Secondo la documentazione del coroner, Desmond e Samantha Folger, i suoi genitori, sono morti sulla M1 vicino a Sheffield il 4 agosto 2001, e il nome di Graham Folger appare sui registri di molti college e università a Londra e dintorni negli anni successivi. L'appartamento menzionato apparteneva davvero a Folger, ma fu venduto tramite un'agenzia all'inizio del 2007. Tutte le fotografie che siamo riusciti a trovare sembrano corrispondere alla descrizione di questo Non-Graham che Patel ha descritto, eccezion fatta per un paio di Polaroid, allegate, che sembrano datate alla fine degli anni 80, e mostrano i due genitori al fianco di un teenager con i capelli scuri che non corrisponde affatto alle foto successive.>>
Ovviamente, questo non significava nulla per Jon. Magari si era semplicemente tinto i capelli più avanti, oppure il teenager nella foto non era affatto Graham, forse un suo cugino o parente. Non c'erano effettive tracce di nulla di paranormale. Solo un mucchio di sciocchezze senza fondamento.
<<Non sembra esserci molto altro da fare, qui. Amy Patel, come molti nei nostri soggetti, sembrava essere interessata a rilasciare la propria dichiarazione più come una forma di conclusione personale che come inizio di una indagine seria. Non era neanche interessata quando Sasha le ha detto che siamo riusciti a trovare quello che crediamo essere uno dei quaderni di Graham Folger.>>
"Santissima Sasha, come al solito riesce chissà come a trovare cose sconosciute a chiunque altro. Perlomeno qualcuno che fa il suo lavoro come si deve c'è ancora..." pensò Jon, osservando le immagini allegate del contenuto del quaderno che la sua collega gli aveva passato.
<<Dubito che sarebbe stato di qualche utilità. Dice la stessa cosa su ogni pagina: le parole "continua a guardare" ripetute più e più volte.>>
Inquietante, ma non una prova concreta. Anzi, era prova semplicemente del fatto che tale Graham Folger era uno schizzato. Jon sospirò. Un'altra indagine lasciata a metà ed impossibile da terminare.
<<Fine della registrazione.>>
Il rumore del tasto del registra-cassette annunciò la fine della sua dose giornaliera di cavolate simil-paranormali.
"Ugh, come al solito. Nulla di anche solo minimamente veritiero." Pensò l'archivista, silenziosamente scrivendo col pennarello indelebile sul retro della cassetta appena registrata, e infilandola nella cartella del caso, insieme alla dichiarazione scritta.
"Caso 0070107, Across the street, archiviato."
<<Un vero peccato che oggi la libreria fosse chiusa,>> Hel si strinse nelle spalle, giocherellando con un filo sfilacciato del cardigan che Sasha le aveva dato in prestito quella stessa mattina, <<abbiamo fatto tutta questa strada per nulla.>>
Sasha sospirò, esausta. <<Già. Ma hey, meglio prevenire che curare, eh? Almeno sappiamo che quel libro non lo ha lei.>>
Tim fece un sorrisetto, e poi assunse una fintissima espressione addolorata: <<Oh, tragedia, voi due mi avete fatto perdere quasi una intera giornata di lavoro. Come potrò mai andare avanti a vivere ora!!>>
<<Smettila di fare lo scemo,>> Sasha ridacchiò sotto i baffi, ma fece del suo meglio per assumere una espressione seria <<Saremo costretti a tornare anche domani.>>
<<Oh!>> Hel intervenne nella conversazione dei due piccioncini, sistemandosi gli occhiali da sole sul viso con decisione <<Ci sarò! A che ora? Dopo che io esco dal college, no?>>
Sasha e Tim si fecero improvvisamente silenziosi, come due persone che devono dare una pessima notizia ma non sanno proprio come farlo.
<<Ecco...>> Sasha prese a dire, gesticolando lievemente <<in realtà, forse è il caso che andiamo solo io e Tim.>>
Hel assunse quasi immediatamente un'espressione triste e delusa, quindi Tim si sbrigò ad aggiungere <<NNNNon perché pensiamo che tu non sia in grado! È che... È il nostro lavoro, siamo più esperti con questo...>>
<<Già, e tu hai rischiato molto, non vogliamo ti capiti qualcos'altro di male!>> Concluse Sasha, prendendo gentilmente la spalla dell'amica in segno di conforto.
Hel non fece nulla per nascondere la delusione sul suo volto, ma scosse lievemente il capo in risposta.
<<... D'accordo. Se lo dite voi. È che...volevo esservi d'aiuto.>>
<<Ma lo sei stata! Ci hai avvisato dell'esistenza di questo Le-...libro pericoloso! Sei stata incredibilmente d'aiuto!>> Sasha esclamò, dando una lieve pacca sulla schiena della giovane dai capelli viola.
Lei non diede reazione, si limitò ad annuire con poca convinzione, e indicò una fermata del bus a poca distanza da loro.
<<Devo fermarmi lì e tornare a casa. Ci vediamo...>> e detto questo, accelerò il passo, stringendosi nel cardigan e abbassando il capo.
Sasha e Tim la guardarono andare via in silenzio, interdetti e con uno sguardo di preoccupazione in volto.
<<Sei sicura di aver fatto la scelta giusta, Sash?...>>
<<... È l'unica scelta, Tim, non ho intenzione di mettere qualcuno di così inesperto in pericolo. Specialmente visto che è stata già in pericolo letteralmente ieri.>>
Tim rimase zitto per qualche secondo, per poi mormorare semplicemente sottovoce:
<<Hai ragione. Nessuno dev'essere coinvolto.>>
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top