Capitolo 27
Dopo quel pomeriggio le cose andarono solo per il meglio: a fine scuola Alessandro veniva a prendermi all'entrata, mi prendeva lo zaino e mi accompagnava a prendere il bus. Tutti gli studenti ci guardavano curiosi e aspettavano solo che ci baciassimo davanti a scuola, cosa che per loro sfortuna non accadde mai. Avevamo stabilito che i baci e le coccole sarebbero stati per il pomeriggio, quando lui veniva davanti a casa mia con la scusa di accompagnarmi a portare a spasso il cane. Ci inoltravamo nel piccolo bosco del mio paesino, lontani da occhi indiscreti, dove ormai la nostra panchina ci attendeva come se fosse stata messa là solo per noi. Lì ci baciavamo con passione, parlavamo di futuro e anche di cose più banali, litigando di tanto in tanto per cose stupide come solo i bambini avrebbero fatto.
In quei giorni ero così presa da tutto quel romanticismo e attendevo solo il momento in cui avrei rivisto quegli occhi scuri, che mi sembrò di vivere su una piccola nuvola dove esistevamo solo io e lui. Tutto il resto si era come offuscato, come se fosse stato nel secondo piano del film che era la mia vita.
Un venerdì a ricreazione, quando Emma non si era presentata a scuola, Raul mi prese da parte e mi disse di essere preoccupato per la bionda.
"Perchè? Cosa le è successo?"
"Nulla. Questo è il punto.", precisò come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Mi spiegò come fosse strano che non avesse fatto ancora nulla contro il preside e gli studenti del Pascoli.
Compresi solo in quel momento che era da una settimana che non facevo più caso a come si comportava la mia migliore amica. Durante quei giorni l'avevo vista molto per le sue, sempre in un angolo ad ascoltare musica con le cuffiette e con un'espressione che invitava anche i più coraggiosi a circolare lontani da lei. Era anche vero però, come sosteneva Raul, che la normale Emma avrebbe già fatto qualcosa contro il preside e la sua decisione. Lei era quella più coinvolta nella questione, a causa del suo odio viscerale nei confronti di Giada. In fin dei conti nè io nè Raul eravamo così presi dalla vendetta nei confronti di quelli del Pascoli: non ci avevano fatto nulla di male personalmente, anzi io ci stavo pure uscendo con uno di loro.
Emma lo sapeva, visto che dopo averlo baciato nel parcheggio dell'ospedale avevo scritto a caratteri cubitali sul gruppo del trio tutto il mio entusiasmo. Tuttavia, ero così presa dallo scrivere ad Alessandro come mi ero sentita bene quella sera, che non avevo badato più di molto alla risposta dei miei migliori amici. Ricontrollai durante l'ora di ginnastica la chat e vidi che Raul aveva risposto con una GIF di un orologio dove c'era scritto "Era l'ora.". La reazione di Emma invece era stata solo un like al messaggio.
Se la reazione fredda di Raul era nella norma, non essendo il tipo che avrebbe risposto con "AMORE SONO TROPPO FELICE PER TE!", la reazione di Emma era alquanto insolita. Era lei quella che quando mi ero baciata con una cotta qualche anno prima mi aveva tenuta in chiamata per due ore per sapere tutti i dettagli. Ciò però quella volta non era accaduto, confermando la preoccupazione di Raul.
Fuori da scuola, Alessandro notò subito che ci fosse qualcosa che non andava. Gli spiegai tutto.
"Insomma è strano...."
Alessandro arricciò il naso e rimase in silenzio, come se stesse cercando di capire la situazione.
"Non la conosco, ma ora che mi ci fai pensare anche Giada non ha ancora fatto nulla. Quelle due sono praticamente uguali.".
Dopo quella sua affermazione ci guardammo negli occhi e capimmo che entrambe stavano organizzando un piano per fare più casino del solito. La cosa che però mi fece ancora più timore era che Emma non ne aveva parlato nè con me, né con Raul.
"Cerco di vederla il prima possibile.", e detto ciò le scrissi subito un messaggio dove le chiedevo di uscire.
Ormai era passata una settimana da quando Alessandro mi veniva a prendere fuori scuola e gli studenti si erano abituati alla sua presenza, tanto che alcuni miei compagni alle volte ci scambiavano due chiacchiere e, quando poteva, Raul faceva un pezzo di strada con noi. Sembrava che noi due fossimo l'esempio lampante che le dispute tra i due licei potessero essere messe da parte, facendo spazio ad amicizie e perchè no anche ad alcuni amori. Insomma, involontariamente stavamo giocando il gioco del preside. Da una parte ero infastidita che proprio io, la ragazza che si era battuta tanto per mettere i bastoni fra le ruote nel piano di riconciliazione del preside, potessi essere presa d'esempio nella sua riuscita. D'altra parte però, non mi interessa che lo facesse.
Con Alessandro avevo ritrovato una serenità che da tempo mancava nella mia vita: solo la sua presenza mi portava conforto e gioia, non sarebbero di certo state divergenze liceali a mettere fine a quel sogno ad occhi aperti che stavo vivendo.
"Questo pomeriggio non ci sono, devo andare con i miei a fare alcune commissioni.", disse poi Alessandro, rendendo quella giornata ancora più triste.
Risposi che non dovevamo per forza vederci tutti i giorni e che domani, essendo sabato, avremmo potuto fare qualcosa di diverso, anche con i miei o i suoi amici.
Ci salutammo quando il mio bus stava per arrivare alla fermata con un abbraccio più lungo del normale e lui fece un gesto pubblico inaspettato: mi baciò sulla fronte, per poi dileguarsi tra le strade trafficate della città.
Nel pomeriggio Emma non rispose, così decisi di chiamarla. Anche lì non ricevetti alcuna risposta.
Cominciando ad annoiarmi presi a giocare con Apollo tirando la sua pallina preferita per la stanza. Non era però molto in vena di saltare di qua e di là per la mia stanza, preferendo dormire sul mio cuscino. Provai allora ad aprire il computer per cercare qualche serie da guardare, ma non riuscii a trovare nessuno show che soddisfasse quello che avrei voluto vedere in quel momento. Era come se avessi voluto fare molto, ma allo stesso tempo nulla.
Girando piano piano sulla sedia girevole mi cadde infine lo sguardo su una scatola lilla, la quale sopra una mensola forse troppo colma di libri faceva da appoggio per non far cadere questi ultimi sul pavimento.
E così, i pensieri su cosa avevo scoperto qualche notte prima con Alessandro non poterono fare altro che inondare la mia mente. Non avevo ancora metabolizzato che mio fratello potesse essere una persona completamente diversa da quella che credevo che fosse: ero così sicura di averlo conosciuto in ogni sua sfaccettatura che in fin dei conti non avevo mai visto i suoi veri tratti, la sua vera personalità. Come ero riuscita a non capire che a mio fratello non fossero mai interessate le ragazze? Nella mia scuola c'erano alcuni ragazzi gay e alle volte l'avevo capito prima io di loro quale fosse il loro orientamento. Come mai però, con la persona con cui pensavo di essere più in confidenza, questo tratto così importante della sua vita non l'avevo nemmeno minimamente preso in considerazione? La domanda tuttavia che mi metteva più a disagio da affrontare era una sola: perché non me ne aveva mai parlato? Perchè non aveva visto in me la persona con cui confidarsi, con cui aprirsi e parlare della sua sessualità. All'inizio ci sarei sicuramente rimasta di stucco, ma alla fine l'avrei accettato, in quanto chi piaceva a mio fratello non avrebbe mai cambiato il bene che gli avevo voluto. Insomma per me avrebbe potuto sposarsi un tronco d'albero secco e non avrebbe cambiato di una virgola l'amore che provavo nei suoi confronti.
Andai verso la mensola e, facendo attenzione a non far cadere tutti i libri che la scatola teneva in piedi, la presi tra le mani. Erano anni che non mettevo più nulla in quella scatola, anni che mi ero dimenticata di porre ricordi di me stessa in quel pezzo lilla di cartone.
Mi ricordo che non appena creata, ci misi dentro tante di quelle cose inutili solo per il piacere di farlo, solo perchè pensavo che sarebbero stati un ricordo indelebile per la me del futuro. Tuttavia aprendola in quel momento e trovando una carta di caramella alla fragola non riuscivo ad associare all'oggetto un ricordo. Risi della me bambina che trovava anche negli oggetti più banali qualcosa per cui valesse la pena metterli nella scatola dei ricordi. Crescendo invece gli oggetti cominciavo a vederli per come erano: in quel caso un misero pezzo di plastica che avrei potuto benissimo buttare. Ecco il motivo per cui negli ultimi anni non avevo più inserito nessun oggetto nella scatola lilla: non riuscivo più a vedere la magia che anche la cosa più banale poteva avere. In quel momento, prendendo fra le mani una foto di me e Apollo mentre dondolavamo sull'altalena nel giardino di casa, avrei tanto voluto avere quel pizzico di magia per rendere quel ricordo ancora più indelebile. In quella foto avevamo all'incirca dieci anni ed entrambi sorridevano come se ci trovassimo su qualche giostra spericolata, invece che nel giardino di casa nostra. In un unico scatto era racchiusa tutta la nostra infanzia, fatta di sorrisi e spensieratezza.
Decisi che era arrivato il momento di parlare con i miei genitori, di far ricordare loro il ragazzo che Apollo era sempre stato, e quello che non aveva mai avuto il coraggio di presentare.
Scesi faticosamente le scale portando con me la foto che avevo trovato, alternando per la gioia del mio medico la gamba portante ad ogni gradino, e arrivai in soggiorno dove entrambi i miei genitori erano seduti sulla poltrona a guardare un film alla televisione.
Erano così presi dal film che decisi che non li avrei disturbati subito, ma mi sedetti sulla poltrona singola del soggiorno a guardare con loro qualunque cosa stessero guardando. Mia madre si accorse della mia presenza e mi sorrise gioiosamente, mentre mio padre era così concentrato che non mi degnò d'uno sguardo. Il film era uno di quelli vecchi, dove i colori erano sbiaditi e poco nitidi, ma che in un certo senso trovavo che davano alle persone e ai luoghi più realtà di quella che i film nuovi avrebbero mai potuto fare. Mia madre si prese anche la briga di spiegarmi un po' la trama, cercando il più possibile di fare piano vista l'irritabilità che mio padre provava ad ogni frase che provava a pronunciare. Durò circa un'oretta, dopo cui commentammo il film come se fossimo dei veri e propri critici cinematografici, criticando alcune scelte del regista e alcuni attori che non trovavamo adatti al ruolo.
Era così tanto tempo che in quella casa non si sentivano solo risate e un'atmosfera di gioia, tanto che ad un certo punto sentimmo tutti e tre il disagio del momento, come se ci sentissimo in colpa che dopo tutto quello accaduto potessimo passare alcuni momenti di svago assieme, senza di lui.
Quando mio padre stava per alzarsi per andarsene in camera a passare il resto della serata da solo, presi coraggio e decisi che era arrivato il momento di dire quello che avevo scoperto.
"Oggi ho trovato questa foto nella mia scatola dei ricordi.", dissi un po' titubante, passando lo scatto nelle mani di mia madre. Mio padre si incuriosì e si sedette nuovamente sul divano, aspettando il suo turno per vedere la fotografia.
Un sorriso nostalgico comparve sul volto di mia madre, la quale dopo aver visto quel momento ormai di tanti anni prima era sul punto di commuoversi.
"Eravate proprio felici!", commentò un po' giù di tono mio padre.
Ripresi in mano la foto e respirai a fondo prima di dire quello che avrebbe potuto sconvolgere la vita dei miei genitori.
"Lo sapevate che Apollo era gay?"
Fui molto diretta, me ne rendo conto, ma non volevo girarci troppo attorno.
I miei genitori si guardarono negli occhi, per poi girarsi verso di me. Dai loro sguardi tristi ma comprensivi capii che loro in realtà già lo sapevano, che l'unica ad essere rimasta all'oscuro di tutta quella storia era stata la sottoscritta.
"Amore, - cominciò mia madre un po' titubante - Noi lo sapevamo già. Ma non perchè lui ce lo avesse mai detto, ma perché una madre queste cose le sente."
"Le sente....- commentò mio padre- Come se non avessi frugato tra le sue cose per saperlo!"
A quell'affermazione così diretta di mio padre risi, per poi ritrovarmi a piangere senza riuscire a fermarmi. Piansi perchè nessuno me l'aveva mai detto, piansi perchè mio fratello mi mancava terribilmente e avrei solo voluto litigare con lui sulla questione, senza dover passare prima dai miei genitori. Avrei voluto urlargli contro e chiedergli per quale motivo non si era fidato di me, ma purtroppo quello scenario sarebbe sempre risultato solo frutto della mia immaginazione. Neppure lei però riusciva ad immaginarsi una risposta.
Entrambi vennero ad abbracciarmi e a consolarmi, ma io li scansai.
"Perchè? Perchè non ci ha mai detto nulla?", chiesi in preda ad uno scatto di rabbia e singhiozzi dovuti alle troppe lacrime.
"Alle volte non è così facile ammettere chi si è veramente. Avrà avuto paura della nostra reazione, di non essere più visto come l'Apollo che avevamo sempre conosciuto, ma come una persona diversa. Questa è l'unica spiegazione che nel corso degli anni mi sono riuscito a dare.", disse mio padre tornando a sedersi sul divano con passo affranto e triste.
"Quello che vuole dire papà è che forse non ha avuto il tempo di dircelo, sicuramente pianificava di farlo nel momento giusto, sono sicura che l'avrebbe fatto. Noi stavamo solo aspettando che fosse lui a fare il primo passo."
Mia madre mi accorsi solo allora di essere una donna forte. In quel momento voleva solo andare a piangere e a chiedersi perché suo figlio non se l'era mai sentita di aprirsi con lei, la donna che gli era sempre stata più vicina. Invece era lì in soggiorno, che mi massaggiava delicatamente una spalla, trattenendo le lacrime e cercando le parole giuste per far sì che io non soffrissi per come erano andate le cose.
Non mi ero mai posta la questione del tempo. Se fosse stato vero che Apollo aveva in programma di dircelo, ma purtroppo non era riuscito? Anche io, mi resi conto, avevo molti segreti che dicevo solo quando me la sentivo, quando c'era l'occasione giusta. E per dire una cosa così importante della propria vita serve davvero IL momento giusto. Provai meno rancore nei confronti di mio fratello, nonostante non avessi le prove che avrebbe voluto rivelarmi chi era.
"Artemide, questa cosa non cambia chi è stato tuo fratello, chiaro? Tu hai conosciuto il vero Apollo, non è perché gli piacevano i ragazzi che la persona cambia, ok?", mi chiese mia madre più come una supplica che altro.
Vedendo che i suoi occhi si stavano facendo mano a mano più lucidi, annuii, cercando di sorvolare tutte le altre bugie che avevo scoperto e che mi avevano fatto vedere un Apollo diverso da quello che avevo conosciuto.
"Bene.", disse per poi abbracciarmi così forte da stritolarmi.
"Sai anche che si sentiva con qualcuno?", cercai di capire se l'istinto di mamma avesse intuito anche quello e chissà, forse anche il nome di quella persona.
"Avevo notato che era spesso in giro nell'ultimo periodo e quando gli chiedevo con chi faceva il vago. Sì, l'avevo intuito. Ma sai com'era tuo fratello. Per fargli dire qualcosa bisognava minacciarlo! Non so chi sia, perchè me lo chiedi?"
Non volevo che i miei scoprissero altre bugie sul conto di mio fratello, quella serata aveva già portato a galla troppi brutti ricordi. Così dissi solo che stavo cercando di capire chi fosse quella persona.
"Se non si è mai fatto viva, forse c'è un motivo Art. Non tirare fuori cose più grandi di te, rischi solo di farti del male con il passato.", sancì la fine del discorso mio padre che poi si alzò per andare a fumarsi una sigaretta in giardino.
Avevo provato sulla mia pelle nelle ultime settimane che il passato poteva fare male, molto più di quanto si possa immaginare.
Tuttavia, non era una persona che lasciava le cose a metà.
Preparati perchè nei prossimi giorni ci appostiamo al cimitero. Il ragazzo dei fiordaliso deve avere un nome!
Così scrissi ad Alessandro, il quale lo stavo inesorabilmente trascinando con me nelle viscere di un passato che sarebbe stato meglio lasciare passato.
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Grazie per essere arrivato fino a qui!
Mi scuso in anticipo con chi stava seguendo questa storia e ha dovuto attendere giusto qualche mese per avere un aggiornamento. Se stai ancora leggendo e seguendo il filo logico del tutto, sappi che ti sarò per sempre immensamente grata.
Tornare a scrivere dopo mesi di stop è stato difficile all'inizio, ma poi mi sono completamente immersa in un mondo che non mi ero accorta mi mancasse finchè non ho ripreso in mano il computer. Ammetto che scrivere di Apollo e il mistero che c'è dietro il personaggio è la parte più divertente e meno faticosa.
A te invece? Che te ne pare fin qua della storia? Se ti sta piacendo fammelo sapere anche con un mini commento o stellina, così che io veda che ci sei anche tu dentro questa avventura.
Un bacione e a presto, spero questa volta non troppo tardi!
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