Colloquio di lavoro
[ATTO 1]
[Capitolo tre]
"Colloquio di lavoro"
Persy non tornò più all'Istituto, e per un po' la faccenda sembrò conclusa. Dopotutto, aveva cose decisamente più importanti a cui pensare in quel periodo: innanzitutto, i suoi voti. Erano molto alti, certo, ma doveva assicurarsi di continuare per quella strada se voleva arrivare in una scuola di medicina. In secondo luogo, la sua preoccupazione più grande al momento era trovarsi una fonte di guadagno.
<<Intendi un lavoro part-time?>> Jay rimase sorpresa quando Persy le spiegò questa sua necessità <<Sei qui da meno di un mese, P. Sei ancora una studentessa, forse ti conviene lasciare il lavoro a più avanti?>>
<<No, non capisci, a me serve un lavoro. Se dovesse succedere qualcosa, necessito di un metodo per pagarmi da sola la retta scolastica.>> Persy chiuse il giornale che stava leggendo, e lo appoggiò sulle sue gambe.
<<Pensavo fosse già pagata.>> Jay rispose, giocherellando con il pennarello rosso con la quale Persy poco prima stava cerchiando le pagine del quotidiano.
<<No, abbiamo dato un anticipo, mio padre effettua pagamenti regolari ogni settimana.>> sospirò la bruna, reclinando la testa all'indietro verso i cuscini del divano.
<<Ah, in effetti mi chiedevo come tu avessi fatto a permetterti questa università. Senza offesa, ma mi avevi detto che il volo per Londra era costato praticamente tutti i tuoi risparmi. >>
"Beh, Jay, non tutti siamo ricchi sfondati quanto te!"
Persy sospirò nuovamente, stavolta con più esasperazione, e borbottò <<Fatto sta che mio padre, conoscendolo, si scoccerà molto in fretta di pagare per la sua figlia adulta, e mi pianterà in asso come fa sempre. Quindi, visto che vorrei evitare di rimanere senzatetto in un posto che non conosco, farei meglio a trovarmi un impiego.>>
Jay in un primo momento trovò molto strano il fatto che un padre potesse pensare di abbandonare la figlia per strada in questa maniera, ma non erano fatti che la riguardavano, quindi decise di non impicciarsi e di chiudere lì la discussione.
Una settimana dopo, arrivò la chiamata.
Era tarda sera, Jay aveva appena rincasato dopo essere stata fuori tutto il pomeriggio a fare compere. Appena messo piede nell'appartamento, venne subito accolta da urla arrabbiate provenienti dalla propria stanza, e velocemente aveva appoggiato le borse sul tavolo e si era appostata con l'orecchio contro la porta, per decidere se fosse il caso di intervenire o meno. Persy, camminando in cerchio in maniera nevrotica, stava strillando al telefono, e per la prima volta da quando la aveva conosciuta, Jay la vide davvero furiosa.
<<No! No, tu non hai capito davvero un cazzo, papà- Lo so!! Lo so che ti servono i soldi per lei!>> la voce maschile al telefono replicò qualcosa, ma era troppo lontano perché Jay potesse sentire. Però capiva che era infastidita quasi quanto la sua coinquilina. <<Cinque anni, non è possibile che non ci sia stato nemmeno un miglioramento!!>> Persy scaraventò a terra un cuscino, per poi calpestarlo aggressivamente <<No, tu devi ascoltarmi! Cosa vuol dire che sta peggiorando?! Ma che cazzo sprechiamo i nostri soldi a fare allora?!?>> Persy si sedette sul letto, massaggiandosi le tempie con la mano che non stava reggendo il cellulare. Trasse un sospiro profondo, mentre la voce maschile gracchiava chissà che cosa con fare offeso. Ci fu un momento di silenzio, e persino Jay trattenne il fiato, quasi come se stesse guardando il succedere degli eventi di un film.
<<Senti, farò del mio meglio. Dammi qualche settimana, e poi vedrò. D'accordo?>> Persy assunse un'aria sconfitta, e prese ad annuire lentamente, mentre la voce al telefono le stava probabilmente dettando delle istruzioni.
<<Okay...ci provo. Grazie, pa'. Salutala da parte mia, ti voglio b->> si udì un TUUUUT continuato, e Persy prese a fissare il suo cellulare
<<Ha appeso..>> mormorò sottovoce, per poi poggiare l'apparecchio sul comodino e sdraiarsi sul letto. Jay sentì dei leggeri singhiozzi provenire da dentro la stanza, e decise che quello era il momento perfetto per agire.
<<Woah, P, credo ti abbiano sentito anche tutti quelli del piano di sopra così.>> Jay si chiuse la porta alle spalle, e Persy sobbalzò nel sentirla entrare. Quando si girò nel letto per osservarla, aveva le gote leggermente arrossate e gli occhi umidi.
<<Mi...mi dispiace, non volevo fare tanto rumore..>>
<<Eh, nessun problema. Come stai, piuttosto? Sembrava una bella litigata quella...>> Jay si sedette accanto a lei, e le accarezzò gentilmente la schiena. Persy si asciugò le lacrime con la manica del maglione.
<<Mi sento uno schifo...>>
<<Si nota>> Jay sorrise all'occhiataccia che Persephone le stava lanciando, per poi tornare a consolarla, accarezzandole la testa.
<<Mio padre ha detto che...per vari motivi...presto non potrà più continuare a pagare per me. Ha detto che è disposto a pagarmi il viaggio di ritorno, perché il college costa davvero troppo per lui.>> Persy tornò ad asciugarsi frettolosamente gli occhi, imbronciata <<Non voglio tornare nello Yorkshire!...Avrei dovuto immaginarlo da parte sua, non gli piace Londra...>> aggiunse poi, a sguardo basso.
Jay rimase in silenzio per svariati secondi, come se intenta a riflettere attentamente. Poi sorrise, un sorriso soddisfatto, realizzato, come se avesse ricevuto una grande opportunità davanti ai suoi occhi.
<<Senti...>> disse, stringendo con entusiasmo la mano della sua coinquilina <<l'istituto di mio padre offre un tirocinio come stagista agli studenti delle università nella zona, oltre che mettere a disposizione le proprie risorse per lo studio. Puoi fare un colloquio, farti prendere, verrai "pagata" con crediti universitari per un po', e se fai un buon lavoro, in un mesetto o giù di lì sarai sicuramente assunta a tempo pieno, magari come assistente. Ti assicuro che gli stipendi sono alti.>>
Persy sembrò sorpresa, quasi spaventata in un primo momento. Jay la osservò attentamente, notò il suo labbro tremare lievemente, prima di venir morso con incertezza, le sue mani stringere nervosamente un lembo del maglione che indossava, i suoi occhi come frecce impazzite che vagavano da un angolo all'altro della stanza. Sorrise amichevolmente, non intendeva affatto metterla a disagio. Non in un momento così delicato per entrambe, almeno.
Dopo quelle che sembrarono ore, ma che in realtà probabilmente erano stati sì e no venti secondi di silenzio, Persy guardò Jay dritta in quei suoi occhi glaciali, e si decise a parlare:
<<Pensi di...potermi fissare un colloquio?>>
"Di nuovo in questo posto..."
Persy era intenta a camminare avanti ed indietro nel grande corridoio marmoreo, mordicchiandosi le unghie per la forte ansia che stava provando in quel momento. Jay le aveva fissato un colloquio di lavoro con suo padre la settimana prima, ed ora si trovava al terzo piano dell'edificio, cercando di portarsi al bussare alla porta del suo ufficio, fallendo miseramente e continuando invece a girovagare senza meta per il corridoio. La sua paura era perfettamente giustificata, in quanto la ragazza non aveva mai fatto un colloquio prima d'allora, e inoltre tutto quanto doveva andare assolutamente in maniera impeccabile, necessitava di quel posto e alla svelta.
A peggiorare la situazione, si aggiungeva anche il fatto che il padre di Jay fosse un uomo serio ed influente, e che in quell'esatto momento, mentre Persy faticava a bussare alla sua porta, la stesse attendendo con pacatezza, seduto alla sua scrivania in mogano scuro, mentre leggeva pigramente qualche documento di poca importanza.
Elias Bouchard, a capo del Magnus Institute, Londra, era l'apoteosi della perfezione: capelli biondo platino, occhi glaciali e taglienti, pelle ancora impeccabile, nonostante i suoi ormai quarant'anni, tutto ciò aiutava a farlo apparire ancora molto giovane ed attraente. Portava spesso un completo viola, con una cravatta cremisi, ed era sempre regalmente ingioiellato, con anelli ed orecchini dorati. Sul suo viso aleggiava costantemente un sorrisetto abbozzato, che gli conferiva un'aria quasi di superiorità, ma se avessi chiesto di lui ai suoi impiegati, avresti ricevuto solo pareri contrastanti: ti avrebbero forse parlato del suo essere freddo, ma affabile, oppure del suo essere distaccato e snob, oppure ancora dell'atmosfera di mistero e paura che sembrava ruotargli intorno ovunque lui andasse. Spesso essa era data dalla sua tendenza ad apparire dal nulla non appena qualcuno lo nominasse, e dal suo conoscere qualsiasi cosa accadesse nel suo istituto, senza che nessuno gli dicesse nulla. Le teorie su come facesse erano vaghe, e serpeggiavano sotto forma di pettegolezzi tra i vari lavoratori durante la pausa caffè, la più gettonata essendo quella di videocamere segrete nascoste per il luogo.
Ma il metodo con il quale egli risaliva alle sue informazioni non era importante, tanto più considerevole era un fatto di cui tutto l'istituto era già a conoscenza: inutile tenere segreti, Elias Bouchard sapeva tutto.
E sapeva anche in quel momento. Sapeva che, mentre lui era seduto sulla sua comoda sedia reclinabile, a leggere il curriculum vitae di tale Persephone Harvey, inviatogli da lei stessa durante quella settimana (non che ne non lo conoscesse già nei minimi dettagli, ovviamente), l'adolescente era fuori dalla sua porta, ed aspettava solo che lei si decidesse a bussarvi sopra per invitarla ad entrare.
Finalmente, due veloci botte, il secco rumore di nocche sul legno, risuonarono nella quiete immobile della stanza. Persy fece un passo indietro, intimorita, e deglutì, e dall'interno dell'ufficio una voce pacata e quasi annoiata rispose freddamente
<<Vieni dentro, vieni dentro.>>
<<Uh..s..salve...>>
Elias non alzò lo sguardo dal curriculum nemmeno quando la ragazza entrò, goffamente chiudendo la porta dietro di sé, e rimase immobile nel bel mezzo della stanza, guardandosi intorno. L'ufficio era immenso, dalle pareti verdi e scure, con un motivo ovale incisovi sopra. Guardando più attentamente, Persephone notò che tali figure in rilievo erano in realtà occhi stilizzati, che ricoprivano interamente i muri, e anche le piastrelle del pavimento presentavano un simile tema. Lateralmente, vi era una grande finestra dalle tende cremisi, che dava luce alla stanza in maniera trasversale, distribuendo alla stanza una strana ombra, che contribuiva a farla sembrare ancora più macabra di quanto non fosse già. Oltre alla scrivania, e ad una piccola libreria dall'aspetto antico, contenente cartelle di documenti e volumi vari, un'altra cosa attirò l'attenzione dell'adolescente. Dietro ad Elias, affisso al muro, vi era un imponente quadro, dalla cornice dorata e riccamente decorata con motivi barocchi, rappresentante un uomo che posava come per una foto. Il quadro, evidentemente un ritratto, sembrava molto antico, e lo strano abbigliamento dell'uomo dipinto confermava solo questa teoria: un Tait aderente verde senza maniche, con una camicia bianca come sottofondo, un ridicolo cravattino color muschio, con una gemma ovale azzurra a tenerlo fermo, pantaloni neri, anch'essi molto aderenti, e stivaletti da fantino col tacco alto. L'uomo, sul suo viso spigoloso e dal mento appuntito, aveva una espressione seria, ma sorridente, con il suo sguardo penetrante accentuato dagli occhiali rettangolari che portava sul naso, e i capelli castani e boccolosi che gli ricadevano lungo la fronte.
La targhetta dorata affissa alla cornice del dipinto recitava "J. Magnus, fondatore del Magnus Institute, Londra."
Persy incrociò il suo sguardo con quello dell'uomo dipinto, e per un attimo rimase come ipnotizzata, a fissare quei suoi occhi azzurri, freddi, così simili a quelli dell'amica Jay, o anche del padre di lei. Man mano che li osservava, immobili, essi sembrarono come scurirsi, l'azzurro parve diventare un delicato verde prato, ma era un cambiamento così impercettibile che Persy non sapeva distinguere se fosse vero o se fosse solo una sua impressione.
<<Buongiorno, potrebbe sedersi, perfavore?>> Il tono ben poco felice di Elias, che nel frattempo aveva posato i documenti e ora la stava fissando con un'espressione infastidita, la riportò alla realtà. Imbarazzata, la giovane si riscosse e si sedette in silenzio dall'altro lato della sua scrivania, su di una sedia di legno che lui aveva posizionato personalmente per il colloquio proprio quella mattina, e prese a giocherellare nervosamente con la manica dal proprio maglione, a sguardo basso. Elias appoggiò i gomiti sulla scrivania, incrociò le dita e vi appoggiò il mento sopra, e anche lui rivolse quei suoi occhi gelidi e penetranti verso Persephone
<<Dunque.>> Scandì la parola con enfasi, come se volesse quasi familiarizzare con l'adolescente, ma questo la mise ben poco a suo agio <<Persephone Harvey, corretto?>>
Lei annuì, nervosamente, e mise tutto il suo impegno nel cercare di non balbettare. Lo sforzo fu tuttavia inutile, visto che la frase che le uscì fu un patetico <<S-sì! E' il... mio nome!>> Non appena pronunciate quelle parole, Persy si sentì sprofondare.
"Ma che razza di risposta è?!"
Grazie al cielo, Elias sembrò ignorare quella gaffe disastrosa, forse per non torturarla più del necessario riguardo alle sue pessime skills sociali, ed andò avanti con il suo discorso
<<E sei interessata ad un tirocinio in questo posto.>> l'uomo sorrise, ma lo stesso non si poteva dire del suo sguardo, che rimase fisso e serio, facendo somigliare la sua espressione a quella dell'uomo nel dipinto, e Persy dovette ricacciare indietro a fatica la risatina che le stava salendo una volta notato questo fatto.
<<Una tazza di the ti aiuterebbe a sentirti più a tuo agio, Harvey?>>
<<Oh-...?>>
Come se le avesse letto nel pensiero, Elias doveva aver notato l'espressione ansiosa della ragazza (cosa che da un lato un po' la rincuorò), e le stava ora offrendo una delle tazzine in ceramica sul vassoio che occupavano in parte la sua scrivania, e che lei stranamente non aveva notato prima. Persy annuì e accettò, prendendo la tazzina in mano: era calda, con un lieve filo di fumo che ancora si dissipava dal suo interno fin nell'aria, e il liquido dentro era color terracotta, ed odorava di cannella. Lei ne bevette un sorso, stando attenta a non ustionarsi la lingua
<<G..Grazie, chiedo scusa, sono... super nervosa, heh..>>
Il the era buonissimo, e lei finalmente iniziò a sentirsi più a suo agio nella situazione in cui si trovava. Elias, dal canto suo, sorrise nuovamente
<<Ah, posso capire, suppongo questo sia uno dei tuoi primi colloqui di lavoro. Non devi preoccuparti,>> prese il curriculum vitae della ragazza, e glie lo mostrò <<Non sembra esserci niente di fuori luogo nel tuo cv, devo solo farti un paio di domande, è solo una formalità, davvero...>>
Persy fu presa da un momento di spiazzamento, seguito da una cosiddetta botta di entusiasmo.
"Solo una formalità? Vuol dire che voleva già prendermi dall'inizio??"
Il suo sorriso si fece molto più largo, e rispose all'uomo
<<In effetti, questo è il mio primissimo colloquio, Jay mi ha detto che secondo lei mi sarebbe piaciuto il posto, e aveva ragione!!>>
Elias però smorzò subito il suo tentativo di avere una chiacchierata tranquilla ed amichevole con una sola domanda
<<Oh, stavo giusto per chiederti, come mai vorresti un tirocinio qui? Cosa ti porta al nostro Istituto?>>
Il sorriso di Persy svanì immediatamente dal suo viso, e abbassò velocemente lo sguardo, portandolo sulla tazza di the che teneva in mano, ora mezza vuota, poiché l'aveva già bevuta per la maggior parte.
<<Mi piace il paranormale...Lo trovo intrigante...Ne sono stata attratta da un po' ormai, da quando avevo quattordici anni o qualcosa del genere.>> Persy rimase in silenzio, e bevve l'ultimo goccio di the rimasto. Elias era anch'esso in silenzio, ma la sua espressione era quasi...interessata. La giovane rabbrividì, nella sua testa si erano formati pensieri ben poco gradevoli, e desiderava soltanto andarsene di lì il più velocemente possibile.
<<Hm.>> Elias appoggiò la schiena sulla sua poltroncina <<Ha mai avuto esperienze paranormali di persona, Ms. Harvey?>>
Altra domanda fastidiosa, Persy si sentiva come se l'uomo stesse cercando di farla parlare appositamente della sua vita. Ma l'unica cosa di cui aveva avuto una esperienza negativa era un "incidente" che aveva riguardato lei e i suoi genitori nello Yorkshire, ed onestamente era una cosa personale e di famiglia che non lo riguardava.
<<Oh..no, non direi. Ho avuto delle brutte...esperienze familiari, ma niente di paranormale.>> Distolse lo sguardo dagli occhi dell'uomo, sentiva come se stessero scavando a fondo in punti che lei non voleva raggiungere.
<<Capisco...quindi il tuo è un interesse puramente teorico nel paranormale?>>
Niente, non voleva demordere. Persy era consapevole del fatto che probabilmente l'uomo stava solo facendo il suo lavoro, e che era forse lei a vedere le sue domande come una sottospecie di attacco personale nei propri confronti, ma non poteva fare altro che sentirsi a disagio.
<<S-sì!! Completamente teorico!!>>
Elias annuì lentamente, e la sua espressione si fece improvvisamente pensierosa. Persephone stava iniziando ad odiare quell'ufficio, sentiva come se tutti gli occhi incisi sulle pareti, sul pavimento, ovunque in quella stanza, fossero puntati su di lei, e non riusciva a togliersi di dosso l'impressione di star venendo osservata.
<<D'accordo. C'è qualcosa in particolare che ti spaventa? Qualcosa di cui i tuoi futuri colleghi dovrebbero essere a conoscenza?>>
"Ma allora è una cosa di famiglia quella di chiedere alla gente di cosa ha paura..."
Persy sorrise leggermente al pensiero di Jay, e questa familiarità tra lei e suo padre la tranquillizzò un po'.
<<Uh, solite cose di cui tutti hanno paura, ragni, morire...Uh, ho una strana paura ingiustificata di quelle vecchie bambole di porcellana, e da futura psicologa, personalmente penso che perdere il contatto con la realtà sia la cosa più terrificante che mi viene in mente.>> Rispose nello stesso modo in cui aveva risposto a Jay durante il loro primo incontro, ed Elias sembrò apprezzare la risposta.
<<Molto bene...>> un ultimo sguardo al cv della ragazza, e l'uomo lo posò, e si raddrizzò sulla sua poltroncina <<Tutto sembra essere in ordine. La posizione dovrebbe essere sua, le lascerò sapere officialmente in un paio di giorni.>>
Nel sentire questo, Persy ebbe un tuffo al cuore
<<Da..davvero?>> mormorò, completamente frastornata, in parte per la notizia ed in parte per la consapevolezza che quel colloquio ansiogeno fosse finalmente terminato.
<<Sì, davvero. I suoi voti sono eccellenti, e ha tutta l'aria di essere una studentessa molto promettente, sareste un'ottima stagista per noi.>> Elias abbozzò un mezzo sorriso, ed incrociò nuovamente le mani sul tavolo, osservando la ragazza lentamente processare le sue parole. Le si formò un enorme sorriso sul volto, si sentiva leggera ed emozionata, si girò e gli strinse la mano con forza
<<Oh, grazie! Grazie mille!!>>
Il sorriso di Elias si fece più sottile, e socchiuse gli occhi con fare soddisfatto
<<Di nulla, sarà un piacere per noi averti nel team...>>
<<JAY JAY JAY JAY!!!>> Persy corse fuori dall'edificio, verso una delle colonne esterne dell'istituto, dove Jay era appoggiata di schiena, giocherellando con l'accendino rosso che portava sempre con sé.
<<Hey, P, finalmente. Come è andata?>> Jay le scompigliò amichevolmente i capelli, mentre Persy saltellava su e giù per l'emozione, con un sorriso a trentadue denti stampato sul viso
<<Mi hanno presa, devono solo dirmi ufficialmente quando inizio!!>> Persy abbracciò Jay, al limite della felicità, e lei di tutta risposta rimase interdetta, non era molto abituata a questo tipo di contatto fisico, ed inoltre l'energia della coinquilina andava a forte contrasto con la sua calma perenne
<<Ah, congratulazioni! Farai un ottimo lavoro, cosa te ne è parso di mio padre?>> Jay abbozzò anch'essa un sorriso, per cercare di rispondere alla emotività della bruna
<<Vi somigliate molto! Siete due gocce d'acqua, anche di carattere!>>
<<Ah, sul serio?>> la bionda fece una espressione divertita <<Strano, considerando che sono adottata.>>
Persy si immobilizzò all'istante, con una faccia inebetita, mentre Jay scoppiò a ridere accanto a lei, tenendosi lo stomaco dalle sghignazzate
<<PERSY, SONO LETTERALMENTE ASIATICA E LUI E' BIANCO!>>
<<Non ridere di me!!>> piagnucolò la ragazza, tirandole una gomitata amichevole, mentre Jay ancora quasi si rotolava sul pavimento dalle risate.
<<Ti ho mai detto che sei una adorabile idiota?>>
<<Ah, chiudi il becco, Jay-!>>
<<No, sul serio, come ti sei trovata con mio padre?>>
Persy e Jay stavano ora tornando a piedi verso il campus, chiacchierando del più e del meno. Il sole stava ormai calando, essendo pomeriggio inoltrato, e Persy stava raccontando come era andato il colloquio all'amica, nei minimi dettagli, accettando di buon grado anche le prese in giro da parte sua per il proprio essere così socialmente inetta.
<<Sul serio, riuscirai mai a dire qualcosa senza balbett...are...>> Non appena Jay notò le ombre della sera iniziare a stagliarsi lungo le strade e i vicoli che le due stavano percorrendo, le parole le morirono in gola. Ella si mise a fissare con inquietudine il terreno, e strinse i pugni con forza
<<Dobbiamo andare. Allunga il passo.>> e detto questo, iniziò a marciare velocemente lungo il marciapiede, mentre Persy, ormai dietro di lei, faticava a starle dietro.
<<Jay! Ma che ti prende!? Non serve correre, viviamo letteralmente qui dietro l'angolo!!>> ansimò la coinquilina, cercando di tenere il passo con la frenesia dell'amica.
<<Si sta facendo buio...>> mormorò Jay, sottovoce
<<Ho paura del buio>>
<<Jon, sta iniziando a diventare buio fuori. Forse dovremmo andare, abbiamo lavorato abbastanza per oggi.>>
La ragazza dagli occhiali rotondi afferrò dolcemente il braccio dell'uomo dall'espressione stanca, cercando di condurlo lontano dall'ufficio, ma lui si ritrasse con fare stizzito
<<Non ancora, Sasha, ho del lavoro da fare.>>
<<Hai sempre lavoro da fare, è ora di andare, dovresti prenderti una pausa, questi ultimi giorni hai sgobbato come un mulo.>>
Sasha mise le mani sui propri fianchi e gli rivolse un'occhiata severa, e Jon non se la sentì di replicare. Aveva ragione, dopotutto, era esausto, aveva passato la settimana a cercare di dare un ordine al macello di documenti lasciati dalla ormai defunta vecchia capo-archivista, prima di arrendersi dopo aver trovato una testimonianza, riguardante un uomo che aveva trovato morta la sorella maggiore, fatta a brandelli con una cattiveria che poteva essere solo umana, sotto la voce "Lupo" dell'archivio. Una cosa così senza senso era stata la proverbiale goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
<<...Hai ragione. Ma vorrei comunque provare a registrare qualcosa prima di andarmene. Ho trascurato quel maledetto registratore per troppo tempo, ormai.>>
Sasha sospirò, sconsolata. Jon era davvero attaccato al lavoro, ed essere riuscita a fargli almeno promettere di riposarsi dopo aver registrato era già un enorme risultato. Dopotutto, era tardi anche per lei, e voleva davvero andare a casa.
<<D'accordo, ma dopo questo, a casa. Okay?>>
<<Sì, Sasha, d'accordo. Tu hai finito il tuo turno, puoi andare.>>
Sasha annuì, e prese la sua giacca dall'appendiabiti accanto alle scale per il piano terra dell'Istituto
<<Okay, Tim è andato via dieci minuti fa. Tu e Martin cercate di non fare macello ed andate a riposare anche voi.>>
<<Ugh, non preoccuparti. Dubito che Martin sappia fare altro oltre a macello, ma possiamo provarci.>>
Sasha sorrise leggermente all'espressione annoiata dell'uomo. Jon, anche se non sembrava, era un suo caro amico, lo conosceva da quando lui era arrivato a lavorare lì, ben quattro anni fa, mentre lei al tempo era ancora assistente della vecchia archivista. Essa era una delle persone che lo conosceva meglio, l'altra essendo un loro collega e amico comune, Tim, e sapeva che tutto l'astio verso l'ultimo membro del loro team, tale Martin, era probabilmente dato dal fatto che fosse un po' un "nuovo arrivato", e che Jon stesse cercando disperatamente di sembrare a lui più professionale di quanto non fosse in realtà.
<<Non essere così cattivo con lui, Jonathan.>>
<<E' un incapace, Alessandra.>>
<<Uh-huh, certo. Continua a ripetertelo mentre io prendo la borsa ed esco.>>
Jon inseguì Sasha fino a metà delle scale, gridandole dietro <<No, ti assicuro che non è come pensi tu!! Sasha, non farti strane idee!>> finché lei non fu fuori dalla sua visione, e a quel punto si limitò a sospirare, sconfitto, e a tornare nel suo ufficio, dove il suo registracassette lo attendeva immobile, come lo aveva lasciato la settimana prima.
Jon inserì una nuova cassetta, e premette il pulsante d'avvio. Aveva scelto come prima testimonianza "ufficiale" una tra le più corte e recenti, data originariamente il 22 aprile 2012, ed era pronto per cominciare.
<<Testimonianza di Nathan Watts, riguardo un incontro in Old Fishmarket Close, Edimburgo. Testimonianza originale data i->>
Un forte THUMP proveniente dall'esterno del suo ufficio terminò prematuramente la sua lettura.
<<...Chi va là? Hey??>>
Jon si alzò dalla sua sedia, leggermente inquietato, e non curandosi del registratore ancora acceso si diresse verso la porta
<<Questo archivio è off-limits!>>
Un secondo THUMP lo fece sobbalzare
<<C'è qualcuno?? Martin..? Martin, sei tu?>>
Jon aprì la porta ed uscì, mormorando sottovoce un <<Giuro che se ha portato un altro cane qui...io lo...spello...>>, forse più per rassicurare se stesso che per prendersela con Martin.
Il registratore, abbandonato sul tavolo, iniziò a emeV̵̭̟͗ȉ̶̳͙͋g̸̱͖̍̀ḯ̷̝̫l̷̢̖͒̚ḯ̷͖o̵͕̘͌.̵̷͈̠̉͊A̵̳̮̎͝ú̷̫̲͠d̵̪̍͌i̷̺̬̐o̵̦͖̊.̵̭́ ̴̲́̄O̷̯͌p̴̥̟̊p̶͇͂̐e̶͍͠r̵̜͇̽i̴͓̒͠o̷͙͓̊ŗ̸̛̫̔.̸̱́̆ ̴̷̪̤̳̉͑̀͗V̴̮̱̽̈́ǐ̷̝͛g̴̗̥͆í̸̘͉͐l̷͖̀̀ï̶̹̊ȯ̵̫.̸͍͎̃͝ ̷̡̜̄A̵̤͗u̸̦͂͠d̶͎̿̐i̷͎͑ŏ̸̺̲̏.̸̼͎̈́̚ ̴̮̜͆͂Ȍ̶̠͘p̸̠͐ṕ̵͍̕e̷̞͊̈r̷͎̈i̷̠̋o̸̢̅̈r̶̳̲̀͌.̸̴̴̨̯̠͛͘Ṽ̸̦͖i̶̘͎̓̌g̵̠͗͠i̷̭̎l̸̥͗i̶̦̻̕ō̷̡̮.̴̭̭͊ ̵̜͊̍A̴̹̕u̸̖̒d̷̬̲̀i̷̖̖͛o̴̮͑.̷̩͑̊ ̸̦̾͠Ö̶̮͈p̷̯̈ṕ̶̥e̵̼̝̕̕r̶̺̔ǐ̶̀͜o̷̫̩͌r̸̲̈́͠.̷̦̓̆ ̷̷̞̙̱̊͑͝V̴̤̽i̷͔̐́g̷̙͌ͅỉ̵̝͉l̸͇̀͊i̵͕͝͝o̴̪̐.̶̡̺̿ ̸͍̬͠Á̶̞ŭ̶̟̑d̴̬̭̾̏i̷͍͇͆͐ö̶̖̗̈́.̷͓̞͂̎ ̵̹̈͠O̶̅́ͅp̷̗̦͠p̶̨̦̈̾e̷̙̅̚ȑ̸͎̀ĩ̴̯̮o̷͔̣̅́r̴͚͓̔̎.̷͎̬̊ ̶̸̬̱̂̒̚V̷͕̈́̈́ï̸̳g̷̡͙̀̊í̷͙̏l̶̻͙̽́ị̴̀o̵̮͛.̴̺͌̎ ̷̠̑Ḁ̴̀̚ȕ̸̝̫d̴̛̤̳̋i̵͉͇̅̄ò̶̟͍.̵̰̋ ̷̺̚Ô̸̥͖p̸̏ͅṕ̶̤̎é̵͚̪̈́ŗ̷̲́̔i̶̪̎ǒ̶̡͌r̸̥̝̄͌.̸̵̭̭͊͊̄̌V̶͙͗î̵̺̖̉g̴̙̾̚͜į̵͛͑ĺ̵͍-̷͇͙͗̓ ̸͌ͅ
<<-impilato così tanti documenti sullo stesso scaffale, succede questo a comprarli da Ikea...>> Jon si chiuse nuovamente la porta alla spalle, mormorando arrabbiato tra sé e sé. Dopo aver notato che il registratore sulla sua scrivania era ancora in funzione, si schiarì la gola con un colpo di tosse, e si sedette nuovamente sulla sua sedia girevole.
<<Uh..riproviamo domani. Sono esausto.>>
Premendo il tasto, la registrazione si fermò.
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